LEICA - CANON - NIKON  FULL-FRAME:

LEICA M9,  CANON EOS 5D,  CANON EOS 5D Mk II

E  NIKON D700  MESSE  A  CONFRONTO  SUI  PARAMETRI

D'IMMAGINE  CHE  PERSONALMENTE  PRIVILEGIO

 

 

ABSTRACT

Four digital 24x36mm full-frame cameras briefly tested keeping in count the visual image attribute I claim to be the most important; as expected, the Kodak M9 sensor delivers extremetely sharp image, but at a price: artifacts on small details and textures (due to the lack of a true anti-aliasing filter) and higher chroma noise at comparable ISO rating; also the use of non-retrofocus wide-angle lenses leads to a visible magenta color cast in the corner and noticeable vignetting: the Nikon 12,1 mpx sensor is fitted with a strong low-pass filter that delivers softer images but with a  really satisfactory range that allows massive image corrections and low noise at high ISO settings; the EOS 5D, with similar resolution, shows sharper images thanks to it's more permissive low-pass filter, but the file, compared to the Nikon one, is dull and the far lighter RAW image lacks informations in the highlights (that easily show bandings and spot zones when post-produced) and in the dark shadows (where you can find a visible noise pattern ad an evident noise even @ 100 ISO when lifting up the tones); the untouched file is quite free of noise at high ISO settings, but the compressed RAW shows compression artifacts; the EOS 5D Mk II is a good leap forwards, as merges higher resolution with lower noise at medium-high ISO, approaching the D700 performance, and the file is really sharp as well (thanks to the tamer sensor filter), but we find the same compression artifacts due to the compressed RAW (the camera let you choose a deluxe 14bit RAW file but without the uncompressed option, isn't it funny?); also, when processing the files in HDR direction, sadly appear the same banding stripes in the highlights and noise in the shadows of the previous model (even if, in truth, the noise in the forced dark areas is less evident).

24/11/2011

Per gli amanti delle riprese paesaggistiche, urbane e comunque per chi voglia ottenere dal suo file digitale immagini dal tonalismo e dall'aspetto analogo alle migliori fotografie tradizionali, le fotocamere digitali "full-frame", equipaggiate con ampi sensori da 24x36mm, sono lo strumento d'elezione: sulla carta forniscono un superiore rapporto noise/gain e peraltro non introducono il classico ma noioso crop sull'immagine fornita dall'obiettivo, consentendo all'utente di operare senza timori reverenziali o remore tecniche.

Ciascuno, sulla base del proprio bagaglio di esperienze, attribuisce maggiore o minore importanza ai vari parametri che caratterizzano un'immagine, scegliendo di conseguenza l'apparecchio e soprattutto accettando o meno eventuali limitazioni o idiosincrasie legate alle scelte di base del costruttore; io stesso ho una mia personale scala di valori che ho messo a riscontro con quattro apparecchi appartenenti alla non ancora nutrita schiera delle digitali full-frame: Leica M9, Canon EOS 5D, Canon EOS 5D Mark II e Nikon D700 (come sempre, la scelta è soprattutto legata a quanto disponibile nel corredo personale); per mettere in evidenza le sfumature di ciascun apparecchio ho realizzato un set ed eseguito degli scatti di prova eliminando tutte le possibili variabili: ho impiegato lo stesso obiettivo per tutte le fotocamere, alla stessa distanza e con lo stesso diaframma; ho ripreso l'identico soggetto con lo stesso gruppo di luci, alla stessa sensibilità e con identica esposizione, sviluppando i rispettivi RAW con gli stessi parametri e, soprattutto, con la stessa regolazione relativa alla temperatura colore ed alla tonalità di base: tutto questo dovrebbe mettere in risalto le caratteristiche peculiari di ogni apparecchio, nel bene e nel male.

So che il web pullula da tempo di prove analoghe, ma se non si fanno di persona dov'è il divertimento?  :-)

 


Le fotocamere impiegate: Nikon D700, Leica M9,  Canon EOS 5D e Canon EOS 5D Mark II

Puntualizzando l'ovvio, ricordo la dimensione di file garantita da ciascun apparecchio.

Nikon D700    12,1mpx  4256 x 2832px  36,03 x 23,98cm @ 300 Dpi
Leica M9         18,1mpx  5212 x 3468px  44,13 x 29,36cm @ 300 Dpi
EOS 5D          12,8mpx  4368 x 2912px  36,98 x 24,65cm @ 300 Dpi
EOS 5D MkII 21,1mpx  5616 x 3744px  47,55 x 31,70cm @ 300 Dpi


L'obiettivo scelto per tutti gli apparecchi è un Nikon Nikkor AiS 50mm f/1,8 appartenente alla prima serie, con montatura standard, forcella per Photomic e schema ottico derivato dal progetto di Sei Matsui: si tratta di un esemplare perfettamente centrato e dotato di ottima risoluzione, impiegato ad f/8 per garantire i migliori risultati ed anche una sufficiente profondità di campo.

 

Le caratteristiche tecniche dell'obiettivo campione: da un lato dovrebbe garantire un potere analitico sufficiente anche con l'esigente sensore della 5D Mark II e dall'altro la sua specifica montatura consente di applicarlo a tutti e quattro gli apparecchi presi in considerazione (ovviamente, su Leica M e Canon EOS, utilizzando i relativi anelli adattatori).


Per gli scatti di prova ho impiegato una serie di "balocchi" posti su fondo bianco ed illuminati dalle lampade pilota di tre torce flash professionali AEF, equipaggiate con relativi ombrelli per illuminazione indiretta; dopo prove ripetute, campionando la componente RGB del grigio neutro e del bianco scuro fino ad equiparare sul RAW i tre valori di luminanza, ho definito un settaggio di temperatura colore pari a 2600° Kelvin; ecco l'immagine base, realizzata con tutti gli apparecchi presi in esame.

 


Le immagini sono state realizzate su un robusto cavalletto, riducendo il rischio di mosso con l'autoscatto (su M9), con sollevamento preventivo dello specchio combinato a radio-comando (su D700) e con sollevamento preventivo dello specchio combinato con autoscatto e comando a distanza IR (su 5D e 5D Mark II). Con la Leica M9 ho scattato in RAW-DNG non compresso, con la D700 in RAW-NEF a 14bit non compresso, con la EOS 5D in RAW-CR2 compresso e con la EOS 5D Mark II in RAW-CR2 a 14bit compresso (in entrambi i modelli Canon, purtroppo, non è previsto un formato RAW non compresso), tutti in area colore Adobe RGB; al fine di uniformare il processo di sviluppo del file RAW ho escluso RAW converter proprietari ed utilizzato per tutti gli apparecchi Adobe Camera Raw 6.0, lanciando successivamente il file a 16bit in Adobe Photoshop CS5 per poi salvarlo ad 8 bit senza alcuna regolazione; parimenti, i files sono stati aperti in ACR 6.0 utilizzando i settaggi di default, con l'unica eccezione della temperatura colore/tonalità, equiparata in tutte le immagini; in nessun caso è stato aggiunto sharpening. Gli scatti sono stati eseguiti con tutte le fotocamere a 160, 320, 640, 1250 e 2500 ISO (seguendo la scala proposta dalla Leica M9), con l'unica eccezione dell'ultima serie, dove la Canon EOS 5D è stata settata a 1600 ISO (non disponendo di una regolazione micrometrica fino a 2500 ISO). Per finire, la messa a fuoco: su D700 ed EOS 5D Mark II mi sono avvalso del live-view (a piena apertura) con forte ingrandimento sul monitor e  con la 5D ho focheggiato utilizzando lo speciale vetro tipo -S per messa  a fuoco manuale; con la Leica M9, priva di live-view e - ovviamente - di accoppiamento al telemetro, ho effettuato una serie di scatti spostando manualmente il fuoco in modo micrometrico fino a posizionare il piano di massima nitidezza nella stessa zona scelta per gli altri scatti.

 


La schermata di ACR 6.0 mostra i file sviluppati con le regolazioni di default, temperatura colore e tonalità a parte.

Come accennavo, ciascuno di noi attribuisce un'importanza maggiore o minore a specifiche caratteristiche del file digitale col quale si trova ad operare, il tutto in funzione del suo workflow di post-produzione personale e dell'impronta che vuole attribuire al lavoro finito; personalmente lavoro molto sulla manipolazione delle alte luci e delle ombre, abbassando le prime, alzando le seconde e regolando i mezzi toni residui di conseguenza: qualcuno potrebbe dire, semplicisticamente, che voglio trasformare ogni immagine in un High Dynamic Range, e forse non sarebbe lontano dal vero... Del resto, l'occhio umano ha capacità di recupero luci/ombre sconosciute alla fotografia ed è un fatto che la nostra visione quotidiana si avvalga di queste straordinarie compensazioni, che a mia volta mi affanno di trasferire nelle immagini. Da questo punto di vista mi preme utilizzare un file che abbia quello che io definisco un "grande spessore verticale", un corposo gain residuo sfruttabile per dettagliare cielo e nuvole in origine quasi bianchi senza incorrere in banding o chiazze posterizzate, o per alzare decisamente le ombre senza che compaia un vistoso rumore, mantenendo comunque sfumature morbide e continue, molto fotorealistiche; in cambio, la nitidezza in quanto tale, lo sharpening sfacciato, il file di grandi dimensioni o il buffer immenso per scattare a raffica come una mitragliatrice mi lasciano del tutto indifferente...

Partendo da questi presupposti è quindi logico per me tastare subito il polso ai vari apparecchi provvedendo ad alzare le ombre profonde, avvalendomi del tool di Photoshop "luci/ombre", incubo notturno per ogni costruttore di apparecchi digitali e progettista di algoritmi ad essi correlati.. Si può dire che la problematica legata al rumore di fondo, oggi così discussa e sofferta, sia venuta prepotentemente alla ribalta non appena è uscito il primo release di Photoshop equipaggiato con questo nuovo strumento!

 


I parametri del tool "luci/ombre" applicati in Photoshop CS5 alle varie immagini: per definirli ho utilizzato il file prevedibilmente più permissivo (Nikon D700), campionando i parametri per le ombre fino alla soglia di visibilità dei classici difetti riscontrabili con una regolazione eccessiva (passaggi bruschi, rumore); da questo punto di vista è soprattutto il raggio nelle ombre ad essere determinante: con un gain nell'ampiezza tonale piuttosto sostenuto il raggio deve avvicinarsi preferibilmente a 400px.

 


Questi crops evidenziano le variazioni tonali introdotte da questo passaggio; ho utilizzato i files esposti alla sensibilità ridotta di 160 ISO (con la D700 in pull e le Canon leggermente forzate dal valore di defalut a 100 ISO), mentre con valori superiori il rumore sarebbe molto più evidente; un altro problema - con regolazioni di notevole entità - si evidenzia in quando il nero pieno (RGB 0-0-0) è ovviamente insensibile allo strumento, mentre le tonalità più scure che vi si adagiavano, creando una sfumatura difficilmente percettibile ma continua, vengono alzate vistosamente, creando sbalzi bruschi di luminanza fra zone a stretto contatto, ovviamente irreali. Nell'immagine successiva sono presenti crops da 500 x 500px prelevati dall'immagine sottoposta a questa regolazione e visualizzata al 100%; occorre specificare che, in questa immagine e nelle successive, la dimensione di ciascun file era stata precedentemente normalizzata al formato maggiore garantito dalla EOS 5D Mark II, quindi i files prodotti da M9, D700 ed EOS 5D sono stati interpolati a 5.616 x 3.744px, un'azione necessaria per metterli sullo stesso piano a valutare se e come i vari sensori possano fornire - a parità di condizioni, obiettivo, e diaframma - una maggiore o minore impressione di nitidezza; naturalmente il file della 5D Mark II viene visualizzato al 100% del formato nativo.

 


Questa prima serie di crops ci fornisce subito un'altra informazione: pur avendo eseguito gli scatti in rapida sequenza, in interni, con identico soggetto, obiettivo, diaframma, sensibilità, luci e con identiche regolazioni del RAW (nella fattispecie, tutti con area colore Adobe RGB, temperatura 2600° Kelvin e tonalità a zero), appare chiaro come ogni immagine presenti un blend cromatico suo proprio: rosa-magenta la Leica M9, neutro-freddo la Nikon D700, giallino la EOS 5D e caldo-rosato la 5D Mark II; considerando anche che si tratta di files RAW, esclusi da finalizzazioni proprietarie on-camera, posso supporre che questa fiera dei colori dipenda soprattutto dall'invasività più o meno spinta del filtro low-pass e dalla relativa sensibilità finale del sensore a quote più o meno spinte di IR ed UV; nel caso della M9, memori delle specifiche caratteristiche proprie all'antenata M8, si può supporre che il cast magenta sia dovuto proprio ad una sensibilità residua agli IR, peraltro abbondantemente presenti nella luce utilizzata, prodotta da lampade al quarzo-jodio. Per quanto concerne gli effetti si schiarimento selettivo delle ombre, i risultati confermano quanto prevedibile: la Nikon D700 fornisce il file più "elastico", consentendo di indulgere in queste prassi senza vistosi effetti collaterali, grazie al suo eccellente noise-to-gain ratio; la EOS 5D Mark II segue a ruota, e pur evidenziando rumore e sgradevoli separazioni tonali fornisce un buon risultato, considerando l'alta densità di pixel del suo sensore e quindi la ridotta superficie fotosensibile di ciascun fotodiodo; la EOS 5D, pur avvalendosi di un sensore meno denso, paga l'anzianità di progetto ed il suo segnale da vita ad un'immagine visibilmente più disturbata. Il sensore Kodak della M9 è il meno propenso a questo tipo di trattamenti (che peraltro sono indispensabili per chi voglia ottenere un'immagine ricca di toni e sfumature in ogni area di luminanza), presentando un chroma noise
abbastanza vistoso.

Un altro parametro per molti fondamentale è la nitidezza dell'immagine finale; nel caso del digitale il discorso si complica un po' perchè, oltre alle prestazioni ottiche dell'obiettivo utilizzato, dobbiamo prendere in considerazione sia la dimensione del file nativo sia l'invasività del filtro anti-aliasing, più "libero" sugli apparecchi di alcuni costruttori e più "flou" su quelli di altri; sul piano teorico la Leica M9 ha un consistente vantaggio, dal momento che il suo filtro (per ragioni legate alla proiezione non telecentrica degli obiettivi molto rientranti, penalizzata anche dal corto tiraggio meccanico) è limitato ad una sottile lastrina da appena 0,7mm di spessore e dall'effetto praticamente nullo sulla definizione dei fini dettagli; in effetti tale filtro minimale (curiosamente, per un costruttore storicamente famoso per i suoi eccellenti microscopi, esso ha lo stesso spessore di un copri-vetrino standard) è stato applicato unicamente per sopprimere la componente infrarossa dell'immagine (che tanti grattacapi aveva causato sulla M8), non certo per fornire un efficace effetto anti-aliasing che mortificherebbe l'eccellente nitidezza degli obiettivi Leica M; d'altro canto, la Nikon D700 deve le sue nuances fotorealistiche e l'assenza di banding o artefatti vistosi anche all'azione piuttosto decisa del suo filtro, mentre Canon - storicamente - adotta low-pass più "scorrevoli", sebbene non al livello di Leica. Ecco altri quattro crops al 100% del file, prelevati nel punto scelto per la messa a fuoco; anche in questo caso i file degli apparecchi Leica e Canon sono stati interpolati a salire fino allo standard della 5D Mark II; queste immagini sono state scattate a 160 ISO.

 


Come anticipato, il file della Leica M9 risulta essere il più nitido (ed occorre ricordare che non è stato applicato sharpening in nessuna fase del processo), tuttavia le originali scelte tecniche iniziano a presentare il conto: sono infatti visibili artefatti e chroma noise nei punti ad alto contrasto o dove l'anti-aliasing verrebbe chiamato in causa; viceversa, il file Nikon appare molto fotorealistico ma anche morbido (fu la prima impressione quando acquistai una D700 dopo due anni e mezzo di EOS 5D); l'immagine fornita da quest'ultima appare infatti più netta, al punto che il vantaggio teorico del file da 21,1mpx non garantisce alla 5D Mark II un'immagine marcatamente più incisa, anche se - grazie anche all'assenza di interpolazione - risulta essere più pulita e realistica. Notate anche in questo caso gli inequivocabili cast cromatici.

Abbiamo accennato al fatto che i due files RAW-CR2 dei modelli Canon sono compressi, mentre negli apparecchi M9 e D700 è presente l'opzione per il RAW non compresso: questo fa si che i files siano più leggeri (un RAW della 5D Mark II da 21,1mpx pesa quasi come un analogo file della D700 da appena 12,1mpx), consentendo cadenze di scatto e sequenze a raffica che probabilmente faranno contento qualche fotografo di sport ma la contropartita, per chi voglia regolare serenamente il suo file ottenendo la visualizzazione voluta ed eventualmente stamparlo su baritata argentica con i nuovi ingranditori ibridi, è pesante: un file dal peso specifico quasi dimezzato significa che mancheranno informazioni, e se la visualizzazione dell'immagine in assetto standard è molto soddisfacente tale giudizio non si può confermare dopo aver "ispezionato" le alte luci e le ombre: abbassando le prime sul file Canon è facile incorrere in banding e zone posterizzate, così come le ombre alzate palesano rumore; addirittura, nei toni bassi dell'immagine non regolata, in soggetti sfavorevoli, appare un noise pattern simile a pennellate incrociate su tela canvas ruvida. A parte queste caratteristiche tonali, molti sostengono che gli artefatti di compressione del RAW-CR2 non siano visibili nemmeno sul monitor al 100% del file, e tanto meno in stampa, quindi non è il caso di preoccuparsene... Ho invece notato che, su soggetti ad alto contrasto ed impiegando ottiche con definizione tagliente, tali artefatti sono visibili anche al 100%, al punto che - alcuni anni fa - prestigiose agenzie di microstock hanno rifiutato alcune mie immagini di paesaggio, formalmente ineccepibili, proprio per la presenza di tali artefatti; la questione non è quindi trascurabile. Per esemplificare il concetto allego quattro crops (gli unici eseguiti su immagini alla rispettiva dimensione nativa) ricavati dai files visualizzati al 700% sul monitor.

 

 

L'accorpamento di pixel contigui (caratterizzati da valori RGB e quindi da crominanza e luminanza simili) in "listelli" simili al legno del parquet (caratterizzati da un singolo valore RGB "cumulativo") appare evidente nei files prodotti dai due modelli Canon mentre sono praticamente assenti nella D700, nonostante il fortissimo ingrandimento. Questo soggetto è particolarmente permissivo, ma in condizioni di alto contrasto/elevata nitidezza gli artefatti sono visibili anche al 100% (ragione della bocciatura da parte delle agenzie di microstock, che visionano i files su ampi monitor proprio a tale ingrandimento). Notate il chroma noise nei passaggi a contrasto del crop realizzato con Leica M9, priva di un efficace effetto anti-aliasing.

 

Un altro fattore determinante per la preferenza accordata ad un apparecchio è la soppressione del rumore di fondo sul file "di base"; molti costruttori introducono filtri elettronici che agiscono sul file processato on-camera (Jpeg) a partire da certi valori ISO, proprio con l'obiettivo di mascherare il più possibile il rumore e ritagliarsi un posto al Sole in questa infinita lotta senza quartiere; utilizzando - come nel nostro caso - files RAW, a parità di processo il discriminante consisterà soprattutto nel rapporto originale fra elettroni "buoni" (il segnale analogico da quantizzare, destinato a creare l'immagine e prodotto dai fotodiodi del sensore) e "corrente nera" (elettroni spuri prodotti dal sistema in esercizio, e non congruenti all'immagine stessa); questo parametro è di vitale importanza perchè a bassi valori ISO garantisce l'elasticità necessaria per regolare un file a nostro piacimento, schiarendo le zone scure dell'immagine senza che compaiano  rumore od artefatti, mentre ad alti valori ISO garantisce comunque un'immagine di partenza pulita, certamente da manipolare con i guanti ma tale da consentire lo sfruttamento a mano libera di lunghi teleobiettivi o zoom poco luminosi, oppure di operare in interni senza cavalletto, etc. A tale proposito, come detto, ho effettuato serie di scatti ripetuti e con sensibilità via via crescenti (scalate di uno stop) da 320 ISO a 2500 ISO. limitando la 5D a 1600 ISO; dopo la relativa normalizzazione dei files alla dimensione maggiore ho prelevato due crop al 100% da ogni immagine, raggruppandoli per sensibilità; ecco i risultati.


320 ISO

 

 

640 ISO

 

 

1250 ISO

 

 

2500 ISO (1600 ISO per EOS 5D)

 


Su questo specifico fronte la Leica M9 viene progressivamente distanziata dagli altri modelli: a 320 ISO regge ancora decorosamente ma a sensibilità via via superiori la granulosità ed il chroma noise divengono evidenti; la D700 conferma la fama acquisita da questo pacchetto gia all'esordio sulla D3 mentre anche le Canon forniscono risultati molto buoni: la 5D Mark II eguaglia praticamente le prestazioni della Nikon, pur garantendo una maggiore densità sullo stesso formato di sensore ma anche la EOS 5D, nonostante la sua anzianità, è ancora attuale.


Voglio dilungarmi un po' sulle specifiche caratteristiche del modello M9: come tutti sanno si tratta di un apparecchio molto più costoso dei modelli ai quali l'ho abbinato in questa sede ed il suo acquisto - molto spesso - è perfezionato da appassionati di lunga data, fedelissimi del marchio, già in possesso di un corposo sistema Leica ed abituati alla sua tradizionale eccellenza; in questo caso qualche pecca nell'immagine finale è troppo evidente per simulare indifferenza, anche a fronte del notevole esborso finanziario... Tuttavia noto che, in molti casi, il Leicista convertito alla M9 vede questi intoppi con occhio indulgente, solitamente argomentando che la utilizza come se fosse una M6 caricata a TRI-X, cioè limitandosi a 320 ISO e lavorando in bianconero, così le problematiche legate ad aliasing, aloni cromatici, color cast ai bordi e chroma noise vengono dissimulate.

Umilmente non sono in completo accordo: un prodotto di grande nome e dal prezzo importante richiede, quantomeno, un'accurata serie di messe a punto preliminari antecedenti alla commercializzazione, senza trasformare i clienti, loro malgrado, in beta-tester ignari. Opinione personale, naturalmente.

Scendiamo in dettaglio; si potrebbe dubitare che questi artefatti, legati al modesto effetto anti-aliasing, siano effettivamente visibili su un'immagine finale stampata su carta nei formati consueti.

 



A tale proposito propongo questa serie di immagini.

 

 

Si tratta di un soggetto banale, spesso protagonista di scatti domenicali; osserviamo un fotogramma della sequenza ad ingrandimento maggiore.

 

 

Già su questo formato (25cm) è percettibile una vistosa serie di artefatti sulla rete da pesca, causati dall'assenza di un efficace effetto anti-aliasing sulle trame più fini.

 

 

Nella visione al 100% del file l'artefatto risulta inequivocabile.

 

Metto in evidenza anche questi fringings generati dal Summicron-M 28mm f/2 Asph. e - curiosamente - più contenuti in modelli molto più datati, come l'Elmarit-M 28mm f/2,8 seconda e terza serie.

 


Ecco come appare, invece, una griglia regolare di colore bianco serigrafata sul vetro di un forno elettrico e fotografata con Leica M9; il moirè assume aspetti diversi a seconda della focale e della risolvenza chiamate in causa.

Un altro fattore importante, utilizzando la M9, è rappresentato dalla resa ai bordi estremi del formato: questo parametro risulta particolarmente critico sia per il tiraggio meccanico insolitamente ridotto (27,8mm contro i 44mm di Canon EOS ed i 46,5mm di Nikon), che posiziona gli obiettivi molto vicini all'ampio sensore, sia per la natura di molti obiettivi grandangolari Leica-M della precedente generazione, il cui schema semi-simmetrico colloca la lente posteriore in posizione particolarmente rientrante. Siccome il sensore KAF 18500 è stato ottimizzato da Kodak specificamente per la M9, i tecnici - ben consci di questa esigenza - hanno opportunamente posizionato le lenti condensatrici dei fotodiodi, dotandole di un offset progressivo avvicinandosi ai bordi del formato, tuttavia l'architettura di questi CCD Kodak risente in ogni caso di un raggio con angolo di incidenza percettibilmente superiore ai 30° e risulta anche particolarmente prona al color-cast.

Naturalmente il costruttore e gli irriducibili difensori di questa fotocamera possono argomentare che la nuova generazione di ottiche Leica M è stata ricalcolata tenendo conto dell'esigenza di una proiezione particolarmente telecentrica sul sensore 24x36mm, quindi se si impiegano gli obiettivi attuali il problema non sussiste; dal mio punto di vista suppongo che difficilmente chi inizia da zero ed ha la necessità di costruirsi l'intero sistema ex-novo propenderà per la Leica M9, visto che l'impegno economico richiesto per acquistare in blocco un'adeguata serie di ottiche originali comporta un esborso complessivo incompatibile col budget di un novizio che si affacci alla fotografia digitale con tanti dubbi ed incertezze: l'utente-tipo della M9 è un cliente Leica di vecchia data che, semplicemente, vuole aggiornare il sistema ed utilizzare in digitale, senza tagli di formato, il parco ottiche, sovente decisamente completo, già in suo possesso e comprendente anche obiettivi di vecchia progettazione, senza contare che la M9 è attualmente l'unica digitale 24x36mm utilizzabile per sfruttare obiettivi in attacco LTM (con adattatore) prodotti da vari costruttori, sovietici in primis... Credo quindi che valga la pena visualizzare come si comporta la M9 con due obiettivi teoricamente "critici" come lo Zeiss Biogon Contarex 21mm f/4,5 ed il Russar MR-2 20mm f/5,6, entrambi caratterizzati da una lente posteriore di piccolo diametro e molto rientrante.

 

 

Entrambi questi obiettivi - sulla carta - sono molto interessanti perchè forniscono prestazioni elevate ed uniformi fino ai bordi con distorsione ridottissima; in particolare, il Biogon 21mm f/4,5 a diaframma ottimale presenta una risoluzione superiore, specie negli angoli del formato, a quella garantita dallo stesso Leitz Elmarit-M 21mm f/2,8 pre-asferico, come mi è stato confermato da prove che ho eseguito e delle quali allego a seguire qualche esempio.

 

l'immagine di partenza realizzata con Leica M9 e dalla quale sono stati ricavati due crops da 500 x 500px al 100% del file.

 

Nonostante una progettazione più datata di ben un quarto di secolo (1954), il Biogon 21mm f/4,5 (fratellino minore ridotto in scala del celebre Biogon 38mm, vanto dell'Hasselblad SWC) presenta una risolvenza superiore a quella dell'originale Elmarit-M 21mm f/2,8 preasferico, lanciato nel 1980: la differenza è contenuta nelle parti centrali ma ben percettibile ai bordi estremi.

Vediamo però come si comporta il Leica-Kodak KAF 18500 abbinato a grandangolari semi-simmetrici di questo tipo.

Il classico color-cast magenta è molto marcato, specialmente nel caso del Russar che presenta una lente posteriore più arretrata rispetto al Biogon e di dimensioni più ridotte, proiettando così una coniugata ai bordi ancor meno telecentrica rispetto al Biogon; statisticamente, ho notato che non soltanto la distanza dell'ultimo componente dal sensore crea questo problema ma anche e proprio il diametro stesso della lente:  ad esempio, il Voigtlaender Snapshot-Skopar 25mm f/4 non presenta un arretramento molto marcato ma la sua lente posteriore è di piccole dimensioni (e proietta, quindi, da una posizione molto accentrata che aumenta l'angolo di incidenza ai bordi); con queste caratteristiche, nonostante la focale non estrema, presenta a sua volta il color cast sul file della M9; viceversa, ottiche che rientrano come o più del 25mm Voigtlaender ma presentano una lente posteriore di ampio diametro (come il Summilux-M 35mm f/1,4 Aspherical o lo Jupiter-12 35mm f/2,8) non generano il color cast perchè i bordi della lente si avvicinano a quelli del sensore e danno vita ad una proiezione meno angolata.

Vignettatura, moirè, color cast, rumore: conosco già la posizione di chi utilizza la M9 con piena soddisfazione, basta filtrare il file attraverso una serie di appositi soft e plug-in per minimizzare il problema, tuttavia occorre una considerazione: in tutti i settori commerciali dell'elettronica applicata, quando un prodotto richiede interventi elettronici e paracadute firmware per risolvere magagne di progetto, i gruppi di utenti hanno un atteggiamento estremamente negativo nei confronti dell'articolo stesso e del suo produttore: solo in fotografia la posizione è molto più garantista... Sarà che gli articoli hanno un prezzo così elevato che, per garantire la tranquillità interiore, è giocoforza necessario convincersi di avere comunque investito bene il proprio denaro?

Col senno di poi si potrebbe argomentare che il produttore e gli appaltati non hanno colpe, forse il voler creare una digitale il cui tiraggio è poco superiore alla semi-diagonale del formato e le cui ottiche grandangolari, in buona parte, sono molto rientranti è stato un errore di valutazione di fondo: magari, evolvendo in digitale il sistema R, a suo tempo brutalmente sacrificato fra pianti e strepiti dei fan, applicando un analogo sensore dotato di opportuno filtro anti-aliasing ed equipaggiato di ottiche retrofocus con tiraggio ben superiore e proiezione molto più telecentrica, si sarebbero ottenuti analoghi riscontri di nitidezza e brillantezza senza la pletora di effetti collaterali... Ovviamente la piccola Casa tedesca non si riteneva in grado di competere con i grandi produttori nipponici ed il loro esteso know-how, e si è ritirata nella sua nicchia d'eccellenza, creando un sistema che non ha rivali diretti ma pagando pesantemente dazio.

Per il resto, in condizioni di esercizio "normali", in assenza di trame e textures eccessivamente fini ed impiegando obiettivi non critici, la M9 produce immagini di qualità tecnica effettivamente impeccabile; ecco alcuni esempi.

 

 

 


pur restando la tendenza ad una vignettatura superiore alla media quando si adottano grandangolari (anche moderni, vedi la serie con il "padellone" romagnolo da pesca realizzata col 28mm f/2 Summicron-M Asph.), un problema cronico dovuto sia alla proiezione non telecentrica che al ridotto diametro degli elementi anteriori e posteriori imposti da quote meccaniche, il file della M9 usato a sensibilità di default appare molto gradevole e fotorealistico; in particolare, ho sempre apprezzato la gestibilità delle alte luci e la gradualità con la quale si passa dalle aree "clippate" di bianco puro ad RGB 255 - 255 - 255 verso tonalità progressivamente più scure, dove ricompare la differenziazione RGB e la relativa, leggera crominanza: è uno degli elementi critici dell'immagine digitale e mi sembra che i sensori Kodak impiegati su M8 ed M9 gestiscano la situazione meglio della concorrenza, permettendo anche di "abbassare" il cielo mantenendo sfumature assolutamente credibili e realistiche.

 

 

Basta però che un qualsiasi dettaglio dell'immagine presenti una trama particolarmente fine per chiamare subito in causa il problema precedentemente descritto...

Una considerazione a margine sol bilanciamento del bianco: in condizioni normali (luce solare piena) il white balance automatico funziona piuttosto bene con tutti gli apparecchi ma in situazioni critiche, con sorgenti miste o temperature colore che si discostano molto da quella solare, la M9 e la D700 presentano talvolta qualche "scivolone" mentre la EOS 5D Mark II eccelle in questo parametro, fornendo sempre un bilanciamento in automatico mediamente più corretto e comunque mai vistosamente travisato.

Tutto questo rappresenta soltanto un foglio di appunti personale che non vuole entrare in conflittualità con le convinzioni di alcuno, sono considerazioni legate soprattutto alle mie esigenze e preferenze specifiche di utente "incontentabile" che forza sempre il file per sfruttare gain e gamma dinamica ai limiti possibili: sicuramente un utilizzatore che si limiti a scattare, operare un livellamento automatico dell'istogramma e a salvare, magari utilizzando i software forniti in bundle (spesso più idonei a mascherare in automatico problematiche note al costruttore),  sarà comunque molto soddisfatto di qualsiasi apparecchio fra quelli presi in considerazione; volendo considerare il rapporto prezzo/prestazioni/qualità, ritengo che la EOS 5D Mark II comandi il plotone per il costo contenuto, il file di ampie dimensioni, l'ottima pulizia su un ampio range di valori ISO, la facoltà di realizzare video full-HD 1080p di elevata qualità ed altre caratteristiche di contorno; d'altro canto, non si può negare che la Leica M9 presenti un value for money non particolarmente competitivo, puntando sulla fedeltà al marchio degli utenti e sul fatto di rappresentare un'occasione irripetibile per dirottare al digitale i prestigiosi e costosi obiettivi Leica-M senza alcuna riduzione di formato.

Sul piano delle prestazioni, la D700 presenta un file molto fotorealistico ed elastico, ampiamente sfruttabile in post-produzione per ottenere immagini di impronta fine-art, ed un'elevata soppressione del rumore ad alti ISO, pagando però in termini di nitidezza per il suo filtro piuttosto invasivo; le full-frame Canon mutuano pregi e difetti di un filtro anti-aliasing più libero rispetto al Nikon: l'immagine appare più secca ed incisa ma compaiono artefatti, striature e noise pattern, in parte dovuti anche alla scelta di "alleggerire" il file RAW rispetto a quanto non abbia fatto Nikon; naturalmente la 5D Mark II rappresenta un vistoso passo avanti sulla 5D: pur fornendo un file di dimensioni molto superiori presenta un rumore ad alti ISO ancora più contenuto, una maggiore sfruttabilità dell'immagine in postproduzione ed un white balance veramente efficiente; infine, la M9 è un ottimo apparecchio che produce immagini estremamente incise e taglienti ed è stato cucito attorno alla resa smagliante dei suoi obiettivi, tuttavia la nitidezza non è tutto e, considerando il prezzo di listino largamente superiore, gli utenti avrebbero forse diritto ad una maggiore attenzione agli elementi secondari ma altrettanto importanti, decisamente più curati nella concorrenza nipponica.

 

Un esempio eloquente di cosa possano fare le attuali reflex digitali full-frame: scatti a mano libera eseguiti con Canon EOS 5D Mark II a ben 800 ISO, esposizione automatica a priorità di diaframmi, white balance automatico e lettura esposimetrica a matrice, in abbinamento allo zoom Canon EF 35-350mm f/3,5-5,6 L del 1990 chiuso ad f/8; le immagini non sono state assolutamente post-prodotte in alcun modo ma semplicemente scaricate dalla scheda di memoria, aperte in ACR con i parametri di default, passate in Adobe Photoshop e salvate direttamente: a parte il cast un po' caldo si tratta comunque di un risultato già soddisfacente.




LEICA M9



(resa ai bordi con ottiche simmetriche più datate e con ottiche Leica M moderne)

 

NIKON D700

 

CANON EOS 5D

 

CANON EOS 5D Mark II


(testi, immagini e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato)

 


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