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L’ACUTO DEL TENORE: GLI OBIETTIVI CANON FD - L

 

 

 

PREAMBOLO

 

     In un Giappone occupato che ricostruiva a ritmi serrati dopo l’apocalisse nucleare, il comando americano stabilì che le principali industrie del settore fotografico si sarebbero concentrate sulla produzione di fotocamere di piccolo formato, adatte alla pellicola 35mm; naturalmente l’unica logica sottesa a tale indirizzo era la tutela di articolati interessi di campanile e non era certo subordinata a limitazioni di natura tecnica, ma tant’è: i laboriosi giapponesi recepirono il diktat senza troppe domande e si gettarono a capofitto sulle specifiche imposte.

 

     La Canon Inc., rinata dalle spoglie della Seiki Kogaku ed emendatasi dalla fornitura esterna di obiettivi da parte della Nippon Kogaku (che nemesi storica, con senno di poi !) palesò subito notevoli potenzialità nel calcolo ottico, essendo fra le prime a  svincolari dalla pedissequa clonazione dei celeberrimi ed inossidabili schemi della Zeiss Jena, configurando rapidamente  un approccio decisamente innovativo alla progettazione, dove il Sonnar di Bertele veniva ibridato col gruppo posteriore tipo Planar, il classico tripletto modificato tipo Tessar veniva soppiantato da Gauss simmetrici già ad inizio anni ’50 ed i nuovi tele mutuavano schemi ed impostazioni decisamente attuali; anche nel campo del design la Canon firmava prodotti decisamente lineari ed eleganti con un look incredibilmente moderno per i tempi: un esempio su tutti il barilotto del Serenar 85mm f/1,5 del 1952, sobrio e convincente come un moderno Leica-M.

 

     Con l’avvento degli anni ’60 la Nippon Kogaku, ora acerrima rivale, colse al balzo gli indizi di una rivoluzione tecnica e culturale troncando lo sviluppo delle sue raffinate telemetro ed approdando al concetto reflex  col suo famoso sistema professionale F mentre la Canon perse irrimediabilmente la coincidenza restando indecisa fra le due filosofie, sfornando prontamente una bella reflex di caratteristiche professionali ed avanzate come la Canonflex R2000 ma svilendone poi lo sviluppo di gamma a favore delle sue telemetro, un sistema ormai al canto del cigno (per i grandi numeri, naturalmente); per tutto il decennio la Nikon F furoreggiò sul campo e nell’immaginario, diventando fenomeno di costume mentre la Canon masticava amaro vivacchiando su modelli impersonali entrati ed usciti di produzione senza troppi rimpianti come FX, FP, Pellix, TL, relegata ad un ruolo di umile comprimario che certamente calzava stretto a fronte delle grandi potenzialità e del know-how di prim’ordine che poteva mettere in campo.

 

     In questa situazione difficile, intorno al 1966, il suo management ebbe l’umiltà e l’intelligenza di capire che per recuperare il terreno perduto era necessario un piano di lavoro a lungo termine, una rincorsa da lontano senza cercare di affrettare i tempi ma affettando understatement mentre si ordivano bellicosi piani di rivincita commerciale; infatti, dietro la facciata anonima del sistema FL, in apparenza senza pretese e connotato dall’immutabile estetica cromata dei corpi che si avvicendavano, lo staff di progettisti guardava al futuro sondando in ogni direzione e sperimentando materiali e metodologie produttive avveniristiche con l’intento di sfoderare a sorpresa un sistema professionale già adulto, esattamente come aveva fatto la Nikon dieci anni prima.

 

     Le prime avvisaglie di questo immane conato sotterraneo si ebbero già nel 1969 quando furono presentati in rapida successione (Marzo e Giugno) due speciali teleobiettivi della serie FL, gli FL-F 300mm f/5,6 e 500mm f/5,6, dove la “F” aggiuntiva è l’acronimo di Fluorite, un Fluoruro di Calcio cristallino regolarmente presente in natura e ricristallizzato artificialmente presso la Canon per ottenere cristalli cubici di notevoli dimensioni ed omogeneità fisica (difficilmente riscontrabile in  natura) idonei alla realizzazione di lenti per obiettivi: infatti lo schema di questi specialissimi esemplari prevede due lenti in Fluorite che riducono in maniera drastica lo spettro secondario grazie al ridottissimo numero di Abbe caratteristico del materiale (dispersione del fascio rifratto); erano nati i primi apocromatici ante litteram per fotografia convenzionale della storia.

 

     Fra l’altro sul barilotto di queste ottiche, accanto alle consuete diciture di prammatica, campeggiava la scritta aggiuntiva FLUORITE in colore verde fluorescente, l’abbozzo di una geniale strategia di comunicazione atta a diversificare la gamma connotandola a livello superiore che avrà completa attuazione nelle serie successive.

 

          Questi obiettivi furono prodotti in serie ridotta per le oggettive difficoltà di realizzazione e montaggio della Fluorite ricristallizzata (fragile, igroscopica, sensibile alle vibrazioni e dotata di facilissima e netta sfaldatura che l’accomuna ai solidi ionici con cui condivide la struttura molecolare) e passarono inosservati ai più, ma sono una pietra miliare nella storia recente di Canon: il tenore si schiariva la voce e riempiva i polmoni prima dell’acuto.

 

      L’uomo camminò sulla Luna, si registrò il baby-boom corollario del “make love not war”, il Vietnam continuò a dividere l’America, grandi trasformazioni sociali erano in atto....finalmente nel Marzo 1971 Canon scoprì le carte in tavola gettando nello sgomento la diretta concorrenza; il frutto di cinque anni di lavoro sotterraneo fu finalmente reso pubblico: si trattava dei nuovi corpi macchina Canon F-1, reflex professionale a sistema concepita per insidiare alla Nikon F il suo trono, e Canon FTb, apparecchio più amatoriale ma ben concepito, affidabile e funzionale, evoluzione ultima della lunga esperienza FL.

 

     Naturalmente la Canon F-1 impressionò tutti con la sua raffinata e lineare livrea nera, il mirino opzionale per l’esposizione automatica, l’otturatore in Titanio, gli speciali vetri che incorporavano il prisma per la lettura esposimetrica, la totale intercambiabilità di mirini, dorsi, dispositivi di messa a fuoco e motori, l’esclusivo booster esposimetrico e tanti altri dettagli; rinunciava alla spettacolarità al limite dell’esibizionismo del tozzo Photomic Nikon per una linea essenziale, severa, senza tempo: in definitiva, più moderna.

 

     Tuttavia l’elemento più impressionante del nuovo sistema, presentato a sorpresa ma palesemente frutto di lungo labor limae, era costituito dall’inedita serie di obiettivi FD, vetri di qualità ottica e meccanica molto elevata perfettamente integrati con i nuovi corpi macchina e connotati da caratteristiche tecnico-funzionali molto efficaci ed intelligenti, anch’esse frutto di studio lungamente ponderato, fra le quali l’innesto a baionetta di grande diametro con tiraggio ridotto ad appena 42mm, viatico a possibilità aggiuntive nel calcolo ottico, la lettura esposimetrica a tutta apertura, il sistema di baionette invertite privo di camme sporgenti verso il box dello specchio che interferiscano col percorso ottico, il collare di serraggio a rotazione che recupera automaticamente qualsiasi gioco meccanico, il sistema di sicurezza che fa ruotare leggermente il collare stesso quando si inserisce l’ottica nel bocchettone impedendo cadute accidentali, la bellissima e robusta baionetta di servizio anteriore in metallo cromato per il paraluce ed infine la presenza sulla ghiera del diaframma della posizione “A” di blocco a fondo corsa per applicazioni in automatismo d’esposizione a priorità di tempi.

 

     Nella dotazione originale lanciata nel Marzo 1971 assieme ai corpi macchina era già presente un obiettivo che testimoniava il grado di esasperazione tecnologica che aveva accompagnato i lunghi anni di evoluzione del sistema e lasciava preconizzare i futuri, estremi sviluppi della serie FD: sempre parafrasando, il tenore era ai fraseggi intermedi dell’opera; quell’obiettivo era il Canon FD 55mm f/1,2 AL.

 

     Luminosità elevatissima a parte, questo archetipo degli obiettivi FD “speciali” incarnava in potenza la filosofia di progetto che avrebbe dato vita ai modelli successivi; Canon credeva sinceramente nel mito dell’ottica teoricamente perfetta, rappresentata dalle famose tre specifiche: un punto riprodotto come tale, un soggetto acquisito in piano ed impressionato in piano sulla pellicola, una linea retta riprodotta sul film come linea retta, ed una velleità molto radicata nel suo personalissimo kung-fu idealizzava l’incarnazione pratica di obiettivi posti sull’asintoto di questo modello impeccabile; non a caso questo esemplare veniva pubblicizzato dalla Canon stessa come “the perfect lens”, iperbolico certo, ma come darle torto? L’obiettivo disponeva del più avanzato schema Gauss luminoso dell’epoca, caratterizzato da 7 elementi in 5 gruppi più un’ottava lente di campo posteriore (la quale restava fissa mentre le altre 7 flottavano con la messa a fuoco) che era deputata al controllo delle aberrazioni alle varie distanze di ripresa, il tutto servito da un diaframma ad 8 lamelle; come si intuisce dalla sigla AL era anche presente una lente a profilo asferico, molata di precisione sul vetro (specificamente la superficie anteriore del secondo elemento), caratteristica unica all’epoca (con una sola eccezione) nella produzione di serie che conferiva all’obiettivo doti inusitate nel controllo del flare di coma a piena apertura, dove gli aloni caratteristici negli obiettivi di grande apertura convenzionali erano sostanzialmente soppressi; il potere risolutivo era molto elevato fin dalla massima apertura e comunque su livelli di eccellenza fino alle chiusure penalizzate per diffrazione (e così pure il contrasto), il tutto confezionato in una rocciosa montatura metallica.

 

     Questo obiettivo scrisse un frammento di storia del cinema quando l’immortale Kubrick girò in esterni la scena del film “Barry Lyndon” nella quale il protagonista - mentre era in viaggio - veniva derubato: le riprese andarono per le lunghe e l’imbrunire ottenebrò la luce disponibile a tal punto che gli ultimi scampoli della scena furono girati dal sommo regista montando sulla macchina da presa proprio il Canon FD 55mm f/1,2 AL ed utilizzandolo a piena apertura.

 

     Naturalmente questa realizzazione speciale colpì ed interessò la concorrenza che però sottovalutò l’episodio, considerando quest’ obiettivo come una rondine che non fa primavera; invece....

 

 

CRONOLOGIA

 

     L’epopea degli obiettivi Canon FD-L è declinata da alcune date precise che inquadrano nitidamente questa entusiasmante viaggio ai confini della perfezione ottica, limiti umani permettendo:

 

Marzo 1971: presentazione del sistema FD e del primo obiettivo speciale, l’ FD 55mm f/1,2 AL;

 

Marzo 1973: applicazione dell’antiriflessi Super Spectra Coating (S.S.C.) al 55mm f/1,2 AL

 

Marzo 1975: le diciture compaiono per esteso (ad esempio: Aspherical anziché AL)

 

Dicembre 1978: appare il primo obiettivo che si fregia della nuova dicitura “L” , l’ FD 300mm f/4 L;

 

Maggio 1979: scompaiono le diciture “S.S.C.” ed “Aspherical” in favore del filetto di colore rosso fluo e della lettera “L” (per “Luxury”) smaltata nello stesso colore su tutti i modelli speciali;

 

Giugno 1979: le ottiche vengono stilizzate con la nuova finitura FD-N nera senza collare di serraggio;

 

Marzo 1987: nasce il sistema EOS (con la Canon EOS 650), destinato a soppiantare l’universo FD;

 

Novembre 1989: viene presentato l’ultimo obiettivo FD-L, il 200mm f/1,8 L.

 

 

TASSONOMIA

 

     La volontà di leadership nella progettazione ottica non lasciò il tempo di rilassarsi sugli allori; il sistema F1 con relativi vetri era stato ben accolto dal mercato ma l’obiettivo finale era quello di competere ad armi pari con mostri sacri come Zeiss e Leitz, che rappresentavano nell’immaginario collettivo la quintessenza della qualità, l’ottica allo stato dell’arte; passarono alcuni anni di calma apparente mentre nelle stanze delle secrete cose lo sviluppo procedeva febbrile; nel Marzo 1973 il 55mm f/1,2 AL originale ricevette (assieme a molti altri FD) il nuovo, efficace antiriflessi a strati multipli Super Spectra Coating e mutuò la sigla Canon FD 55mm f/1,2 S.S.C. AL; queste tre varianti, dotate di identico nocciolo ottico, sono facilmente riconoscibili per dettagli estetici connotanti: la prima versione Canon FD 55mm f/1,2 AL del 1971 presenta la baionetta di servizio anteriore per il paraluce in splendida finitura cromata, la dicitura “AL” è smaltata in colore ciano e nella parte anteriore dell’ottica è presente un filetto circolare giallo-dorato come in certi EF USM recenti; per questa prima versione (priva di antiriflessi multiplo) si sussurra anche dell’impiego di vetri al Torio con conseguente ingiallimento delle lenti (pare che su qualche esemplare questo decadimento generi una perdita di luminosità di 1/2 f/stop) e leggera radioattività; le voci che accreditano l’utilizzo di lenti in Fluorite, invece, rientrano nelle leggende metropolitane che aleggiano attorno a quest’ottica.

 

     La seconda versione del 1973 presenta l’identica dicitura “AL” di colore ciano e lo stesso filetto giallo-dorato con l’aggiunta dell’indicazione S.S.C. di colore rosso sulla ghiera frontale a significare l’adozione del famoso antiriflessi multiplo di casa Canon; inoltre la baionetta anteriore viene uniformata all’obiettivo ricevendo una finitura nera.

 

     Dato che su questa versione non si è mai presentato il classico viraggio giallo-bruno delle lenti né si sono rilevate apprezzabili letture col dosimetro si suppone che i vetri al Torio eventualmente utilizzati nella prima versione siano stati rimpiazzati con omologhe versioni prive di questo elemento.

 

     Infine, la terza versione del 1975 perde la dicitura “AL” in colore ciano ed il filetto giallo dorato sul barilotto; mantiene la scritta S.S.C. ora affiancata dall’indicazione “ASPHERICAL” in color giallo-senape.

 

     Il vero terremoto arrivò a metà del decennio: nel Marzo 1975 la casa lanciò sul mercato il Canon FD 24mm f/1,4 S.S.C. Aspherical, straordinario supergrandangolare luminosissimo, fornito a sua volta di una lente asferica (l’ottava delle dieci presenti nella sua dotazione) che correggeva d’un colpo distorsione, flare comatico, vignettatura ed una quota dell’aberrazione cromatica residua ed era munito di lenti flottanti che permettevano buona qualità fino alle distanze minime; anche in questo caso il diaframma presentava 8 lamelle.

 

     La resa di quest’obiettivo era molto elevata, con colori saturi e squillanti e la montatura meccanica era all’altezza della parte ottica; lo stesso mese di Marzo il 55mm f/1,2 AL fu uniformato esteticamente al 24mm f/1,4 ricevendo - come già accennato - la scritta gialla “Aspherical” per esteso; un fosco quadro cominciava piano piano ad andare a fuoco negli incubi della concorrenza.

 

     Senza lasciare respiro ai brand rivali la casa sfornò ad Ottobre dello stesso 1975 un’evoluzione superluminosa del primitivo 300mm f/5,6 Fluorite, ovvero l’FD 300mm f/2,8 S.S.C. Fluorite (che veniva fornito con moltiplicatore 2x in dotazione), connotando in pratica gli stilemi del moderno supertele luminoso per cronaca e sport, battuta sul tempo da Nikon che aveva presentato il Nikkor-H 300mm f/2,8 preset già nel Gennaio 1972 ma quest’ obiettivo fu prodotto in piccolissima tiratura praticamente destinata ai soli giornalisti accreditati e per realizzarlo la Nikon era ricorsa, d’altro canto, a vetri ottici a bassa dispersione  della Schott und Genossen (umiliante sortita in casa Zeiss) perché le lenti ED proprietarie non erano ancora state completamente sviluppate, mentre il Canon sfoderava due lenti in Fluorite di ampio diametro, servite fra l’altro da un diaframma a 9 lamelle per un bo-keh gradevole nel fuori fuoco.

 

     E’ interessante notare che anche il barilotto di quest’obiettivo era connotato da segni iconici caratteristici come la scritta cubitale Fluorite in colore verde sottolineata da un filetto della stessa tonalità che si snodava per tutta la circonferenza dell’ottica; cominciava a standardizzarsi l’azzeccata strategia di comunicazione che “strillava” in vetrina l’eclusività del modello, facilmente identificabile dal conoisseur ad una semplice occhiata (per il sollucchero degli iconoclasti il cui ego di proprietari ne veniva gratificato), prassi che ha fatto furore anche in altri settori, un esempio per tutti il filetto rosso sul paraurti della Volkswagen Golf modello GTI; per noi, abituati ai più moderni, cerebrali e dissacranti advertising può sembrare un escamotàge puerile e scontato ma a quei tempi si rivelò azzeccato, trasformando ben presto questi nuovi FD “griffati” in un must irrinunciabile per l’amatore, a sua volta già incuriosito da questi “mostri” dalle prestazioni, vox populi, superiori alla norma.

 

     Dopo pochi mesi, a Gennaio 1976, giunse il fulmine a ciel sereno, la quadratura del cerchio, il tassello che chiude il puzzle: Canon orgogliosamente presentò l’altrettanto incredibile FD 85mm f/1,2 S.S.C. Aspherical, medio tele da ritratto rifinito in modo conforme ai tre predecessori con l’identica scritta “Aspherical” di colore giallo, con i quali combinava un poker d’assi di prestazioni e luminosità assolute, mai viste prima e distribuito su una gamma di focali davvero intrigante; nella fattispecie, questo medio-tele si avvantaggiò delle insolite quote legate alla baionetta Canon FD, sfruttandone al 100% il grande diametro ed il ridotto tiraggio con uno schema ottico tipo Gauss ad 8 lenti disposte simmetricamente che si poneva realmente al limite del praticabile; la sua resa ottica era eccellente, sia a diaframmi centrali che a tutta apertura dove la seconda, enorme lente a profilo asferico riduceva il flare garantendo una risoluzione ed un contrasto assai soddisfacente fino alle minime distanze grazie al sistema di lenti flottanti, il tutto coniugato ad uno sfuocato molto gradevole anche in virtù del diaframma ad 8 lamelle.

 

     Il tenore, dopo vari vocalizzi in crescendo aveva lanciato l’acuto, il do di petto che fece tremare i cristalli alla Nippon Kogaku ed anche alla Zeiss, dove allarmati da tanta esibizione prestazionale si interessarono tutti fino alle alte sfere, un quadro che posso raccontare dall’interno grazie ad una preziosa amicizia che ha raccolto le testimonianze di coloro che all’epoca trovavano occupazione ad Oberkochen, presso il settore foto-objektive.

 

     Il responsabile della progettazione era Walter Woeltche, subentrato in carica da poco tempo in sostituzione di quell’ Erhard Glatzel che aveva realizzato i calcoli di quasi tutti gli obiettivi dei sistemi Contarex, Hasselblad e Contax RTS, un autentico monumento nella storia della Zeiss, mancato da un paio d’anni; Woeltche, persona dall’indole umile e gentile per quanto matematico assolutamente geniale, acquisì la terna da sogno 24mm f/1,4 - 55mm f/1,2 - 85mm f/1,2 e studiò a lungo il loro schema, testandoli sui banchi MTF Zeiss (che tuttora dispongono della flangia per Canon FD) ed arrivò a stilare una memoria interna nella quale si palesava che questi Canon speciali erano ottimi obiettivi, ma che l’utilizzo della lente asferica in quella posizione nello schema del 55mm e dell’85mm non era così essenziale per la qualità finale: si trattava in sostanza di una esibizione muscolare mentre in Zeiss si sarebbe riusciti ad ottenere la stessa resa o anche superiore con profili di curvatura convenzionali, e tutti ne uscirono rassicurati.

 

     In quel periodo Walter Woeltche stava varando il progetto di alcuni obiettivi ad altissima luminosità e prestazioni per la nuova serie di focali fisse Arri Superspeed Lenses destinata al cinema professionale 35mm, che al termine dello sviluppo comprendeva i vari Distagon 18mm f/1,2, Distagon 25mm f/1,2, Distagon 35mm f/1,2, Planar 50mm f/1,2, Planar 65mm f/1,2 ed appunto Planar 85mm f/1,2.

 

     Impostando il calcolo dell’85mm f/1,2 Woeltche focalizzò bene in mente il modello Canon FD-L ed infatti questo Planar fu l’unico della serie Superspeed Lenses previsto in sede di progetto per il formato superiore 24x36mm, in vista di un futuro utilizzo su Contax nell’intento di contrastare l’exploit Canon (compito agevolato dall’angolo di campo ridotto che permetteva di mantenere le altissime specifiche dello standard cinematografico anche su una semidiagonale portata a 21mm); la sua dedizione alla perfezione priva di compromessi gli fece scartare a priori la soluzione asferica perché riteneva che la tecnologia del periodo non permettesse di realizzare lenti a profilo parabolico con l’accuratezza e la costanza richieste dal suo progetto (non va dimenticato che Canon disponeva di un metodo proprietario per la molatura di lenti asferiche a controllo numerico che a quei tempi era il più avanzato del mondo); pur adottando uno schema come concetto sostanzialmente identico al Canon (scelta del resto quasi imposta dalle caratteristiche geometriche) per la correzione delle aberrazioni si affidò a speciali vetri Schott ad altissimo indice di rifrazione (oltre 1,8) per due lenti interne dello schema, accettando una piccola quota di aberrazione cromatica (i vetri ad altissima rifrazione per loro natura possiedono anche alta dispersione) ed i mugugni degli addetti alla lavorazione delle lenti (questo tipo di vetro è durissimo) in cambio di una resa uguale e superiore al Canon FD-L, cui va comunque riconosciuto il merito di avere “stimolato” il management e le grandi menti matematiche della Zeiss a produrre questo splendido obiettivo prevedendone la copertura fino al kleinbildformat, per la gioia dei pochi fortunati utenti Contax che, dopo l’esordio nel 1980 in montatura Arriflex, poterono finalmente impiegarlo a partire dal 1982, col modello Contax “50 jahre”.

 

IL FRONTE DILAGA

 

     Chiarite le ambizioni, per il decennio successivo fu tutto un fiorire di nuovi modelli FD-L, spesso in frontiera per focali e luminosità messe a disposizione così come per l’impiego sistematico di tutte le risorse disponibili, dalle superfici asferiche alle lenti in Fluorite, dai nuovi vetri a bassa dispersione UD ai sistemi flottanti, dalla messa a fuoco interna ad antiriflessi innovativi, da zoom con gruppi mobili multipli fino a nuovi sistemi elettrodeposti per l’abbattimento dei riflessi interni: nessuna via fu trascurata per assicurare il massimo di qualità e potenzialità operativa; alla fine sarebbero stati ben 17 gli obiettivi a fregiarsi dell’ormai mitico acronimo, alcuni dei quali proposti in diverse evoluzioni fino ad arrivare a 25 esemplari diversi; dopo la quaterna iniziale di ottiche fisse ad altissima  luminosità nel Febbraio 1978 fece la comparsa il primo zoom della gamma, il Canon FD 24-35mm f/3,5 S.S.C. Aspherical che accorpava molte primizie assolute come la focale di esordio più corta mai presentata, la luminosità f/3,5 fissa, la minima distanza di messa a fuoco posta ad appena 0,4m e la lente frontale a profilo asferico che garantiva una qualità d’immagine molto elevata e distorsione contenuta.

 

     A Dicembre dello stesso anno fu lanciata una versione di 300mm meno luminosa e dal costo più popolare, l’FD 300mm f/4 L che riveste particolare interesse in quanto fu la prima a fregiarsi direttamente del filetto rosso con la lettera “L” del nuovo corso pur appartenendo ancora alla vecchia serie FD con collare di serraggio; in realtà la documentazione ufficiale della casa riferisce che l’abbandono delle scritte “S.S.C.”, “Fluorite” ed “Aspherical” in favore del nuovo stilema sarebbe avvenuto solamente a Maggio del 1979, tuttavia esistono inequivocabili fotografie dell’originale 300mm f/4 L munito di collare di serraggio e già dotato della celebre red line.

 

     Quest’obiettivo presenta un diaframma a 9 lamelle, due lenti UD di grande diametro nella parte anteriore - protette da un vetro neutro - per uno spettro secondario molto ridotto (obiettivo apocromatico), filtri posteriori ad inserimento da 34mm ed un comodo attacco rotante per il treppiedi; test dell’epoca rivelarono la sua superiorità rispetto alla versione FD 300mm f/4 convenzionale soprattutto a diaframmi piuttosto chiusi mentre a piena apertura il divario era minore.

 

    Nel 1979 il sistema FD registrò un terremoto con l’avvento della serie FD-new, svelata nel mese di Giugno, che prevedeva la ristilizzazione  dei barilotti, ora rifiniti tutti in nero con inscrizioni in bianco e verde fluorescente e l’abbandono del mitico collare di serraggio, peculiarità della Canon fin dai tempi degli obiettivi FL, in favore di un sistema di montaggio più convenzionale (e rapido) con pulsante di sblocco; l’ultimo obiettivo della serie speciale ad essere lanciato in configurazione originale con “breck-lock” di serraggio fu l’FD 500mm f/4,5 L, lungo tele presentato a Maggio ed ufficialmente indicato da Canon come il primo a fregiarsi delle nuove insegne “L”; al suo interno una lente in Fluorite ed una UD a bassa dispersione di grande diametro garantiscono la soppressione dello spettro secondario per vivide riproduzioni anche a tutta apertura.

 

     Il diaframma è a 9 lamelle, i filtri posteriori ad inserimento hanno un diametro di 48mm e la messa a fuoco scende fino a 4m; questo vetro è molto importante nella storia di Canon in quanto è il primo obiettivo rifinito in bianco avorio, caratteristica che col tempo diverrà un marchio distintivo dei suoi lunghi fuochi e si giustifica tecnicamente con la ricerca di una temperatura più ridotta durante l’esposizione al sole (il bianco riflette quasi tutto lo spettro) dato che la Fluorite presenta vistose dilatazioni termiche che compromettono la messa a fuoco già impostata o ci mettono a rischio di potenziali scollature qualora la lente sia abbinata in doppietto con vetro convenzionale, dotato di valori di dilatazione non compatibili.

 

     Quest’obiettivo divenne subito un istant-classic molto apprezzato nella foto sportiva e naturalistica per la sua elevata qualità, per la caratteristica ariosità e pulizia cromatica propria della Fluorite e per un peso contenuto in 2,95kg ed approderà con identico schema ottico alla versione EF-L autofocus.

 

     A Dicembre dello stesso anno, il 1979, vengono messe in produzione le prime versioni FD-N di obiettivi speciali realizzati in precedenza: si tratta dell’FD 24-35mm f/3,5 L e dell’FD 24mm f/1,4 L, ora contraddistinti semplicemente dal filetto e dalla “L” di colore rosso; a Marzo del 1980 sarà la volta dell’FD 85mm f/1,2 L (probabilmente nell’interregno fra l’uscita di produzione delle versioni “breck-lock” e la presentazione di quelle FD-N la loro costruzione era stata sospesa).

 

     Ad Ottobre vede la luce l’ultima, estrema incarnazione del normale Canon superluminoso, un lungo cammino iniziato dall’exploit 50mm f/0,95 per telemetro passando attraverso il Canon R 58mm f/1,2 del 1962, le versioni 55mm f/1,2 e 58mm f/1,2 della gamma FL fino all’FD 55mm f/1,2 convenzionale ed all’originale FD 55mm f/1,2 AL nelle tre varianti testè descritte: il nuovo campione del quale stiamo parlando è il Canon FD 50mm f/1,2 L, splendido normale dalla resa pressoché perfetta nell’armonioso bilanciamento delle aberrazioni che lo caratterizza.

 

     Più snello ed allungato della versione 55mm che andava di fatto a sostituire (e che era fuori produzione da oltre un anno) ne replicava lo schema ad 8 lenti con due menischi collati ai lati del diaframma, la lente fissa di campo posteriore, il sistema flottante e la superficie asferica del secondo elemento; la focale 50mm era meglio recepita dal pubblico come standard e forse per questo fu sviluppata questa versione che, secondo Canon, surclassava in prestazioni tutti gli altri normali della casa, presenti e passati; compatto e dotato di elicoide dall’azionamento molto fluido e privo di qualsiasi lasco meccanico (caratteristica comune a praticamente tutti gli FD, e questo fa onore al costruttore), è servito da un diaframma ad 8 lamelle, ha passo filtri da 52x0,75mm (contro i 58x0,75mm del precedente modello) e si spinge con una riproduzione di alta qualità fino a 0,5m (a fronte degli 0,6m del 55mm); è splendido su una Canon F-1 new ed impressiona fotogrammi di estrema pulizia e nitore con fuori fuoco comunque abbastanza graduale; qualcuno lo considera il normale assoluto, non più perfezionabile.

 

BIG IS BEAUTIFUL

 

     A gennaio del 1981 arriva sul mercato il più lungo degli FD-L, l’800mm f/5,6, nato per le rinnovate esigenze della foto sportiva (dove anche i fotografi accreditati vedevano le postazioni loro deputate poste sempre più lontano dall’azione) e naturalistica; la luminosità di f/5,6 va considerata eccellente, vista la focale.

 

      Questo cannone, così come del resto tutti i lunghi fuochi FD-L a partire da 300mm, incorpora una camma a passo variabile sulla ghiera di messa a fuoco che rende più ridotta l’escursione verso le grandi distanze e micrometrica nel campo ravvicinato.

 

     L’obiettivo presenta uno schema abbastanza semplice con un’unica lente speciale UD da circa 140mm di diametro posta frontalmente dietro ad un vetro neutro protettivo, e questa essenzialità contiene il peso ad appena 4,23kg, un fardello decisamente moderato a fronte dei valori in gioco e di certo apprezzato dal naturalista; come sul 500mm f/4,5 prima descritto anche qui è presente un robusto attacco per treppiede posto sul baricentro del complesso e la messa a fuoco interna è servita da una grossa manopola nera esterna all’obiettivo, soluzione intelligente che sveltisce la prassi; il diaframma prevede nove elementi ed i filtri ad inserimento posteriore sono da 48mm; infine, anche questo lungo fuoco apocromatico è smaltato in bianco-avorio.

 

     Nell’Aprile 1981 arrivò l’evoluzione del 300mm f/2,8 Fluorite nei panni del nuovo FD 300mm f/2,8 L, vetro che sarebbe divenuto quasi leggendario tinteggiando di bianco il parterre dei principali eventi sportivi; lo schema ottico era stato evoluto con una configurazione a 9 elementi dove le due lenti frontali di grosso diametro erano rispettivamente il Fluorite ed in vetro UD a bassa dispersione; la resa di questo brillantissimo tele tracciò nuovi parametri di eccellenza, garantendo a diaframma chiuso un MTF del 90% a 30 cicli/mm sull’asse di ripresa, valore per allora inusitato: infatti questo schema ottico passò senza modifiche nella successiva versione autofocus EF-L.

 

     L’estetica ormai matura, con finitura in bianco ed ampie fasce gommate a diamante per la messa a fuoco ed il brandeggio, era assai gradevole e preconizzava l’aspetto dei tele moderni; anche in questo caso il filetto rosso troneggiava sul barilotto, era presente un massiccio attacco bilanciato per treppiedi, un diaframma ennagonale  ed un cassetto portafiltri da 48mm; la messa a fuoco minima di 3m era piuttosto favorevole così come il peso, contenuto in 2,31kg.

 

     Da segnalare, infine, l’esordio di un dispositivo per indicizzare una distanza di messa a fuoco che operava tramite piccoli pomelli zigrinati e permetteva alla bisogna di recuperare velocemente e senza occhio al mirino la posizione di fuoco memorizzata, intuitivamente molto utile nella foto sportiva; un’ottica squisitamente professionale, insomma, cui arrise grande successo sottraendo grosse quote di affezionati utenti al rivale storico nel settore, ovvero Nikon.

 

     Pochi mesi dopo, nel Settembre 1981, Canon fornì alla sempre più vasta schiera di clienti professionisti nel settore sportivo e naturalistico un’altra katana affilata sotto le spoglie del nuovo Canon FD 400m f/2,8 L, supertele luminosissimo che strappò lo scettro al Nikkor 400mm f/3,5 IF-ED e che replicava le caratteristiche del 300mm f/2,8 L appena descritto, a partire dallo schema ottico, pressoché identico fatta eccezione per la sostituzione della lente anteriore in Fluorite con un secondo elemento UD (evidentemente germinare artificialmente cristalli di Fluorite di dimensioni tali da poterne ricavare una lente da 15cm era un’impresa ardua); simile era anche l’estetica, il dispositivo di indicizzazione delle distanze, il diaframma a 9 lamelle ed il cassettino posteriore per filtri da 48mm mentre la messa a fuoco minima si spingeva a 4m.

 

     Curiosa è invece la presenza di ben due vetri neutri pianoparallalleli anteriori, il secondo dei quali evidentemente non riveste unicamente una funzione protettiva; il peso di 5,35kg è decisamente rilevante e certamente le tre grosse lenti frontali di diametro esagerato hanno voce in capitolo, tuttavia il trasporto è agevole perché i progettisti hanno trasformato lo zoccolo di attacco al treppiedi, molto allungato per via del baricentro avanzato, in una comoda impugnatura a mano rivestita in gomma antiscivolo simile a quella presente sulla parte anteriore dell’ottica che permette di impugnare l’obiettivo sottosopra come fosse un bagaglio a mano.

 

     A Dicembre dello stesso anno il Canon FD 500mm f/4,5 L subì un restyling e rientrò in produzione con le nuove specifiche FD-new , privo quindi di collare di serraggio e con il barilotto ammodernato grazie all’applicazione di un massiccio zoccolo per cavalletto in posizione più arretrata rispetto al modello originale, subito dietro alla larga fascia gommata di messa a fuoco (prima era posto anteriormente) ed alla comparsa dell’ormai consueto sistema di indicizzazione della messa a fuoco; anche la piastra posteriore applicata al barilotto con i dati caratteristici dell’obiettivo vide ridotte le sue dimensioni e passò da orientamento longitudinale a trasversale, mentre la ghiera del diaframma fu arretrata ed allargata per un azionamento più pratico con l’occhio al mirino; tutte queste modifiche comportarono fra l’altro il beneficio di una riduzione della massa da 2,91kg a 2,65kg, un valore decisamente contenuto per la lunga focale e la rispettabile luminosità. 

 

     Nel Luglio 1982 venne presentato l’obiettivo di focale più corta della gamma, l’FD 14mm f/2,8 L, ovvero un supergrandangolare ortoscopico (non fisheye) da ben 114° di campo sulla diagonale e caratterizzato dalla luminosità massima elevatissima di f/2,8 quando l’unico rivale sul mercato, il Nikkor da 13mm, si spingeva appena ad f/5,6, aveva ingombri molto superiori e costava come un’auto di lusso.

 

     Si tratta di un obiettivo storico in quanto la seconda lente del suo complesso schema a 14 elementi in 10 gruppi era a profilo parabolico e lavorata col più alto grado di asfericità mai ottenuto prima di allora ottemperando alle necessarie, infinitesimali tolleranze richieste dall’impiego fotografico (e parliamo di decimi di micron): una lente asferica di grande diametro e dalla lavorazione molto costosa che in abbinamento ad altri elementi realizzati con vetri ad alta rifrazione e dispersione anomala consentì di realizzare un capolavoro di compattezza e prestazioni, dove l’elevata risoluzione, la ridotta distorsione e vignettatura ed il controllo dell’aberrazione cromatica laterale e sferica erano di alto livello; anche questo schema, frutto di un evidente tour de force tecnologico, è sopravvissuto nell’attuale configurazione EF senza modifiche di rilievo; il diaframma presenta soltanto 6 lamelle, per facilitarne la costruzione a causa delle sue dimensioni minuscole.

 

    L’obiettivo è molto snello e pesa 490g; la parte anteriore presenta la classica protrusione a strombo con paraluce a tulipano incorporato tipica dei grandangolari estremi; grazie al sistema di lenti flottanti la qualità ottica non degrada visibilmente anche alla distanza minima ammessa di 0,25m, nonostante il complesso schema retrofocus per sua natura molto sensibile alle variazioni di tiraggio; naturalmente era impossibile utilizzare filtri tradizionali, ma a tale uopo era presente una clip posteriore per ritagli sagomati in gelatina.

 

     Con l’avvento dei moderni corpi digitali dal sensore di misura ridotta ed affamati di corte focali questo splendido obiettivo, in abito EF, ha vissuto una seconda giovinezza sulla ribalta mondiale, garantendo quasi 90° sulla diagonale del sensore Canon standard a fattore 1,6x con resa molto brillante, e tanti saluti ai discorsi teorici sulla necessaria telecentricità degli schemi adatti al digitale...

 

    In simultanea fu reso disponibile il Canon FD 50-300mm f/4,5 L, zoom massiccio da 1,8kg di peso e caratterizzato dall’azionamento a doppia ghiera rotante (gommata a diamante quella per la messa a fuoco e gommata a listelli longitudinali quella adibita alla variazione di focale); l’obiettivo era munito di un solido attacco rotante da treppiedi e lo schema ottico a 16 lenti in 13 gruppi - con diaframma ad 8 lamelle - prevedeva due elementi in vetro UD e focheggiava fino a 2,5m; i filtri da 34mm erano contenuti in un cassetto posteriore ad inserimento.

 

     Appena un mese dopo, nell’Agosto 1982, entrò in batteria uno dei più spettacolari obiettivi della gamma, e stiamo parlando del Canon FD 150-600mm f/5,6 L, uno zoom dalla notevole escursione focale che surclassava in luminosità i quasi omologhi Nikon e Pentax ed era caratterizzato da un struttura meccanica originalissima e molto intelligente: in pratica lo zoom - completamente rifinito in bianco avorio – costituiva blocco monolitico con una massiccia impugnatura superiore di foggia poligonale, un po’ come nel fucile AR-70 di triste memoria, che permetteva di trasportarlo e brandeggiarlo con facilità, a fronte dei 4,35kg di peso per quasi mezzo metro di lunghezza; sulla parte inferiore era presente un grande zoccolo a forma di parallelepipedo solidale con la struttura cilindrica che fungeva da sicura base di appoggio ed in luogo delle consuete ghiere di messa a fuoco e variazione della focale, sulla parte sinistra dello zoccolo stesso spuntava una grossa manopola nera inserita su una guida rettilinea che comandava sia la messa a fuoco (fino a 3m), tramite la rotazione sull’asse, sia la zoomata, facendo scorrere la manopola nella sua guida che solcava longitudinalmente tutto lo zoccolo, a sua volta recante in sovrimpressione i valori di lunghezza focale; tutto questo rendeva molto agile e pratico l’utilizzo di un arnese altrimenti ostico, e palesa la grande apertura mentale ed assenza di dogmi dei suoi geniali progettisti, anche se l’aspetto finale incute un certo timore, vedendoci incerti se catalogarlo come obiettivo fotografico o bazooka...

 

    L’estetica è molto moderna ed aggressiva, con finitura in bianco sulla quale contrasta piacevolmente il filetto rosso, la fascia gommata protettiva anteriore, quella per l’estensione del paraluce e l’ampia ghiera del diaframma, rifinite in nero.

 

     Il suo schema ottico prevede ben 19 lenti in 15 gruppi, di cui 7 anteriori di grande diametro; tre vetri erano del tipo UD a bassa dispersione con diaframma a 9 lamelle e tutto questo, unitamente alla sofisticatissima meccanica, portò ad un prezzo di vendita di 880.000 Yen, assolutamente astronomico!

 

     Il suo rivoluzionario dispositivo di messa a fuoco interna comporta una traslazione di appena 33,8mm relativa ad un piccolo gruppo di lenti interne semplificando molto le operazioni.

 

    Un paio d’anni più tardi, nell’Aprile 1984, entrò in produzione un’altra pietra miliare dell’ormai affollata ed invidiatissima gamma: il Canon FD 20-35mm f/3,5 L, primo zoom supergrandangolare ad approdare alla focale di 20mm, una sorta di barriera del suono per una focale variabile di alta qualità  adatta a coprire il formato 24x36 (infatti sui più piccoli formati cinematografici l’Angenieux arrivava già a 100°); questo obiettivo sarà un autentico trendsetter, anticipando una tendenza e creando una nicchia, quella degli zoom supergrandangolari di alta luminosità che tanto successo hanno incontrato negli ultimi anni, sia fra gli amanti del reportage sia a maggior ragione fra gli utenti del digitale.

 

     Quest’obiettivo replicava l’estetica del precedente 24-35mm f/3,5 L - dal quale chiaramente derivava - col consueto corollario delle due ghiere distinte per messa a fuoco e variazione di focale: infatti in questi tipi di schemi accade sovente che due gruppi di lenti si muovano in direzione reciprocamente contraria e realizzare un sistema di zoomata del tipo “one touch” presenta difficoltà notevoli se si vuole mantenere un comando fluido ed omogeneo; lo schema ottico prevede 11 lenti disposte singolarmente ed anche in questo caso la superficie anteriore della lente frontale è a profilo asferico, dotazione che contribuisce alla correzione della distorsione (comunque percettibile, ma bisogna contestualizzare) e di altre aberrazioni; la resa ottica è molto elevata con colori saturi, elevato macrocontrasto, assenza di flare e coma molto ridotto; naturalmente vista la natura e l’angolo di campo dell’obiettivo si registra un certo indebolimento verso i bordi ma l’oltre 90% di MTF registrato sull’asse ad f/8 per 30 cicli/mm di frequenza spaziale è molto eloquente.

 

      L’ottica è compatta, pesa appena 470g e focheggia fino a 0,5m adottando un passo filtri da 72x0,75mm; anche in questo caso, come già nel 14mm f/2,8 L, il diaframma presenta 6 lamelle per facilitare la costruzione e garantire un funzionamento simmetrico a fronte di dimensioni ridottissime.

 

 

GLI ULTIMI FUOCHI

 

     Gli anni passavano e la tecnologia si evolveva, nuove opzioni spuntavano all’orizzonte ma il sistema FD-L restava sulla breccia, l’estetica rinnovata era comunque moderna e gradevole e la qualità ottica ancora ai massimi livelli correnti; nel Novembre del 1985 arrivarono due zoom di luminosità per così dire convenzionale e di aspetto comune, ma trattandosi di FD-L il conformismo si ferma qui.

 

     Il primo di essi è il Canon FD 80-200mm f/4 L, alternativa al top di gamma ai vari FD 80-200mm f/4 “doppia ghiera” od FD 70-210mm f/4, obiettivi di velleità più amatoriali; il nuovo 80-200mm f/4 L porta in dote un aspetto apparentemente dimesso e si connota per un deciso undertatement estetico: la struttura di piccolo diametro con zoom a pompa e ghiera con vistosi tappi gommati in rilievo lo fa scambiare facilmente per un Sigma dell’epoca ed i riferimenti ad iperbole per la profondità di campo, di concezione Nikon, sono bianchi e non rafforzano l’estetica con il classico contributo cromatico cui siamo abituati su questo shape ben familiare; soltanto il filetto rosso lascia presagire qualcosa...

 

     In realtà le vere potenzialità si celano dentro: il suo complesso schema a 14 lenti in 12 gruppi prevede un elemento a bassa dispersione UD, il settimo, ed uno in Fluorite, il secondo, collato alla lente frontale in vetro; in un contesto nel quale i concorrenti erano il Nikkor AiS 80-200mm f/4, il Pentax-M 80-200mm f/4,5 o se vogliamo lo Zuiko 85-250mm f/5, tutti obiettivi buoni certamente ma ormai concettualmente abbastanza datati, questo piccolo zoom brillava di luce propria per la sua riproduzione calligrafica e smagliante fin dalla massima apertura, specie alla focale massima dove esibiva valori di resa simili a quelli dei migliori EF-L attuali e presentava il classico nitore cromatico delle lenti in Fluorite: insomma, un Golia sotto le mentite spoglie di Davide, proposto al prezzo tutto sommato abbordabile per l’amatore di 88.000 Yen.

 

     Come caratteristiche di contorno l’attacco filtri previsto era il classico standard Canon da 58x0,75mm, il diaframma presentava 8 lamelle, il peso si attestava a 675g e la messa a fuoco minima ad 1,2m, valore oltre il quale si passava ad una posizione macro attiva fino a 0,9m; piccolo e letale, intrigante accoppiata: ne ho acquistato un esemplare proprio oggi.

 

     Il secondo zoom presentato in simultanea era il Canon FD 100-300mm f/5,6 L che riecheggia le concezioni dell’80-200mm f/4 L appena descritto a cominciare dall’estetica molto simile ed ugualmente poco appariscente, “amatoriale”; anche in questo caso lo schema a 15 lenti in 10 gruppi prevede il settimo elemento in vetro UD ed il secondo in Fluorite e parimenti anche i risultati sono smaglianti, giusto un pelo più astigmatici rispetto all’80-200mm e simmericamente ottimizzati alla focale maggiore dove già a tutta apertura i valori sono ottimi; del resto uno zoom con escursione da tele a tele che apre solo fino ad f/5,6 richiede sovente l’utilizzo a piena apertura, ma in questo caso non si presentano le consuete controindicazioni.

 

     Anche per questo modello si registra un attacco filtri da 58x0,75mm ed un diaframma ad 8 lamelle, la messa a fuoco minima corrisponde a 2m in posizione normale e ad appena 1m in quella macro ed il peso viene contenuto in 710g.

 

     Siamo giunti oltre la metà degli anni ’80 ed i sistemi autofocus, - agli esordi ridicoli ordigni sperimentali, più oggetto di contenziosi legali sull’usufrutto dei brevetti che realtà funzionali e convincenti - sono stati evoluti con caparbietà e posti sulla rampa di lancio di un esordio in grande stile nella produzione consumer su vasta scala; nel Marzo 1987 si verifica il Big One, l’evento traumatico tanto paventato e temuto dai canonisti: viene lanciata la EOS 650 ed il sistema autofocus con attacco a baionetta modificato, destinato a pensionare il corredo FD.

 

     Vista la nuova (splendida) baionetta e sentita la direzione del vento i professionisti affezionati alla marca levarono un doveroso coro di mugugni e recriminazioni con tanto di asilo politico in territorio Nikon ma tant’è, the show must go on ed il doloroso iato di allora fu un sacrificio necessario che oggi, in termini commerciali e tecnici, rende con gli interessi; naturalmente la marca era conscia dell’impatto che un’estinzione di massa avrebbe causato sull’ormai consistente utenza e si prodigò affinché la transizione fosse lunga, graduale e la più indolore possibile; infatti due anni più tardi, nel Novembre 1989, vide ancora la luce l’ultimo e forse il più incredibile dei Canon FD-L, l’ennesimo, straordinario acuto del grande tenore prossimo al ritiro: l’FD 200mm f/1,8 L.

 

     L’FD 200mm f/1,8 L è l’esame di laurea al termine di 25 anni di professione indefessa durante i quali la Canon ha riconquistato vasti settori dell’utenza commerciale e professionale, evolvendo di pari passo il suo know-how nel campo dell’ottica fino a raggiungere una posizione di preminenza, caparbiamente ricercata e finalmente conseguita; c’è chi sostiene - a ragione ritengo - che quest’obiettivo, figlio tardivo dell’ormai sterile montatura FD, dal punto di vista commerciale non fosse assolutamente necessario ma che abbia invece rappresentato il pugno sul tavolo di Canon, un messaggio fin troppo esplicito come il ruggito all’imbrunire.

 

     In questo frutto estremo del mito che stava trasfigurando in spoglie EF tutti i parametri si spingono all’eccellenza fino al limite dello stucchevole: ogni valore è un record, dalla luminosità massima alla qualità ottica, una spanna sopra la concorrenza di pari focale, dalla complessione meccanica all’entità e qualità dello sfuocato; naturalmente l’obiettivo è stato prodotto in quantità molto ridotte: essendosi poi reso disponibile anche in moderna montatura EF con identiche specifiche ottiche e geometriche i professionisti hanno optato per questa seconda, più logica opzione, ed il prezzo di vendita della versione FD, ben superiore alla moderna configurazione autofocus motorizzata ad ultrasuoni (e persino più elevato del già costoso FD 300mm f/2,8 L) non aiutò: il mio esemplare reca infatti la matricola 187 e non credo ne siano stati prodotte quantità molto rilevanti.

 

     L’obiettivo era fornito in kit con un lussuoso valigiotto a sviluppo verticale rivestito in vinile nero con spigoli rinforzati e dotato di ingombrante ma efficacissimo paraluce reversibile per il trasporto, realizzato in metallo smaltato in bianco avorio come l’obiettivo e dotato di terminale gommato antiurto; il tappo anteriore era costituito da una cuffia in cuoio nero dotata di rinforzo ligneo per calzarla meglio sulla smisurata lente frontale; l’aspetto e la complessione ricordano molto il modello FD 300mm f/2,8 L (col quale può essere confuso osservandolo distrattamente), a cominciare dalla finitura smaltata in bianco avorio.

 

     Lo schema ottico è un inno alla gioia, una struttura a 10 lenti in 8 gruppi che rappresenta l’estremizzazione assoluta del concetto Gauss ed incorpora tre enormi menischi in vetro UD; non è stata utilizzata la Fluorite anche se i vetri a bassa dispersione nello schema sono disposti singolarmente e sono immuni dai problemi di dilatazione termica tipici degli accoppiamenti con vetro, probabilmente perché ormai la tecnologia UD era matura per sostituire la Fluorite (anche se per bissare l’effetto di rifrazione/dispersione ottenuto con una singola lente in Fluoruro di Calcio occorrevano 2 lenti UD), o forse perché in questo modo l’obiettivo è meno soggetto a spostamenti di fuoco per dilatazione termica, davvero critici ad f/1,8 o magari per contenere il costo già astronomico evitando elementi in Fluorite di ampio diametro.

 

     La lente anteriore in vetro UD è efficacemente schermata da un ampio vetro neutro trattato antiriflessi mentre il cassetto portafiltri posteriore da 48mm richiede particolari elementi dalla montatura molto sottile a causa dell’arretramento insolito dell’ultima lente che lascia uno spazio assai risicato fra se ed il comando del diaframma, configurato ad 8 lamelle; la montatura per il cavalletto è di solidità rocciosa, ruota in maniera molto fluida previo sblocco dell’apposita ghiera di fermo ma non è smontabile; questa ghiera è posta anteriormente nel punto in cui il barilotto si allarga con decisione (per bilanciare il baricentro) ed è rivestita da una fascia gommata nera per agevolare il maneggio.

 

     La larga ghiera di messa a fuoco, calibrata fino a 2,5m, presenta una fascia gommata a tappi regolari, il consueto dispositivo di indicizzazione delle distanze ed un azionamento molto fluido (messa a fuoco interna);  nella parte anteriore la montatura presenta uno strombo ricavato nel metallo per applicare l’ampio paraluce ed una fascia in gomma attorno alla lente anteriore per appoggiare verticalmente l’obiettivo senza danni; l’ottica è molto pesante, quasi 3kg che divengono 5,10kg abbinandola ad una Canon F-1 new con mirino FN-AE, Motor drive FN dotato di NiCd pack e paraluce: valori da brivido.

 

     La sua resa ottica è nota e può essere facilmente verificata con un moderno EF 200mm f/1,8 L USM che ne eredita in toto il nocciolo ottico: splendida nitidezza a piena apertura ma soprattutto uno sfuocato bellissimo e di entità inusitata, non paragonabile ad altro proprio per l’esclusività dell’apertura abbinata alla lunga focale; dopo i primi approcci questo è il giudizio che mi sgorgò spontaneo: “è un bisturi che scarnifica il soggetto e lo serve su un vassoio di nulla”, descrizione colorita che rende però la sensazione: l’abbinamento fra stacco plastico, compressione dei piani e morbidezza dello sfuocato conduce a risultati personalissimi e molto tridimensionali anche se la messa a fuoco a distanze ravvicinate è estremamente critica.

 

     Grazie a questo campione Canon concluse col botto l’esperienza FD-L e si gettò a capofitto verso nuove sfide.

 

TUTTO A TARALLUCCI E VINO

 

     Mi piace questa storia, perché è a lieto fine; non si sta rivangando l’epopea di qualche marchio glorioso sparito nelle pieghe delle logiche di mercato fra pianti inconsolabili di allora e sospiri postumi dei romantici come potrebbe essere per il sistema Contarex o per altri casi che non vado a citare: l’eredità FD-L è sopravvissuta, trasumanando a nuova vita in spoglie EF-L, continuando senza soste o soluzione di continuità l’evoluzione tecnica estrema verso le frontiere del possibile, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

 

     L’esperienza FD-L è il motor immobilis che ha lanciato il volano che oggi abbatte quotidianamente barriere tecnologiche fornendo prodotti da fantascienza; l’eredità che ci resta è costituita da 17 efficaci obiettivi, costruiti con tutti i criteri della meccanica di qualità e con un rendimento ottico allo stato dell’arte, certamente fra le migliori realizzazioni del loro tempo ed in qualche caso di valore assoluto anche con parametri attuali: strumenti da sogno che hanno rappresentato uno status symbol ed hanno qualificato il loro sistema di appartenenza con l’allure dell’eccellenza.

 

     Oggi il loro fascino e la loro qualità micidiale restano immutati, col plusvalore dell’approccio cosciente e tranquillo alle convenzionali procedure operative che declinano la vera fotografia e che nei sistemi moderni stiamo perdendo: intriganti da collezionare,  splendidi da utilizzare, con quel filetto rosso che ha scritto un pezzo di storia.

   

 

 

                                                                                                                       MARCO CAVINA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ESTRATTO CRONOLOGICO

 

MARZO 1971

CANON FD 55mm f/1,2 AL

MARZO 1973

CANON FD 55mm f/1,2 S.S.C. AL

MARZO 1975

CANON FD 55mm f/1,2 S.S.C. ASPHERICAL

MARZO 1975

CANON FD 24mm f/1,4 S.S.C. ASPHERICAL

OTTOBRE 1975

CANON FD 300mm f/2,8 S.S.C FLUORITE

GENNAIO 1976

CANON FD 85mm f/1,2 S.S.C. ASPHERICAL

FEBBRAIO 1978

CANON FD 24-35mm f/3,5 S.S.C. ASPHERICAL

DICEMBRE 1978

CANON FD 300mm f/4 L

MAGGIO 1979

CANON FD 500mm f/4,5 L

DICEMBRE 1979

CANON FD-N 24-35mm f/3,5 L

DICEMBRE 1979

CANON FD-N 24mm f/1,4 L

MARZO 1980

CANON FD-N 85mm f/1,2 L

MAGGIO 1980

CANON FD-N 300mm f/4 L

OTTOBRE 1980

CANON FD-N 50mm f/1,2 L

GENNAIO 1981

CANON FD-N 800mm f/5,6 L

APRILE 1981

CANON FD-N 300mm f/2,8 L

SETTEMBRE 1981

CANON FD-N 400mm f/2,8 L

DICEMBRE 1981

CANON FD-N 500mm f/4,5 L

LUGLIO 1982

CANON FD-N 14mm f/2,8 L

LUGLIO 1982

CANON FD-N 50-300mm f/4,5 L

AGOSTO 1982

CANON FD-N 150-600mm f/5,6 L

APRILE 1984

CANON FD-N 20-35mm f/3,5 L

NOVEMBRE 1985

CANON FD-N 80-200mm f/4 L

NOVEMBRE 1985

CANON FD-N 100-300mm f/5,6 L

NOVEMBRE 1989

CANON FD-N 200mm f/1,8 L

 

 

ACCESSORI

 

 

OBIETTIVO            

 

 

 

TAPPO ANTERIORE

 

PARALUCE

 

BORSA O VALIGIA

CANON FD 55mm f/1,2 AL

58mm old stile

S-58

 

CANON FD 55mm f/1,2 S.S.C. AL

58mm old stile

S-58

 

CANON FD 55mm f/1,2 S.S.C. ASPHERICAL

58mm old stile

S-58

 

CANON FD 24mm f/1,4 S.S.C. ASPHERICAL

C-72 old stile a pressione

 

 

CANON FD 300mm f/2,8 S.S.C FLUORITE

in cuoio

incorporato

 

CANON FD 85mm f/1,2 S.S.C. ASPHERICAL

C-72 old stile a pressione

S-72

 

CANON FD 24-35mm f/3,5 S.S.C. ASPHERICAL

C-72 old stile a pressione

 

 

CANON FD 300mm f/4 L

C-84 old stile a pressione

incorporato

 

CANON FD 500mm f/4,5 L

CF-2-0345 esclusivo

Incorporato disponibile prolunga

valigia metallica

CANON FD-N 24-35mm f/3,5 L

C-72 ( CG2-0073 )

BW-72

B-13 ( soft ) C-13 ( hard )

CANON FD-N 24mm f/1,4 L

C-72 ( CG2-0073 )

BW-72

B-11 ( soft ) C-13 ( hard )

CANON FD-N 85mm f/1,2 L

C-72 ( CG2-0073 )

BT-72

B-11 ( soft ) C-13 ( hard )

CANON FD-N 300mm f/4 L

C-84

incorporato

D-24 ( hard )

CANON FD-N 50mm f/1,2 L

C-52  ( CG2-0070 )

BS-52

B-9 ( soft ) A-9 ( hard )

CANON FD-N 800mm f/5,6 L

in cuoio

incorporato

valigia metallica

CANON FD-N 300mm f/2,8 L

in cuoio

incorporato

valigia metallica

CANON FD-N 400mm f/2,8 L

in cuoio ( CF-2-0634 )

incorporato disponibile prolunga

valigia metallica

CANON FD-N 500mm f/4,5 L

esclusivo CF-2-0345

incorporato disponibile prolunga

valigia metallica

CANON FD-N 14mm f/2,8 L

esclusivo a pressione ( CA-2-3345 )

incorporato

B11 ( soft ) C-13 ( hard )

CANON FD-N 50-300mm f/4,5 L

S-95 ( CA-2-3144 )

S-100 ( C44-8111 )

valigia metallica ( C48-0101 )

CANON FD-N 150-600mm f/5,6 L

esclusivo ( CF-2-0716 )

incorporato

valigia metallica

CANON FD-N 20-35mm f/3,5 L

C-72 ( CG-2-0073 )

BW-72

B-13 (soft)  C-13 ( hard )

CANON FD-N 80-200mm f/4 L

C-58

BT-58

B-21 ( soft ) C-19 ( hard )

CANON FD-N 100-300mm f/5,6 L

C-58

BT-58

B-21 ( soft ) C-21 ( hard )

CANON FD-N 200mm f/1,8 L

In cuoio

In dotazione BT-123

Valigia metallica

 

 

 

 

 

                                           

BRIEFING SINTETICO

 

 

 

 

CANON FL-F 300mm f/5,6 FLUORITE

 

lancio

Marzo 1969

Prezzo originale

100,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

7

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

3.5

Ingrandimento massimo (x)

0.091

Attacco filtri (mm)

58

Diametro x lunghezza (mm)

75 x 168

peso (g)

850

 

 

 

CANON FL-F 500mm f/5,6 FLUORITE

 

lancio

Giugno 1969

Prezzo originale

192,000 yen

Gruppi di lenti

5

Lenti impiegate

6

Numero lamelle diaframma

6

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

10

Ingrandimento massimo (x)

0.059

Attacco filtri (mm)

95

Diametro x lunghezza (mm)

106 x 300

peso (g)

2,700

 

 

 

CANON FD 14mm f/2,8 NEW

 

lancio

Luglio 1982

Prezzo originale

297,800 yen

Gruppi di lenti

10

Lenti impiegate

14

Numero lamelle diaframma

6

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

0.25

Ingrandimento massimo (x)

0.099

Attacco filtri (mm)

Clip posteriore

Diametro x lunghezza (mm)

74 x 83.5

peso (g)

490

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 20-35mm f/3,5 NEW

 

lancio

Aprile 1984

Prezzo originale

190,000 yen

Gruppi di lenti

11

Lenti impiegate

11

Numero lamelle diaframma

6

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

0.5

Ingrandimento massimo (x)

0.083

Attacco filtri (mm)

72

Diametro x lunghezza (mm)

76.5 x 84.2

peso (g)

470

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 24-35mm S.S.C. ASPHERICAL

 

lancio

Febbraio 1978

Prezzo originale

124,000 yen

Gruppi di lenti

9

Lenti impiegate

12

Numero lamelle diaframma

6

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

0.4

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

72

Diametro x lunghezza (mm)

76 x 86.3

peso (g)

515

 

 

 

CANON FD 24-35mm f/3,5 L NEW

 

lancio

Dicembre 1979

Prezzo originale

122,000 yen

Gruppi di lenti

9

Lenti impiegate

12

Numero lamelle diaframma

6

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

0.4

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

72

Diametro x lunghezza (mm)

76.5 x 86.6

peso (g)

495

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 24mm f/1,4 S.S.C. ASPHERICAL

 

lancio

Marzo 1975

Prezzo originale

180,000 yen

Gruppi di lenti

8

Lenti impiegate

10

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

0.3

Ingrandimento massimo (x)

0.117

Attacco filtri (mm)

72

Diametro x lunghezza (mm)

75 x 68

peso (g)

500

 

 

 

CANON FD 24mm f/1,4 L NEW

 

lancio

Dicembre 1979

Prezzo originale

180,000 yen

Gruppi di lenti

8

Lenti impiegate

10

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

0.3

Ingrandimento massimo (x)

0.12

Attacco filtri (mm)

72

Diametro x lunghezza (mm)

76.5 x 68

peso (g)

430

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 50-300mm f/4,5 L NEW

 

lancio

Luglio 1982

Prezzo originale

295,000 yen

Gruppi di lenti

13

Lenti impiegate

16

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

2.50

Ingrandimento massimo (x)

0.144

Attacco filtri (mm)

34

Diametro x lunghezza (mm)

104 x 250

peso (g)

1,800

 

 

 

CANON FD 50mm f/1,2 L NEW

 

lancio

Ottobre 1980

Prezzo originale

90,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

8

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

0.5

Ingrandimento massimo (x)

0.13

Attacco filtri (mm)

52

Diametro x lunghezza (mm)

65.3 x 50.5

peso (g)

380

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 55mm f/1,2 AL

 

lancio

Marzo 1971

Prezzo originale

145,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

8

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

0.6

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

58

Diametro x lunghezza (mm)

75.8 x 55

peso (g)

605

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 55mm f/1,2 S.S.C. AL

 

lancio

Marzo 1973

Prezzo originale

147,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

8

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

0.6

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

58

Diametro x lunghezza (mm)

75.8 x 55

peso (g)

575

 

 

 

 

CANON FD 55mm f/1,2 S.S.C. ASPHERICAL

 

lancio

Marzo 1975

Prezzo originale

80,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

8

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

0.6

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

58

Diametro x lunghezza (mm)

75.8 x 55

peso (g)

575

 

 

 

 

CANON FD 80-200mm f/4 L NEW

 

lancio

Novembre 1985

Prezzo originale

88,000 yen

Gruppi di lenti

12

Lenti impiegate

14

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

1.2

Ingrandimento massimo (x)

0.22

Attacco filtri (mm)

58

Diametro x lunghezza (mm)

72.8 x 153

peso (g)

675

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 85mm f/1,2 S.S.C. ASPHERICAL

 

lancio

Gennaio 1976

Prezzo originale

110,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

8

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

1

Ingrandimento massimo (x)

0.1

Attacco filtri (mm)

72

Diametro x lunghezza (mm)

81 x 71

peso (g)

756

 

 

 

 

 

CANON FD 85mm f/1,2 L NEW

 

lancio

Marzo 1980

Prezzo originale

113,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

8

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

16

Messa a fuoco minima (m)

0.9

Ingrandimento massimo (x)

0.12

Attacco filtri (mm)

72

Diametro x lunghezza (mm)

80.8 x 71

peso (g)

680

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 100-300mm f/5,6 L NEW

 

lancio

Novembre 1985

Prezzo originale

95,000 yen

Gruppi di lenti

10

Lenti impiegate

15

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

posizione normale 2m - posizione macro: 1m

Ingrandimento massimo (x)

Posizione normale 0.18 - posizione macro 0,3

Attacco filtri (mm)

58

Diametro x lunghezza (mm)

71.4 x 172

peso (g)

710

 

 

 

 

CANON FD 150-600mm f/5,6 L NEW

 

lancio

Agosto 1982

Prezzo originale

880,000 yen

Gruppi di lenti

15

Lenti impiegate

19

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

12

Ingrandimento massimo (x)

0.26

Attacco filtri (mm)

34

Diametro x lunghezza (mm)

123 x 468

peso (g)

4,350

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 200mm f/1,8 L NEW

 

lancio

Novembre 1989

Prezzo originale

513,000 yen

Gruppi di lenti

9

Lenti impiegate

11

Numero lamelle diaframma

8

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

2.5

Ingrandimento massimo (x)

0.09

Attacco filtri (mm)

48 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

130 x 208

peso (g)

2,800

 

 

 

 

CANON FD 300mm f/2,8 S.S.C. FLUORITE

 

lancio

Ottobre 1975

Prezzo originale

420,000 yen

Gruppi di lenti

5

Lenti impiegate

6

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

22

Messa a fuoco minima (m)

3.5

Ingrandimento massimo (x)

0.1

Attacco filtri (mm)

speciale

Diametro x lunghezza (mm)

112 x 230

peso (g)

1,900

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 300mm f/2,8 L NEW

 

lancio

Aprile 1981

Prezzo originale

470,000 yen

Gruppi di lenti

7

Lenti impiegate

9

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

3

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

48 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

127 x 245

peso (g)

2,310

 

 

 

 

 

CANON FD 300mm f/4 L

 

lancio

Dicembre 1978

Prezzo originale

176,000

Gruppi di lenti

7

Lenti impiegate

7

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

3

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

34 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

85 x 208

peso (g)

1,235

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 300mm f/4 L NEW

 

lancio

Maggio 1980

Prezzo originale

186,500 yen

Gruppi di lenti

7

Lenti impiegate

7

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

3

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

34 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

85 x 207

peso (g)

1,060

 

 

 

 

 

CANON FD 400mm f/2,8 L NEW

 

lancio

Settembre 1981

Prezzo originale

740,000 yen

Gruppi di lenti

8

Lenti impiegate

10

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

4

Ingrandimento massimo (x)

0.11

Attacco filtri (mm)

48 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

166 x 348

peso (g)

5,350

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 500mm f/4,5 L

 

lancio

Maggio 1979

Prezzo originale

440,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

7

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

4

Ingrandimento massimo (x)

0.14

Attacco filtri (mm)

48 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

127 x 395

peso (g)

2,950

 

 

 

 

 

CANON FD 500mm f/4,5 L NEW

 

lancio

Dicembre 1981

Prezzo originale

460,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

7

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

5

Ingrandimento massimo (x)

0.14

Attacco filtri (mm)

48 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

128 x 395

peso (g)

2,610

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANON FD 800mm f/5,6 L NEW

 

lancio

Gennaio 1981

Prezzo originale

510,000 yen

Gruppi di lenti

6

Lenti impiegate

7

Numero lamelle diaframma

9

Chiusura massima

32

Messa a fuoco minima (m)

14

Ingrandimento massimo (x)

0.057

Attacco filtri (mm)

48 ad inserimento

Diametro x lunghezza (mm)

154 x 577

peso (g)

4,230

 

 (Marco Cavina)

 


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