PROIEZIONE  TELECENTRICA:

DA  COSA  DIPENDE?

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Con l'avvento del digitale il concetto di proiezione telecentrica della coniugata
posteriore di un obiettivo sui bordi del sensore (specie di quelli più grandi) è
entrata di prepotenza nel lessico fotografico comune, creando curiosità ed anche
confusione nelle infinite discussioni fra amatori; dal mio punto di vista una proiezione
sufficientemente telecentrica da garantire l'adeguata illuminazione dei fotodiodi
periferici (e conseguentemente un buon rapporto segnale/rumore ai bordi)  non
dipende solamente da un'accorta progettazione finalizzata; in realtà anche vecchi
e comuni obiettivi nati per l'emulsione d'argento possono essere adattissimi al
sensore full-frame; le tre caratteristiche che aiutano in questo caso sono:

1) percorso ottico favorevole all'interno dello schema con proiezione parallela
2) diametro della lente posteriore                                                                
3) distanza della lente posteriore dal sensore.                                               

Dalle mie prove specifiche ho rilevato quanto quest'ultimo fattore sia importante:
infatti è molto facile visualizzare mentalmente come il fascio di una proiezione su
un piano predefinito divenga via via più telecentrico mano a mano che si allontana
il sistema ottico che lo proietta dal piano stesso; ad esempio, la stessa immagine
realizzata su sensore Canon 24x36mm e focale 24mm, presenta una vignettatura
legata allo scarso segnale per proiezione poco telecentrica utilizzando il Canon
EF 24-105/4 IS L alla focale d'esordio 24mm che risulta  molto più contenuta
impiegando il Canon EF 17-40/4 L alla focale intermedia 24mm, nonostante
la lente posteriore di diametro inferiore; la spiegazione sta nel fatto che nei moderni
zoom grandangolari la lente posteriore è solitamente arretrata fino ai limiti dello
spazio retrofocale libero impostandoli alla focale minima, ed avanza via via
passando a lunghezze focali maggiori; in soldoni, col sensore 24x36mm ogni
zoom con focale d'esordio grandangolare è critico alla focale minima, quindi
(se non è necessario un angolo di campo estremo) per ottenere un buon segnale
ai bordi è senz'altro meglio impiegare uno zoom più "corto" ad una focale
intermedia (come il 17-40 dell'esempio) piuttosto che uno più "lungo"
alla identica focale, questa volta d'esordio (come il 24-105 dell'esempio).

Naturalmente una resa uniforme è una felice sinergia dei tre fattori sopra
elencati: ho effettuato prove con la EOS 5D fotografando un muro dal
colore uniforme all'imbrunire, con luce tenue ed estremamente omogenea
(test molto critico), montando il Nikkor AF 28mm f/1,4, il Nikkor AiS
85mm f/1,4 e lo Zeiss Planar 85mm f/1,4, impiegandoli a tutta apertura;
mentre i files ottenuti con i due tele presentano un'omogeneità di
esposizione ai bordi adeguata, il Nikkor 28mm f/1,4 rivela una vistosa
vignettatura, nonostante il diametro ed il posizionamento dell'ultima
lente sia più o meno analogo in tutti e tre i campioni; si potrà obiettare
che la vignettatura poteva essere fisiologica nell'obiettivo e non legata
alla difficoltà dei fotodiodi periferici ad intercettare il fascio, ma anche
i due tele ad f/1,4 presentano una vistosa vignettatura ottica e meccanica,
e le differenze visive non si giustificavano assolutamente con il modesto
scarto di partenza insito nei vari obiettivi; evidentemente il percorso dei
fasci luminosi all'interno dello schema penalizzava la proiezione periferica
dell'AF Nikkor 28mm f/1,4, nonostante la sua lente posteriore sia forse
quella con maggior diametro e sia posizionata ad una distanza dal sensore
analoga a quella dei tele... Naturalmente (come appare evidente dalle
immagini presenti in questa stessa sezione e che ho realizzato col Sigma
12-24mm EX a 12mm sul sensore full-frame, obiettivo che ad una proiezione
non certo telecentrica abbina una vignettattura fisiologica abbastanza vistosa)
è possibile correggere la caduta di luminosità ai bordi utilizzando una
correzione software, tuttavia lo sfruttamento localizzato di un gain sul
segnale aumenta la visibilità del disturbo, e regolando successivamente
l'intera foto può comparire del rumore ai bordi, quindi occorre moderazione
con questo tool "magico", cercando di prevenire il problema a monte, con
l'utilizzo oculato degli zoom, la scelta degli obiettivi e l'attenzione a
diaframmare un po' per uniformare la luminanza della proiezione e
non sovrapporre vignettatura ottica a quella "elettronica".
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Due esempi estremi che chiariscono perfettamente il concetto: i fasci
di proiezione e gli schemi in sezione di due obiettivi che rappresentano
sponde opposte della barricata come il Voigtlander Ultra-Wide-Heliar
12mm f/5,6 e lo Zeiss Planar 85mm f/1,4 per Arriflex, Contarex,
Rolleiflex, Contax ed ora anche Nikon.

Il primo è assai penalizzato dal corto tiraggio del corpo macchina a
telemetro (27,8mm), dalla piccolissima lente posteriore e dal particolare
percorso dei fasci luminosi a cagione del suo estremo angolo di campo
(senza contare la sua vignetattura fisiologica, forse la più forte che abbia
mai riscontrato, legata al cos4 di Theta e teoricamente pari a 4 stop);
tutto questo porta ad una proiezione assolutamente non telecentrica
che precluderebbe in trono un utilizzo felice su sensore 24x36mm

Il secondo è avvantaggiato dal maggiore tiraggio meccanico (45,5mm),
dal generoso diametro della lente posteriore e in definitiva anche dal
favorevole andamento dei fasci luminosi; come la grafica evidenzia,
l'inclinazione rispetto alla normale della sua proiezione periferica è
sostanzialmente telecentrica, rendendo l'obiettivo senz'altro adatto
ad impressionare in modo efficace le aree periferiche di un sensore
(osservate la differenza nell'angolo di proiezione presente nel 12mm
Voigtlander Ultra-Wide-Heliar)
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