PZO  JANPOL COLOR  80mm f/5,6  -  BELOMO  VEGA-22 UTz

103mm f/5,6  -  CHUGAI  VARI-FOCAL  COMPUTAR  dL

105-150mm f/4,5-5,6 :  RIVISITAZIONE  APPROFONDITA  DI

TRE  INSOLITI  E  STORICI  OBIETTIVI  DA  INGRANDIMENTO

 

 

ABSTRACT

In the row of enlarging lenses, I would like to mention three models for their very unusual features: the Janpol Color 55mm f / 5.6 and 80mm f / 5.6, designed in Poland in 1963 and manufactured by PZO Warsaw, was the first model to incorporate filters for color printing, making unnecessary the use of a special head in the enlarger body;this idea; patented, was revived in the '70s by Belomo Minsk (Belarus), geographically not far from Warsaw and clearly linked to PZO by technologies excanges; Belomo realized the Vega-22 Utz 103mm f/5.6, an enlarging lens characterized by solutions similar to those present in the Jampol Color but with a much more rugged construction, suitable for an armored vehicle; not to infringe the Janpol Color patent, at Belomo was used a different system to move the color filters inside the lens, using a worm screw coupled to a pivot instead of a gear amd rack; finally, in the 70s, some American designers realized the first enlarging zoom lens, marketed under the trademark Chugai Computar dL and manufactured in Japan by Kowa with Ohara optical glasses, the top model was represented by the Vari-focal Computar dL 105-150mm f/4.5-5.6, conceived to cover the formats from 6x9cm to 4x5" .In this article you will find many pictures, optical drawings, the optical glasses involved, the sketches from the janpol Color patent and other unpublished information about these interesting and unusual enlarging lenses.

В рамках целей, для печати фотографий, я хотел бы отметить три модели за очень необычных особенностей: Janpol цвета 55mm F / 5,6 и 80 мм F / 5,6, разработанный в Польше в 1963 году и производится ПЗО Варшаве, была первая модель включить фильтры для цветной печати, что делает ненужным использование 'специальных голову эта идея была возрождена в 70-х годов запатентованной Belomo из Минска (Беларусь), территориально недалеко от Варшавы и четко связаны ПЗО от развязки технологий; в Belomo понял Вега-22 Utz 103mm F / 5,6, характеризуется целью решения аналогичных настоящее время в цвете Ямполь, но с гораздо более прочная конструкция, подходит для бронированной машины, чтобы не сломать цвет патент Janpol в Belomo использовать различные системы для перемещения цветных фильтров внутри объектива, используя шнек соединен стержень вместо передач со стойкой, и, наконец, в 70-х годов некоторые американские дизайнеры реализовали первую зум для печати фотографий, которые продаются под торговой маркой Чугай Computar дл и изготовлены в Японии Kowa с Охара оптических стекол, топ-модель была представлена Vari-координационного Computar дл 105-150mm F / 4,5 до 5,6, может охватывать форматы 6x9cm на 4x5 ". в этой статье вы найдете множество фотографий, схем оптических данных на оптические стекла, которое используется, образцы цветов патент Janpol и других неопубликованных сведений об этих интересных и необычных целей для фотопечати.

写真印刷の目標の一環として、私は彼らの非常に珍しい特徴の3つのモデルに言及したいと思います。Janpolカラー55ミリメートルのF/ 5.6とf/ 5.680ミリメートル1963年にポーランドで設計され、PZOワルシャワ社製特殊な'の不必要な使用を作り、カラー印刷用のフィルタを組み込んだ最初のモデルでしたが、このアイデアは、地理的に遠くないワルシャワからミンスク(ベラルーシ)から70社の特許Belomoに復活し、明確にリンクされている技術のインターチェンジからPZOBelomoは、ベガ-22装甲車両に適したYampolカラーで存在するものに類似した客観的なソリューションではなく、はるかに堅牢な構造特徴ウッツ103ミリメートルF /5.6、壊れないように実現Belomo特許Janpolの色は、ピボットに結合されたウォームネジの代わりに、ラックギアを使用して、レンズ内部のカラーフィルターを移動する別のシステムを使用して、最後に70年代にいくつかのアメリカのデザイナーが最初に実現写真印刷用のズームは、商標中外製薬Computar dL以上で販売されている大原の光学ガラス興和が日本で製造されトップモデルがカバーすることができバリフォーカルComputar DL105〜150ミリメートル〜5.6 F/ 4.5で表された6x9cmから4×5形式"この記事では、多くの写真、図表、使用される光学ガラスの光学データ、特許Janpolの色と写真印刷のためのこれらの興味深いと異例のターゲットに関する他の未公開情報のパターンを見つける

作為照片打印目標一部分想提一提他們非常不尋常的特點三種型號Janpol顏色55毫米f/ 5.6和80mm F /5.6於1963年波蘭設計製造PZO華沙第一個模型納入彩色印刷過濾器,使不必要的特殊使用,這種想法恢復上世紀70年代的專利Belomo明斯克(白俄羅斯)地理位置不遠處從華沙明確掛鉤技術交匯處PZOBelomo實現VEGA-22伍茲103毫米F /5.6客觀解決方案類似目前那些Yampol顏色一個更堅固的結構適合裝甲車特點打破顏色專利JanpolBelomo使用不同的系統移動鏡頭內部彩色濾光片,使用耦合支點,而不是一個機架齒輪蜗杆終於20世紀70年代美國一些設計師實現了第一次放大照片打印商標中外COMPUTAR DL科瓦小原光學眼鏡在日本生產,銷售頂級車型為代表可變焦距COMPUTAR DL105-150mm的F /4.5〜5.6,可以覆蓋6x9cm4X5格式在這篇文章中你會發現很多照片使用光學玻璃光學數據專利Janpol顏色和其他未發表的資料照片印刷這些有趣和不同尋常的目標模式

 

16/02/2012

I lettori affezionati ricorderanno che già in passato ho parlato di due dei tre obiettivi presi in considerazione il questa sede (il Vega-22 ed il Chugai Vari-Focal), tuttavia la recente acquisizione di ulteriori informazioni inedite mi ha indotto a realizzare un nuovo pezzo che chiama in causa alcuni degli obiettivi da ingrandimento più interessanti, insoliti e storicamente significativi mai realizzati: il Janpol Color 80mm f/5,6 (prodotto, assieme al fratello minore 55mm f/5,6 dalla, Polskie Zaklady Optyczne di Warszawa, Polonia), il Vega-22 UTz 103mm f/5,6 (prodotto dalla Belorusskie Optiko Mekanicheskoe Obyedinenie di Minsk, Bielorussia) ed il Chugai Vari-Focal Computar dL 105-150mm f/4,5-5,6 (prodotto dalla giapponese Kowa su progetto di un team di ottici americani che controllavano il brand name Chugai).

Per i non avvezzi è bene specificare che questi obiettivi erano applicati ad ingranditori da camera oscura e servivano per ingrandire i negativi, proiettandoli sul piano di stampa; tutti e tre sono significativi per caratteristiche uniche che li differenziano dai modelli standard: i due esemplari prodotti oltre Cortina incorporano una serie di filtri colorati ad intensità regolabile (che consentivano la stampa a colori senza equipaggiare l'ingranditore con l'apposita testa filtrante) mentre il Chugai dL è un obiettivo zoom che, grazie alla variazione di focale, permette di ottenere ingrandimenti di analoga dimensione con tutti i formati di negativo compresi fra il 6x9cm ed il 4x5".

 

Una vista d'insieme dei tre obiettivi da ingrandimento in oggetto: nel Jampol Color 80mm f/5,6 e nel Vega-22 UTz 103mm f/5,6 sono evidenti i filtri per la stampa a colori fra le lenti ed i relativi nottolini graduati per regolarne il posizionamento mentre sul barilotto del Chugai
Vari-Focal Computar dL 105-150mm f/4,5-5,6 sono in bella evidenza le varie focali disponibili, alle quali corrisponde un differente formato di negativo coperto; l'otturatore centrale sul quale appare montato è un adattamento a posteriori.

 


Dal punto di vista ottico, i Jampol Color della PZO di Warszawa si basano su un collaudatissimo schema tipo Zeiss Tessar, più che sufficiente a garantire ottimi risultati con una luminosità così modesta; il Vega-22 UTz della Belomo di Minsk utilizza invece il classico schema base tipo Vega, un Gauss asimmetrico a 5 lenti in 4 gruppi molto simile al progetto Planar f/2,8 utilizzato sulla Rolleiflex biottica 2,8; infine, il Chigai Vari-Focal Computar dL impiega uno schema a 9 lenti in 7 gruppi abbastanza semplificato grazie al fatto che l'obiettivo non è uno zoom ma un vari-focale, per il quale ad ogni variazione di lunghezza focale occorre una correzione della messa a fuoco: l'assenza di parafocalità ha consentito di omettere un gruppo compensatore gestito micrometricamente da camme e solitamente adibito a questo ruolo. Il nucleo di base (le ultime 4 lenti) è costituito da un obiettivo primario analogo alle classiche ottiche per arti grafiche e fotoincisione, nel solco dei celebri Celor, Aviar, Apo-Ronar o Apo-Nikkor, mentre la variazione di focale è garantita dal movimento delle 3 lenti anteriori (completamente arretrate come in figura a 150mm ed avanzate a 105mm).
Notate nelle sezioni a sinistra il posizionamento dei filtri colorati.

 

Il Janpol Color della PZO di Warszawa venne concepito nel 1963 e per quanto riguarda l'etimologia del suo curioso nome, propongo due ipotesi: l'obiettivo è stato progettato, almeno meccanicamente, dall'ingegnere Jan Jasny ed è stato prodotto in Polonia (Polska Rzeczpospolita) dalla Polskie Zaklady Optyczne: unendo le iniziali relative al nome del progettista a quelle della nazione o della ragione sociale otteniamo dunque il brand name Janpol, un po' come avvenne in Casa Leitz per l'Elmax 5cm f/3,5 (Ernst Leitz + Max Berek, il progettista dell'obiettivo). 

 

l'obiettivo è costituito da un'ampia pressofusione in lega leggera a forma di parallelepipedo a lati arrotondati e rifinita con smalto raggrinzente nero; l'ampio diametro della lente frontale, evidente in questa immagine, mette al riparo dalla vignettatura mentre il diaframma, a 6 lamelle, viene gestito tramite l'ampia ghiera frontale in alluminio godronato sul cui fianco, su fondo nero, sono riportati i valori f/5,6 - 8 - 11 - 16, riferiti al punto di fede triangolare visibile nell'illustrazione. I due filtri colorati sono costituiti da lastrine simili a vetrini da microscopio, suddivise in 3 settori: quello centrale è trasparente, per la stampa bianconero convenzionale senza filtratura, e quelli laterali risultano colorati in magenta + giallo (filtro più esterno) e ciano + giallo (filtro più interno); i filtri sono meccanicamente quasi a contatto e risultano separati da un sottile lamierino anodizzato e forato al centro, sul quale scorrono durante l'esercizio. All'estremità potete notare i due nottolini godronati in alluminio per l'impostazione del fattore filtro, mentre la montatura posteriore presenta una filettatura da 42x1mm con contro-ghiera di serraggio per bloccare l'obiettivo con l'orientamento più opportuno rispetto all'operatore. Le lenti risultano trattate con una semplice azzurratura, congruente con l'età dell'obiettivo.

 


I nottolini per l'impostazione del fattore filtro sono realizzati dal pieno con il classico alluminio "povero" delle produzioni ottiche sovietiche e risultano scavati anche all'interno, quasi alla ricerca di un alleggerimento di sapore ciclistico che appare inutile; l'impressione di prodotto cheap è avvalorata anche dalla presenza di smalto sbavato sui bordi delle godronature e nei fori delle viti di fermo mentre il posizionamento dei filtri rispetto al punto di fede metallico è indicato visivamente anche dal settore colorato esterno; i valori per i filtri ciano e magenta vanno da 0 a 140 mentre quelli per il filtro giallo arrivano al fattore 240.

 


Sul corto cannotto di alluminio tornito che separa il corpo dell'obiettivo dalla ghiera che comanda il diaframma sono riportati anche i dati relativi al brevetto originale polacco che tutela la caratteristica costruzione ed il metodo col quale viene trasmesso il moto ai filtri; sul lato opposto è presente il punto di fede per il diaframma.

In realtà per la struttura meccanica del Jampol Color furono depositati due brevetti polacchi: il primo, n° 42618, è quello riportato sull'obiettivo, è stato registrato in data 13 Marzo 1963 ed illustra il progetto originale di Jan Jasny; successivamente, in data 31 Gennaio 1964, venne depositato un brevetto evoluto (n° 47992) a nome di Warszawskie Zaklady Fotooptyczne.

Ecco alcuni schemi estratti dal brevetto definitivo

 

 

L'intestazione del brevetto, il cui oggetto viene indicato come "obiettivo per fotografia a colori".

 


Questa sezione mette in evidenza il posizionamento dei filtri colore subito dietro il diaframma, fra la lente centrale ed il doppietto posteriore; i filtri sono indicati come 4 e 5. Col numero 15 è indicato l'ingranaggio calettato sull'asse del pomello esterno il quale, agendo su un settore a cremagliera solidale al telaio dei filtri, consente di farli traslare.

 

Le frecce rosse evidenziano i settori a cremagliera abbinati ai telati dei filtri che ingaggiano sugli ingranaggi; i filtri scivolano su lastrine metalliche molto sottili ed ogni componente (piastre con cremagliera, filtri, lastrine distanziali) è allineato grazie a fori che vanno inseriti in appositi pivots di registro, indicati dai numeri 7 ed 8. Ho smontato il mio esemplare personale per pulire i filtri e non ho potuto fare a meno di notare come tutti questi particolari siano un po' "leggerini" e costruiti seguendo un criterio di sana economia, una impressione che invece, ad obiettivo montato, non viene suggerita dalla solida "culatta" metallica esterna.

 

Questo ulteriore schema evidenzia il diaframma con relativo pivot di comando accoppiato alla ghiera esterna ed i nottolini graduati per l'inserimento dei filtri colore.

 

L'ultimo colpo di genio compreso nel brevetto descrive una specie di arco in plexiglass vincolato al corpo grazie e due piccoli perni fusi che si ingaggiano con depressioni ricavate nel metallo, sfruttando l'elasticità del materiale plastico; questo sistema di fissaggio consente di posizionare la parte centrale dell'arco nel flusso luminoso dell'obiettivo e di trasferirne una parte per illuminare i valori impostati sui nottolini metallici esterni, sfruttando un principio simile a quello delle fibre ottiche: la luce riflette sul piano inclinato 27, attraversa l'arco e fuoriesce nuovamente riflessa dal piano 28, illuminando il punto di fede del nottolino 18; per l'esposizione si solleva l'arco, ribaltandolo di 90° per liberare la coniugata anteriore (questo dettaglio non è presente sull'esemplare illustrato nell'articolo perchè probabilmente, come succedeva spesso, si è rotto accidentalmente).

(drawings from the original 47992 polish patent)

Quest'obiettivo costituiva una dotazione opzionale e speciale per la gamma di ingranditori Krokus, anch'essi prodotti dalla Polskie Zaklady Optyczne assieme agli obiettivi da ingrandimento convenzionali  Mikar, Amar ed Emitar per formati dal 24x36mm al 6x9cm; questa serie di prodotti per ingrandimento era distribuita a livello mondiale dalla commerciale Varimex, che spesso, in paesi dov'era ben conosciuta, modificava il brand name degli ingranditori in Varimex Krokus per agevolare le vendite; sul mercato italiano i prodotti Krokus e le ottiche Janpol Color erano distribuite dalla milanese GiBi di Gianni Baunberger.

Il Jampol Color costituiva un magnifico esempio dell'essenzialità funzionale e minimalista tanto cara alla produzione del blocco sovietico e non mancò di suscitare grande interesse oltre Cortina, specie presso le aziende "gemelle" di altri paesi satelliti; fra queste va senz'altro annoverata la MMZ Belomo di Minsk, Bielorussia, un'azienda che tuttora produce e commercializza obiettivi fotografici come il fisheye Peleng; negli anni '70 la Belomo mise sul mercato un obiettivo concettualmente molto simile al Janpol Color, denominato Vega-22 UTz 103mm f/5,6; a parte l'insolita focale dispari, che gli consentiva di coprire il formato 6x9cm, quest'obiettivo disponeva di un sistema di filtri incorporati assolutamente analogo a quello dell'obiettivo prodotto dalla PZO a Warszawa, ed anche lo chassis metallico arrotondato a saponetta e con identica verniciatura nera raggrinzente richiama molto il modello originale Janpol Color... Del resto, la stretta connessione fra la MMZ Belomo di Minsk e la PZO di Warszawa non deve stupire più di tanto: a parte le normali sinergie all'interno di aziende sotto il controllo sovietico, come si evince dalla cartina seguente le due nazioni confinano e le rispettive capitali, sedi delle due aziende, non distano più di quanto separi Milano da Roma... Ancora, a suggellare questa specie di "gemellaggio" fra industrie ottiche confinanti posso citare un ulteriore dettaglio: la precedente sede della PZO, in Grochowska 320, ad un certo punto venne spostata in ul. Minska 25, cioè via Minsk...

 

Le rispettive sedi di PZO e Belomo, nelle capitali di paesi confinanti del Patto di Varsavia.

Il Vega-22 UTz 103mm f/5,6 dell'illustrazione è stato prodotto nel 1987 e presenta anch'esso un attacco filettato da 42x1mm servito da una ghiera sovradimensionata che agevola l'installazione; tutto il blocco consente rotazioni a scatti prefissati, permettendo anche in questo caso di orientare l'obiettivo nel modo più confortevole. La complessione meccanica appare immediatamente più solida rispetto al Janpol Color, quasi indistruttibile, ed anche il peso è sensibilmente maggiore, ben 568g contro 312g. Anche in questo caso il trattamento antiriflessi non appare particolarmente spinto.

 

Pur riprendendo di sana pianta specifici dettagli del Janpol Color, come i settori colorati per l'identificazione rapida del posizionamento di un filtro e le scale parimenti graduate fino a 140 (magenta e ciano) e 240 (giallo), i tecnici di Minsk decisero che i due nottolini laterali, con incisioni smaltate sull'alluminio di precaria leggibilità, risultavano poco pratici nell'uso e li sostituirono con due ghiere affiancate in posizione frontale dorate di grafica su fondo nero, molto più leggibile; il punto di fede per il diaframma, anche in questo caso scalato da f/5,6 ad f/16, si trova subito sotto le due ghiere, con un punto di fede bianco inciso sull'estremità del cannotto anteriore. La ghiera del diaframma, scanalata longitudinalmente con godronature, è ampia e di facile azionamento, mentre i punto di fede per le ghiere che impostano i filtri colore si trova esattamente fra di esse; in definitiva, l'organizzazione dell'obiettivo risulta molto pratica e funzionale, anche per un severo e reiterato impiego professionale, nonostante l'aspetto complessivo risulti zoomorfo e vagamente inquietante. Un altro dettaglio ripreso dal Janpol Color (e re-interpretato con fantasia per non infrangere il brevetto) consiste nel sistema "a fibre ottiche" per illuminare il punto di fede delle ghiere: in questo caso il rinvio plastico è piccolo e fisso, prende luce dal corpo dell'obiettivo e fuoriesce subito sopra le ghiere stesse, piegando a 90° verso il basso ed andando a proiettare la luce proprio sulla linea di fede.
Complessivamente, pur nella doverosa rielaborazione di forme e concetti, è fuori dubbio che i progettisti del Vega-22 UTz si siano largamente ispirati alle soluzioni adottate nel Janpol Color.

 

La vista di profilo evidenzia ulteriormente il sovradimensionamento meccanico dell'obiettivo, apparentemente destinato a resistere in eterno; in questo contesto stona un po' la plastica economica e leggera con la quale sono realizzate le due ghiere frontali. La grafica mostra anche il relativo posizionamento dello schema ottico, dei filtri e del diaframma.

 

I vetri ottici, con relativi codici sovietici, impiegati per realizzare il Vega-22: il vetro TF10 adottato per i due elementi centrali corrisponde al Dense Flint SF6, i vetri F4 e TK20 del doppietto anteriore sono equiparabili ai vetri Flint F5 e Dense Krown SK10 ed il vetro TK14 della lente posteriore appartiene alla famiglia Dense Crown SK ma non ha un riscontro diretto nei database convenzionali.

 

La vista interna del Vega-22 conferma le impressioni iniziali: la pressofusione in due gusci che costituisce lo chassis appare di tale robustezza da reggere apparentemente quintali di pressione... Osservando questi particolari si ha l'impressione di ammirare i componenti di un carro armato anzichè un semplice obiettivo fotografico! Il dettaglio ci mostra la soluzione utilizzata a Minsk per non sovrapporsi al brevetto del Janpol Color: anzichè spostare i telai dei filtri trascinando un settore a cremagliera con ingranaggi laterali, alla Belomo hanno utilizzato due viti senza fine azionate dai pomelli esterni tramite una coppia di ingranaggi: un pivot che sporge da ciascun telaio porta-filtri viene trascinato dalla rotazione della vite senza fine, consentendo la traslazione micrometrica dei filtri stessi; a parte questo dettaglio fondamentale, molti particolari interni continuano a richiamare il Janpol Color, dal lamierino che separa la coppia di filtri e sul quale scorrono, ai pivot di registro sui quali il lamierino stesso è applicato tramite fori, alla sagomatura dei telai porta-filtri nel punto di contatto con l'elicoide vettore: tutto però risulta anabolizzato ed in grado di resistere a sollecitazioni infinitamente superiori al necessario (basti pensare alle reali capacità di tenuta di due madreviti metalliche di quella sezione, in realtà chiamate in causa per spostare telaietti da pochi grammi...).

La ridotta luminosità dei due obiettivi con filtri colore (entrambi f/5,6) non è stata scelta per economia produttiva, per utilizzare senza compromessi uno schema ottico più semplice e facile da realizzare o per assicurare una resa elevata con quest'ultimo: ovvero, almeno in parte queste motivazioni hanno un senso ma la vera ragione è un'altra: solo partendo da una "strozzatura" di questa entità (garantita nel Janpol Color anche da un diaframma secondario di Waterhouse ricavato nel lamierino che separa i filtri) l'introduzione solo parziale ed asimmetrica del filtro colore consentiva di "colorare" uniformemente tutto il flusso luminoso proiettato dall'obiettivo sul piano di stampa; naturalmente il posizionamento dei filtri rispetto ai punti principali dello schema ottico e l'incrocio del flussi luminosi non è casuale ma vincolato a quote precise; lo schema che segue mostra il funzionamento complessivo di questi obiettivi.

 

Lo schema estremamente semplificato mostra la lampada dell'ingranditore, i condensatori, il porta-negativi, l'obiettivo con filtri colore ed il piano di stampa; partendo da un'apertura così ridotta e con i filtri collocati criticamente alla giusta altezza, inserendo anche parzialmente un filtro colore da una sola direzione l'ottica si comporta come una "scatola di miscelazione" ed il flusso uscente risulta uniformemente colorato.

 

Altre viste del Vega-22; anche il diaframma risulta molto più curato e professionale rispetto al Janpol Color, ed è costituito da 8 lamelle; la vista frontale evidenzia il riporto di plexiglass che preleva la luce dall'interno dell'obiettivo e la proietta sul punto di fede delle ghiere, mentre i dettagli in basso mostrano i filtri variamente posizionati, anche in overlap; in questo esemplare il colore magenta del relativo filtro si è alterato divenendo più scuro del dovuto.

In definitiva, a Minsk hanno sicuramente attinto a piene mani dal Janpol Color, ma mentre quest'ultimo è concepito, così come il resto della produzione PZO-Krokus, in modo un po' "leggero" ed amatoriale, il Vega-22 è un tipico prodotto sovietico, creato secondo il principio informatore che chi poteva permettersi strumenti così particolari non lo faceva per fini ludici ma cercava un affidabile strumento di lavoro, in grado di garantire la massima affidabilità nel tempo e di resistere a qualsiasi strapazzo e logorio dovuto al più intenso utilizzo professionale.

Al contrario dei due modelli appena descritti, il Chugai Vari-Focal Computar dL 105-150mm f/4,5-5,6 non incorpora filtri colore e per questo tipo di esercizio è necessario impiegare filtri esterni o l'apposita testa dell'ingranditore; ciò non toglie che anche questo sia un obiettivo fuori dalla norma, da momento che si tratta di un modello a focale variabile e multi-formato: oltre alle due versioni Chugai (esiste anche il fratello minore 50-80mm f/4,5-5,6, otticamente ed esteticamente identico), l'unico altro zoom da ingrandimento della storia è il Betavaron della Schneider Kreuznach, tuttavia quest'ultimo è previsto per essere applicato a grandi macchine professionali a coniugata fissa, per variare l'ingrandimento grazie alla zoomata, e copre un singolo formato di negativo; viceversa, il Chugai Vari-Focal può essere applicato a qualsiasi ingranditore e permette di cambiare formato di negativo senza sostituire anche l'ottica.

La storia del brand Chugai e dei suoi obiettivi da ingrandimento/riproduzione è poco nota e complessa: sento dunque la necessità di fare luce sull'argomento; le ottiche Chugai della gamma Computar dL sono state calcolate in America da due ottici che precedentemente erano stati in carico alla Burleigh Brooks Optics; dopo il fallimento di questa azienda, i due progettisti si associarono alla giapponese CBC ed acquistarono il controllo del marchio Chugai International Corporation, stabilendo una sede a Plainview (stato di New York, U.S.A.); questi obiettivi da loro progettati vennero prodotti in Giappone con la massima qualità possibile dalla Kowa (famosa per la sua Kowa Six, temibile rivale Hasselblad negli anni '70), utilizzando vetri ottici della vetreria giapponese Ohara, ed il prodotto finale venne distribuito alla vendita dalla Kyvik Corporation. Ho la fortuna di conoscere personalmente uno di quei talentuosi progettisti, Jan Ter Louw, che amichevolmente ed in modo disinteressato mi ha fornito informazioni preziose su questi obiettivi.

Molti fotografi, forse per la scarsità di informazioni, forse per la distribuzione carente sul mercato europeo e, non ultimo, l'utilizzo di  marchio sconosciuto e dalla sonorità poco evocativa, hanno associato alle ottiche Chugai Computar l'idea di prodotti di scarsa qualità; viceversa i progettisti potevano contare su un invidiabile know-how e nelle fasi preliminari acquisirono e testarono a fondo i migliori obiettivi da ingrandimento della produzione mondiale, focalizzando i loro difetti ottici e limiti di resa proprio per andare oltre e creare una serie di obiettivi di altissima gamma ed in grado di fornire prestazioni ancora superiori: non a caso l'acronimo dL sta per diffraction limited, dal momento che in certi modelli la correzione dell'aberrazione sferica a piena apertura è tale che sull'asse non è possibile migliorare il trasferimento di contrasto chiudendo il diaframma: una condizione, appunto, da obiettivo diffraction limited.

La gamma degli obiettivi Chugai Computar era così articolata:

Computar dL 30mm f/2,8 (grandangolare retrofocus per il 24x36mm)    
Computar dL 50mm f/2,8                                                                            
Apo-Computar dL 55mm f/1,9 (superluminoso, apocromatico e flottante)
Computar dL 65mm f/3,5                                                                             
Computar dL 80mm f/4,5                                                                             
Computar dL 90mm f/4,5                                                                             
Computar dL 105mm f/4,5                                                                           
Computar dL 135mm f/5,6                                                                           
Computar Vari-Focal dL 50-80mm f/4,5-5,6                                               
Computar Vari-Focal dL 105-150mm f/4,5-5,6
         
                                

Nella disponibilità di uno dei progettisti c'è tuttora un esemplare prototipo di Computar dL 55mm f/2,8, una modello mai avviato alla produzione di serie.

Il Chugai Vari-Focal Computar dL 105-150mm f/4,5-5,6 presenta un nitido barilotto con indicazioni estremamente chiare e leggibili, come richiesto in camera oscura, con una robustezza meccanica ed una precisione di montaggio di prim'ordine, come suggerito anche dal peso di ben 709g; ruotando la ghiera anteriore l'obiettivo può settarsi per coprire le focali di 105, 120, 135 e 150mm (e relative posizioni intermedie, non segnalate dalla scala) mentre l'apertura del diaframma presenta una doppia scala, bianca da f/4,5 per la focale minima e gialla da f/5,6 per la focale massima; questi valori sono riportati due volte, su entrambi i lati dell'obiettivo, per consentirne la lettura con qualsiasi orientamento casuale successivo al montaggio.

 

L'obiettivo presenta un livello di finitura impeccabile e, nonostante le dimensioni e la destinazione a grandi formati, presenta un attacco convenzionale da 39x1/26", comune alla stragrande maggioranza degli obiettivi da ingrandimento; lo schema ottico sulla destra è riportato in scala sul barilotto.

 

Gli obiettivi Computar dL sono stati progettati seguendo principi a tratti estremi ed anche al di fuori del coro: fin dall'origine sono stati previsti sia per l'ingrandimento di negativi che per la ripresa fotografica a coniugate brevi, al punto che esisteva una gamma di anelli adattatori originali per applicare l'obiettivo (o il nocciolo ottico dei modelli superiori, smontabile) su prolunghe, soffietti od otturatori centrali destinati ad apparecchi di grande formato: questa duplice propensione è tradita dall'architettura del diaframma, con un'iride composta da ben 12 lamelle, finezza solitamente non prevista nelle ottiche da ingrandimento in quanto il concetto di "bello sfuocato" - nel caso specifico - non ha alcun senso e solitamente si adotta un brutale diaframma a 5 lamelle. Un'altra caratteristica controcorrente è rappresentata dalla trasmissione spettrale: mentre molti costruttori - conoscendo la sensibilità agli UV degli alogenuri presenti nelle carte da stampa - hanno cercato di utilizzare vetri che permettessero una permeabilità agli ultravioletti superiore alla norma (spingendosi a 370-380nm), magari sacrificando anche qualcosa in termini di resa per utilizzare specifiche varietà di materiali, alla Chugai hanno preso atto che un obiettivo, anche moderno e ben progettato, non riesce a proiettare a fuoco quella banda dell'ultravioletto prossimo con la stessa nitidezza dei colori appartenenti allo spettro visibile, penalizzando la qualità delle stampe; a cagione di questa constatazione, alla Chugai hanno addirittura ridotto la banda, facendo esordire la trasmissione ottimale a frequenze spaziali leggermente più lunghe di quelle trasmesse dagli obiettivi convenzionali, ottenendo in cambio una nitidezza ottimale... Un indicatore di questa scelta sta nell'insolito colore riverberato dal trattamento antiriflessi, un ciano profondo che è tipico degli obiettivi specializzati per la ripresa IR e che, per definizione, non hanno necessità di trasmettere fino alla banda UV; infine, tutti i Chugai Computar dL hanno una complessione meccanica che consente di ridurre la vignettatura al limite fisico della legge di Lambert con una chiusura approssimativa di appena 1,5 stop.

 

Questo schema complessivo palesa le caratteristiche ottiche del Chugai Vari-Focal Computar dL 105-150mm f/4,5-5,6; le inedite informazioni relative ai vetri ottici utilizzati mi sono state fornite direttamente dal suo progettista, Jan Ter Louw, che ringrazio sentitamente per l'amicizia e la gentilezza dimostrata. Come anticipato, la struttura vari-focale priva di parafocalità ha consentito di mantenere un eccellente livello qualitativo pur in presenza di uno schema non troppo complicato. Il barilotto misura 80mm quando è impostato alla focale di 150mm e si allunga fino a 119mm passando alla focale minima di 105mm, e la distanza fra i vertici delle lenti esterne, di conseguenza, passa da 71,7mm a 111,1mm; i punti principali distano fra loro 48,3mm alla focale minima e 21,9mm alla focale massima, mentre il punto f si trova 31,8mm dietro al vertice dell'ultima lente con l'obiettivo su 105mm e 13,7mm dietro il vertice dell'ultima lente quando lavoriamo a 150mm. la variazione di focale (con relativo passaggio del tiraggio focale di infinito da 133,4mm a 161,6mm) avviene movimentando le tre lenti anteriori che, passando da 105mm a 150mm, si avvicinano di 39,4mm al resto dei componenti. Naturalmente la variazione di tiraggio appena descritta richiede di ri-focheggiare il negativo sul piano di stampa ad ogni correzione della lunghezza focale, ma nell'impiego specifico non costituisce un problema. Lo schema ottico è costituito da 2 lenti in vetro Dense Flint al bario, una in Flint al bario, 2 in Dense Flint, 2 in Dense Flint al lantanio, una in Filnt al lantanio ed una in Krown al lantanio: per un totale di 6 vetri ad alta rifrazione/bassa dispersione, 4 dei quali alle Terre Rare; come anticipato, questi obiettivi venivano prodotti in giappone dalla Kowa (gli obiettivi da riproduzione Graphic-Kowa adottavano gli stessi noccioli ottici), utilizzando vetri realizzati dalla vetreria giapponese Ohara, fornitrice anche di Canon che utilizza estensivamente i suoi materiali per la gamma di ottiche Canon EF.

abbiamo già annotato che la gamma di ottiche Chugai Computar dL, per la sua eccellente correzione ottica, era stata concepita sia per l'ingrandimento dei negativi sia per la riproduzione fotografica con fattore di riduzione rispetto all'originale corrispondente a quello di ingrandimento previsto in stampa, così come per macro spinta ad ottica invertita. A tale proposito l'Azienda realizzò una nutrita serie di anelli adattatori originali che consentivano di applicare gli obiettivi su soffietti o tubi di prolunga, in posizione tradizionale od invertita, oppure su otturatori centrali per abbinarli ad apparecchi di grande formato, sia direttamente che svitando il nocciolo ottico nei modelli a focale fissa più grandi; a conferma di ciò il progettista del 105-150mm qui illustrato mi ha confidato che, a suo tempo, buona parte degli esemplari di quest'obiettivo effettivamente prodotti venne fornita ad un'azienda che li applicava ad una fotocamera, poi distribuita nelle scuole per insegnare fotografia agli studenti.

 

In questa immagine troviamo la brochure originale che descrive la gamma di anelli adattatori Computar dL fotografata assieme all'obiettivo, all'anello Computar dL #7  che consente di applicarlo ad un otturatore centrale #1 e ad un otturatore Copal di identica misura; ringrazio il progettista Jan Ter Louw per avermi fatto omaggio dell'adattatore originale.

 

L'obiettivo assemblato sull'otturatore consente di utilizzarlo su un apparecchio di grande formato con dorso 6x9cm a pellicola 120, come già illustrato in altra sede; lo spessore dell'adattatore rende visibili i valori riportati sull'otturatore centrale e facilita l'azionamento dei comandi; in questa configurazione, sul formato 6x9, avremo a disposizione tutte le focali dal "normale" da 105mm al corto tele da 150mm, all'incirca equivalente ad un'escursione 45-68mm sul 24x36mm.

 

A titolo di curiosità, ecco l'immagine di un obiettivo supergrandangolare 40mm f/4 prodotto dalla stessa azienda che assemblava i Chugai Computar dL e destinato al suo apparecchio reflex monobiettivo 6x6cm Kowa Six; L'estetica è chiaramente ispirata al suo target d'eccellenza dell'epoca, gli Zeiss C per Hasselblad, ma l'intero sistema non aveva timori reverenziali nei confronti della regina svedese, e poteva addirittura vantare il mostruoso Fisheye Kowa 19mm f/4,5, l'unico fisheye da 180° a copertura circolare mai realizzato per il formato 6x6, un obiettivo dalle dimensioni imbarazzanti e dal prezzo molto elevato che costituita però un eloquente biglietto da visita del know-how disponibile in Kowa.

(credits: foto "Il Contatto" - Torino - 2004)

Queste due schede tecniche originali sottolineano il fatto che i due Vari-Focal Computar dL (50-80mm f/4,5-5,6 e 105-150mm f/4,5-5,6) condividevano una struttura ottica e meccanica pressochè identica e che l'uno fosse praticamente la trasposizione in scala dell'altro; il modello inferiore copriva i formati di negativo compresi fra il 24x36mm ed il 6x7cm mentre il modello superiore spaziava dal 6x9cm al 4x5" (10x12cm), anche se, ovviamente, poteva utilizzare anche formati inferiori, come il 6x7cm, richiedendo solo una maggiore distanza di lavoro per garantire lo stesso ingrandimento in stampa ottenibile con la focale 80mm del fratellino.

(credits: original Computar data sheets supplied by Jan Ter Louw)

Si tratta dunque di 3 insoliti obiettivi da ingrandimento, ciascuno interessante per svariate ragioni storiche, tecniche ma anche pratiche: al di la del fatto che ciascuno di essi è comunque in grado, anche oggi, di realizzare stampe bianconero convenzionali di alta qualità, le prerogative specifiche solleticano la fantasia dell'utente spingendolo verso soluzioni inedite: ad esempio, i filtri colorati possono servire per correggere od introdurre dominanti utilizzando le ottiche in fase di ripresa oppure per modificare il contrasto delle carte da stampa bianconero a contrasto variabile, mentre il Vari-Focal può fornire risultati insoliti grazie alla zoomata, con relativa sfocatura, durante la stampa del negativo: opzioni creative interessanti e gratificanti per chi ami la fotografia in tutte le sue forme e sfaccettature.

(Marco Cavina)

(foto, testi, grafiche ed attrezzature di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato; many thanks to my friend Jan Ter Low for sharing interesting and unprecedented data about his "son"  Chugai Vari-Focal Computar dL lens).

 




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