I  FIGLI  PERDUTI  DI  NIKON - parte 4

I  PROTOTIPI  DI 

REFLEX-NIKKOR ED f/1,8 - f/2,5  da  4°  DEL  1998

E  DI

  REFLEX  NIKKOR  1000mm f/11 VR  STABILIZZATO  DEL 1991

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Gli obiettivi catadiottrici, composti da lenti e specchi, sono noti da molto tempo e parimenti utilizzati per
ottenere teleobiettivi di notevole potenza in un corpo molto compatto e leggero, ottenendo un'ottima
correzione dell'aberrazione cromatica, della distorsione e di altre aberrazioni e pagando dazio per
l'assenza di diaframma e per la vignettatura; questo quadro della situazione è ben noto a tutti gli appassionati,
così come la coscienza che il settore non ha mai palesato particolare fermenti tecnici, vivacchiando su
ridotte nicchie di mercato; viceversa alla Nikon Corporation hanno profuso un certo impegno cercando
sbocchi propositivi al concetto, e due progetti non arrivati alla produzione finale (probabilmente proprio
in considerazione delle ridotte prospettive di vendita) sono estremamente interessanti per le implicazioni
tecniche ed operative.

Il primo progetto che vi presento è in realtà l'ultimo in ordine cronologico, e fu completato dal Dr.
Teruyoshi Tsunashima nel Giugno 1998; all'epoca la rivoluzione digitale era già in atto e si prospettavano
i piani per i primi apparecchi digitali ad obiettivo intercambiabile; naturalmente i sensori dell'epoca
(a tecnologia CCD) non avevano le dimensioni attuali, comprese fra il formato APS-C ed il 24x36mm
completo, ma si attestavano su diagonali da 1/5" ad 1/2", omologandosi agli standard delle moderne
compatte digitali; il Dr. Tsunashima affrontò il problema di adattare i potenti obiettivi catadiottrici
ad ipotetici apparecchi digitali ad obiettivo intercambiabile, preventivando problemi di varia natura,
fra i quali: dimensioni non proporzionate agli apparecchi, prevedibilmente molto compatti; lunghezze
focali inadeguate al piccolo formato; risoluzione insufficiente per le esigenze del sensore ad altissima
densità di fotodiodi; necessità di un montaggio con standard di precisione molto superiori, difficili
da mettere in atto con i progetti esistenti; infine, la proiezione non era sufficientemente telecentrica,
più per la tecnologia delle lenti collettive davanti ai fotodiodi disponibile al tempo che per reali
deficienze ottiche.

Tsunashima sfruttò la ridotta diagonale prevista per i sensori progettando una nuova generazione
di catadiottrici caratterizzati da struttura compatta, concepita in modo da permettere un montaggio
di estrema precisione a costi accettabili, risoluzione superiore agli standard consueti, proiezione
abbondantemente telecentrica e soprattutto luminosità estremamente elevata: il progetto prevede
infatti 7 opzioni con angolo di campo di 2,47° - 4,12° - 4,13° - 4,14° (queste ultime tre opzioni
sono praticamente identiche) con luminosità  relative comprese fra f/4,4 ed f/2,46 per il modello
più spinto (all'incirca equivalente ad un 1.000mm nel 24x36) e comprese fra f/2,56 ed f/1,79 nella
versione più corta, comunque assimilabile ad un bel 600mm nel formato 135....600mm f/1,8, non
so se mi spiego!

La caratteristica più qualificante del progetto consiste nell'adozione di vetri ED a bassa dispersione
(numero di Abbe vD= 82,5) di seconda generazione, trasformando di fatto questi prototipi di
reflex-Nikkor nei primi catadiottrici dichiaratamente apocromatici della storia.


l'inedito schema ottico di uno dei sette prototipi di luminosissimi Reflex-Nikkor ED
previsti per l'utilizzo su reflex digitali della prima ora; l'esempio si riferisce ad una delle
versioni meno spinte, con luminosità effettiva f/2,56 ed un angolo di campo pari a
quello di un 600mm convenzionale; notare l'ampio menisco ricavato in vetro ED di
seconda generazione e le due lenti posteriori ad alta rifrazione; lo schema garantiva
una proiezione quasi telecentrica

 


lo stato di correzione del prototipo sopra illustrato, estremamente corretto e dotato
di trascurabile aberrazione cromatica (un bel vantaggio in digitale) grazie alla struttura
a specchi e all'adozione di una lente in vetro ED

 


un'altra opzione del progetto di Tsunashima, nella fattispecie quella più
luminosa, corrispondente ad un 600mm f/1,79; anche in questo caso
si è fatto ricorso ad un grosso menisco in vetro ED, certamente costoso,
e tutti i diametri sono maggiori

 


lo stato di correzione del prototipo luminoso è parimenti eccellente, anche in
questo caso l'aberrazione cromatica è trascurabile, nonostante la lunga focale;
naturalmente la ridotta diagonale del formato ha favorito l'exploit

 

 

Il secondo progetto che presento risale al Febbraio 1991, alla firma del Dr. Susumu Sato, e se vogliamo
e ancora più interessante da un punto di vista teorico e per le implicazioni pratiche generali: si tratta del
progetto di un Reflex-Nikkor da 1.000mm f/11 dotato del sistema VR di stabilizzazione d'immagine!
Il 1000mm f/11 è un classico della produzione Nikon, fin dagli anni '60, ed è sempre stato apprezzato
perchè consentiva l'accesso alla focale di un metro senza ipotecare la casa e potendo contare su pesi
e dimensioni ancora accettabili; naturalmente la focale di 1.000mm amplifica brutalmente ogni minima
vibrazione, e la luminosità di f/11 non aiuta nella ricerca di tempi d'otturazione adeguatamente rapidi,
relegando di forza il Reflex-Nikkor 1.000mm f/11 su cavalletto con cure supplementari come specchio
sollevato, scatto flessibile, etc., tutte palle al piede che limitano molto le potenzialità operative di un
supertele altrimenti facilmente trasportabile; l'applicazione del sistema di stabilizzazione VR, prevista
peraltro con ben 9 anni in anticipo sul lancio del primo Nikkor VR di serie, suona come il classico
uovo di Colombo, non trasformando di certo il cannone in un giocattolo da mano libera, ma aiutando
concretamente il fotografo a minimizzare i micromossi inevitabili con simili focali.

Sato-San progettò il catadiottrico con l'aggiunta di un complesso gruppo ottico posteriore a lenti,
in pratica un obiettivo completo e vagamente simile al tipo Tele-Elmarit 90 dei primi anni '70,
che agiva in buona sostanza come relay-lens secondario, intercettando l'immagine aerea proveniente dal
membro anteriore a specchi; l'intero obiettivo secondario era interessato dal movimento del sistema
VR, e basculava con una corsa di +o- 2mm, molto rispetto ai VR attuali, ma agiva in proporzione
all'estrema lunghezza focale ed alla conseguente ampiezza delle vibrazioni indotte.

 


il progetto più interessante, firmato da Susumu Sato nel 1991, si riferisce ad un catadiottrico
da 1.000 col sistema VR di stabilizzazione dell'immagine; il gruppo VR interessava l'intero
obiettivo relay posteriore, caratterizzato da un doppietto anteriore spaziato ad aria
realizzato con vetri alternati a bassa rifrazione/dispersione ed alta rifrazione/dispersione, per
il controllo finale dell'aberrazione cromatica; un'ulteriore finezza è costituita dal sistema
flottante per la messa a fuoco interna, che chiama in causa un gruppo di lenti dall'inerzia
molto ridotta, una scelta tecnica che avrebbe aperto le porte anche all'autofocus, luminosità
massima permettendo....

 

 

In definitiva, questi progetti sono molto interessanti e palesano il tentativo di portare
una frizzante ventata di rinnovamento in un settore stagnante, con particolare riguardo
per la versione stabilizzata; non furono prodotti probabilmente a causa della ridotta
nicchia di mercato che ha sempre riguardato i catadiottrici e che ha sempre parimenti
sconsigliato investimenti e voli pindarici nel settore.

 

IL  MARCOMETRO

UNA  VENTATA  DI  NOVITA'  NEL SETTORE,  PERDUTA PER SEMPRE;
UN  "600mm"  f/1,8  OVVERO  UN  1.000mm  A  SPECCHI  STABILIZZATO:  ALZI  LA
MANO  CHI  LI  CONSIDERA  UNA  STRONZATA...

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