KODAK  ENLARGING  EKTAR  100mm f/4,5

E  LA  SUPREMAZIA  DELLA  CASA  DI  ROCHESTER

NELL'OTTICA  DEL  TEMPO  DI  GUERRA

 


(01/10/2015)


Ripensando all'ottica fotografica del periodo compreso fra fine anni '30 e l'immediato dopoguerra si direbbe che le forze in campo siano ben definite, con una netta supremazia tecnica dei brand tedeschi, Carl Zeiss Jena in primis, sul resto della concorrenza mondiale; infatti la corazzata Zeiss era reduce da un decennio di grande spolvero, grazie soprattutto ai geniali progetti di Ludwig Bertele come i Sonnar e i Biogon per Contax, progetti geniali dalle eccellenti prestazioni che avevano connotato una leadership indiscussa, alimentando anche tanti luoghi comuni come la superiorità dei vetri prodotti dalla consociata Schott.

Si è quindi portati a pensare che nei tre lustri compresi fra il 1935 ed il 1950, pur con le traversie belliche, la disfatta tedesca, la separazione della Zeiss in due aziende distinte, la spoliazione sistematica delle infrastrutture operata dai Sovietici a Jena e la necessità di ricostruire da zero ad Oberkochen, la tecnologia applicata e la qualità complessiva di questi prodotti sia stata il punto di riferimento per tutti i concorrenti; in realtà nel periodo considerato, e specialmente a partire dal 1940, sono portato a ritenere che il produttore in grado di infondere le più avanzate tecnologie e le più precise montature meccaniche nei prodotti in regolare produzione sia stata invece la Kodak di Rochester, per varie ragioni ed evidenze che andremo ad analizzare.

Come esempio della progettazione dell'epoca utilizzeremo un obiettivo un po' speciale, il Kodak Enlarging Ektar 100mm (4") f/4,5, un'ottica da ingrandimento progettata intorno al 1940 e brevettata nel 1942 che ben esemplifica la qualità complessiva e gli avanzati contenuti tecnologici dei prodotti Kodak dell'epoca.

Questo esemplare è anche interessante perchè non è stato prodotto nello stabilimento principale di Rochester, negli U.S.A., bensì dalla filiale inglese Kodak London, come confermato dalla dicitura sul barilotto "Made in Great Britain by Kodak Limited London".

 

 

Infatti, la Kodak fin dai sui primi anni di attività scelse di espandersi e creare un polo produttivo europeo, un po' come avverrà per la Leitz ed il relativo dipartimento Leitz Canada di Midland: nel 1890 acquistò 7 acri di terreno agricolo ad Harrow, nel Middlesex, e già nel 1891 il primo corpo operativo della fabbrica inglese venne ufficialmente aperto, espandendosi costantemente fino a dare vita alla più grande fabbrica di materiale fotografico del Commonwealth britannico, che negli anni '50 arrivò a dare lavoro a 6.000 impiegati e che produsse materiale di vario genere, da carte ed emulsioni sensibili agli obiettivi; questo dipartimento, che per praticità utilizzava anche vetri di produzione inglese Chance Brothers, è tuttora esistente come Kodak Ltd. all'indirizzo Headstone Drive, Harrow, Middlesex HA1 4Ty.

 

Una foto risalente ai primi del '900 che illustra alcune sezioni del grande stabilimento Eastman Kodak di Harrow nel quale verrà poi prodotto l'obiettivo protagonista di queste note.

 

 

Il Kodak Enlarging Ektar 100mm (4") f/4,5 fu prodotto negli U.S.A. fin dal 1941 e questo esemplare made in England risale ai primi anni '50; veniva fornito già completo del piccolo lensboard quadrato di metallo smaltato hammertone destinato agli ingranditori Kodak dell'epoca ed era confezionato in una piccola scatola di cartone illustrata con i classici ed inconfondibili colori brand della Eastman; notate la scritta "Lumenized" in bella mostra: si tratta di una denominazione inventata da Kodak per indicare i trattamenti antiriflesso sulle lenti, un nome evocativo e molto azzeccato che venne "preso in prestito" anche dalla Nippon Kogaku per gli advertising americani degli obiettivi Nikkor postbellici destinati alle sue fotocamere a telemetro.

 

La costruzione dell'obiettivo è improntata ad una qualità rimarchevole e la montatura è in gran parte realizzata in ottone che rende l'oggetto piacevolmente pesante; il trattamento antiriflessi delle lenti risulta evidente nella foto.

 

Se pensiamo alla costruzione dei moderni obiettivi da ingrandimento, dotati di un sistema di retroilluminazione colorata dei valori del diaframma, questo Enlarging Ektar può sembrare un po' spartano, tuttavia la sua ghiera è dotata di godronature che rendono facile la presa e i valori interi di apertura sono marcati da click-stops che consentono di selezionare il diaframma desiderato semplicemente contando gli scatti della ghiera; l'obiettivo consente di impostare valori compresi fra f/4,5 ed f/22 ed il formato nominale coperto è 6x9cm; l'apertura f/4,5 è tuttora decisamente favorevole per un'ottica da ingrandimento di questa focale e facilita le operazioni di messa a fuoco sotto l'ingranditore.

 

E' interessante fare notare che i primi esemplari made in U.S.A. prodotti al tempo di guerra utilizzavano la denominazione provvisoria Projection Ektar, poi convertita in Enlarging Ektar. L'immagine mostra come già allora l'obiettivo fosse trattato antiriflessi.

All'esordio avevo accennato alla mia convinzione che gli obiettivi Kodak progettati e prodotti dal 1940 al dopoguerra fossero in realtà i veri leader della loro epoca per costruzione ma soprattutto per contenuti tecnici; per argomentare al riguardo ci viene in aiuto un prezioso Kodak Lens Manual edito dall'azienda intorno al 1941 che descrive con dovizia di particolari le primizie tecniche che i suoi prodotti potevano vantare.

 

La copertina del citato manuale; occorre considerare che, a metà anni '30, la Eastman Kodak era un vero colosso industriale servito da un grande indotto (basti pensare alle numerose vetrerie di Rochester) e che, sebbene in Europa sia sempre stata famosa soprattutto per le sue emulsioni fotografiche, vantava una produzione a 360 gradi che spaziava dagli obiettivi agli otturatori, dalle pellicole ai telemetri, dagli otturatori ai materiali per stampa; nel solo decennio 1935 - 1945 la Kodak ha registrato circa 3.000 brevetti, oltre uno per ciascun giorno lavorativo e disponeva quindi di un know-how globale veramente impressionante.

Da questo sostrato è nata una nuova generazione di obiettivi, impostati nella seconda metà degli anni '30, la cui punta di diamante tecnologica era costituita proprio dalla serie Ektar; dopo il 1940 il loro sviluppo proseguì imperterrito, mentre in Germania, col conflitto trasferito sul territorio nazionale, le industrie ottiche dovevano fare i conti con carenze di materiali, bombardamenti e produzione forzatamente dirottata su strumenti per impiego bellico, quindi l'azienda di Rochester acquisì per tali ragioni un vantaggio pratico che si può rilevare negli obiettivi progettati e prodotti in tale periodo.

Vediamo dunque quali erano gli assi nella manica delle ottiche Kodak concepite a partire dal 1940.

 

 

Come sottolineato dal Kodak Lens Manual del 1941, già a partire dal 1940 le ottiche Kodak civili di regolare produzione si avvantaggiavano per due primizie tecniche: il trattamento antiriflessi delle lenti e l'impiego di vetri moderni ad alta rifrazione/bassa dispersione realizzati con fusioni a base di ossidi di lantanio, tantalio e tungsteno, analoghi ai vetri agli ossidi delle Terre Rare impiegati oggi. Anche la Zeiss aveva sperimentato il trattamento antiriflessi a partire da metà anni '30 ma l'immediata classificazione come brevetto di interesse militare, di fatto, posticipò al dopoguerra il trattamento generalizzato delle lenti negli obiettivi di serie; per quanto concerne i vetri ottici, le evidenze legate ai valori rifrattivi/dispersivi dei vetri usati nelle ottiche confermano che fino ad inizio anni '50 la Schott non produsse mai vetri agli ossidi delle Terre Rare e che quindi i pregiati obiettivi Zeiss dell'epoca dovevano accontentarsi dei "vecchi" vetri (e così, naturalmente, anche gli altri brand tedeschi, Leitz in primis); approfondiamo questi due importanti argomenti con informazioni inedite.

 

Un'altra pagina del Kodak Lens Manual del 1941 illustra le campane sottovuoto per l'evaporazione di fluoruri sulle lenti al fine di ridurre i riflessi; l'aspetto e la funzionalità di questi dispositivi Kodak dell'epoca sono assolutamente analoghi a quelli degli strumenti utilizzati tuttora; questo procedimento era stato anticipato da Kodak a fine anni '30 spruzzando un gel sulle lenti che garantiva un analogo risultato, tuttavia questo rivestimento era morbido ("soft coating") e quindi veniva impiegato solamente sulle lenti interne mentre questa deposizione sotto vuoto ad alta temperatura, impiegata ancora oggi, garantisce una deposizione stabile e più resistente ("hard coating") e veniva applicata anche alle superfici esterne.

I brevetti Kodak che seguono sono stati consegnati per la registrazione il 28 Settembre 1940 ed illustrano la struttura delle campane sotto vuoto, la loro funzionalità ed il sistema di ritenuta delle lenti da trattare.

 

 

Naturalmente la Eastman Kodak era cosciente del grande progresso tecnico consentito dai trattamenti antiriflessi e ne era giustamente orgogliosa, pubblicizzandolo ampiamente sulle confezioni dei prodotti, come confermato dall'imballaggio di questo vecchio obiettivo Kodak da proiezione.

 

 

Osservate quanto risalto fosse dato, giustamente, al trattamento delle lenti; in questo caso, trattandosi di un modernissimo (per l'epoca) zoom da proiezione con molti passaggi ad aria ed un forte fascio luminoso incidente che attraversava le lenti, il vantaggio concreto era effettivamente notevole.

Passiamo ora all'altro elemento chiave, l'utilizzo di vetri ad alta rifrazione e bassa dispersione, impossibili da ottenere con gli ingredienti convenzionali ma prodotti a partire da ossidi delle Terre Rare: come detto, le vetrerie tedesche non si spinsero mai in questa direzione fino ad inizio anni '50 (che fosse per carenza di materie prime o del necessario know-how non ci è dato di sapere), mentre per la Eastman Kodak fu determinante la collaborazione con un personaggio che risponde al nome di George W. Moorey.

George W. Moorey, ordinario di chimica residente nel Maryland e consulente della Eastman, già nella prima metà degli anni '30 iniziò una serie di sperimentazioni sistematiche inserendo nel compound di fusione dei vetri ottici ossidi di elementi come lantanio, tantalio, titanio, tungsteno, zirconio e torio: era la direzione giusta per ottenere i vetri desiderati (ancora oggi questi elementi figurano nella composizione dei vetri più moderni, ad esclusione del torio, radioattivo) e l'elemento storicamente rilevante, un benchmark epocale per l'ottica fotografica, fu la richiesta di brevetto inglese in data 3 Settembre 1935 (evidentemente per stoppare subito i concorrenti della Chance Brothers Ltd., anch'essi indirizzati sulla stessa via), seguita da quella americana del 19 Agosto 1936, relative ad una serie di vetri realizzati con questi componenti e caratterizzati da un favorevolissimo rapporto fra alta rifrazione e bassa dispersione, materiali mai visti prima e tali da aprire nuovi orizzonti ai progettisti di ottiche. Ecco un riassunto di tale brevetto.

 

 

Chi è esperto di ottica fotografica, osservando la tabella dei vetri con i valori rifrattivi e dispersivi, capirà subito che il Prof. Moorey aveva già avvicinato i limiti fisici di quanto sia possibile fare con i materiali grezzi presenti sul pianeta; ad esempio, il vetro tipo M, con indice di rifrazione nD = 1,898 e dispersione v = 39,6, presenta parametri praticamente identici a quelli dei vetri lanthanum Dense Flint più spinti tuttora esistenti come il celebre vetro Noctilux di Leitz o l'equipollente LaSF31A di Schott. Già nel 1935, quindi, Kodak disponeva di un brevetto relativo a vetri dalle caratteristiche estreme anche se, come vedremo, molti di essi non vennero mai effettivamente impiegati perchè gli ingredienti previsti, in fase di fusione, tempra o raffreddamento, creavano effetti secondari di ordine fisico come devetrificazione, striatura, birifrangenza cristallina, etc.(peraltro il citato vetro M, per stabilizzare il compond durante le lavorazioni, adottava anche il 16,7% di ossido di torio, radioattivo, ovviamente assente negli equipollenti attuali); come ho avuto modo di scrivere in altra sede, il vero passo avanti compiuto nei 30-40 anni successivi non è stato scoprire il modo di ottenere vetri ad alta rifrazione/bassa dispersione: Moorey negli anni '30 aveva già sondato i limiti del possibile, il vero progresso è stato nel trovare elementi che stabilizzassero la massa durante le procedure di fusione e raffreddamento per ottenere un vetro omogeneo e, appunto, con caratteristiche vetrose. In ogni caso le vetrerie tedesche saranno ignare di questi progressi della chimica per vari anni a venire e nessun obiettivo realizzato con i loro vetri se ne potè avvantaggiare; infatti, fino al dopoguerra il vetro più spinto utilizzato negli obiettivi Zeiss fu il tipo BaSF7, un Dense Flint al bario con indice di rifrazione nD= 1,7015 e dispersione vD= 41,1 che in ogni caso non contiene ossidi delle Terre Rare.

Basandosi quindi sugli studi preliminari del Prof. Moorey, sicuramente dirompenti ma anche un po' limitati all'ambito teorico da questi problemi secondari in fase di fusione, tre anni dopo due chimici della Eastman Kodak perfezionarono l'idea concependo alcuni vetri ad alta rifrazione/bassa dispersione (seppure non estremi come alcune versioni del brevetto del 1935) che si mantenevano stabili durante la fusione ed il raffreddamento grazie all'adozione di elementi ausiliari come ossido di bario e stronzio; diventava quindi possibile utilizzare sistematicamente questi nuovi vetri nella produzione di serie, sebbene mantenessero un fattore sfavorevole: prima della scoperta di certi ossidi di elementi bivalenti (come ossido di calcio), per stabilizzare la mescola nei processi produttivi in presenza di alte percentuali di ossido di lantanio e tantalio (colpevoli degli effetti collaterali descritti prima) si utilizzava l'ossido di torio radioattivo perchè contribuiva a migliorare il rapporto rifrazione/dispersione e in più consentiva di prevenire tali problemi; pertanto anche i nuovi vetri del 1939 presentano quote di ossido di torio pari a circa il 12% che, nel tempo, hanno comportato i noti problemi di ingiallimento ed emissioni.

I due chimici responsabili del progetto, entrambi residenti a Rochester, furono il Dr. Leon W. Eberlin ed il Dr. Paul F. De Paolis e presentarono la relativa richiesta di registrazione il 12 Luglio 1939; ecco un riassunto di tale brevetto.

 

Il vetro tipo A è evidenziato perchè nello schema ottico dei famosi obiettivi Kodak Aero-Ektar da 7" (178mm) f/2,5 e 12" (305mm) f/2,5, un Gauss a 7 lenti con due doppietti posteriori, la terzultima e la penultima lente dello schema vennero realizzate utilizzando rispettivamente vetri con rifrazione nD= 1,745  dispersione vD= 46,4 e rifrazione nD= 1,755 dispersione vD= 47,2, entrambi contenenti ossido di torio che, nel tempo, ha mutuato una sinistra fama agli obiettivi; il vetro della terzultima lente coincide col tipo A di questo brevetto e infatti incorpora il 12% di ossido di torio.

Pertanto, già nel 1940, le ottiche Kodak di regolare produzione - e specificamente i modelli Ektar, top di gamma - si avvantaggiavano per queste due primizie tecniche, il trattamento antiriflessi e la disponibilità di vetri agli ossidi delle Terre Rare.

Proprio in quel periodo la Eastman Kodak decise di allargare la sua già impressionante offerta creando una gamma di obiettivi da ingrandimento destinati ai più disparati formati, dal 24x36mm alle lastre piane, diversificandoli in due serie: gli Enlarging Ektar (in tre sole versioni, destinate ai formati 24x36mm, 6x6cm e 6x9cm) caratterizzati dalle più avanzate tecnologie e dagli schemi più complessi, ed i più economici Enlarging Ektanon, destinati alla grande diffusione ed in molti casi basati su un semplice tripletto spaziato ad aria.

 

Questa pagina del Kodak Lens Manual del 1941 illustra chiaramente lo schema ottico dei tre obiettivi da ingrandimento Enlarging Ektar che costituivano la dotazione di livello superiore; il più caratteristico schema ottico riconducibile alla generazione Ektar è sempre stato un tipo Heliar a 5 lenti in 3 gruppi con due doppietti esterni, utilizzato anche nella versione 80mm f/2,8 destinato alle prime Hasselblad postbelliche; storicamente questo schema è sempre stato associato a tutti e tre gli obiettivi mentre questa pagina mostra chiaramente che l'obiettivo protagonista di queste righe, il 100mm (4") f/4,5 esce dal coro utilizzando invece uno schema da "process lens" per arti grafiche tipo Dyalit a 4 lenti in 4 gruppi ed architettura leggermente asimmetrica, sconfessando quindi le credenze consolidate. Un'apertura f/4,5 è da considerarsi molto ampia per questo tipo di architettura mentre giova sottolineare come la Kodak dichiarasse per questi tre obiettivi una correzione praticamente apocromatica; anche in questo caso il produttore evidenzia l'impiego di vetri agli ossidi delle Terre Rare realizzati con impiego di lantanio, tantalio e tungsteno che, grazie all'elevata rifrazione e bassa dispersione, consentono di ridurre i raggi di curvatura delle lenti migliorando la correzione. La correzione cromatica molto elevata fa capire come la gamma Enlargin Ektar non fosse destinata solo all'ingrandimento di negativi tout court, come poteva essere per la serie Enlarging Ektanon, ma poteva svolgere anche le funzioni tipiche delle ottiche per arti grafiche, come gli attuali Apo-Rodagon o Apo-Ronar.

Il brevetto che segue è relativo allo schema ottico utilizzato nei due modelli di focale inferiore, il 50mm (2") f/4,5 ed il 75mm (3") f/4,5 e venne depositato da Fred E. Altman, celebre ottico della Kodak, il 9 Gennaio 1941.

 

Lo schema tipo Heliar utilizzato per gli Enlarging Ektar di focale inferiore, nonostante risalga al 1941, utilizza già un vetro ad alta rifrazione e bassa dispersione di tipo moderno (la lente posteriore) le cui caratteristiche sono simili a quelle dell'attuale vetro lanthanum Flint LaF2; all'epoca un vetro del genere non era presente nella gamma Schott. Per ottenere questa mescola fu adottato nuovamente ossido di torio, blandamente radioattivo.

 

Sul numero di Ottobre-Novembre 1967 la rivista americana Camera 35 provò la risolvenza di svariati obiettivi da ingrandimento, fra i quali anche l'ormai vetusto Kodak Enlarging Ektar 50mm f/4,5, che non sfigurò assolutamente anche nei confronti del blasonato Leitz Fotocar 50mm f/4,5, rivelando ottime prestazioni. Il blasone degli obiettivi griffati Ektar si evince anche dal prezzo di listino, ben 83,50 Dollari contro gli appena 63,00 Dollari del celebre obiettivo Leitz!

Lo schema ottico del nostro campione, l'Enlarging Ektar 100mm (4") f/4,5, fu invece calcolato da un altro grande nome dell'ottica Kodak, George H. Aklin, che depositò la richiesta di brevetto il 17 Giugno 1942, sebbene l'obiettivo fosse stato calcolato nel 1940 e in produzione dal 1941; ecco un'immagine dell'obiettivo sul relativo brevetto.

 

Osserviamo più attentamente le caratteristiche dello schema e dei suoi vetri.

 

Come accennato, lo schema del 100mm (4") f/4,5 non utilizza lo struttura Heliar a 5 lenti dei modelli di focale inferiore ma sfrutta piuttosto un classico schema Dyalit da obiettivo per arti grafiche; nelle specifiche di brevetto il suo inventore sottolinea come sia stato possibile correggere le aberrazioni extrassiali garantendo un angolo di campo superiore alla norma (di solito questo tipo di obiettivi è limitato ad appena 40°) ed una maggiore qualità su tutto il campo diversificando in maniera marcata la rifrazione delle due lenti esterne rispetto alle interne (i classici Apo-Ronar presentano i due vetri esterni con caratteristiche rifrattive/dispersive molto simili a quelle dei due interni); questo si è reso possibile grazie all'adozione dello speciale vetro già descritto nello schema delle versioni da 50mm (2") e 75mm (3"): in questo caso il vetro con indice di rifrazione nD= 1,744 e dispersione vD= 45,8 è stato impiegato in entrambi gli elementi esterni e, come negli esempi precedenti, dovrebbe rendere l'obiettivo leggermente radioattivo, sempre per via dell'ossido di torio impiegato nel suo compound.

Altri obiettivi progettati intorno al 1940-1941 per Eastman Kodak adottano moderni vetri agli ossidi delle Terre Rare formulati con ossido di torio radioattivo, ecco alcuni esempi.

 

In questo Gauss f/1,9 con due doppietti posteriori collati, un classico indirizzo tecnico di Aklin, la quinta e sesta lente sono realizzate con lo stesso vetro 744458 già visto nella lente posteriore degli Enlarging Ektar da 50mm e 75mm e nei due elementi esterni del 100mm.

 

Questo Gauss con apertura spinta ad f/1,5, il cui brevetto fu richiesto lo stesso giorno dell'esempio precedente, 17 Maggio 1940, prevede un tripletto collato posteriore per correggere l'aberrazione cromatica e, anche in questo caso, uno dei tre vetri è il già citato 744458 al torio.

 

Questo ulteriore brevetto di Aklin, presentato per la registrazione l'8 Ottobre 1941 e anch'esso conforme al modello Gauss da lui preferito, con due doppietti posteriori, è conforme al modello Aero-Ektar 178mm (7") f/2,5 di produzione, famoso per la sua radioattività, e infatti le lenti L5 ed L6 sono realizzate con vetri al torio tipo 745464 e 755472; questi ultimi, assieme al già ampiamente citato 744458, sono gli unici tre vetri agli ossidi delle Terre Rare effettivamente sublimati dallo stadio di progetto teorico e regolarmente impiegati nella produzione, probabilmente sempre per problemi di omogeneità durante la fusione già discussi in precedenza che resero impossibile la realizzazione in ampi volumi di altri tipi di vetro presenti nei brevetti.

Tornando al Kodak Enlarging Ektar 100mm (4") f/4,5, dal momento che il suo progetto prevede le due lenti esterne realizzate proprio col vetro 744458 al torio, gli esemplari attualmente reperibili dovrebbero presentare il tipico ingiallimento metamittico delle lenti ed una qualche emissione attiva, viceversa nel mio esemplare Made in Great Britain by Kodak Limited London, teoricamente identico alla versione made in U.S.A., le lenti sono assolutamente trasparenti (così come su altri esemplari identici dei quali ho avuto riscontro) ed il dosimetro non mostra alcuna emissione superiore al background di fondo... Si fa quindi strada l'ipotesi che queste versioni assemblate nella grande fabbrica di Harrow utilizzassero in effetti vetri di produzione inglese e che all'epoca della produzione dell'esemplare in questione (anni '50) il vetro Kodak originale al torio 744458 fosse stato sostituito da un equivalente più moderno e privo di ossido di torio.

Lo schema ottico Dyalit a 4 lenti in 4 gruppi è abbastanza insolito per un obiettivo da ingrandimento perchè, solitamente, la loro apertura utile è limitata ad f/9 (peraltro utilizzabile solo per la messa a fuoco sull'asse, il valore di lavoro è tassativamente f/22) mentre nel nostro caso la progettazione innovativa con schema asimmetrico e vetri esterni ad alta rifrazione/bassa dispersone ha consentito di spingere tale valore fino ad f/4,5; questo schema ha scritto la storia degli obiettivi per arti grafiche del '900 e, fra gli altri, può essere ben rappresentato dai classici Rodenstock Apo-Ronar oppure dai meno diffusi Nikon APo-Nikkor.

 

Un classico Rodenstock Apo-Ronar 240mm f/9 "Linhof selected" su Synchro-Compur, tipico obiettivo da arti grafiche ottimizzato ad 1:1 ma in grado di coprire il formato 4x5" anche ad infinito.

 

 

Il brevetto relativo ad un moderno Apo-Ronar da 600mm; come potete notare, lo schema è ancora perfettamente simmetrico e i valori rifrattivi e dispersivi delle lenti interne ed esterne sono simili, mentre il modello Kodak già nel 1941 utilizzava asimmetria e vetri esterni speciali per uscire da questo clichè e le relative colonne d'Ercole progettuali (apertura f/9 e copertura 40°).

 

 

Anche la gamma Nikon Apo-Nikkor, con esclusione delle versioni grandangolari, utilizza l'identico schema simmetrico a 4 lenti in 4 gruppi adottato dall'Apo-Ronar.

 

Un esemplare di Nikon Apo-Nikkor 240mm f/9, funzionalmente ed otticamente analogo al 240mm f/9 Apo-Ronar illustrato in precedenza.

 

 

Questa scheda ricavata da una brochure degli obiettivi Apo-Nikkor illustra le proprietà generali di questo tipo di schema: elevata risoluzione, grande uniformità di resa sul campo, ottima correzione cromatica, caratteristiche presenti anche nel Kodak Enlarging Ektar 100mm (4") f/4,5 risalente al tempo di guerra.

 

 

Questo diaframma MTF ricavato da documentazione ufficiale Rodenstock mostra il trasferimento di contrasto dell'Apo-Ronar 240mm f/9 al rapporto di riproduzione 1:1 e a medie distanze (1:20) e diaframma di lavoro f/22 ed è indicativo del comportamento tipico di questo tipo di schema; come si può notare dai trattini colorati di riferimento, l'obiettivo risulta diffraction limited in gran parte del campo, quindi all'apertura di riferimento si sfrutta quasi completamente il limite teorico; si noti anche l'assenza di astigmatismo (lettura sagittale e tangenziale molto simili) e l'uniformità di resa sul campo.

E' anche necessaria una precisazione per evitare un possibile equivoco: esiste un altro Kodak Ektar 101mm (4") f/4,5, privo della denominazione Enlarging, ma si tratta di un obiettivo completamente differente.

 

In questo caso l'obiettivo è previsto per la fotografia convenzionale su formato 6x9cm e dispone del relativo otturatore centrale per gestire i tempi di posa (ed anche la sincronizzazione col lampeggiatore, come nel caso di questo autarchico Kodak Flash Supermatic); inoltre anche lo schema ottico è differente, trattandosi di un più convenzionale tipo Tessar, come confermato dalla scheda seguente.

 


Dopo aver magnificato le avanzate caratteristiche tecniche che porta in dote il nostro Kodak Enlarging Ektar 100mm (4") f/4,5 è lecito chiedersi se le eccellenti qualità ottiche promesse a suo tempo dal costruttore siano ancora valide per gli standard attuali, ad oltre 70 anni dalla presentazione; in realtà non è così semplice provare l'obiettivo, dal momento che è montato su una piastra metallica ed anche il filetto da 42mm per la relativa ghiera di fissaggio ha un passo in misure non metriche, senza contare il fatto che il suo formato originale 6x9cm non può essere facilmente monitorato... In ogni caso ho provveduto a montarlo in via provvisoria su un soffietto di prolunga applicato ad una Canon EOS full-frame, testando velocemente ad f/8 la sua qualità sull'asse in una ripresa ravvicinata, previa messa a fuoco di precisione in live-view 10x; ecco l'immagine intera ripresa dal sensore 24x36mm inserita nella maschera del formato originale al quale l'obiettivo è destinato.

 

Come potete vedere il fotogramma sfrutta in maniera assolutamente parziale la coniugata immagine consentita dall'obiettivo; il soggetto è una catena per bici da corsa Campagnolo C9, ormai completamente consunta e pronta per la pensione.

 

Ecco invece due crops al 100% del file ottenuto con la Canon EOS, senza aggiunta di sharpening: nonostante l'immagine complessiva coperta dall'obiettivo sul formato 6x9cm, mantenendo la risoluzione di questo sensore, corrisponderebbe ad un file da ben 13.400 x 8.800 pixel, questa è la risoluzione calligrafica che il vecchio 100mm Enlarging Ektar, classe 1941, è ancora in grado di fornire.

Riassumendo, il Kodak Enlarging Ektar 100mm (4") f/4,5 lanciato nel 1941 era costruito allo stato dell'arte ed incorporava all'epoca primati tecnologici (trattamento antiriflessi, vetri speciali agli ossidi delle Terre Rare, correzione cromatica spinta) che testimoniano come, in effetti, in quegli anni convulsi la Eastman detenesse in realtà una leadership tecnologica negli obiettivi di normale serie della quale però, su questa sponda dell'Oceano, giungevano solo echi lontani e che non gli è stata mai completamente riconosciuta, attribuendola invece ai produttori tedeschi che, in quel periodo, realizzarono sicuramente pezzi pregevoli e confezionati allo stato dell'arte, ma in inferiorità tecnica rispetto a queste ottiche concepite dalla grande azienda di Rochester; restituiamo quindi a Casare quello che è di Cesare!

(Marco Cavina)


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