SIGMA  ACHROMATIC  CLOSE-UP  LENS:  LA LENTE  ADDIZIONALE

IN  DOTAZIONE  ALLO  ZOOM  SIGMA  80-200mm f/3,5-4  DI  INIZIO

ANNI  '80  PROVATA  SU  UNO  ZOOM-NIKKOR  80-200mm f/4,5  Ai

DELLO  STESSO  PERIODO



ABSTRACT

In early '80s the Sigma High-Speed (SIC) zoom 80-200mm f/3,5-4 was delivered with a bundled close-up lens, 52x0,75mm threaded and based on a flint/crown achromat glued doublet; this accessory allowed a shorter focusing limit (0,6m instead of 1,5m) and a reprodution ratio in the range of 1:2 (0,5x) without any modification to the optical and mechanical shape of the lens, a budget but effective solution. Several years ago I purchased a spare lens, covered by dust for long time in a corner of my living-room cameras' expositor, but now I resumed it and engaged on a zoom lens of the same era, the Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 second series (12 lenses, with 52x0,75mm front thread as well), taking pictures at 105mm and 200mm focal lenght with the focusing ring on the closer mark (1,8m); I realized the same images with a micro-Nikkor Ai 105mm f/4 and an AF-micro-Nikkor 200mm f/4 ED D, setting the iris at f/11 (as I did with the zoom-Nikkor) and reaching the same reprodution scale; the 100% image crops show that the achromatic close-up lens works fine @ 105mm, where the zoom-Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 delivers excellent performances and almost scores the celebrated micro-Nikkor Ai 105mm f/4; @ 200mm a visible flare and lateral chromatic aberration lower the performance, and the razor-sharp AF-micro-Nikkor 200mm f/4 ED D easily leads the match; anyway the achromat formula plugged on the classical tele-zoom configuration proved to be a fine marriage, allowing the user to get really sharp pictures in the mid focal range.

(20/09/2011)


La ripresa ravvicinata fino ai limiti della amcrofotografia ed oltre ha sempre rappresentato uno degli ambiti di ripresa più intriganti e forieri di immagini interessanti o inaspettate, ed è normale che i costruttori di apparecchi fotografici ed obiettivi abbiano sempre prestato un occhio di riguardo a questo settore, mettendo a disposizione dei clienti diverse soluzioni, dall'accessorio più semplice ed economico fino ai prodotti più specialistici e costosi; uno dei metodi più facili ed indolori per ridurre la distanza minima di messa a fuoco di un obiettivo, ottenendo così un rapporto di riproduzione più elevato, consiste nell'applicazione di una lente addizionale, una sorta di filtro anteriore costituito da una lente positiva (il cui valore si misura in diottrie o in metri di focale) che interagisce con sistema ottico di partenza riducendo la coniugata anteriore.

Questo sistema è molto pratico e presenta degli indubbi vantaggi: è economico, si monta e smonta dall'obiettivo con grande rapidità, consente - con un accessorio leggero e non ingombrante - di ottenere rapporti di riproduzione appannaggio degli autentici obiettivi macro e, soprattutto, non richiede il corrispondente incremento di esposizione che si manifesta con le ottiche per macrofotografia quando si estende molto l'elicoide di messa a fuoco lavorando a coniugate brevi.

 

Il principio della lente addizionale: un filtro equipaggiato con una lente dotata di potere diottrico positivo, in grado di modificare la coniugata anteriore e ridurre la distanza minima di messa a fuoco.

Naturalmente, come sempre, abbiamo un rovescio della medaglia: la lente convergente anteposta all'obiettivo rompe gli equilibri del calcolo ottico, introducendo aberrazioni come curvatura di campo o aberrazione cromatica; per ovviare a quest'ultimo problema, i costruttori si sono ispirati alla struttura dei teleobiettivi lungo-fuoco, sostituendo la lente convergente singola con un doppietto collato costituito da un vetro Flint ad alto indice di rifrazione ed alta dispersione e da un vetro Crown a basso indice di rifrazione e bassa dispersione: questo abbinamento di vetri dalle caratteristiche antitetiche, abbinato all'opportuna scelta delle curvature, minimizza la dispersione del fascio di luce rifratta, rifrangendo i vari colori dello spettro con un angolo più costante di quanto non avvenga con la lente singola, riducendo drasticamente le frangiature di colore nei dettagli ad alto contrasto.

Ogni costruttore ha preso posizione alla sua maniera nei confronti di questi chiacchierati ed un po' scomodi accessori, e se da un lato Zeiss consiglia caldamente di utilizzare solamente prolunghe meccaniche (tubi o soffietto) per i suoi Makro-Planar Hasselblad, i progettisti Leitz-Leica hanno invece realizzato nel tempo un'articolata gamma di lenti addizionali Elpro costitute da un doppietto acromatico collato e calibrate ad hoc per alcuni obiettivi della gamma; Leica suggerisce caldamente di impiegare questi accessori in luogo delle classiche prolunghe, avvallando la scelta di campo con tanto di fotografie che mostrano la superiore planeità di campo ottenibile su un soggetto bidimensionale dalle Elpro dedicate su un Summicron-R 50mm contrapposta all'uso dell'obiettivo con un tubo di prolunga; questa filosofia arriva alle estreme conseguenze con il Leica Apo-Macro-Elmarit-R 100mm f/2,8 del 1987, che per superare il rapporto di riproduzione base di 1:2 va impiegato esclusivamente in abbinamento ad una speciale lente addizionale Apo-Elpro 1:2 - 1:1 costituita da ben 3 lenti singole e che a tutti gli effetti è un obiettivo a se stante, una sorta di telescopio newtoniano che trasforma l'Apo-Macro-Elmarit-R in un relay lens secondario; anche Nikon, pur vantando a catalogo un'ampia gamma di eccellenti micro-Nikkor, produce da tempo le lenti addizionati tipo "T", destinate a medi teleobiettivi ed anch'esse costituite da un doppietto acromatico collato che garantisce ottimi risultati.

Riavvolgendo il tempo di oltre trent'anni, troviamo in commercio un obiettivo che aveva abbracciato integralmente la filosofia della lente addizionale: infatti, il costruttore giapponese Sigma, impostando il suo High Speed zoom 80-200mm f/3,5-4, anzichè complicare inutilmente l'architettura ottica e la montatura meccanica per ottenere una messa a fuoco macro preferì limitare l'escursione ad 1,5 metri, fornendo però a corredo una speciale Sigma Achromatic close-up lens dedicata all'obiettivo e conservata in un astuccio che trovava posto all'interno del bussolotto a corredo con lo zoom; questa lente addizionale è costituita da un doppietto acromatico e, nelle intenzioni del costruttore, doveva fornire riprese fino al rapporto di riproduzione di 1:2 (come un autentico macro) con buona qualità ottica.

 

Questa immagine, ricavata da un vecchio numero de "Il Fotografo" - Mondadori, rivista scomparsa molti anni fa,  illustra la lente addizionale fornita a corredo con lo zoom Sigma e normalmente contenuta nel coperchio del bussolotto.

 

il Sigma High-Speed zoom 80-200mm f/3,5-4 assieme ad un famoso zoom della stessa categoria e commercializzato in quel periodo: il Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 secondo tipo a 12 lenti; entrambi gli obiettivi condividono il passo filtri da 52mm, permettendo il montaggio della speciale lente addizionale acromatica anche sul modello Nikon.

 

Lo schema ottico del Sigma 80-200mm f/3,5-4 di inizio anni '80 è particolare: il gruppo trasfocatore (n° 2) arretra regolarmente per modificare la focale da 80 a 200mm, mentre il gruppo compensatore (n° 3) fa tutt'uno con il relay lens che solitamente resta in posizione fissa, e tutto il modulo avanza, mantenendo la parafocalità su tutta l'escursione e consentendo di avere sempre in soggetto a fuoco senza correzioni; la mancata distinzione fra il gruppo compensatore mobile ed il relay lens fisso ha richiesto un ulteriore movimento del gruppo anteriore (solitamente fisso, quantomeno durante la variazione di focale), che avanza a sua volta. Nello schema è in evidenza la sezione della lente addizionale in dotazione, costituita da un doppietto acromatico di vetro Flint e Crown in grado di minimizzare la dispersione del fascio luminoso rifratto.

 

Lo zoom-Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 seconda serie, lanciato nel 1977, dispone invece di un gruppo di compensazione mobile distinto dal relay lens posteriore, in posizione fissa; durante la variazione di focale il gruppo variatore arretra mentre il gruppo compensatore prima avanza e poi inverte la direzione del moto, mantenendo costante il piano di messa a fuoco al variare della focale; durante queste fasi il gruppo frontale resta fisso. Nonostante queste scelte differenti, i due sistemi sono otticamente simili e le prestazioni in abbinamento alla lente addizionale acromatica non dovrebbero differire in modo significativo.


Con l'ausilio di due schemi estremamente semplificati, vediamo come funziona una lente addizionale ed in cosa differisce la variante costituita da un doppietto acromatico.

 

L'obiettivo di base, posto alla minima distanza di messa a fuoco, genera due coniugate, una  a fuoco sul piano focale (pellicola o sensore) e l'altra sul soggetto; introducendo una lente addizionale positiva, la relazione cambia e, con la coniugata posteriore a fuoco sul piano focale, quella anteriore focalizza un piano/soggetto posto ad una distanza più ravvicinata ed in funzione del potere diottrico/lunghezza focale della lente utilizzata.

 

Nel caso di una lente addizionale singola, l'elemento positivo rifrange la luce bianca declinando le singole frequenze dello spettro con angoli di rifrazione leggermente diversi, più accentuati per le frequenze corte e più ridotti con quelle lunghe: questo è causa di aberrazione cromatica il cui sintomo più facile da rilevare è costituito dai "color fringings" sui bordi dei passaggi a contrasto dei dettagli luminosi; utilizzando invece una lente addizionale costituita da un doppietto acromatico, il valore rifrattivo legato alla diversa curvatura dei due elementi e le caratteristiche antitetiche dei vetri adottati consentono di minimizzare l'inconveniente, rifrangendo i vari colori dello spettro con angoli simili; la correzione di base garantita da questa semplicissima configurazione è già così buona (se escludiamo la curvatura di campo) che alcuni teleobiettivi utilizzano uno schema ottico composto unicamente da un doppietto analogo a questo: esempi eccellenti di questa famiglia sono i Leitz Telyt 400mm f/6.8 e 560mm f/6,8.

 

Una vista ravvicinata della lente addizionale acromatica Sigma fornita in dotazione al citato zoom e che io acquistai molti anni fa come accessorio spaiato.

Devo ammettere di non aver mai utilizzato lenti addizionali, pur avendo a corredo versioni prestigiose (come le Zeiss Proxar T* B60 per Hasselblad), forse condizionato dalla ridda di giudizi inquietanti forniti da accalorati Soloni; solo ora, prendendo atto che l'acromatica Sigma è compatibile col coevo zoom-Nikkor Ai 80-200mm f/4,5, ho deciso di fare due scatti di prova e verificare se queste lenti addizionali di classe superiore fossero o siano tuttora in grado di garantire risultati accettabili.

 

La Sigma achromatic close-up lens in compagnia dello zoom-Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 seconda serie a 12 lenti al quale l'ho destinata; si tratta di un esemplare ben riuscito che alle focali intermedie ha sempre fornito risultati convincenti ed omogenei; al suo fianco troviamo il classico micro-Nikkor Ai 105mm f/4 col quale l'ho confrontato alla focale 105mm; per la verifica al massimo rapporto di riproduzione, su 200mm, ho invece utilizzato un AF-micro-Nikkor 200mm f/4 ED D, pur riconoscendo che non si tratta di un confronto "leale" data la minore anzianità e la riconosciuta eccellenza di quest'ultimo obiettivo a focale fissa.

 

La lente addizionale Sigma applicata allo zoom-Nikkor: copula apparentemente blastfema, ma tecnicamente inoppugnabile.

 

Per verificare velocemente la resa ottica dell'accoppiata zoom-Nikkor + Sigma acromatic close-up lens a 105mm e 200mm mi sono avvalso di un soggetto idoneo: una lastrina calcarea (larga 14,8cm) con un bell'esemplare di Dapalis Macrurus, pesce fossile dell'Aquitaniano della Provenza (calcari di Vachères, zona di Aix-en-Provence); si tratta di un soggetto perfettamente piano e ricco di dettagli che ho ripreso utilizzando una Canon EOS 5D mark II, corpo idoneo a prove critiche per l'alta densità di pixel (21,1 milioni) e per la tendenza del suo pacchetto sensore 24x36mm - filtro low-pass ad esaltare i fringings di AC, caratteristica in questo caso decisamente utile; l'apparecchio è stato posto su un riproduttore verticale Lupo dotato di robusta cremagliera micrometrica IFF, applicando le ottiche Nikon con anello adattatore e scattando a 100 ISO, in RAW a 14 bit utilizzando il sollevamento preventivo dello specchio abbinato ad autoscatto ed esponendo in luce naturale diffusa.

Ho utilizzato in ogni circostanza l'apertura f/11, chiusura da ritenersi ottimale sia per lo zoom-Nikkor 80-200mm f/4,5 sia per il micro-Nikkor 105mm f/4 (anche se penalizza leggermente l'AF-micro-Nikkor 200mm f/4 ED D, ottimizzato intorno ad f/5,6), mettendo a fuoco micrometricamente in live-view con ingrandimento 10x; il file RAW è stato aperto in Adobe Camera Raw 6.0 e passato in Adobe Photoshop CS5 senza introdurre sharpening in alcun punto della catena cinematica, ricavando dalle immagini tre crops al 100% da 500x500 pixel prelevati da varie zone del soggetto.

 

Il soggetto di partenza, proveniente dalla mia collezione di fossili (iniziata nel lontano 1974), qui ripreso con uno Zeiss S-Planar Contax 60mm f/2,8 AE su EOS 5D Mk II, chiuso ad f/5,6-8.

 

Utilizzando lo zoom-Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 in abbinamento alla lente addizionale Sigma e regolando la ghiera di messa a fuoco sulla distanza minima di 1,8m, si ottiene un rapporto di riproduzione di circa 1:4,5; notate come l'immagine presenti una evidente vignettatura, nonostante il diaframma sia chiuso ad f/11: la Sigma achromatic close-up lens presenta una montatura di notevole spessore e nonostante l'adozione di una focale più lunga di quella d'esordio i suoi bordi vengono ancora intercettati dal flusso luminoso che genera l'immagine; evidentemente i progettisti hanno immaginato che il potenziale utente avrebbe sempre utilizzato l'accessorio alla focale di 200mm (per ottenere il massimo ingrandimento possibile), configurazione che inquadra un angolo di campo più ristretto e che non intercetta più il telaio della lente. Notate il blend più freddo nell'immagine realizzata con lo zoom rispetto a quella omologa ottenuta in condizioni analoghe col micro-Nikkor Ai 105mm f/4.

 

Osservando i crops al 100% del grande file originale da 5.616 x 3.744 pixel appare evidente come la resa dello zoom-Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 a 105mm abbinato alla lente addizionale acromatica Sigma sia eccellente e largamente superiore alle previsioni: è noto che l'impiego a 105-135mm con apertura f/11 costituisca l'acme di rendimento per quest'obiettivo ma la risoluzione ed il contrasto sembrano addirittura superiori a quelli del pur ottimo micro-Nikkor Ai 105mm f/4, anch'esso impiegato ad f/11 allo stesso rapporto di riproduzione; in particolare, in entrambi gli obiettivi non si rivela traccia di aberrazione cromatica laterale e, considerando che anche la distorsione dello zoom-Nikkor risulta ben corretta alle focali centrali si può concludere che questo vecchio zoom con lente addizionale acromatica (probabilmente anche la serie Nikon "T" produce risultati simili) fornisce prestazioni di assoluto valore, in grado di soddisfare esigenze critiche!

Va comunque detto che queste prestazioni omogenee sono anche facilitate dalla posizione del gruppo variatore, che ad appena 105mm di focale è ancora molto vicino al gruppo frontale e non sfrutta la porzione periferica delle sue tre lenti; sicuramente la prova alla focale 200mm, cui corrisponde un rapporto di riproduzione di circa 1:2,2 a 64,5cm dal piano focale, sarà più critica dal momento che la proiezione periferica del gruppo frontale viene impiegata totalmente, senza contare che l'aumento di focale influenza anche i piani di focalizzazione dei colori primari;
vediamo dunque come si comporta questo abbinamento non ortodosso nei confronti di un moderno e riconosciuto campione della categoria come l'AF-micro-Nikkor 200mm f/4 ED D.

 

Posizionando lo zoom a 200mm con ghiera di messa  a fuoco su 1,8m si ottiene un rapporto di riproduzione di 1:2,2; ecco come si presenta il fotogramma intero affiancato a quello ottenuto con il macro a focale fissa; come si può notare la vignettatura è quasi scomparsa.

 

In questo caso lo zoom-Nikkor mantiene una resa dignitosa ma l'impiego con lente addizionale alla focale massima fornisce un'immagine più velata  e meno contrastata, con potere risolvente inferiore e la presenza di fringings sui passaggi a contrasto; evidentemente sia il calo fisiologico alle massime focali, sia la maggiore criticità della correzione cromatica a 200mm sia il completo sfruttamento delle lenti anteriori fino ai bordi sono colpevoli della riduzione di qualità; va comunque considerato che il grande file da 21,1 megapixel garantisce un ingrandimento di visione molto elevato e critico, ma non si può negare che l'AF-micro-Nikkor 200mm f/4 ED D
garantisca una riproduzione molto più pulita, calligrafica e priva di aberrazioni nonostante sia ottimizzato ad aperture maggiori rispetto ad f/11; in ogni caso, correggendo i fringings via software ed introducendo sharpening e chiarezza in post-produzione, anche in questa configurazione estrema l'abbinamento zoom-Nikkor Ai 80-200mm f/4,5 e lente acromatica Sigma può garantire risultati soddisfacenti per la maggioranza delle esigenze generiche.

Devo ammettere che ero piuttosto prevenuto e scettico circa la possibilità che uno zoom anni '70 abbinato ad una lente addizionale non originale dello stesso periodo potesse realizzare macro anche solo lontanamente degne di questo nome, mentre ho dovuto prontamente ricredermi; lo zoom Sigma 80-200mm f/3,5-4 non è certo passato alla storia come campione di resa ottica e, probabilmente, la lente addizionale acromatica in dotazione non poteva garantire miracoli; però, abbinandola ad uno zoom analogo ma di rango superiore, le prestazioni in macro arrivano, eccome!

Pur suggerendo di testare i singoli "accoppiamenti" uno ad uno, mi sento quindi di suggerire con tiepido ottimismo l'impiego delle lenti addizionali "composite", magari cercando e memorizzando le configurazioni di utilizzo più favorevoli: potranno sicuramente tornare utili per qualche scatto colto al volo mentre si è in viaggio o in trasferta con un corredo forzatamente ridotto all'essenziale.

(Marco Cavina)

MARCOMETER




"STUPISCIMI", LE DISSI,  E  LO  HA  FATTO...
MAI  AVREI  CREDUTO  ALLA  VALIDITA'
DEL  PRINCIPIO  INFORMATORE  EMERSO
OGGI,  MA  QUESTO  E'  IL  BELLO  DELLA
VITA:  HO  IMPARATO  QUALCOSA  DI  NUOVO
E  LO  METTO  IN  SACCOCCIA  PER  FUTURE
ED  EVENTUALI  REFERENZE!

(testo, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti specificato)



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