OLYMPUS  OM  ZUIKO  MC  MACRO  80mm  f/4  1:1

IL  PRIMO  MACRO  CONCEPITO  PER  LA  RIPRODUZIONE

DI PELLICOLA  24x36mm:  DESCRIZIONE  DELL'OTTICA,

CARRELLATA  SU  TUTTI  GLI  OBIETTIVI  MACRO  OLYMPUS  OM

E  PROVA  SU  STRADA  DI  TALE  OBIETTIVO  CON  ALTRI  14  OTTICHE

MACRO  NELLA  RIPRODUZIONE  1:1  DI  UNA  DIAPOSITIVA  24x36mm

 


ABSTRACT

The Olympus OM Zuiko 80mm f/4 macro 1:1, produced between 1972 and 2002, was the first macro lens of a very limited row computed for the life-size reproduction / duplication of films, the only one optimized for the 24x36mm format and currently available on the market at reasonable prices without bookmarking a special order. In this article there's the description of the lens, an overview of all Olympus OM Zuiko macro lenses and a brief test performed duplicating a 24x36mm slide at life-size magnification with the 80mm macro Zuiko and other 14 macro lenses, all on the same repro-stand device and at the same f/7,1 iris aperture.

(04/01/2012)


In questa fase in cui il digitale è ormai svezzato ed operativo come un orologio, molti fotografi ormai ambientati a questa seconda vita sentono l'esigenza di recuperare, nell'ambito dei nuovi mezzi di condivisione e comunicazione, le immagini analogiche che avevano prodotto nel periodo precedente; naturalmente sono ancora disponibili sul mercato scanner per film prosumer di buona qualità, tuttavia le case costruttrici sono le stesse che commercializzano sistemi di fotocamere digitali professionali, e non hanno alcun interesse a mantenere aggiornata la linea degli scanner, dal momento che il loro production core è in diretta antitesi con questi prodotti: nel migliore dei casi si tratta di articoli fuori produzione, a volte già privi di drivers aggiorati per i recenti OS e con prospettive di assistenza in caso di guasti molto dubbie, seppure il loro prezzo di acquisto, anche d'occasione, sia tutt'altro che popolare, visto lo sfavorevole rapporto fra richiesta ed offerta.

Io stesso, da tempo, mi sono posto di fronte a questo problema, un dilemma acuito dal cedimento strutturale, ed irreparabile, del mio Nikon Coolscan, chiedendomi se non fosse possibile duplicare le diapositive o i negativi alla vecchia maniera, ri-fotografandoli al rapporto di riproduzione 1:1 con un obiettivo macro e sfruttando una reflex digitale full-frame per ottenere la versione digitale di tali immagini; va detto che, con questo metodo, risulta difficile contenere il contrasto ed ottenere una perfetta corrispondenza cromatica, esattamente come avveniva decenni fa utilizzando la famosa Kodak Slide Duplicating, tuttavia in questa sede preferisco trascurare i dettagli spiccioli sulla resa tonale o di contrasto e focalizzarmi sulle prestazioni ottiche pure, cercando di capire se la risoluzione e la planeità di campo delle ottiche macro eventualmente impiegabili in tale esercizio sia sufficiente per rivaleggiare (in nitidezza e conservazione dei dettagli sul campo) con gli scanner per film descritti in precedenza.

I vantaggi a favore della riproduzione diretta sono la rapidità operativa molto maggiore ed una maggiore flessibilità (grazie ad un illimitato controllo dell'esposizione) nella gestione di originali molto scuri, solitamente ostici per gli scanner.

Ripercorrendo la storia degli obiettivi moderni, possiamo dire che sono stati realizzati molti modelli da riproduzione caratterizzati da straordinaria risoluzione e correzione di planeità di campo e distorsione, nell'ambito dei rapporti di riproduzione previsti, tuttavia quasi tutti sono stati concepiti per operare in riduzione o in ingrandimento rispetto alle dimensioni originali, mentre la serie delle ottiche repro calcolate esplicitamente per la ripresa a dimensioni reali (1:1), impressionando sul materiale sensibile un'immagine con le stesse dimensioni del soggetto reale, è piuttosto ristretta e, soprattutto, molto sbilanciata verso i medi-grandi formati: citiamo ad esempio le ottiche da fotoincisione/arti grafiche come gli Apo-Ronar, Apo-Gerogon, G-Claron, Apo-Nikkor o Printing-Nikkor, oppure ottiche repro 1:1 come i Makro-Symmar, i Nikkor AM-ED o gli Zeiss S-Planar 60mm f/4 o 74mm f/4... Nessuno di essi è calcolato per il 24x36mm bensì per formati superiori, dal 32x45mm (microfilm su pellicola 35mm non perforata) al 6x6cm fino alle pellicole piane di grande formato.

E' intuibile che, dovendo riprodurre un piccolo negativo 24x36mm ricco di dettagli ed ottenuto con un obiettivo molto inciso, servirà un'ottica in grado di risolvere ad 1:1 in modo altrettanto brillante, mentre obiettivi per quanto ottimi concepiti per formati molto superiori non sono previsti per un circolo confusionale restrittivo come quello necessario; esistono in verità alcuni obiettivi repro caratterizzati da proiezione perfettamente telecentrica e calcolati per ottenere riproduzioni 1:1 sul formato 24x36mm ad altissima risolvenza, ma la risoluzione è stata ottenuta grazie ad un'ampia apertura relativa che garantisce una profondità di campo così ristretta da rendere critica la duplicazione di diapositive intelaiate (la cui emulsione è solitamente incurvata): mi sto riferendo ai rarissimi Repro-Nikkor 85mm f/1,0 e 170mm f/1,4, il cui astronomico listino originale e la cui rarità li pone peraltro su un ordine di prezzo incompatibile con una duplicazione casalinga senza troppe pretese.

In questo contesto poco favorevole entra in campo la Olympus Optical Co.; ad inizio anni '70, quando il sistema OM stava per fare la sua fragorosa comparsa sul mercato, i tecnici si posero il problema di realizzare fin dall'esordio un sistema professionale il più possibile completo, in modo da poter competere ad armi pari con gli affermati corredi della concorrenza; siccome la Olympus vantava un know-how invidiabile nel settore microscopi, l'ambito delle ottiche macro fu particolarmente curato, e fin dal 1972 l'originale Olympus M-1 poteva contare su ben 4 ottiche macro Zuiko, tre delle quali prive di elicoide e destinate all'utilizzo su soffietto; uno di essi, lo Zuiko macro 80mm f/4 1:1, è particolarmente interessante perchè fu il primo obiettivo specificamente - ed unicamente - ottimizzato per la duplicazione in scala 1:1 di originali 24x36mm ad arrivare regolarmente sugli scaffali dei negozi ad un prezzo abbordabile; si tratta di un'ottica nata senza compromessi, adottando una lunghezza focale ed una luminosità ottimali per il progetto ottico e limitando il range di utilizzo fra 1/2x (1:2) e 2x (2:1), con il rendimento ottimale proprio in scala naturale (1:1).

Nel tempo, il corredo Olympus OM si evolverà fino a comprendere 57 modelli diversi, che diventano 60 se consideriamo le due versioni di schema ottico del 50mm f/1,8, dell'85mm f/2 e dell'80mm f/4 del quale stiamo discutendo: un parco di obiettivi caratterizzati da dimensioni molto contenute e da un rendimento molto personale, improntato ad una grande uniformità centro-bordi con casi estremi, come certi supergrandangolari, dove gli angoli hanno una risolvenza simile a quella presente in asse; si tratta di un sistema che, nei suoi anni fulgidi, creò molta confusione fra i rivali di settore e mise in discussione sia gli assetti, le gerarchie di forza consolidate, sia i principi tecnici sui quali gli obiettivi concorrenti erano stati realizzati; a titolo informativo, ecco l'elenco delle ottiche OM Zuiko prodotte nel tempo: si tratta di tutti modelli manuali, ad esclusione del 35-70mm f/4 AF, inserito in quanto non dipende da una fotocamera per la valutazione del fuoco ed il movimento delle lenti ma incorpora nello scafo tutto l'hardware necessario.

Zuiko 8mm f/2,8 fisheye
Zuiko 16mm f/3,5 fisheye
Zuiko 18mm f/3,5
Zuiko 20mm f/2 macro bellows
Zuiko 20mm f/3,5 macro bellows
Zuiko 21mm f/2
Zuiko 21mm f/3,5
Zuiko 24mm f/2
Zuiko 24mm f/2,8
Zuiko 24mm f/3,5 shift
Zuiko 28mm f/2
Zuiko 28mm f/2,8
Zuiko 28mm f/3,5
Zuiko 28-48mm f/4 zoom
Zuiko 35mm f/2
Zuiko 35mm f/2,8
Zuiko 35mm f/2,8 shift
Zuiko 35-70mm f/3,6 zoom
Zuiko 35-70mm f/4 zoom
Zuiko 35-70mm f/4 AF zoom
Zuiko 35-70mm f/3,5-4,5 zoom
Zuiko 35-70mm f/3,5-4,8 zoom
Zuiko 35-80mm f/2,8 zoom
Zuiko 35-105mm f/3,5-4,5 zoom
Zuiko 38mm f/3,5 macro bellows
Zuiko 38mm f/2,8 macro
Zuiko 40mm f/2
Zuiko 50mm f/1,2
Zuiko 50mm f/1,4
Zuiko 50mm f/1,8 first formula
Zuiko 50mm f/1,8 second formula
Zuiko 50mm f/2 macro
Zuiko 50mm f/3,5 macro
Zuiko 50-250mm f/5 zoom
Zuiko 55mm f/1,2
Zuiko 65-200mm f/4 zoom
Zuiko 70-210mm f/4,5-5,6 zoom
Zuiko 75-150mm f/4 zoom
Zuiko 80mm f/4 macro 1:1 preset
Zuiko 80mm f/4 macro 1:1 auto
Zuiko 85mm f/2 six lenses
Zuiko 85mm f/2 five lenses
Zuiko 85-250mm f/5 zoom
Zuiko 100mm f/2
Zuiko 100mm f/2,8
Zuiko 100-200mm f/5 zoom
Zuiko 135mm f/2,8
Zuiko 135mm f/3,5
Zuiko 135mm f/4,5 macro bellows
Zuiko 180mm f/2
Zuiko 180mm f/2,8
Zuiko 200mm f/4
Zuiko 200mm /5
Zuiko 250mm f/2
Zuiko 300mm f/4,5
Zuiko 350mm f/2,8
Zuiko 400mm f/6,3
Zuiko 500mm f/8 reflex
Zuiko 600mm f/6,5
Zuiko 1000mm f/11


Nell'ambito di questa articolata produzione, alla fine dei giochi possiamo annoverare ben 10 obiettivi macro, considerando anche le versioni evolute della stessa focale; ecco uno schema riassuntivo degli Olympus OM Zuiko macro con i relativi gruppi ottici in sezione, ai quali ho aggiunto anche la versione 50mm f/2,8 macro autofocus (non destinato al sistema OM convenzionale ma alle Olympus OM-101 ed OM-707) per completezza d'informazione.

 

 

La gamma esordisce con la focale 20mm, nata con schema ottico tipo Tessar invertito ed apertura f/3,5 (ingrandimento 4x - 12x) e poi evoluta con apertura f/2 e schema Gauss simmetrico (ingrandimento 4,2x - 16x); troviamo poi un 38mm, anch'esso nato con apertura f/3,5 e schema tipo Xenotar invertito (ingrandimento 1,8x - 6x) e successivamente portato ad f/2,8 con schema Gauss simmetrico (ingrandimento 1,7x - 8x); nella classica focale 50mm sono disponibili due modelli: l'originale f/3,5 presenta uno schema Xenotar a 5 lenti in 4 gruppi analogo a quello del Micro-Nikkor 55mm f/3,5 ma aggiornato con sistema flottante (ingrandimento fino a 0,5x), il modello più recente presenta un'elevata luminosità f/2 (ingrandimento fino a 0,5x) ed un complesso schema ottico a 9 lenti dotate di un doppio flottaggio davvero anomalo: infatti, il primo movimento, come di consueto, modifica lo spazio d'aria fra i due emi-Gauss, all'altezza del diaframma, ma il flottaggio ausiliario non cambia, come di solito avviene, la spaziatura fra il Gauss anteriore ed il gruppo posteriore bensì la lente d'aria fra il secondo elemento anteriore ed il doppietto collato che lo segue; a quanto mi risulta si tratta dell'unico 50mm macro concepito in questo modo. Viceversa, il 50mm f/2,8 macro AF (ingrandimento fino ad 1x) presenta un doppio flottaggio classico, con spostamento dei due emi-Gauss del modulo anteriore ed avanzamento dell'intero Gauss in relazione ai due elementi posteriori, che restano fissi, uno schema che verrà poi ripreso anche per l'AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8. Viene poi l'80mm f/4 macro protagonista di questo pezzo (ingrandimento da 0,5x a 2x), anch'esso evoluto nella montatura meccanica e leggermente modificato nella parte ottica, mantenendo comunque la stessa architettura a schema Gauss simmetrico. Per completare la gamma, troviamo un 90mm f/2 macro (ingrandimento fino a 0,5x), strutturato come i principali concorrenti moderni e caratterizzato da un Gauss anteriore mobile e da un gruppo secondario costituito da 3 elementi in posizione fissa, ed un 135mm f/4,5 in montatura corta per soffietto e tubo ad allungamento variabile (ingrandimento fino a 0,5x), caratterizzato da uno schema tipo Xenotar e concepito per lavorare con una distanza utile di quasi 40cm anche all'ingrandimento massimo consentito. Inutile dire che il 50mm f/2 macro ed il 90mm f/2 macro, grazie all'elevata luminosità, l'ottima resa ottica e la grande compattezza, risultano estremamente versatili nell'uso generico.

Gli schemi seguenti sono relativi allo Zuiko macro 90mm f/2 e confermano come il flottaggio, singolo, sia circoscritto allo spazio D13, come confermato anche dalla grafica; i diagrammi delle aberrazioni mostrano come il sistema a lenti mobili sia in grado di limitare a distanze minime il degrado di astigmatismo e curvatura di campo che, in un gruppo ottico "fisso" subirebbe un peggioramento evidente.

 

 


Analizzando invece lo schema dello Zuiko 50mm f/2,8 macro AF (destinato, come detto, alle OM-101 ed OM-707), si può notare il doppio flottaggio, dove D1 rappresenta lo spazio all'interno dei due emi-Gauss anteriori e D2 la lente d'aria compresa fra il gruppo Gaussiano frontale di 6 lenti ed il modulo posteriore composto da 2 elementi.

 

 

I parametri di progetto mostrano come, passando da infinito a 0,5x (M = 1:2), lo spazio anteriore D1 aumenti, passando da circa 6,3mm a circa 10mm, mentre l'intero gruppo Gaussiano avanza, aumentando lo spazio D2 da circa 1mm a circa 3,5mm; passando da 0,5x ad 1x (M = 1:1), lo spazio D2 continua ad aumentare, passando da circa 3,5mm a circa 8mm, mentre lo spazio D1 inverte la sua tendenza e, giungendo ad 1x, risulta ridotto da circa 10mm a circa 9mm; come anticipato, uno schema analogo venne concepito più o meno nello stesso periodo dalla Nippon Kogaku per il suo ineundo AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8.

 

 

Anche in questo caso, il doppio flottaggio tiene sotto controllo astigmatismo e curvatura di campo a tutti i rapporti di riproduzione disponibili, garantendo la compatibilità con la riproduzione di originali piani.

 

 

Questa serie di schemi sottolinea invece il grande lavoro di messa a punto operato ad inizio anni '80 da Hisashi Goto-San per concretizzare il nocciolo ottico dell'Olympus OM Zuiko macro 50mm f/2, un obiettivo estremamente intelligente che consente vere prestazioni macro senza sacrificare nulla dei pregi di un normale classico, grazie all'apertura molto ampia: un vero uovo di Colombo che, curiosamente, non ha mai visto repliche da parte della concorrenza, e solo in tempi recenti la Zeiss ha offerto qualcosa di analogo con il Makro-Planar 50mm f/2, simile come concetto dello schema ma differente nella dinamica dei flottaggi: nello Zeiss abbiamo un classico avanzamento del Gauss anteriore, che si distanzia dal doppietto posteriore fisso, mentre nel caso dello Zuiko assistiamo all'allargamento della lente d'aria all'altezza del diaframma combinato con l'avanzamento delle due lenti anteriori.


Tutto questo palesa la grande attenzione sempre riposta dalla Olympus nel fornire ai clienti del sistema OM una serie di ottiche ed accessori macro veramente completa, peraltro innestata anche sull'esistente gamma di microscopi e dispositivi da laboratorio per i quali la Casa era giustamente famosa; Come accennato, nella gamma di 4 focali destinate all'impiego esclusivo su prolunghe (20mm, 38mm, 80mm e 135mm), lo Zuiko macro 80mm f/4 risulta estremamente interessante anche ora, a 40 anni dal lancio, proprio per la sua specifica ottimizzazione nella scala di riproduzione 1:1, ideale per duplicare diapositive e negativi 24x36mm ed ottenere il relativo file digitale.


 

L'esemplare che utilizzo personalmente appartiene alla prima serie, prodotta dal 1972 al 1981, ed è caratterizzato dall'assenza di diaframma automatico, sostituito da un comunque pratico sistema a preselezione, con una ghiera godronata che consente di impostare l'apertura prescelta (da f/4 ad f/22) ed una seconda ghiera gommata, priva di fermi a scatto, che permette di chiudere il diaframma per l'esposizione finale; contrariamente a quanto avviene per le focali inferiori da 20mm e 38mm (equipaggiate con una filettatura RMS da 0,8W x 1/36"), lo Zuiko macro 80mm f/4 1:1 è equipaggiato con la classica baionetta Olympus OM ed è previsto per l'uso in abbinamento al soffietto Olympus OM Auto Bellows col relativo Olympus OM Slide Copier, entrambi realizzati in modo impeccabile e con standard di qualità da microscopio; risulta invece difficile adattare quest'obiettivo all'uso con duplicatori per negativi di altre marche (ad esempio, il Nikon PS-6 in abbinamento al soffietto Nikon PB-6) perchè quest'ottica, con la sua insolita focale da 80mm, al rapporto di riproduzione 1:1 ha una distanza di lavoro particolarmente ampia (circa 12cm), superiore a quella dei macro convenzionali, e di norma il mantice paraluce che collega la ghiera anteriore dell'obiettivo al duplicatore stesso non ha un'estensione sufficiente alla bisogna. Così come avviene con un'ottica Zeiss di caratteristiche simili (lo Zeiss S-Planar 74mm f/4, concepito per riproduzione 1:1 di originali 6x6cm ed equipaggiato con uno schema ottico quasi identico a quello dello Zuiko), anche in questo caso il diaframma di lavoro ottimale, giusto compromesso fra chiusura per ridurre le aberrazioni e diffrazione, si colloca a circa 1,5 stop dall'apertura massima, fra f/5,6 ed f/8; infatti, se osservate il punto di fede rosso che indica l'allineamento dell'obiettivo ad "ore 6" sul soffietto, noterete che il suo prolungamento ideale sulla scala del diaframma (fissa) intercetta un punto che si trova proprio fra f/5,6 ed f/8 (leggermente decentrato verso quest'ultimo, intorno ad f/7,1), proprio a suggerire il valore più opportuno per massimizzare le prestazioni... Nell'esemplare fotografato il punto di fede bianco della ghiera di preselezione si trova proprio in tale posizione.

 

 

Nel progettare il suo schema ottico, in assenza di quote meccaniche particolari da rispettare, alla Olympus sono partiti dal concetto teorico, realizzando senza limitazioni il gruppo ottico che garantisse le massime prestazioni in termini di risoluzione, contrasto, planeità di campo ed assenza di distorsione; come avveniva ed avviene tuttora per le ottiche da riproduzione dedicate ad un limitato range di rapporti, fu impiegato un doppio Gauss quasi simmetrico a 6 lenti in 4 gruppi con un'ampia spaziatura fra i due moduli; trattandosi di uno schema simmetrico destinato ad ingrandimento unitario, la distanza di lavoro anteriore e lo spazio retrofocale posteriore sono praticamente coincidenti, circa 12cm, il che lascia ampio margine di manovra sia per posizionare il soggetto sia, eventualmente, per applicare adattatori ed impiegare l'obiettivo su sistemi moderni. La focale 80mm e l'apertura limitata ad f/4 hanno consentito di ottimizzare le prestazioni, senza compromessi.

 

 

L'ottica rimase ufficialmente in produzione per 30 anni, dal 1972 al 2002 (sebbene, come tutti noi sappiamo, lo slancio innovativo e commerciale del sistema OM rallentò percettibilmente già a partire dalla metà degli anni '80); nel corso della serie, a fine anni '70, venne progettato un tubo di prolunga automatico con allungamento variabile fra 65mm e 116mm ottenuto grazie ad un sistema telescopico; questo accessorio era stato concepito ad uso e consumo del coevo Zuiko macro 135mm f/4,5 privo di elicoide, in abbinamento al quale era possibile spaziare da infinito (65mm di tiraggio) al rapporto di 1:2 (116mm di tiraggio): i tecnici Olympus ipotizzarono di impiegare su questo tubo elicoidale anche lo Zuiko macro 80mm f/4 1:1; dal momento che il tiraggio variabile consentito era stato calibrato per le esigenze funzionali del 135mm f/4,5, alla Olympus si videro obbligati a ri-progettare la montatura meccanica dell'80mm, arretrando il gruppo ottico (ora vistosamente a sbalzo nella parte posteriore) per far si che l'obiettivo, con il tiraggio minimo di 65mm, consentisse l'ingrandimento di circa 0,5x, l'estremo inferiore consentito dalle sue specifiche; naturalmente fu abbandonato il sistema a preselezione grazie ai rinvii meccanici presenti nel tubo elicoidale ed anche l'80mm macro divenne automatico. Purtroppo il tiraggio massimo di 116mm, col nocciolo ottico così arretrato, non era sufficiente per garantire il massimo ingrandimento previsto dai parametri (2x) ma consentiva di arrivare solamente ad 1,2x, obbligando così i tecnici a progettare una lente addizionale dedicata f =170mm, molto corretta e che, in abbinamento al nuovo 80mm macro automatico ed al tubo elicoidale automatico 65-116mm, consentiva di spaziare fra 1x e 2x, con un sufficiente overlap con la configurazione senza lente addizionale (0,45x - 1,2x) da garantire la copertura dell'intero range: un sistema macchinoso e dispendioso al quale, forse, sarebbe stato preferibile realizzare un secondo tubo elicoidale automatico ad allungamento variabile dotato di tiraggi calcolati ad hoc per l'80mm. Dal punto di vista della sistematica, l'obiettivo esordì nel 1972 con antiriflessi singolo ed il classico codice alfanumerico Olympus per indicare il numero delle lenti (F.Zuiko macro 1:4 f=80mm); durante la produzione del primo tipo a preselezione (1972-1981) la denominazione indicata sul barilotto cambiò leggermente per sottolineare la vocazione, e divenne Zuiko 1:1 macro 1:4 f=80mm; infine, negli ultimi anni, venne finalmente applicato l'antiriflessi a strati multipli, scomparve la specificazione "1:1" e la dicitura finale divenne Zuiko MC macro 1:4 f=80mm (l'obiettivo illustrato nelle immagini precedenti appartiene a questa generazione). Nel frattempo, 1980, venne presentata la seconda versione, con diaframma automatico e nocciolo ottico leggermente rivisto, senza stravolgerne la struttura base; quindi, teoricamente, per un anno entrambe le versioni furono presenti sul mercato. Il modello automatico, prodotto dal 1980 al 2002, venne inizialmente denominato Zuiko MC Auto-1:1 macro 1:4 f=80mm, poi, nel corso della produzione, la dicitura MC, ormai scontata, scomparve, lasciando il posto alla denominazione Zuiko Auto-1:1 macro 1:4 f=80mm. Non è noto quanti esemplari siano stati esattamente prodotti delle due serie, ma trattandosi di un obiettivo di nicchia i numeri sono forzatamente ridotti: si può ipotizzare, per la prima serie, circa 3.000 esemplari con antiriflessi singolo e circa 3.000 esemplari con MC; per quanto riguarda la seconda versione automatica, prodotta per un lasso di tempo doppio rispetto alla precedente, si può indicare una produzione di circa 4.000 pezzi con la dicitura MC e di altri 13.000 pezzi nell'ultima configurazione; ovvero: circa 6.000 pezzi a preselezione e circa 17.000 pezzi con diaframma automatico.

 

 

Questo schema riassuntivo inquadra meglio le due serie, la cronologia, la compatibilità con gli accessori ed i relativi rapporti di riproduzione; la prima versione, sfruttando completamente il tiraggio consentito dall'Olympus OM Auto Bellows, l'accessorio al quale era dedicato, poteva consentire rapporti di riproduzione compresi fra 0,26x e 2,3x, anche se l'ottimizzazione era garantita fra 0,5x e 2x, con perfetta planeità di campo ad 1x; teoricamente è possibile applicare alla prima versione a preselezione anche il tubo elicoidale automatico 65-116mm, ma la Casa non ha mai divulgato informazioni relative ai rapporti di riproduzione possibili con questo insolito accoppiamento. L'80mm in versione automatica, come detto, sul tubo elicoidale 65-116mm nato per il 135mm f/4,5 macro consentiva rapporti di riproduzione compresi fra 0,45x ed 1,2x, mentre con la lente addizionale dedicata permetteva di spaziare fra 1x e 2x. Naturalmente anche questa seconda versione di obiettivo poteva lavorare sull'Olympus OM Auto Bellows, seppur delegando l'automatismo del diaframma ad un macchinoso doppio scatto flessibile; in questo caso, ai limiti estremi di allungamento, l'ingrandimento consentito spaziava fra 0,2x e 2,2x e parimenti si suggeriva caldamente di non eccedere il range 0,5x - 2x. In realtà, spaziando oltre, la risolvenza rimane elevata ma la planeità di campo non è più sufficiente per tenere a fuoco su tutto il campo un originale piano, come da specifiche di progetto.

 

 

Quest'animazione evidenzia la struttura meccanica e la posizione del nocciolo ottico all'interno del barilotto; le diciture appaiono rovesciate rispetto ad un obiettivo convenzionale perchè l'impiego previsto è su un riproduttore verticale, con l'obiettivo orientato come nell'illustrazione.

 

 

Il dettaglio nei "dati di targa" sottolinea l'appartenenza dell'obiettivo all'ultimo lotto di circa 3.000 esemplari equipaggiati con antiriflessi multiplo (matricole comprese fra circa 203.000 e circa 206.000); quest'esemplare ha matricola 205.428 ed è uno degli ultimi 80mm macro a preselezione prodotti. Credo che questa versione, per l'uso attuale su sistemi digitali, sia quella preferibile; infatti ha antiriflessi moderni ma la ghiera gommata che chiude il diaframma a preselezione è molto più leggera e morbida di quella "a scatti" del modello automatico (non si rischia, quindi, di compromettere l'allineamento azionandola); inoltre, la prima versione a preselezione ha un diaframma con 8 lamelle arrotondate che creano un'apertura quasi tonda (mentre la versione automatica ha un diaframma a 6 lamelle), anche se la resa del bo-keh, in un obiettivo nato per la riproduzione di pellicole, non appare importante... Nessuno vieta, in ogni caso, di fare anche della macro 1:1 convenzionale, a soggetti tridimensionali, ed in questo caso il diaframma del tipo a preselezione costituisce un vantaggio.

Come detto, quest'obiettivo è stato concepito per operare con corpi macchina Olympus OM sul soffietto Olympus OM Auto Bellows e con l'Olympus Slide Copier; naturalmente, al giorno d'oggi, chi si dedica alla riproduzione di negativi e diapositive 24x36mm lo fa per trasformare i supporti originali in un file digitale, quindi occorre ipotizzare scenari differenti, adattando l'obiettivo per l'uso su reflex digitali full-frame come le moderne Canon e Nikon. Nessuno vieta, ovviamente, di impiegare il soffietto ed il duplicatore originali Olympus con questi corpi, tramite adattatore, ma occorre considerare che la fusione della standarta posteriore del soffietto Olympus presenta uno sbalzo alla base, dove s'innesta nella coda di rondine a cremagliera, che impedisce ai grossi corpi reflex di accostarsi quanto necessario, richiedendo quindi l'interposizione di un tubo di prolunga intermedio fra soffietto e corpo macchina, il che non rende questa applicazione particolarmente pratica, anche considerando i costi "da amatore" che accompagnano questi vecchi accessori OM.

Nella mia esperienza personale limitata al momento in cui scrivo (Gennaio 2012), come corpo macchina per questa applicazione ho scelto una Canon EOS 5D Mark II, sfruttando un file di ampie dimensioni (corrisponde grosso modo ad una scansione del formato 24x36mm a quasi 4.000 Dpi, 3.962 per l'esattezza), il formato di sensore 24,0x36,0mm ed un live-view con ingrandimento 10x che consente una messa a fuoco di precisione; il mio hardware personale consentirebbe di utilizzare lo Zuiko macro 80mm f/4  su EOS 5D Mark II sia con un soffietto Pentax M sia tramite un soffietto Nikon PB-6, ed ho scelto quest'ultimo per la maggiore robustezza complessiva, oltre alla considerazione spicciola che disponevo già degli adattatori per impiegarlo su questo accessorio Nikon, e non quelli per montare uno Zuiko sul soffietto Pentax...

 

 

Ecco come appare lo Zuiko MC 1:1 macro 80mm f/4 a preselezione su soffietto Nikon PB-6 applicato ad un corpo Canon EOS 5D Mark II (ho dovuto togliere la soletta supplementare porta-batterie BG-E6 perchè non consentiva il montaggio sul soffietto); il tiraggio sul quale il soffietto è regolato corrisponde al rapporto di riproduzione 1:1 e, nonostante l'ampio sbalzo del binario a cremagliera, la messa  a fuoco del soggetto si posiziona su un piano ancora più distante.

 

 

Ecco lo schema degli anelli adattatori che ho impiegato; come sottolineato nella grafica, per montare il macro in attacco Olympus OM su baionetta Nikon ho utilizzato un sistema a due anelli in cascata, un po' logorroico, che può essere facilmente semplificato utilizzando un raccordo diretto Olympus OM - Nikon F, qualora sia disponibile (e non era il mio caso :-) ).


Ho montato questo complesso su un  riproduttore verticale dotato di robusta cremagliera di messa a fuoco IFF, posizionando alla base un box luminoso autocostruito con luce fluorescente al di sotto di un vetro opalino; per attenuare gli effetti del controluce è bene mascherare la diapositiva con cartoncino nero, eventualmente ritagliando una finestra 5x5cm per contenere il telaietto; nel mio caso ho inserito la diapositiva in una maschera di plastica fornita di corredo con uno scanner piano Canon che, oltre al mitigare l'illuminazione controluce, consente anche di spostare facilmente la diapositiva per centrarla.

Tutto questo, dunque, si preconizza come un possibile succedaneo degli affermati scanner per film; lo Zuiko è nato appositamente per la riproduzione 1:1 ma sono in realtà molti gli obiettivi macro, di varie marche, in grado di garantire tale rapporto di riproduzione, e a tale proposito ho effettuato una breve prova, duplicando la stessa diapositiva con 15 obiettivi macro diversi, alcuni dei quali (come lo Zuiko 80mm f/4 o il Canon EF 65mm f/2,8 MP-E 1x - 5x) sono particolarmente ottimizzati per questo ingrandimento mentre altri, semplicemente, consentono di ottenerlo, singolarmente o con accessori di prolunga; ecco la serie degli obiettivi, la cui scelta è ovviamente opinabile e che, come di consueto, è vincolata ai pezzi presenti nel mio corredo personale.

 

 

L'assortimento è eterogeneo ma interessante: in casa Canon allo specializzatissimo 65mm MP-E (che ad 1:1 è all'ingrandimento minimo consentito...) troviamo affiancato l'ottimo 100mm f/2,8 EF USM con 4 sottogruppi di lenti e triplo flottaggio ed il mitico FD 50mm f/3,5 macro (con tubo di prolunga per 1:1), famoso per l'eccellente risoluzione e contrasto; per Nikon abbiamo il capostipite Micro-Nikkor 55mm f/3,5 + tubo PK-13, il successivo Micro-Nikkor 55mm f/2,8 + tubo PK-13, l'AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8, il Micro-Nikkor 105mm f/4 + prolunghe, il Micro-Nikkor AF 200mm f/4 ED D ed il Medical- Nikkor Auto 200mm f/5,6 anni '60 con l'apposita lente addizionale 1x; troviamo poi il Leica Macro-Elmarit-R 60mm f/2,8 con tubo di prolunga ed il fratellone Apo-Macro-Elmarit-R 100mm f/2,8, utilizzato ad 1:1 non con l'Apo-Elpro dedicato ma, malignamente, con le sconsigliatissime prolunghe; abbiamo anche lo Zeiss S-Planar Contax 60mm f/2,8, lo SMC Pentax Bellows 100mm f/4 con relativo soffietto, il sovietico LZOS Volna-9 50mm f/2,8 macro + tubo di prolunga (famoso macro d'oltre cortina prodotto dal Lytkariskij Zavod Opticheskogo Stelka di Lytkarino, Mosca) e, naturalmente, lo Zuiko MC macro 80mm f/4.
Potete capire come sia stato difficile applicare allo stesso corpo obiettivi con 8 attacchi differenti, strutture e lunghezze focali molto diverse, con o senza soffietto, riproducendo la stessa diapositiva ad ingrandimento unitario e mantenendo un piano-parallelismo il più possibile perfetto (la massa del complesso corpo macchina + obiettivo, posto in verticale, tende a farlo flettere e derivare sotto il suo stesso peso, specie con ottiche di complessione rilevante, pregiudicando l'allineamento e richiedendo una correzione manuale sulla verticalità della cremagliera di servizio), senza contare l'esigenza di una messa  a fuoco critica; nel caso dell'AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8 D, la resa in asse mi era sembrata scarsa, ipotizzando una sfuocatura (sebbene tutte le regolazioni siano state effettuate in live-view a 10x con cremagliera micrometrica), e successivamente ho replicato lo scatto con tale obiettivo, senza però ottenere miglioramenti sensibili, il che esclude che vi fosse un errore di fuoco.

Nello schema riassuntivo che segue ho riportato gli schemi ottici di tutti gli obiettivi utilizzati, interessante in quanto evidenzia quanto risultino complessivamente eterogenei.

 

 

Partendo da Canon, il classico FD 50mm f/3,5 presenta un Gauss "rigido" a 6 lenti in 4 gruppi, con insolito posizionamento dei doppietti collati (il doppietto posteriore non è accanto al diaframma ma in fondo allo schema), una struttura idonea ad obiettivi per coniugate brevi che fu utilizzata per la prima volta da Wakimoto per il suo EL-Nikkor 5cm f/2,8 degli anni '50; l'EF 100mm f/2,8 presenta uno schema sofisticato con 12 lenti divise in 4 sottogruppi, 3 dei quali reciprocamente mobili, che consentono di non variare le dimensioni fisiche dell'obiettivo durante l'escursione e garantiscono il passaggio da infinito ad 1:1 con una corsa estremamente breve di ghiera ed autofocus; addirittura, il gruppo posteriore ha un movimento doppio, prima avanza leggermente e poi inverte la corsa; lo specialistico EF 65mm f/2,8 MP-E 1x - 5x (progettato per lavorare solo nella macro spinta, fra 1:1 e 5:1) presenta un sofisticato schema a 10 lenti delle quali le prime 7 costituiscono un modulo doppio Gauss che avanza mentre le 3 lenti posteriori seguono con una corsa minore, aumentando lo spazio fra i due gruppi; contestualmente, lo spazio fra i due emi-Gauss anteriori, a livello del diaframma, viene a sua volta modificato per ottimizzare la resa ed anche la settima lente posteriore del Gauss mobile si allontana dalle altre 6: siamo dunque in presenza di un tripo flottaggio; la seconda lente è realizzata in vetro UD a bassissima dispersione fornito dalla Ohara e contribuisce al controllo dell'aberrazione cromatica. Nella nutrita schiera di ottiche Nikon, il Micro-Nikkor 55mm f/3,5 (ottimizzato ad 1:10 e con curvatura di campo residua agli estremi opposti di questo valore) prevede uno schema Xenotar a 5 lenti in 4 gruppi a struttura rigida; il Micro-Nikkor 55mm f/2,8 che nel 1979 lo sostituì adotta un Gauss asimmetrico a 6 lenti in 5 gruppi con flottaggio CRC (modifica dello spazio all'altezza del diaframma); l'AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8 impiega un modulo analogo a quello del 55mm f/2,8 con aggiunta di due lenti posteriori fisse, ed impiega un doppio flottaggio; il Micro-Nikkor 105mm f/4 utilizza uno schema tipo Heliar, un tripletto con elementi anteriore e posteriore sdoppiati e collati, privo di movimenti; l'AF-Micro-Nikkor 200mm f/4 ED si avvale di un complesso schema a 13 lenti con due elementi ED della Hikari ed il suo flottaggio IF si comporta come il modulo stransfocatore di uno zoom privo di movimento del gruppo compensatore; il vetusto Medical-Nikkor Auto 200mm f/5,6, nato ad inizio anni '60, impiega uno schema tipo Tele-Tessar analogo a quello del coevo Nikkor-Q Auto 200mm f/4 che, di base è calibrato su un rapporto di riproduzione fisso di 1:15 (0,066x), mentre una serie di ulteriori rapporti di riproduzione più spinti (fino a 3:1) si ottiene applicando speciali lenti addizionali da 34mm di diametro (fornite di serie), singole o accoppiate: in questo caso sull'obiettivo è montata la close-up lens 1x; passando a Leica, il Macro-Elmarit-R 60mm f/2,8 utilizza un Gauss asimmetrico a 6 lenti in 5 gruppi (che appare come uno Xenotar a 5 lenti con elemento aggiuntivo posteriore) privo di sistemi di flottaggio; il modello superiore Apo-Macro-Elmarit-R 100mm f/2,8 impiega invece uno schema sdoppiato, con un Gauss anteriore a 6 lenti in 4 gruppi, mobile ed equipaggiato con due vetri Leitz di tipo PSK a dispersione anomala, ed una coppia di lenti posteriori, fissa. Lo Zeiss S-Planar 60mm f/2,8 AE 1:1 per Contax-Yashica eredita dal precedente S-Planar 50mm f/4 Contarex il semplice ma efficace schema Gauss quasi simmetrico a 6 lenti in 4 gruppi; essendo privo di flottaggi, la planeità ai bordi è ottimizzata ad 1:10 ma non garantita all'infinito o a rapporti prossimi ad 1:1; il sovietico LZOS Volna-9 50mm f/2,8 macro utilizza un Gauss asimmetrico a 6 lenti in 5 gruppi a struttura rigida (ricordo che le ottiche di origine sovietica evidenziano lo schema ottico già nella denominazione: così gli Industar sono dei tipo Tessar a 4 lenti in 3 gruppi, i Vega sono degli Xenotar a 5 lenti in 4 gruppi con doppietto anteriore, gli Helios dei Gauss a 6 lenti in 4 gruppi, i Volna dei Gauss a 6 lenti in 5 gruppi, i Rekord dei Gauss a 7 e più lenti, gli Orion dei tipo Topogon a 4 lenti spaziate, etc.). Infine, anche il 100mm f/4 SMC Pentax Bellows, al pari dell'omologo Micro-Nikkor 105mm f/4, utilizza uno schema tipo Heliar a 5 lenti in 3 gruppi e 2 doppietti collati esterni (ho omesso lo schema dello Zuiko 80mm f/4, già discusso in precedenza).

 

 

Questo schema, ricavato dal brevetto originale, mostra il complesso flottaggio del Canon EF 100mm f/2,8 macro USM, che si comporta come un vero zoom: il secondo gruppo di lenti arretra come il modulo transfocatore delle focali variabili, mentre i gruppi 3 e 4 si muovono in compensazione: il terzo modulo avanza decisamente, andando incontro al secondo, mentre il quarto prima avanza leggermente e poi arretra in modo più vistoso; nello schema sono presenti alcune lenti in vetro a bassa dispersione tipo Ohara S-FSL5 ai fluoruri (rifrazione nD= 1,487, dispersione vD= 70,2) che, sebbene non ancora rientrante nelle specifiche tipicamente ED-UD (occorre un vD superiore ad 80,0), contribuisce alla valida correzione cromatica dell'obiettivo.

 

 

Grazie a tale sofisticato flottaggio, anche in questo caso, l'ottima correzione presente ad infinito viene largamente mantenuta anche al rapporto di riproduzione 1:1.

 

La serie di immagini che seguono, impressionate su diapositiva 35mm Fujichrome Provia 100 ISO, le realizzai nel Novembre 2001 e molte di esse risultano molto sature, scure, con evidente "bolla di polarizzazione" nel cielo, proprio un brutto cliente per gli scanner film... Le anteprime qui riprodotte provengono da riproduzioni ottenute con l'Olympus OM Zuiko macro 80mm f/4 abbinato agli accessori sopra illustrati, scattando ad f/7,1; in alcuni casi ho effettuato 2 scatti consecutivi con bracketing di 1 stop, sovrapponendoli a registro e cancellando dall'immagine più scura (messa come livello superiore) le zone troppo tappate, facendo così emergere le identiche aree dello scatto più leggero.

 

 

Come si può intuire, la via tracciata è sicuramente praticabile e consente di effettuare riproduzioni in serie con tempi molto più contenuti rispetto a quanto richiesto dagli scanner per film; vediamo ora, utilizzando la stessa diapositiva come test, come si comportano i 15 obiettivi descritti in precedenza nella riproduzione 1:1 di un soggetto bidimensionale, un esercizio sicuramente molto critico, soprattutto considerando le severe esigenze di alta risoluzione su tutto il campo che comporta la duplicazione di film.

 

 

Ecco la diapositiva di partenza, realizzata da me nel 1992 con una Nikon F4S su Fujichrome Velvia 50 ISO ed impiegando l'AF-zoom-Nikkor 80-200mm f/2,8 ED chiuso ad f/8 (non è frutto di una scelta molto ponderata, è la prima diapositiva brillante e contrastata che è sbucata fuori dai plasticoni di archivio); tutte le riproduzioni sono state effettuate ad 1:1 con l'apertura f/7,1, diaframma ottimale per gli obiettivi di riferimento (Zuiko macro 80mm f/4 e Canon EF 65mm f/2,8 MP-E 1x - 5x); logicamente certe ottiche poco luminose, come il Medical-Nikkor 200mm f/5,6, risulteranno poco diaframmate e, in linea teorica, penalizzate ma va considerato che ad 1:1 l'apertura effettiva T, in condizioni normali, è circa 2 stop inferiore a quella nominale, quindi - in realtà - la diffrazione subentra rapidamente a valori nominali apparentemente molto aperti e per chi cerca una buona risolvenza è meglio non eccedere con la diaframmazione!

 

 

Nel file originale da 5.616 x 3.744 pixel (ottenuto con la EOS 5D Mark II, scattando in RAW a 100 ISO) sono state selezionate due zone, evidenziate in verde, da 500x500 pixel che verranno visualizzate al 100%; i files sono stati sviluppati in Adobe Camera RAW 6.0 impostando gli stessi valori di temperatura colore e tonalità in tutte le immagini, aprendoli poi in Adobe Photoshop CS5 per il salvataggio; non è stato applicato sharpening in alcuna fase della lavorazione, nè mi sono preoccupato di ammorbidire contrasti, ombre e luci per migliorare la gamma dell'immagine riprodotta, come normalmente si farebbe.

 


Lascio ai lettori le considerazioni sulla resa, dal momento che si tratta di ingrandimenti estremamente critici su un file ottenuto ad 1:1 e con ovvie, severissime esigenze di messa a fuoco estremamente precisa (pur con tutta l'attenzione, non è detto che il fuoco sulla grana sia perfetto in ogni immagine); in linea generale, si nota che i due macro specialistici (Canon 65mm f/2,8 MP-E e Zuiko macro 1:1 80mm f/4) presentano una risoluzione mediamente superiore ma con un differenziale tutto sommato inferiore alle mie attese, specie per quanto riguarda l'80mm Olympus; naturalmente, in questo campo, conta più l'uniformità di resa su tutto il fotogramma rispetto ad una risoluzione alta ma localizzata; in senso assoluto anche l'AF Micro-Nikkor 200mm f/4 ED D presenta un potere risolvente molto elevato, così come il Volna-9, lo Zeiss Planar ed il Micro-Nikkor 55mm f/2,8, mentre risultano un pelo inferiori l'Apo-Macro-Elmarit-R (però è stato impiegato su prolunghe, prassi assolutamente vietata dalla Casa), l'AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8 ED D ed il Pentax 100mm Bellows. Nelle zone periferiche certi obiettivi sono penalizzati in quanto dotati di schema ottico "rigido", ottimizzato su rapporti di riproduzione inferiori (di solito 1:10), mentre il Medical-Nikkor, che si avvale di un sistema un po' "garibaldino" (schema non ottimale per la macro con lente addizionale aggiunta) presenta una buona risolvenza in asse ma bordi impastati e con tracce di aberrazione cromatica laterale: risulta quindi il meno idoneo al questo impiego; fra l'altro, l'obiettivo è un f/5,6 e la chiusura ad appena f/7,1, complice la stretta montatura da 34mm e la lente addizionale con montatura spessa avvitata davanti, comporta ancora una percettibile vignettatura, come evidenziato dall'immagine seguente, vista a formato pieno.

 

Un discorso a parte merita il Volna-9 50mm f/2,8 macro: come spesso avviene negli obiettivi di produzione sovietica, la valida parte ottica non è sostenuta da una meccanica alla sua altezza, e, in questo caso particolare, è presente una grave omissione che pregiudica il contrasto a brevi distanze: il collare interno alla montatura posteriore 42x1mm, che a distanze ravvicinate riceve direttamente luce dalla coniugata posteriore proiettata dall'ultima lente (che nel frattempo è avanzata, allontanandosi dalla montatura per il corpo macchina) è rifinito in nero lucido come il resto del barilotto e riflette specularmente la luce creando in macro un forte alone centrale che pregiudica gravemente il contrasto: nell'immagine seguente, per ottenere un simile, sgradevole effetto, è bastata la debole luce di un piano luminoso quasi interamente schermato.

Ho quindi passato a pennello una mano di acrilico nero matt sul bordo interno della montatura posteriore, scattando nuovamente una foto nelle analoghe condizioni di quella precedente: i risultati affiancati sono riportati a seguire, e la differenza fra le due immagini in termini di contrasto, soppressione del flare e brillantezza è quasi incredibile, se pensiamo che si tratta dello stesso obiettivo in condizioni d'esercizio identiche... Non riesco ad immaginare una ragione per cui a Lytkarino non abbiano provveduto ad una modifica così semplice ed inespensiva a fronte di un problema molto evidente ed increscioso!

 

 

Concludendo, è senz'altro possibile ottenere riproduzioni digitali da negativi e diapositive analogiche semplicemente ri-fotografandoli con obiettivi molto corretti ed ottimizzati per la scala 1:1 come lo Zuiko macro 80mm f/4 o il Canon EF 65mm f/2,8 MP-E, ed anche altri macro, soprattutto i modelli più moderni e flottanti, possono adattarsi a questo tipo di impiego, magari con una risolvenza complessiva leggermente inferiore e planeità di campo non perfetta; va comunque ripetuto che, a coniugate così brevi, la diffrazione subentra con valori nominali f/ decisamente più ampi rispetto al solito, ed è possibile che l'apertura f/7,1 utilizzata per queste immagini (che in certi obiettivi corrispondeva in realtà ad un T=14) sia già sufficientemente "chiusa" per livellare le differenze; d'altro canto, anche se teoricamente lo Zuiko 80mm f/4 ed il Canon EF 65mm f/2,8 MP-E presentano alle massime aperture una risolvenza superiore in quanto basilarmente più corretti per questi ingrandimenti, la profondità di campo risulterebbe così ridotta da richiedere sia un allineamento  perfetto che uno spianamento assoluto dell'emulsione, montando l'originale fra vetri e preventivando cure e procedure che allungherebbero molto i tempi, richiedendo attenzione e concentrazione massime.

La contropartita sono gli scanner per film, ormai abbandonati dai costruttori e con prospettive poco rassicuranti per quanto concerne l'aggioramento software e l'assistenza dei guasti (più frequenti di quanto si pensi), quindi - in prospettiva - il classico metodo della riproduzione fotografica acquista una valenza sempre più interessante: occorre solo ottimizzare il workflow complessivo per ottenere i migliori risultati possibili.

(Marco Cavina)

 

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