I  24mm  CANON:  STORIA  E  SEGRETI

DI  UNA  GLORIOSA  E  PROLIFICA

FAMIGLIA  DI  GRANDANGOLARI



ABSTRACT

History and highlights of the Canon 24mm lenses, a glorious family of wideangles that ran across the various Canon lenses generations giving birth to true masterpieces and forerunners like the 1975 Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical or the 1991 Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L with tilt and shift ability; for this article I collected the original patents data of most exemplars, showing the evolution guidelines and the secrets behind the shell.

12/04/2011


La focale 24mm per il formato 24x36, sebbene col progressivo avvento di grandangolari sempre più spinti ed impressionanti abbia perso l'impatto dirompente degli esordi, resta tuttora estremamente interessante per l'ottimale equilibrio fra angolo di campo già abbastanza ampio e dinamizzazione prospettica piacevolmente accentuata ma non ancora sgradevole; il "pollice" di focale da circa 80° fu un'invenzione Zeiss (prima col 25mm f/4,5 Topogon per la Contax II prebellica e successivamente col 25mm f/2,8 Distagon ideato da Glatzel per la reflex Contarex) ma la consacrazione di questo grandangolare arrivò con il corredo Nikon F degli anni '60, quando il Nikkor-N Auto 24mm f/2,8 (primo obiettivo a sistema flottante prodotto in grande serie) cominciò a diffondersi fra i fotografi professionisti che non tardarono a farne buon uso (basta citare, uno fra tutti, le figure ambientate bianconero di JeanLoup Sieff).

In casa Canon, in previsione del lancio in grande stile del sistema FD, previsto per la primavera del 1971, cercarono di professionalizzare fin da subito il parco ottiche introducendo fin dall'origine un notevole 17mm f/4 ma, naturalmente, il grandangolare di impiego più frequente sarebbe stato anche il questo caso un obiettivo meno estremo e più sfruttabile, e nel corredo originale al prestigioso 17mm f/4 venne affiancato il Canon FD 24mm f/2,8, primo di una lunga e gloriosa serie di obiettivi di questa focale che avrebbero costituito, nel tempo, una sorta di fiore all'occhiello distintivo del sistema Canon reflex; infatti, negli oltre 40 anni trascorsi da quell'episodio, la Casa ha messo in vendita non meno di 13 versioni diverse di 24mm, alcuni dei quali costituivano una prima assoluta per luminosità massima o caratteristiche operative, come il TS-E L decentrabile e basculabile; recentemente è stata presentata una nuovissima interpretazione dell'EF 24mm f/1,4 L "mark II", il Canon CN-E 24mm T 1,5 L F in montatura cinematografica standard dedicato alle nuovissime Canon EOS C500 ed EOS 1 DC con capacità di ripresa video aggiornata all' altissimo standard di risoluzione 4k (4.096 x 2.160 pixel). Ecco la cronologia completa (aggiornata ad oggi, Aprile 2012) dei 24mm Canon a focale fissa: FD, EF e CN-E.

Canon FD 24mm f/2,8 (1° schema ottico)     Marzo 1971        
Canon FD 24mm f/2,8 SSC (1° schema ottico)     Marzo 1973
Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical     Marzo 1975            
Canon FD new 24mm f/2,8 (2° schema ottico)     Giugno 1979
Canon FD new 24mm f/2     Giugno 1979                                  
Canon FD new 24mm f/1,4 L     Dicembre 1979                       
Canon EF 24mm f/2,8     Dicembre 1988                                  
Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L     Aprile 1991                           
Canon EF 24mm f/1,4 L     Dicembre 1997                               
Canon EF 24mm f/1,4 L mark II     Settembre 2008                 
Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L mark II     Febbraio 2009          
Canon EF 24mm f/2,8 IS     Febbraio 2012   
                             
Canon CN-E 24mm T 1,5 L F     Aprile 2012

Sono dunque numerose le primizie introdotte nel tempo dal Costruttore, dallo straordinario superluminoso f/1,4 (flottante ed asferico) calcolato da Momiyama nel 1972 e lanciato nel 1975 alle sue evoluzioni con vetri UD a bassa dispersione, dal modello tilt & shift al recentissimo stabilizzato; si può senz'altro dire che la focale 24mm, sull'onda lunga del grande scalpore suscitato alla presentazione del 24mm f/1,4 SSC Aspherical e del relativo ritorno d'immagine per l'Azienda, sia sempre stata curata da Canon in modo maniacale, cercando di mantenere quella leadership conquistata prepotentemente in quel lontano 1975; nè va taciuto che il management seppe riconoscere a Kikuo Momiyama grande parte di questo merito, gratificandolo nella fase finale della sua carriera con un incarico dirigenziale di grande prestigio (il comando della Canon Optron, dipartimento d'eccellenza destinato allo studio ed alla realizzazione di materiali cristallini speciali per gli obiettivi); vediamo dunque come si è dipanato il filo di questa storia che sfuma nel leggendario.

Il sistema FD, col tempo si arricchì di tre versioni diverse: il superluminoso f/1,4 asferico (obiettivo estremamente costoso ed elitario), il luminoso f/2 ed il "workhorse" f/2,8; la versione f/1,4 nacque con la livrea FD originale, dotata di breack-lock in alluminio godronato (rimpianto da molti per la precisione e la sicurezza dell'accoppiamento) e col la scritta "Aspherical" color giallo senape identica a quella del precursore, l'FD 55mm f/1,2 SSC Aspherical; a fine anni '70 il nocciolo ottico venne trapiantato nella nuova montatura FD new, tutta nera e priva di collare di serraggio, acquistò il leggendario filetto rosso e la nuova denominazione "L". Il 28mm f/2, storicamente accreditato di valide prestazioni, comparve nel Giugno 1979 alla presentazione della nuova montatura FD new e chiudeva il gap (anche di listino) fra l'inarrivabile f/1,4 asferico e l'abbordabile f/2,8, costituendo un valido compromesso fra luminosità elevata, compattezza e prezzo. Il 24mm f/2,8 presentato nel 1971 era privo di trattamento antiriflessi a strati multipli, a quel tempo non ancora diffuso nella produzione di massa; tale aggiornamento venne applicato nel 1973 e l'obiettivo acquisto la corrispondente denominazione SSC (Super Spectra Coating); passando alla livrea FD new, nel 1979, la Canon aggiornò la parte ottica equipaggiando la nuova versione con uno schema ottico sostanzialmente ricalcolato; ecco gli schemi ottici delle varie versioni.

 

Gli schemi ottici delle varie versioni FD; notate come la presenza della superficie asferica abbia permesso di confezionare per la versione f/1,4 uno schema tutto sommato non eccessivamente complesso, utilizzando 10 lenti: le stesse impiegate sul modello f/2,8 new e addirittura una in meno di quelle presenti nello schema della versione f/2.

 

Il primo 24mm del corredo Canon reflex arrivò col lancio del modello FD 24mm f/2,8, presentato nel Marzo del 1970 assieme alla primissima schiera di ottiche di questa generazione, caratterizzate dall'assenza di antiriflessi multipli (mancava ancora la denominazione SSC) e dall'adozione di una magnifica baionetta di servizio anteriore cromata, oltre al celebre "breack-lock" di serraggio sulla baionetta posteriore. L'FD 24mm f/2,8 venne calcolato nel 1969 contestualmente all'FD 17mm f/4, nell'ambito di un progetto unitario, da Akira Tajima e Kikuo Momiyama (padre, come detto, anche del 24mm f/1,4 Aspherical); tali progetti vennero brevettati in Giappone nell'Aprile 1970, quando i corrispondenti modelli di serie erano già stati presentati alle folle; il 24mm f/2,8 presenta soluzioni moderne come un sistema di flottaggio collegato alla messa a fuoco che modifica lo spazio fra le prime due lenti ed il resto del gruppo ottico alle distanze minime, migliorando le prestazioni di astigmatismo e curvatura di campo rispetto all'identico schema privo di flottaggi, come confermato dai diaframmi annessi al progetto e riportati nella scheda precedente; lo schema ottico retrofocus si distingue per l'ampio diametro degli elementi anteriori e per la foggia della seconda lente, il tutto finalizzato al contenimento della vignettatura, mentre fra i vetri utilizzati sono degne di nota due lenti in Dense Flint tipo SF6 ad alta rifrazione/alta dispersione (L4 ed L6) e due lenti in vetro Crown al lantanio tipo LaK8 (L8 ed L9).

Il successivo 24mm f/1,4 Aspherical del 1975, autentico vanto del corredo FD, fu una realizzazione talmente epocale da restare senza rivali nella produzione di serie per decenni, fino all'avvento dei modernissimi modelli Leica Summilux-M o Nikon AF-S Nikkor ED; è dunque comprensibile che la Casa, orgogliosa del suo campione, abbia dedicato molta cura al suo aggiornamento, mantenendo tuttavia intatta, nelle varie evoluzioni (di serie o prototipi) la fisionomia dello schema originale (parzialmente abbandonata solo nell'ultimo modello del 2008): un ulteriore omaggio al grande progettista Momiyama ed alla sua genialità; le versioni f/1,4 giunte alla produzione di serie furono l'FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical, l'FD new 24mm f/1,4 L, l'EF 24mm f/1,4 L e l'EF 24mm f/1,4 L mark II.

 

La versione FD SSC Aspherical originale, presentata nel 1975, assieme alle due evoluzioni moderne EF 24mm f/1,4 L "mark I" (1997) ed EF 24mm f/1,4 L "mark II" (2008), entrambe equipaggiate con uno schema ottico progressivamente implementato.

 

Lo stesso nocciolo ottico originale dell'FD SSC Aspherical fu applicato anche alla successiva versione FD-L del Dicembre 1979, che acquistò così una montatura più aggressiva e con grafiche di immediata identificazione, perdendo però un po' della magnifica rocciosità propria del capostipite.

 

Dulcis in fundo, Canon ha rotto gli indugi e, forte dei riconoscimenti tributati alla EOS 5D mark II utilizzata in modalità video full-HD, ha presentato due nuovi apparecchi in grado di produrre filmati secondo il nuovo standard di alta risoluzione 4k: la EOS 1 DC dell'illustrazione, concepita come una normale fotocamera, ed il prototipo EOS C500, strutturato come una vera telecamera professionale per il cinema, sul target della Red; le prime immagini ufficiali mostrano gli apparecchi equipaggiati con la nuova serie di ottiche L a focale fissa in montatura cinematografica standard, denominati Canon "CN-E"; le tre ottiche fisse finora svelate sono un magnifico CN-E 85mm T 1,3 L F (trasposizione del celebre ed apprezzatissimo EF 85mm f/1,2 L), il CN-E 50mm T 1,3 L F (con lo stesso schema dell'EF 50mm f/1,2 L) e, appunto, il CN-E 24mm T 1,5 L F illustrato sopra, anch'esso equipaggiato con un nocciolo ottico EF, prelevato dal 24mm f/1,4 L "mark II": se queste sono le premesse, qualcuno stamani si è svegliato preoccupato (Zeiss Compact Primes 2, tanto per non fare nomi...).

(pictures [4]: Canon Inc.)

 

La magnifica gamma di ottiche CN-E attualmente disponibili (Aprile 2012): le focali fisse da 24, 50 ed 85mm sono denominate L F (F= full), in quanto derivano direttamente dalle omologhe ottiche EF e sono in grado di coprire il formato 24x36mm; viceversa, gli zoom sono definiti L S (S= small) in quanto sono calcolate esplicitamente per il sensore dei modelli C300 e C500, caratterizzato dal formato cinematografico Super 35 - 16:9, corrispondente ad un sensore da 13,8x24,6mm: pertanto non si possono impiegare sulle fotocamere EOS full-frame con funzione video (EOS 1 DC, EOS 5D mk II ed mk III, etc.). Questi zoom sono disponibili sia con baionetta Canon EF sia in montatura PL.

(picture: Canon Inc.)

 

Osserviamo i diagrammi MTF originali Canon (le linee nere indicano il trasferimento di contrasto sagittale e tangenziale da centro a bordi con 10 e 30 cicli/mm di frequenza spaziale ad f/1,4, quelle azzurre idem ad f/8): è facile notare che il trend più evidente, oltre ad un miglioramento nelle zone centrali-mediane a piena apertura, è costituito dal progressivo recupero di MTF periferico nella curva a lettura tangenziale (con "mire di contrasto" idealmente perpendicolari al segmento che congiunge il centro del fotogramma col punto di misurazione): solitamente, in grandangolari spinti, una evidente differenza fra le due curve all'identica frequenza spaziale è dovuta ad astigmatismo (giacitura dei piani con orientamento sagittale e tangenziale) ma anche e soprattutto ad aberrazione cromatica: un obiettivo che produca vistosi fringings penalizzerà poco le linee sagittali (orientate perpendicolarmente alla frangiatura) e molto più quelle tangenziali (disposte con lo stesso orientamento del fringing e quindi molto degradate dal medesimo); proprio il residuo di aberrazione cromatica rappresenta uno dei pochi talloni d'achille dell'FD 24mm f/1,4, per il resto obiettivo complessivamente molto buono, ed il principio informatore di tutti gli studi successivi verteva proprio sulla progressiva soppressione di questa aberrazione.

Nella fattispecie, dopo lo schema ottico originale FD, venne calcolata la versione EF-L del 1997, una versione (mai prodotta) con reticoli diffrattivi posteriori (DO) del 2000, un prototipo del 2005 in versione "lightweight" con vetro a bassa dispersione S-FSL5 (più leggero del tipo S-FPL51) e lente in resina all'ossido di indio polimerizzata ad UV, una versione del 2008 (anch'essa mai costruita) analoga all'EF-L di serie ma con due lenti in fluorite e, quasi contestualmente, il modello EF-L mark II di serie, anch'esso progettato nel 2008 rinunciando a soluzioni estreme per correggere l'aberrazione cromatica (i citati reticoli diffrattivi e lenti in fluorite, troppo costosi per la produzione di massa) in favore della trasformazione di un doppietto acromatico chiave di questi schemi in un tripletto. Quelli che seguono sono i dati originali di progetto relativi a tutte e cinque queste versioni, comprensivi di schema ottico, quote meccaniche (raggio di curvatura, spessore sull'asse, spaziatura di ogni lente), rifrazione, dispersione e tipo dei vetri ottici adottati e misure complementari.

 

Grazie all'avanzata tecnologia messa a punto da Canon a fine anni '60 (che consentiva di produrre in serie lenti asferiche molandole con una rettifica a controllo numerico su tre assi con precisione di 1/10.000mm), Momiyama fu in grado di realizzare quest'obiettivo storico, che prevede anche due vetri Dense Flint ad alta rifrazione/alta dispersione e quattro vetri alle Terre Rare, un Crown al lantanio e tre Flint al lantanio; queste tre lenti costituiscono gli ultimi elementi dello schema e sul raggio posteriore della prima è ricavata la superficie asferica secondo i coefficienti riportati sopra; quest'obiettivo, come praticamente tutte le ottiche Canon di produzione, era realizzato con vetri prodotti dalla vetreria Ohara che, nonostante il nome che evoca rosse chiome irlandesi, è assolutamente giapponese.

 

La tanto attesa versione autofocus EF-L del 1997, come anticipato, riprende largamente lo schema originale, senza rivoluzioni: il modulo anteriore è stato modificato aggiungendo un elemento, al fine di "indirizzare" meglio la correzione complessiva dell'aberrazione cromatica (notate il vetro Phosphate Krown a media rifrazione e bassa dispersione in posizione L2 separato con una lente d'aria dalla successiva L3 in vetro Dense Flint ad alta rifrazione/alta dispersione) e per fare convergere i fasci sull'asse del diaframma con minore incidenza; l'altra modifica di rilievo consiste nell'adozione di un vetro UD nella lente posteriore del doppietto collato anteriore, sempre con l'intento di controllare meglio l'aberrazione cromatica; a tale scopo è mirata anche l'adozione del vetro Fluor Crown (con dispersione vD= 70,2) utilizzato nella penultima lente. Sempre in questo contesto, notate anche l'indicazione dei valori di dispersione parziale anomala riportati a fianco dei vetri usati negli elementi L1 ed L4. Infine, la superficie asferica è sempre ricavata nel raggio posteriore della terzultima lente.

 

Nel 2000 venne effettuato un tentativo coraggioso per correggere ulteriormente l'aberrazione cromatica, adottando una tecnologia avveniristica che Canon, per prima, porterà nella produzione di serie: i reticoli diffrattivi (DO). Questa tecnologia, che richiede montaggi a registro fra gli elementi con precisione assolutamente critica, consente di correggere efficacemente l'aberrazione cromatica anche in assenza di speciali vetri a bassa dispersione; probabilmente la Casa sperava di realizzare in grande serie gli elementi DO a basso prezzo, sostituendo in tronco le costose lenti in vetro UD o fluorite, ed infatti esistono estesi brevetti che illustrano l'applicazione ipotetica della tecnologia DO a numerosi obiettivi del sistema Canon ED (persino allo speciale super-macro 65mm f/2,8 MP-E...); viceversa, le tolleranze micrometriche di lavorazione ed assemblaggio si sono rivelate fonte di costi imprevisti, e l'adozione massiccia di moduli DO si è largamente ridimensionata a due soli obiettivi... Nel nostro caso, oltre ai reticoli diffrattivi sulla superficie posteriore della penultima lente, era prevista per buona misura una lente in vetro UD Ohara S-FPL51 nell'identica posizione in cui è collocata sull'EF-L "mark I" di serie (posizione L5), oltre a ben cinque lenti alle Terre Tare (tre Crown al lantanio e due Flint al lantanio) e a due lenti in vetro Dense Flint ad altissima rifrazione/alta dispersione: un tour de force pregevole ma poco realistico sul piano dei costi che rimase solo una lodevole intenzione.

 

Questa versione calcolata da Makoto Misaka nel 2005 (due prototipi dalle caratteristiche simili) è molto particolare perchè si prefigge lo scopo di alleggerire il nocciolo ottico, adottando al posto del vetro UD tipo Ohara S-FPL51 un vetro a bassa dispersione tipo Ohara S-FSL5 (più leggero) e sostituendo un'altra lente realizzata in vetro molto pesante con una versione ottenuta per stampaggio da una resina sintetica, additivata con ossidi delle Terre Rare e polimerizzata ad ultravioletti: un progetto curioso che non ebbe seguito commerciale.

 

Abbandonata la strada dei reticoli diffrattivi, si tornò sulla via maestra e, per risolvere radicalmente il problema dell'aberrazione cromatica, nel 2008 il progettista Kaoru Eguchi tagliò la testa al toro, riprendendo lo schema originale dell'EF-L "mark I" e creando un prototipo che prevede l'adozione di ben due lenti in fluorite (Ohara S-FPL53), in posizione L5 ed L10, e di due superfici asferiche (il raggio posteriore della terzultima lente e quello anteriore della penultima); se aggiungiamo 4 lenti in vetri alle Terre Rare (due Crown al lantanio e due Flint al lantanio), 3 lenti i vetro Dense Flint ad alta rifrazione/alta dispersione ed un doppio flottaggio asolidale per la messa a fuoco (in pratica restano stazionarie solo le 3 lenti anteriori) componiamo un insieme altamente tecnologico che, alla stregua del modello descritto in precedenza, avrebbe probabilmente comportato costi eccessivi per il real world (le lenti in fluorite Ohara S-FPL53 sono estremamente costose); fatto sta che anche questo modello rimase solamente un'ipotesi su carta, comunque indicativa della tendenza ideale che accompagnava l'evoluzione di questo celebre modello.

 

Infine, dopo tante ipotesi e ricerche, nel 2008 venne trovato il giusto equilibrio in un progetto di Takahiro Hatada che sarebbe sfociato nel Canon EF 24mm f/1,4 L mark II di produzione; en passant, va detto che lo stesso progetto (come esempi principali) prevede anche due versioni di 35mm f/1,4 asferico: magari fra non molto uno di essi verrà "promosso", divenendo il nuovo Canon EF 35mm f/1,4 L mark II? Chissà... Tornando al 24mm, il modello EF mark II affronta il problema dell'aberrazione cromatica senza utilizzare reticoli diffrattivi o lenti in fluorite, ma implementa il classico doppietto acromatico anteriore (presente sia negli FD che nell'EF "mark I") trasformandolo in un tripletto con l'elemento anteriore spaziato da una sottile lente d'aria; il doppietto collato prevede ancora un vetro UD tipo Ohara S-FPL51 (identico a quello presente nell'EF "mark I") ma associato ad un vetro Flint al Lantanio ad alta rifrazione / bassa dispersione, mentre il terzo elemento anteriore è rappresentato da un Dense Flint estremo con altissima rifrazione (nD= 1,883) e bassa dispersione (vD= 40,8); per buona misura, anche la lente L9 è realizzata in vetro UD tipo S-FPL51, mentre il successivo doppietto acromatico (L10 - L11) abbina un vetro Fluor Crown a bassa rifrazione bassa dispersione (vD= 70,2) con un Dense Flint ad altissima rifrazione / alta dispersione. In questo nuovo modello, articolato su 13 lenti, sono previste due superfici asferiche, una ricavata nel raggio posteriore della seconda lente ed una in quello anteriore dell'ultima. Nello schema sono presenti cinque lenti alle Terre Rare ed il flottaggio interessa il modulo di lenti poste dietro il diaframma.

 

I diagrammi con le principali aberrazioni ricavati dai progetti dei modelli FD, EF "mark I", EF prototipo con 2 lenti in fluorite ed EF "mark II"

Tornando alla correzione dell'aberrazione cromatica, costantemente implementata nei vari modelli che si sono avvicendati sul mercato, lo schema seguente sottolinea le modifiche messe in atto nel doppietto anteriore dei diversi obiettivi.

 

Come si può notare, tale  doppietto acromatico è una costante in tutte le versioni, ad esclusione del recente EF 24mm f/2,4 L "mark II" che fa uso di un tripletto con spaziatura ad aria; se analizziamo i vetri utilizzati nel doppietto presente sui modelli FD-L, EF-L "mark I" ed EF-L prototipo con lenti in fluorite, possiamo notare che il primo vetro è sempre un Dense Flint ad altissima rifrazione / bassa dispersione, anche se passando alla generazione EF il vetro diviene leggermente più spinto, con un indice di rifrazione che muta da 1,805 ad 1,846, mentre l'evoluzione del secondo vetro è più interessante e chiarificatrice: per il modello originale, Momiyama si era accontentato di un comune vetro Dense Crown, con dispersione relativamente bassa (vD= 61,1) ma non eccezionale; nella versione EF-L "mark I" il Dense Crown viene sostituito da un vetro UD a bassa rifrazione e bassissima dispersione (vD= 81,5). Il prototipo del 2008, l'ultimo ad adottare il doppietto classico, si spinge oltre ed utilizza addirittura una lente in fluorite, con dispersione eccezionalmente bassa (vD= 95,0); infine, l'EF-L "mark II" pone fine a questa escalation e modifica lo schema. perseguendo un'altra via: il doppietto cambia foggia, appoggiandosi ad una terza lente spaziata ad aria, il vetro a bassa dispersione rimane un "normale" UD tipo Ohara S-FPL51 ed i vetri ad alta ed altissima rifrazione con i quali è abbinato diventano materiali alle Terre Rare tipo Dense Flint al lantanio e che, nonostante l'elevatissimo indice di rifrazione (1,883 ed 1,834), presentano una dispersione relativamente bassa (vD= 40,8 e 42,7);
una ulteriore lente UD ed un secondo doppietto acromatico che abbina un vetro Dense Flint ad un Fluor Crown con dispersione vD= 70,2 completano il quadro.

Va detto che, per mia esperienza personale, ho notato che Canon - istituzionalmente - non correggeva l'aberrazione cromatica laterale con lo stesso puntiglio di altri concorrenti (come Nikon, tanto per non fare nomi), ed è possibile che, finchè si utilizzava film argentico tradizionale, questi residui fossero trascurabili; l'avvento del digitale ha rimescolato le carte, attribuendo un'importanza molto maggiore a questo fattore, e Canon - nel tempo - è dovuta correre ai ripari, come gli esempi appena descritti documentano.

 

Un advertising giapponese del 1975 che pubblicizza il Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical assieme all'FD 55mm f/1,2 SSC Aspherical, primo modello del sistema ad adottare una superficie asferica, vetri speciali e sistema flottante; assieme al già disponibile FD 300mm f/2,8 SSC Fluorite ed all'85mm f/1,2 SSC Aspherical lanciato l'anno successivo andranno a costituire il primo nucleo di ottiche Canon di gamma superiore, successivamente denominate "L".

 

Un'altro 24mm Canon dotato di peculiarità uniche è senz'altro l'EF 24mm f/3,5 TS-E L, un obiettivo caratterizzato da un angolo di campo nominale di 84° ma in grado di decentrare il gruppo ottico fino ad 11mm fuori asse e, caratteristica esclusiva della gamma Canon fin dal modello FD 35mm f/2,8 TS, di basculare lo stesso modulo fino ad 8°, consentendo un controllo cosciente della profondità di campo e garantendo. in pratica, gli stessi movimenti permessi da un'apparecchio di grande formato a corpi mobili; considerando l'ampio angolo di campo, quest'obiettivo è perfetto per riprese architettoniche ed infatti ha trovato ampia diffusione in questo genere professionale.

 

Due esemplari di Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L; notate il nottolino laterale per il decentramento, quello - sull'altro lato - per il fermo di sicurezza ed il terzo, nella parte superiore, che garantisce il basculaggio.

Quest'obiettivo, lanciato nell'Aprile 1991, completava una tripletta di ottiche tilt&shift da 24, 45 e 90mm; in realtà, non costituiva una prima assoluta in quanto la Olympus aveva già presentato in precedenza l'OM Zuiko 24mm f/3,5 shift, tuttavia quest'ultimo poteva decentrare solamente di 8mm, non aveva comandi micrometrici e blocchi per il movimento, richiedeva un funzionamento manuale del diaframma e presentava un'ampia lente anteriore, convessa e molto sporgente, realizzata in tenerissimo vetro ai fluorfosfati che la rendevano facilmente soggetta a graffi e scheggiature; viceversa, il Canon TS-E L garantiva un decentramento in ogni direzione di 11mm (anche se, onestamente, Canon dichiarava una certa vignettatura meccanica fotografando in verticale con shift superiore ad 8mm), la sua lente anteriore era incassata nella montatura che forniva protezione e consentiva - cosa importantissima - l'adozione di comuni filtri da 72mm, i movimenti di decentramento e basculaggio erano serviti da comandi di precisione, a cremagliera, bloccabili in posizione e, soprattutto, il diaframma elettromagnetico alimentato tramite flat flessibile, restava automatico a piena apertura anche con decentramento in atto, rendendo estremamente più agevole inquadrare e fotografare a mano libera in queste condizioni d'uso, una prassi fino ad allora decisamente ostica a causa dell'oscuramento del mirino (causato dalla forte diaframmazione richiesta dal decentramento) e dell'eventuale vignettatura introdotta su un lato del fotogramma dallo shift.

Questa prima versione utilizzava un complesso schema molto "estetico" e con un modulo interno dal vago profumo di Biogon, composto da 11 lenti con l'elemento centrale dotato di una superficie asferica; non sono invece presenti vetri UD a bassa dispersione e, sebbene la resa ottica complessiva sia piacevole, con un contrasto secco e (chiudendo ad f/11) una buona resa anche nelle zone richiamate in campo dal decentramento, con l'impiego su full-frame digitali i fringings di aberrazione cromatica sono piuttosto evidenti e sgradevoli; questa storica debolezza, unita alla necessità di diaframmare bene per ottenere una resa adeguata (cosa non sempre possibile), ha spinto Canon a progettare tutta una nuova generazione di super-grandangolari retrofocus con una superiore qualità d'immagine e grande uniformità di resa, tali da rappresentare veramente un nuovo step evolutivo in questa categoria di sistemi ottici; le punte dell'iceberg di questi studi sono i nuovi Canon EF 14mm f/2,8 L "mark II", EF 24mm f/3,5 TS-E L "mark II" ed EF 17mm f/3,5 TS-E L; essendo una pagina dedicata alla focale 24mm, ovviamente rivolgeremo la nostra attenzione a questa versione.

 

Il Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L "mark II", assieme all'incredibile fratellone 17mm f/4 TS-E L, è stato presentato nel Febbraio 2009 e costituisce un evidente superamento del peraltro apprezzato modello precedente: lo schema ottico, molto più complesso, si basa su 16 lenti con messa fuoco flottante posteriore garantita dal movimento asincrono delle 9 lenti poste dietro il diaframma, anch'esso mobile in blocco con il modulo di fuoco; anche in questo caso la lente anteriore è asferica, ma la superficie parabolica è quella interna e risulta quindi concava, una notevole complicazione in produttiva che renderebbe quasi impossibile la realizzazione a controllo numerico, un problema risolto ottenendo l'elemento per stampaggio del blocco di vetro rammollito a caldo all'interno di una sagoma convessa con l'adeguato profilo asferico; la stessa superficie, rivolta verso la fotocamera, è rivestita con il nuovo antiriflessi SWC (Sub-Wavelengh-Coating), introdotto l'anno precedente ed analogo al Nikon Nano Crystal Coat: si tratta di rivestimenti di nuova concezione che passivano efficacemente i riflessi speculari che arrivano dalle lastre protettive poste davanti ai sensori digitali. infine, l'obiettivo adotta finalmente ben 3 lenti in vetro UD a bassissima dispersione e dichiara una correzione dell'aberrazione cromatica largamente superiore al modello precedente.

Anche dal punto di vista operativo l'ottica è stata implementata: grazie all'aumento del cerchio di copertura utile (ora di 67,26mm contro i 43,2 nominali del formato), l'obiettivo è in grado di decentrare di 12mm in ogni direzione senza vignettature meccaniche, grazie all'aumentato diametro della montatura anteriore e all'adozione di filtri da 82mm; inoltre il basculaggio passa ad 8,5°, è servito da un doppio dispositivo di blocco e - contrariamente a quanto avveniva prima - consente di orientare il suo piano indipendentemente da quello del basculaggio; la messa a fuoco posteriore flottante ha consentito di ridurre la messa a fuoco minima da 0,3m ad appena 0,21m dal piano focale, consentendo quasi di realizzare delle macrofotografie grandangolari; questa caratteristica, unita ai movimenti, lo rendono ideale anche per riprese realistiche di plastici e modellini.

Ecco la documentazione inedita e completa ricavata dal progetto di quest'obiettivo.

 

L'obiettivo (modello di produzione e tre prototipi alternativi) è stato calcolato da Suguru Inoue fra il 2008 e l'inizio del 2009 e costituisce il chiaro esempio di un progetto modernissimo, complesso e performante: aberrazione sferica, cromatica e distorsione sono eccezionalmente ben corrette se consideriamo che l'angolo di campo effettivo inquadrato dal sistema ottico (comprensivo di doppio decentramento di 12mm sulla diagonale), a fronte di una copertura nominale di 84°, sarebbe addirittura di 108,4° (contro i circa 100° dello Zuiko shift): in pratica, lo schema ottico di quest'obiettivo è analogo a quello di un supergrandangolare da 15,5mm "ingrandito in scala" fino a 24,3mm, portando il cerchio di copertura utile da 43,2mm a 67,26mm e lo spazio retrofocale (utile per consentire il decentramento) da circa 36mm a 54,96mm; se consideriamo questi veri parametri, l'ottima resa ottica che tale obiettivo presenta fino alle zone marginali parla a favore del suo progettista. Il gruppo ottico è composto da due moduli distinti, separati dal diaframma, del quale il primo resta sempre fisso ed il secondo si avvicina al primo passando da infinito alla distanza di messa a fuoco minima; come anticipato, il raggio interno R2 della prima lente è a profilo asferico, secondo i coefficienti riportati fra i dati; nello schema sono presenti ben 4 doppietti ed un tripletto collati, anche se solamente l'ultimo è un acromatico tout court; l'obiettivo fa uso di vetri Ohara modernissimi, alcuni dei quali non sono riuscito ad identificare completamente nel database standard, mentre i materiali di spicco del nocciolo ottico sono senz'altro i tre vetri UD a bassissima dispersione tipo Ohara S-FPL51 (rifrazione nD= 1,49700 dispersione vD= 81,5) ed i 4 vetri Dense Flint al lantanio tipo Ohara S-LAH58, materiale estremo molto costoso con altissima rifrazione (nD= 1,88300) e bassa dispersione relativa (vD= 40,8); come ho avuto modo di scrivere altre volte, è il vetro commerciale più simile per composizione e caratteristiche ottiche al famoso "vetro Noctilux" di formulazione Leitz ed impiegato nell'omonimo superluminoso; 4 lenti realizzate con l'identico vetro Ohara sono anche alla base dell'altrettanto celebre Canon EF 50mm f/1,0 L. A suo tempo, studiando brevetti Ohara, ho trovato la composizione chimica del vetro S-LAH58, davvero eloquente per farci capire le ragioni del costo molto elevato di questo materiale!

 

Come si può notare, la silice di partenza è una quantità trascurabile (4,5%), cui si aggiunge un modesto 13,5% di fondente (ossido di Boro); il restante materiale è costituito da un  impressionante 73% di ossido di lantanio, gadolinio e tantalio e da un 9,5% di ossido di tungsteno e zirconio deputato al "controllo" delle caratteristiche fisiche del vetro in presenza di una quantità così impressionante di ossidi delle Terre Rare; considerando che anche le procedure di miscelazione, fusione e raffreddamento sono decisamente critiche, è facile comprendere la ragione dei costi esorbitanti di questi speciali vetri lanthanum Dense Flint.

 

Questi schemi originali Canon mostrano lo schema ottico delle due versioni di 24mm TS-E L ed i relativi MTF ad f/3,5 ed f/8 a 10 e 30 cicli/mm di frequenza spaziale: è facile inferire che la nuova versione presenta una resa superiore alla massima apertura ed una qualità d'immagine molto più soddisfacente ai bordi del campo, fattore importante in un decentrabile la cui copertura effettiva "procede oltre" per altri 12,01mm...

 

Il Libro "Museo arte sacra città": questo volume, con oltre 500 pagine dedicate all'architettura e all'arte sacra della diocesi di Faenza - Modigliana e curato dall'Arch. Giorgio Gualdrini, è stato illustrato anche con immagini realizzate da me, molte delle quali ottenute proprio con il Canon EF 24mm f/3,5 TS-E L "mark II" su EOS 5D mk II, compresa l'immagine di copertina.

Passando ad obiettivi più convenzionali, occorre annotare anche la versione EF 24mm f/2,8, presentata agli albori del sistema EOS, nel Dicembre 1988, e sostanzialmente derivata dal nocciolo ottico della versione FD new, con poche modifiche non sostanziali; un obiettivo poco appariscente che ha svolto un ruolo da umile comprimario per molti anni e che, nel Febbraio 2012, è stato rivisitato con un nuovo schema ottico, dotato di superfici asferiche ed equipaggiato con un sistema di stabilizzazione attiva in grado di compensare, a detta del costruttore, fino all'equivalente di 4 f/stop, nelle condizioni più favorevoli: un bel sistema per aumentare le possibilità di ripresa in luce scarsa senza far lievitare necessariamente i costi e gli ingombri oltre limiti inaccettabili.

 

Una "foto ufficiale" dell'EF 24mm f/2,8 IS stabilizzato, obiettivo dall'estetica dimessa ma dalle caratteristiche interessanti, per chi badi al sodo.

 

L'EF 24mm f/2,8 IS è stato calcolato nel 2010 da Makoto Nakahara; è interessante sottolineare che, nello stesso progetto globale, è presente anche lo schema dell'EF 28mm f/2,8 IS, presentato in contemporanea al 24mm, e di un inedito ed interessantissimo 35mm f/2 stabilizzato e asferico che, se prodotto ad un prezzo contenuto, potrebbe incontrare i favori di molti utenti e addirittura cannibalizzare parzialmente anche l'EF 35mm f/1,4 L, più luminoso e prestigioso ma non stabilizzato. Per quanto concerne il 24mm f/2,8 IS, la scelta di delegare la funzione di stabilizzazione al menisco negativo L5, e considerando la sua modesta corsa utile, ha permesso di limitare il degrado d'immagine fra la posizione "zero" ed il massimo decentramento; l'obiettivo utilizza un robusto schema retrofocus a 10 lenti con due superfici asferiche, sul raggio anteriore della quinta lente (quella responsabile della stabilizzazione) e dell'ultima; 3 vetri agli ossidi delle Terre Tare e 2 Dense Flint ad alta rifrazione / alta dispersione completano il quadro.

 

Questi diagrammi, estratti di test più complessi realizzati anni fa da famose riviste del settore, esemplificano la resa ottica misurata su 7 dei 10 schemi ottici presi in esame in questa sede e, per quanto riferiti alla specifica metodologia ed al singolo esemplare testato, sono interessanti come linea guida sul comportamento dei vari obiettivi; ad esempio, il 24mm f/1,4 FD-L ed EF-L si comportano in modo pressochè identico ad f/1,4 - 2 - 2,8, poi il modello autofocus continua a migliorare, raggiungendo a diaframmi centrali un'eccellente resa, specie ai bordi, mentre l'FD, pur garantendo una resa ai bordi molto soddisfacente, plafona, addirittura peggiorando la resa, come se fossimo in presenza di focus-shift; l'EF 24mm f/2,8, seppure relativamente economico, grazie al suo complesso schema ottico sembra comportarsi piuttosto bene, e le sue prestazioni alle varie aperture sono solo marginalmente inferiori a quelle del più quotato EF 24mm f/1,4 L. Molto valido, complessivamente, anche l'FD 28mm f/2, alternativa più economica ma comunque luminosa all'f/1,4 asferico, che sopravanza sull'asse a diaframmi centrali restando in scia nelle zone marginali. Discorso a parte per il vecchio FD 24mm f/2,8 SSC, testato con una metodologia non raffrontabile a quella degli altri esemplari: in questo caso la risolvenza appare molto bassa alle massime aperture, rinvenendo progressivamente fino ad arrivare a valori molto buoni ad f/16 (in questo diagramma difficilmente si superava il valore di 63,0 l/mm), un comportamento penalizzante nell'uso pratico dove sovente la luce ambiente non consente di diaframmare a piacimento. Infine, il confronto fra i due 24mm decentrabili conferma le attese della vigilia. il TS-E L primo tipo presenta una resa elevata in asse accompagnata da un vistoso calo nelle zone periferiche, mentre il 24mm TS-E L "mark II" presenta identiche, ottime prestazioni sull'asse abbinate ad una eccellente uniformità di resa fino agli angoli del formato, anche alle massime aperture: un comportamento impeccabile che viene confermato anche dall'impiego pratico.

Dopo questa noiosa serie di dati propongo un intermezzo "ludico"; nel 2010 il caro amico Sandro Presta, noto conoisseur del mondo Canon, mi ha fornito un assist irresitibile: durante un incontro conviviale mi ha mostrato un pregiato obiettivo Canon FD 14mm f/2,8 L che, in origine, presentava la grande lente frontale deteriorata da vistosi graffi... Per nulla scoraggiato, il buon Sandro si è attivato ed è riuscito, cosa quasi incredibile, a recuperare una lente frontale nuova di zecca per il suo 14mm, fornita come parte di ricambio! Aveva quindi provveduto in proprio alla sostituzione della lente, realizzando un lavoretto perfetto che aveva suscitato la mia sincera ammirazione, presentandosi poi con l'obiettivo in una mano e la famosa lente frontale nell'altra...

 

L'amico Sandro impugna seraficamente il supergrandangolare Canon FD 14mm f/2,8 L e la relativa lente frontale originale, sostituita da lui.


Mentre maneggiavo, quasi incredulo, il grosso lentone dall'ardita curvatura, guardai il Canon EF 24mm f/1,4 L montato sulla fotocamera che avevo con me e pensai: "e se provassi ad appoggiare il lentone del 14mm FD-L davanti al 24mm EF-L e scattare una foto, cosa succederebbe?"

 

La bizzarra ipotesi: prendere il lentone anteriore del 14mm f/2,8 FD-L, piazzarlo in battuta davanti al 24mm f/1,4 EF-L e provare che succede...

Ecco il risultato di questa oscena ibridazione fra universi FD ed EF...

 

 

Questi scatti dovrebbero dissuadere coloro i quali, preso da genuino entusiasmo e sacro furore, magari pensano di assemblare un obiettivo autarchico montando lenti e gruppi presi qua e là... Il lentone in vetro Dense Crown surrettiziamente aggiunto ha marginalmente incrementato l'angolo di campo ma generato ogni sorta di aberrazioni (distorsione, curvatura di campo, aberrazione cromatica, etc.): è una "pratica" che può avere un senso solamente se il nostro intento è quello di ottenere immagini flou ed aberrate per intenti espressivi!

 

Al termine di questo viaggio voglio sottolineare ancora una volta i nuovi orizzonti visivi additati da Canon con l'introduzione, nell'ormai lontano 1975, del 24mm superluminoso, in grado di ambientare il soggetto, dinamizzare la prospettiva e sottolineare allo stesso tempo l'elemento a fuoco grazie alla profondità di campo selettiva: quasi un ossimoro, a tratti destabilizzante, che ha aperto vie inedite per i fotografi assetati di nuovi confini, e la nuova versione cinematografica CN-E rilancia alla grande questa never ending story. (foto: Canon EF 24mm f/1,4 L @ f/1,4)

(Marco Cavina)

(testi, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato; ringrazio il caro amico Prof. Vicent Cabo per alcuni degli schemi ottici presentati e mirabilmente realizzati da lui).

 



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