TEST n° 18  -  OBIETTIVI  CANON FD  SU  LEICA  M  DIGITALE:

LO  ZOOM  CANON FD  35-70mm f/4 AF  SU  LEICA  M8  IN  AUTOFOCUS (!)

E  PROVA  SUL  CAMPO  IN  DIGITALE  DI  ALCUNI  NORMALI  CANON  FD:

50mm f/1,2 L,  50mm f/1,8 SC,  50mm f/1,8 new,  50mm f/3,5 macro,  zoom  35-70mm

f/2,8-3,5  @  50mm,
  TUTTI  MESSI  A  CONFRONTO  COL  TERMINE  DI  PARAGONE

LEICA  SUMMICRON-M 50mm f/2.



How to mount the venerable Canon FD lenses on Leica M digital camera, a brief contact with
the Canon FD 35-70mm f/4 AF used in autofocus mode on my Leica M8 camera (!) and a test
at infinite setting for some Canon FD lenses: 50mm f/1,2 L, 50mm f/1,8 SC, 50mm f/1,8 new,
50mm f/3,5 macro and zoom 35-70mm f/2,8-3,5 @ 50mm, all against the reference of this class,
the Leica Summicron-M 50mm f/2; the comparison was performed at the available settings between
full aperture and f/8 on the same Leica M8 body.

27/09/2011


Gli obiettivi Canon FD, come ho avuto già modo di scrivere nell'articolo "L'acuto del tenore" pubblicato su "Classic Camera", giunsero sul mercato come manifestazione esteriore di un lungo lavoro sotterraneo di sviluppo, programmazione ed evoluzione tecnica, e pertanto, fin dal primo apparire, nacquero "adulti", caratterizzati dalle più moderne innovazioni del settore (vetri molto avanzati, lenti asferiche, lenti in fluorite, meccanismi flottanti, passivazioni interne molto evolute, cannotti rivoluzionari per gli zoom) e divennero ben presto famosi e molto diffusi per l'elevata qualità ottica fornita; in un certo senso si può affermare che gli obiettivi FD replicarono ad inizio anni '70 il grande step evolutivo introdotto dalle ottiche Zeiss Contarex a fine anni '50 e mi spingerei a dire che questa generazione di obiettivi Canon si può considerare come la prima serie di ottiche moderne in senso stretto, una nuova generazione con la quale tutti i costruttori dovettero confrontarsi, correndo ai ripari.

Ancora oggi, a 40 anni dal lancio, molti degli obiettivi Canon FD garantiscono prestazioni eccellenti anche con standard attuali e sono molti gli appassionati del Marchio che vorrebbero far rivivere questi vecchi compagni di anni gloriosi su moderne reflex digitali; purtroppo, e notate l'ulteriore, acuta analogia col mitico sistema Zeiss Contarex, le ottiche FD furono concepite in modo da rendere estremamente difficile la loro applicazione su apparecchi non appartenenti al sistema originale: infatti, non soltanto la baionetta è invertita (con flangia sporgente dal corpo macchina) e l'attacco sull'ottica è diabolicamente complesso, ma i progettisti  (per sfruttare al massimo l'arretramento retrofocale nella progettazione dei grandangolari) concepirono corpi macchina con un tiraggio standard di appena 42mm dal vertice anteriore della baionetta (cioè dall'apice della flangia sporgente), largamente inferiore a quello di tutte le reflex digitali attualmente prodotte, con l'aggravante che la ghiera del diaframma non movimenta direttamente l'iride ma richiede un'ulteriore prassi...

Queste caratteristiche meccaniche rendono impossibile l'impiego tout-court delle ottiche FD su corpi reflex senza importanti modifiche, e l'unico ripiego è rappresentato da corpi macchina mirrorless dal tiraggio molto ridotto, segnatamente il sistema Leica M e la pletora di apparecchi 4/3, micro 4/3 o il recente sistema Nikon 1,avvantaggiati rispetto a Leica dalla possibilità di focheggiare direttamente in live-view ma sicuramente poco appetibili a cagione del loro sensore di dimensioni molto ridotte, con relativo e vistoso fattore di crop e rapporto segnale/rumore non eccezionale.

Volendo far rivivere la mia dotazione di ottiche FD ho quindi ripiegato su Leica M, pur conscio della complessa procedura richiesta sia per l'inquadratura (utilizzando focali non coperte dalle cornicette in dotazione oppure ottiche ingombranti ed ostrusive per il mirino) che dalla messa a fuoco, forzatamente a stima su scala metrica.

 

Questo anello adattatore consente di passare da Canon FD a Leica LTM 39x1/26"; avvitando un ulteriore anello da vite 30x1/26" a Leica M possiamo applicare le pregiate ottiche Canon FD su corpi digitali Leica M8 ed M9, equipaggiate con un sensore Kodak di dimensioni adeguate ed accreditate di un buon noise-to-gai ratio, seppure non eccezionale in termini assoluti.

 

Devo aprire un rapido inciso su questo anello adattatore, composto da due elementi distinti (la parte posteriore, standard con filetto 39x1/26" e tre viti coassiali di fermo, e quella anteriore, intercambiabile, con baionetta cromata FD), probabilmente prodotti in estremo oriente e poi acquistati ed assemblati dal celebre rivenditore italiano dal quale ho acquistato l'articolo finito: nonostante i due elementi fossero stati avvitati perfettamente in battuta, il tiraggio complessivo dell'anello era scorretto! Il corpo macchina FD ha un tiraggio meccanico di 42mm, il corpo Leica a vite 39x1/26" di 28,8mm; pertanto, per una corretta messa a fuoco e per garantire la posizione di infinito, il tiraggio dell'anello adattatore non deve eccedere 42mm - 28,8mm = 13,2mm; viceversa, l'anello da me acquistato aveva un tiraggio effettivo (misurato con un calibro digitale centesimale di alta qualità) compreso fra 13,65 e 13,79mm (a seconda delle posizioni), cioè circa 0,5mm in eccesso: può sembrare una differenza irrisoria, ma con 0,5mm di tiraggio in più un obiettivo da 50mm posizionato all'infinito riprendeva un soggetto a fuoco posto a circa 6,5 metri, un errore inaccettabile... Sono stato quindi obbligato a separare le due porzioni e a limare manualmente la battuta dell'elemento posteriore, passandolo su un piano con carta vetrata finchè il tiraggio dei due componenti assemblati non è rientrato nel corretto valore di 13,20 - 13,25mm. Le parti dell'anello adattatore non presentavano segni di lavorazione sulla cromatura o sull'anodizzazione nera, quindi è presumibile che l'errore dipenda dalla lavorazione primaria della baionetta anteriore, la cui battuta ha evidentemente uno spessore eccessivo... Non ho idea se tutti gli esemplari dello stesso modello presentino lo stesso errore nè se il rivenditore italiano si è mai accorto del medesimo, ma posso testimoniare che, dopo la correzione, la messa a fuoco con i miei FD è tornata a posto, quindi il problema era reale.



L'incubo di tutti i Leicisti: una Leica M con attacco a baionetta Canon!

 

Per rendere perfettamente funzionale il comando stop-down del diaframma tramite l'apposita ghiera, occorre posizionare quest'ultima sul valore più chiuso, alzare la relativa camma nella parte posteriore dell'ottica ed inserire nella sua guida un pezzo di o-ring siliconico del giusto diametro: in questo modo la camma non può ritornare nella sede iniziale ma rimane a fondo-corsa nella posizione necessaria ed il diaframma, dopo aver montato l'obiettivo sull'anello adattatore, si chiude regolarmente al valore impostato sulla ghiera. Nell'illustrazione sul corpo digitale Leica M fa bella mostra di se un pregevole Canon FD 50mm f/1,2 L, obiettivo ad 8 lenti con sistema flottante, superficie asferica (il raggio anteriore della seconda lente) e 5 lenti in vetro al Lantanio con alta rifrazione e bassa dispersione, una della quali realizzata col costoso vetro Ohara S-LAH58, materiale dai parametri molto spinti (indice di rifrazione nD= 1,883, dispersione vD= 40,8).
Su Leica M8 la "focale equivalente" (espressione quanto mai impropria) è di 66,5mm.

 

Il Canon FD 17mm f/4 venne presentato all'esordio del sistema FD, nel 1971, ma nonostante l'anzianità e la complessità del calcolo presentava una resa sul campo abbastanza uniforme; l'obiettivo si caratterizza per un particolare doppietto acromatico posteriore (davanti all'ultima lente) costituito da un vetro Fluor-Crown a bassa rifrazione e dispersione tipo Ohara S-FSL5 (con indice di rifrazione nD= 1,487, dispersione nD= 70,2) e da un vetro Dense Flint ad altissima rifrazione ed alta dispersione tipo Ohara PBH71 (indice di rifrazione nD= 1,923, dispersione vD= 21,3). Grazie al sistema flottante, una primizia per l'epoca (a quei tempi presente soltanto su alcuni Nikkor come il 24/2,8 N-Auto, il 28/2 N-Auto ed il 35/1,4 N-Auto), la correzione delle aberrazioni a distanza ravvicinata era molto buona, al punto che le prime brochure ufficiali Canon si sbilanciavano consigliando quest'obiettivo addirittura per riproduzioni, evidentemente in spazi angusti! Su Leica M8 la "focale equivalente" è di 22,6mm e per l'inquadratura ci si arrangia con un mirino esterno per 21mm, ricordando che risulta leggermente abbondante.

 

Altro pezzo pregiato, il Canon FD 20-35mm f/3,5 L è un vero benchmark: ad inizio anni '80 fu il primo zoom per 35mm ad accedere alla focale di 20mm, creando il segmento degli zoom super-grandangolari che oggi è così popolare; inoltre, fu il primo zoom del settore ad utilizzare una superficie asferica (il raggio anteriore della lente frontale, esposto esternamente) ed una lente UD a bassissima dispersione di tipo Ohara S-FPL51 (nD= 1,497  vD= 81,6) abbinata ad un altro vetro a bassa dispersione tipo Ohara S-FSL5, anticipando di lustri l'attuale indirizzo tecnico; in questo caso le "focali equivalenti" (considerando l'escursione effettiva, deducibile dal brevetto originale) sono 27,26 - 45,88, cioè un "28-45mm" gestibile con un mirino esterno da 28mm abbinato al classico VIOOH 35-135mm.

Dal momento che queste configurazioni pongono il problema di settare una corretta messa a fuoco valutando a stima la distanza ed impostandola in modo approssimativo sulla ghiera dell'obiettivo, mi sono spinto oltre chiamando in causa l'insolito Canon FD 35-70mm f/4 AF del 1981, un obiettivo dotato di modulo autofocus indipendente con telemetro a riscontro elettronico, motore di attuazione, batterie e circuiti, il tutto contenuto in una scatola di resina color avorio che incorpora l'obiettivo stesso; stiamo dunque parlando di una Leica M8 autofocus, sia pure con ovvie limitazioni operative!


Il Canon FD 35-70mm f/4 AF adotta l'identico nocciolo ottico dell'omologa versione convenzionale, e questo è forse il suo limite più evidente: un gruppo ottico amatoriale, con prestazioni non eccezionali, in un obiettivo specialistico e costoso; l'ingombrante modulo AF impedirebbe di inquadrare anche con il mirino VIOOH esterno, pertanto ho ruotato la baionetta anteriore dell'anello adattatore affinchè resti coricato sul fianco sinistro.

 

Alcuni dettagli di questo insolito ma intrigante accoppiamento: con l'obiettivo così coricato il pivot per la variazione di focale e l'attuatore della messa a fuoco sono facilmente azionabili dal pollice e dall'indice della mano sinistra, mentre resta difficile visualizzare esattamente su cosa stia effettivamente misurando il telemetro elettronico, quindi un'occhiata alla scala delle distanze prima dello scatto è un buon suggerimento per evidenziare in anticipo eventuali errori di fuoco molto evidenti; considerando la copertura effettiva, le "focali equivalenti" su Leica M8 sono 47,9 - 91,1mm e riecheggiano il famoso zoom Angenieux 45-90mm per Leicaflex; queste focali sono coperte dal mirino VIOOH e non servono ulteriori accessori.

 


Lo schema ottico del Canon FD 35-70mm f/4 AF evidenzia la condivisione di questo sistema ottico con il popolare FD 35-70mm f/4; non avremo quindi prestazioni di picco ma un autofocus su Leica M digitale è comunque cute, no?

Naturalmente il termine "autofocus" come lo intendiamo noi oggi richiama alla memoria la visione di riprese fulminee, quasi impossibili; nel nostro caso la prassi è molto più certosina, lenta e laboriosa, ma ritengo che ci si inoltra su questo sentiero così insolito sia in realtà gratificato anzichè infastidito da queste operazioni; infatti, per ottenere un'immagine come quelle che seguono, scattate a titolo di esempio, dovremo:

- selezionare la focale desiderata                                                                   
- calcolare mentalmente il fattore di crop 1,33x                                               
- impostare approssimativamente tale focale sul mirino VIOOH, tenendo conto
 che ci sono 2 tacche di riferimento della copertura, per distanze brevi e lunghe
- regolare il parallasse del mirino con il nottolino alla sua base, impostando la   
    distanza stimata (nel mio caso è in feet, quindi ulteriore conversione mentale)   
- azionare il comando dell'autofocus, verificando la distanza e ripetendo          
eventualmente l'operazione in caso di esito palesemente scorretto              
- impostare il diaframma prescelto                                                                  
- puntare il mirino della M8 sul soggetto ed attuare il blocco AE di esposizione
- eventualmente esporre in manuale per un miglior controllo del soggetto         
- inquadrare attraverso il mirino VIOOH ed acquisire l'immagine                     

In pratica, un vero sollucchero per gli amanti dell'interfaccia utente ragionata e cosciente!

Ecco alcuni scatti di prova eseguiti con la Leica M8, il Canon FD 35-70mm f/4 AF in autofocus ed il mirino VIOOH seguendo le procedure appena descritte; non è stata aggiunta maschera di contrasto in alcun passaggio del flusso di lavoro (RAW-DNG aperto in Adobe Camera Raw 6.0 e lanciato in Adobe Photoshop CS5 a 16 bit/canale).


Il leggero decentramento del soggetto è dovuto al fatto che, nella fretta, non avevo compensato la correzione del parallasse sul mirino esterno.

 

Con beneficio d'inventario sulla precisione della messa a fuoco (la giornata non era molto luminosa e questo modulo AF primitivo è molto meno sensibile e selettivo rispetto ai moderni) l'immagine appare sufficientemente nitida, adatta ad un impiego disimpegnato, quasi "ludico".

 

Altra immagine realizzata alla focale massima, equipollente ad un 90mm abbondante; nonostante il tempo di posa relativamente lento, l'assenza di vibrazioni del corpo macchina ha consentito di minimizzare il mosso.

 

 

 

 

Ripresa eseguita alla focale minima 35mm, cui corrisponde una visualizzazione paragonabile ad un 47mm; messa a fuoco automatica, esposizione a priorità di diaframma.

 

La risoluzione alla focale 35mm non è disprezzabile, anche se inferiore a quanto consentito dal 35mm originali Leica; resta l'incredibile tout della fotografia autofocus su Leica M digitale...


Contestualmente, ho testato in digitale su Leica M8 una serie di obiettivi Canon FD di focale normale, scattando in configurazione di infinito (escludendo così, almeno in teoria, le variabili legate ad errori di messa a fuoco) con i diaframmi compresi fra la massima apertura ed f/8; le ottiche in questione sono i Canon FD 50mm f/1,2 L, 50mm f/1,8 SC, 50mm f/1,8 new, 50mm f/3,5 macro e 35-70mm f/2,8-3,5 @ 50mm, mettendo tutti in relazione, a parità di distanza, soggetto ed aperture, con un riconosciuto campione della categoria, il moderno Summicron-M 50mm f/2 a 6 lenti in 4 gruppi.

 

La serie di obiettivi testati in digitale sul sensore Kodak KAF-10500 che equipaggia la Leica M8, con le relative matricole.

 

Gli schemi ottici del Canon FD 50mm f/1,2 L (a sinistra) e del Canon FD 50mm f/3,5 macro (a destra): il primo si avvale di un Gauss molto sofisticato e caratterizzato dall'impiego di due doppietti collati ai lati del diaframma e di tre lenti singole posteriori, l'ultima delle quali resta ferma mentre il resto del Gauss si allontana, compensando le aberrazioni alle varie distanze; è presente una superficie asferica (indicata in rosso nella grafica). Il secondo adotta un Gauss asimmetrico tipico degli obiettivi da riproduzione o stampa (ad esempio, l'originale EL-Nikkor 50mm f/2,8 calcolato da Wakimoto-San utilizza uno schema analogo) ed è da sempre accreditato di elevate prestazioni; in particolare, il suo MTF residuo alle altissime frequenze spaziali (80-100 l/mm) è molto alto, superiore anche a quello di molti Gauss moderni di prim'ordine.

 

Lo schema ottico impiegato nei Canon FD 50mm f/1,8 SC e Canon FD 50mm f/1,8 new (a sinistra) accanto al gruppo di lenti del Leica Summicron-M 50mm f/2 ultima serie; come si può notare, entrambi adottano un Gauss simmetrico a 6 lenti in 4 gruppi e diverse superfici piane che risulta molto simile ed è stato adottato anche per altri celebri normali come i 50mm f/2 Nikkor-H, Zeiss Contarex e Zeiss Contax G.


Lo schema ottico del Canon FD 35-70mm f/2,8-3,5, concepito ad inizio anni '70, additò nuove vie nella progettazione, impiegando solamente due gruppi mobili che si avvicinano ed allontanano reciprocamente e per i quali era stata progettata appositamente (e brevettata) una montatura molto complessa ed evoluta.

 

Questo schema visualizza il posizionamento reciproco dei due gruppi di lenti mobili su focale massima, minima ed attivando la specifica posizione macro; come si può notare il diaframma si sposta in modo solidale col gruppo ottico posteriore, soluzione complessa che consente però di minimizzare le variazioni della distorsione geometrica durante l'escursione focale.

Alcune doverose premesse: questa serie di scatti è stata eseguita a lunga distanza, impostando gli obiettivi sulla battuta meccanica di infinito; dopo il mio intervento meccanico il tiraggio dell'anello adattatore è esatto ma non esistendo alcun riscontro visivo dell'effettiva messa a fuoco restano dubbi residui sulla corretta taratura degli obiettivi; in particolare, eseguendo scatti di prova preliminari a distanze più ridotte, ho avuto l'impressione che il 50mm f/3,5 macro presenti una regolazione del tiraggio meccanico leggermente abbondante (faticando quindi a raggiungere l'infinito anche se impostato su questa distanza), mentre lo zoom 35-70mm f/2,8-3,5, dopo lustri di inattività, presenta una degenerazione dei lubrificanti destinati a garantire lo scorrimento fluido dei pivots nelle relative asole, perciò - durante la variazione di focale - ci sono vistosi laschi ed impuntamenti proprio nell'intorno dei 50mm (assenti quando lo utilizzavo 10 anni fa ed ottenevo ottimi risultati) ed anche in questo caso le prove preliminari hanno riscontrato una vistosa forcella fra le distanze impostate sulla ghiera ed il punto di fuoco effettivo.


AREA  TEST

 


Questo scorcio dall'alto della frazione medievale di Brisighella (RA) costituisce un severo test per qualsiasi obiettivo, grazie alla ricchezza dei suoi particolari e all'orientamento incrociato delle tegole (critico per obiettivi che soffrono di astigmatismo); la distanza di ripresa era tale da consentire l'impostazione meccanica di infinito, tuttavia l'inquadratura di scorcio fa si che i soggetti diametralmente opposti si trovino ad una distanza sostanzialmente differente, chiamando in causa una certa profondità di campo che alle massime aperture (specie con il 50mm f/1,2 L) non è sempre disponibile.

Ho scattato utilizzando la Leica M8 (inquadrando quindi un frame di 18x27mm nella copertura originale 24x36mm), lavorando su cavalletto in RAW-DNG a 160 ISO (sensibilità minima) ombreggiando la lente frontale; ho eseguito uno scatto alla massima apertura e a tutte le altre aperture eventualmente disponibili sulla scala f/2 - 2,8 - 4 - 5,6 - 8; ongi file DNG è stato aperto in Adobe Camera Raw e passato direttamente in Adobe Photoshop CS5 a 16 bit/canale, convertito ad 8 bit/canale e salvato in TIFF non compresso, il tutto senza aggiungere maschera di contrasto o altri tools di sharpening in tutto il processo; da ogni file ho ricavato tre crops da 500x500 pixel (indicati come zone A, B e C nella foto d'insieme) che saranno visualizzati uno accanto all'altro per ciascuna apertura di diaframma relativa al test.

f/1,2




f/1,8 - f/2








 

f/2,8










 

f/3,5

 

f/4











 

f/5,6











 

f/8













I miei timori legati alla scorretta calibratura della posizione di infinito sullo zoom 35-70mm f/2,8-3,5 sono stati confermati dalla prova pratica, dove le immagini prodotte da quest'obiettivo senza poter contare su un riscontro oggettivo risultano decisamente fuori fuoco e quindi le espongo solamente a fine statistico; non mi dilungo nella descrizione dei vari dettagli di rendimento (considerazioni che chiunque può concretizzare analizzando direttamente i crops), limitandomi a considerazioni generali: innanzitutto occorre rilevare come i due 50mm f/1,8, teoricamente dotati di identico nocciolo ottico, presentino una vistosa differenza di rendimento alle massime aperture che via via si attenua pur restando presente ai valori medi, il che mi ha sospettare che il 50mm f/1,8 SC sia meccanicamente un po' "corto" rispetto all'infinito, anche se già negli anni '80 erano stati eseguiti test su esemplari identici di Canon FD 50mm f/1,8 e che avevano destato scalpore di fronte alla vistosa differenza di prestazioni fornita da due obiettivi differenziati solamente dalla matricola, probabilmente uno sgradevole effetto collaterale della produzione in grande serie a prezzi contenuti che caratterizzava questo popolare obiettivo.

In senso generale il Leica Summicron-M 50mm f/2 risulta il migliore obiettivo del lotto, grazie al suo contrasto ed all'estrema pulizia e vigore della riproduzione in tutte le zone del campo ed a tutti i diaframmi; è senz'altro un grande normale, degno della sua fama; il 50mm f/1,2 L, obiettivo estremamente specialistico, sfrutta la sua lente asferica per garantire una riproduzione ad f/1,2 eccezionalmente buona per i suoi tempi: il leggero velo residuo si potrebbe facilmente contrastare in digitale garantendo anche a questa apertura estremamente elevata una resa "di lavoro" pienamente sfruttabile, nel solco della tradizione Canon che ha il suo vertice nella famiglia FD-EF 85mm f/1,2 L;
ad f/2 il 50mm f/1,2 L garantisce un vigore superiore a quello fornito a piena apertura dai 50mm f/1,8, anche se nelle zone periferiche l'immagine resta un po' morbida; progredendo oltre la sua resa sull'asse rimane molto incisa ma il comportamento sul campo degrada in modo più vistoso rispetto ai 50mm meno luminosi, un comportamento classico da "normale" luminosissimo dell'epoca. Il 50mm f/1,8 FD-new, seppure sotto le mentite spoglie di una montatura di plastica con serigrafie economiche, è un vero sound-performer, sempre in scia al poderoso Summicron e distanziato di inezie, spesso più legate al contrasto (facilmente implementabile in digitale) che alla risoluzione pura; complessivamente mi lascia meno entusiasta questo specifico esemplare di 50mm f/3,5 macro: 30 anni fa questo tipo di obiettivo venne testato a fondo su banchi MTF assieme al 50mm f/1,8 new ed entrambi ottennero risultati eccezionali sulla posizione di infinito, ad f/8 globalmente superiori a quelli misurati su qualunque altro normale, mentre in questo caso l'obiettivo macro non presenta la secchezza di contrasto e la risoluzione del modello f/1,8, pur essendo senz'altro di ottima qualità (sospetto comunque che anche questo sia leggermente "corto" su infinito e quindi non perfettamente a fuoco); giudizio ovviamente sospeso sullo zoom per evidenti errori di fuoco.

Un plauso dunque all'FD 50mm f/1,8, il più classico, diffuso ed economico degli obiettivi FD e tuttora in grado di fornire risultati di alto livello, perfettamente attuali, grazie anche al suo vecchio ma intramontabile schema "Planar" simmetrico, una soluzione che con queste aperture garantisce risultati eccellenti.

 

(Marco Cavina)

(testi, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti specificato; ringrazio il caro amico Prof. Vicent Cabo per la realizzazione degli accurati schemi ottici riferiti ai 50mm provati).



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