TEXT  VERSION  FOR  AUTOMATIC  TRANSLATION
(SEE  PICTURES  IN  THE  PDF  VERSION)

 

 

Medical-NIKKOR Auto 200mm f/5,6 1^ serie

 

 

 

     Col lancio della Nikon F nella primavera del 1959 la Nippon Kogaku calò il suo asso in un settore caratterizzato da vivace fermento e profonde trasformazioni, palesando senza mezzi termini la sua intenzione di proporsi come azienda leader in campo professionale, settore che a sua volta stava fiutando il vento del cambiamento ed abbandonava i simulacri di una generazione permutando rapidamente ingombranti e macchinose field camera 4x5” e malconce Rolleiflex compagne di mille avventure in favore delle nuove e più agili reflex 35mm che, seppure agli albori della loro evoluzione tecnologica, lasciavano intravedere potenzialità molto promettenti, grazie anche alle nuove emulsioni a supporto sottile ed elevata risoluzione.

 

     Naturalmente la celebre Casa giapponese corroborò le intenzioni con un prodotto nato maturo ed affidabile ma soprattutto grazie al corollario di un sistema di accessori che col tempo diverrà leggendario e quasi illimitato,  garantendo al professionista la possibilità di operare nei più disparati settori, grazie anche alla completa modularità dei principali componenti del corpo macchina.

 

     In quegli anni di febbrile sviluppo gli obiettivi rappresentarono il fulcro, il fiore all’occhiello del sistema, la credenziale più qualificante del nuovo apparecchio professionale che in breve tempo trovò ampia diffusione fino a divenire fenomeno di costume: la Nippon Kogaku poteva vantare un know-how invidiabile e nobilitò la sua spigolosa ma bellissima reflex con una vasta gamma di vetri caratterizzati da ottima qualità meccanica ed ottica e non si limitò alle focali convenzionali ma si applicò nella realizzazione di una serie di obiettivi speciali mai concepiti prima o al loro esordio nel piccolo formato: dai fisheye ai macro, dagli zoom ai decentrabili, dagli UV ai catadiottrici gli occhi Nikkor erano chiaramente proiettati al futuro.

 

     Nel Novembre 1962, mentre gli utenti cominciavano a far pratica con i primi mirini Photomic dotati di cellula esterna al CdS e nasceva l’icona di un’estetica immortale, fece la sua apparizione un obiettivo assolutamente inusitato che era posto in vendita con una complessa serie di accessori in dotazione: stiamo parlando del Medical-Nikkor Auto 200mm f/5,6, strumento innovativo con vaste opzioni d’impiego in vari settori della medicina, della produzione industriale, della ricerca scientifica.

 

CARATTERISTICHE

 

     Si trattava di un obiettivo dotato di flash anulare allo Xenon incorporato, applicato alla parte anteriore e coassiale al gruppo ottico, che consentiva un’illuminazione indipendente ed uniforme, priva di ombre grazie all’emissione luminosa sostanzialmente allineata all’asse di ripresa; la messa a fuoco è servita da quattro lampadine pilota supplementari ad incandescenza poste dietro la parabola flash ed alloggiate in corrispondenza di quattro fessure della parabola stessa.

 

     L’obiettivo è stato concepito e calcolato per lavorare a coniugate sostanzialmente brevi, consentendo un rapporto di riproduzione che da un minimo di 1/15x si spinge fino a ben 3x; non è prevista, invece la possibilità di focheggiare all’infinito; grazie alla lunga focale era possibile effettuare riprese close-up o macro spinte di soggetti difficilmente avvicinabili o pericolosi (campo operatorio di interventi chirurgici, processi industriali ad alta temperatura o in presenza di agenti chimici, lavorazioni meccaniche potenzialmente rischiose, piccoli animali in libertà) o di cavità dove l’illuminazione è critica (il cavo orale, ad esempio) avvantaggiandosi in questo caso dell’esclusivo lampeggiatore anulare incorporato; la Nippon Kogaku lo consigliava anche al piccolo artigiano orologiaio per illustrare le proprie creazioni, così come al collezionista di monete e francobolli; grazie all’illuminazione priva di ombre si rivelava molto adatto anche alla documentazione di circuiti elettronici.

 

     I rapporti di riproduzione consentiti, fissi ma uniformemente distribuiti su una gamma che copriva tutte le esigenze, erano 11 e così articolati: 1/15x, 1/8x, 1/6x, 1/4x, 1/3x, 1/2x, 2/3x, 1x, 1,5x, 2x, 3x, dove 1/15x si otteneva con la regolazione di fuoco fissa dell’obiettivo e gli altri valori sfruttando il kit di 6 lenti addizionali in dotazione; specificamente, 1/3x era possibile abbinando assieme le lenti 1/4x ed 1/6x,  2/3x si raggiungeva accoppiando 1/2x ed 1/4x, 1,5x era ottenibile montando assieme 1x ed 1/2x ed infine 3x era in atto applicando la lente addizionale 2x sul modello 1x; i valori restanti erano serviti dalla lente singola di valore corrispondente.

 

     Da segnalare che le lenti 1/8x, 1/6x, 1/4x, 1/2x ed 1x erano ad elemento singolo mentre il modello 2x era costituito da un doppietto acromatico collato.

 

    Un’altra opzione esclusiva e qualificante permetteva la sovrimpressione dati sull’angolo inferiore destro del fotogramma sfruttando un complesso ed ingegnoso sistema a proiezione di maschere che utilizzava come sorgente luminosa una piccolissima quota dell’emissione flash (tramite un’asola ricavata nella parte posteriore della parabola riflettente); un sistema di lenti e prismi si sviluppava parallelamente al gruppo ottico principale dell’obiettivo portando la proiezione delle minuscole maschere a fuoco sulla pellicola; era possibile selezionare su un’apposita ghiera valori numerici da 1 a 39 o tutti i possibili rapporti di riproduzione per futuri riferimenti dimensionali e addirittura inserire filtri ND per adattare la luminosità della sovrimpressione dati alla sensibilità del film utilizzato.

 

     Questo strumento specialistico era posto in vendita con una completa dotazione di accessori operativi articolata come segue: obiettivo Medical-Nikkor con tappo anteriore (specifico) e posteriore, n° 6 lenti addizionali per rapporti di riproduzione da 1/8x a 2x (singolarmente) alloggiate in una vaschetta di materiale sintetico presagomato, cavo di alimentazione principale da 1,5m, cavo di sincronizzazione da 20cm, quattro lampadine pilota di ricambio da 2,5v, alimentatore principale dotato di propria custodia in pelle, coperchio protettivo in materiale plastico per la presa flash a contatto caldo della Nikon F e borsa corredo in pelle marrone spalleggiabile; relativamente agli alimentatori, erano disponibili due versioni in alternativa: quella AC considerata standard che prevedeva l’allacciamento a rete e consentiva l’utilizzo di corrente a 100v, 117v e 220v e quella cosiddetta DC che utilizzava batterie a secco ed era proposta come opzione a richiesta; quest’ultima versione sfruttava due set distinti di elementi: 4 batterie a secco torcia da 1,5v tipo “D” alimentavano separatamente le lampadine pilota mentre una batteria a secco da 240v (sic) garantiva la ricarica del lampeggiatore; naturalmente - al giorno d’oggi - questa particolare (e pericolosa) unità ad alto voltaggio è introvabile (all’epoca invece era regolarmente commercializzata e venivano ufficialmente consigliati modelli come Eveready n°491, Mallory PF-491, Ray-O-Vac 1010, etc.); consiglio pertanto a chi volesse fare suo questo strumento con intendimenti non puramente collezionistici di indirizzarsi decisamente sull’alimentatore AC a corrente di rete, anche se questo preclude un impiego del lampeggiatore “in campagna” (a meno di non disporre di una batteria da 12v al piombo-gel con relativo inverter a 220v).

 

     Le dotazioni AC e DC erano proposte in alternativa: sul mercato americano in due differenti set erano caratterizzati dal codice U.S.296 per la versione a rete ed U.S.297 per quella a batterie; al cavo di alimentazione standard da 1,5m poteva essere affiancato un modello lungo ben 10m ed una speciale versione che riduceva di fatto ad 1/4 la potenza del lampeggiatore ed era prevista per emulsioni molto sensibili: infatti la potenza di emissione del lampo era fissa ed il diaframma variava in funzione dell’ingrandimento e della distanza di lavoro; questi parametri precludevano il completo sfruttamento di tutti i rapporti di riproduzione disponibili (ad esempio, con emulsione da appena 100°iso era già impraticabile spingersi oltre 1x anche alla massima chiusura f/45) ed il cavo di alimentazione speciale permetteva un maggiore sfruttamento del range teorico.

 

     Il curioso scudo protettivo in materiale sintetico da applicare sulla slitta a contatto caldo della Nikon F serviva ad evitare all’utente piccole, eventuali scariche elettriche durante lo scatto qualora una parte del corpo (la fronte, ad esempio) fosse a contatto con i terminali flash del corpo macchina, posti giusto dietro al manettino di riavvolgimento film.

 

     L’unità flash anulare garantiva una potenza di emissione di circa 60w/sec con una temperatura colore di 6.000° k, quindi leggermente fredda; come accennato, la potenza era fissa ma l’utente era comunque svincolato da calcoli relativi all’esposizione grazie ad un sistema di accoppiamento meccanico fra i rapporti di riproduzione ed i valori di diaframma, il tutto subordinato alla sensibilità del film impostato: in sostanza, una volta settati la sensibilità ed il rapporto di riproduzione utilizzato l’utente doveva unicamente mettere a fuoco e scattare, con la garanzia dell’esposizione corretta.

 

     La durata dell’emissione flash era di circa 1/500” ed il tempo di sincronizzazione consigliato era di 1/30” per la Nikon F e di 1/60” per i modelli Nikkormat e Nikkorex F: valori prudenziali, probabilmente legati al tempo di emissione insolitamente lungo; il tempo di ricarica con alimentazione a rete veniva indicato in 13 secondi.

 

     L’obiettivo è piuttosto tozzo e voluminoso, registrando quote di 80x168,5mm rispettivamente per diametro e lunghezza ma la costruzione in alluminio, le modeste dimensioni del nocciolo ottico e la particolare struttura del lampeggiatore limitano il peso ad appena 650g; il diaframma è completamente automatico con valori compresi fra f/5,6 ad f/45; manca la classica, mitica forcella di accoppiamento al Photomic in quanto la ghiera del diaframma è posta in posizione inconsueta (a 2/3 del barilotto) e d’altro canto si presupponeva un impiego quasi esclusivo in luce flash (in casi particolari è comunque possibile misurare l’esposizione col metodo stop-down); naturalmente l’attacco obiettivi è la classica baionetta Nikon F.

    

 

STRUTTURA

 

     Il Medical-Nikkor si presenta con un barilotto in alluminio rifinito in nero davvero inconsueto, dotato di ben 5 settori finemente zigrinati più una fascia in gomma a diamante; curiosamente, fra le ben 4 ghiere di regolazione disponibili non figura quella di messa a fuoco, che - come già accennato - formalmente è fissa: infatti la sua collimazione si mette in atto posizionando avanti ed indietro tutto il complesso fotocamera-obiettivo.

 

     Analizzandone la struttura troviamo una ghiera anteriore di ottone cromato munita di insolito attacco filettato 38x0,75mm e servita da un’altrettanto desueto tappo a vite in plastica nera dotato di marchio Nikkor (era previsto anche un non meglio precisato tappo a pressione da 42,5mm ma non esistono ulteriori riferimenti); questa ghiera a sua volta funge da fermo per l’anello diffusore in plastica trasparente che protegge il gruppo flash anulare; sulla parte apicale periferica del barilotto sono riportate in smalto bianco le diciture Medical-Nikkor Auto 1:5,6 f=200mm Nippon Kogaku Japan seguite dal numero di matricola.

 

     Scendendo lungo il barilotto troviamo - subito sotto – un adesivo con l’utile promemoria relativo a 4 rapporti di riproduzione intermedi ottenibili con l’abbinamento di due lenti addizionali sovrapposte in un preciso ordine; la grafica ingenua, quasi artigianale di questa etichetta ci rimanda ad un’epoca pionieristica dove il design globale applicato al prodotto era un concetto ancora al di là da venire; scorrendo ancora con lo sguardo incontriamo una fascia gommata con i classici rilievi a diamante della prima produzione Nikkor: questa fascia è fissa e serve come presa di forza per il montaggio o il brandeggio dell’ottica; sparsi quasi alla rinfusa fra i tasselli gommati troviamo (da sinistra a destra): l’attacco standard PC per il cavo sincro, la presa quadripolare per il cavo di alimentazione principale, la piccola lampadina al neon che funge da spia di pronto-lampo ed il pulsante in plastica bianca che attiva le 4 lampade pilota per agevolare la messa a fuoco.

 

     Subito sotto si presentano due ghiere con sottile presa di forza zigrinata deputate al controllo della sovrimpressione dati: la prima riporta in smalto bianco le lettere A, B, C e D e costituisce il controllo dell’intensità luminosa della proiezione: specificamente, A si riferisce all’utilizzo di materiale bianconero da 32 °iso (o inferiori) e colore da 64° iso (o inferiori) e sfrutta tutta la luminosità disponibile; B è correlato a film bianconero fra 40° iso e 200° iso o emulsioni a colori fra 80° iso e 200° iso, grazie all’interposizione di un leggero filtro ND; C permette l’impiego di pellicola bianconero da 250° iso o superiori e a colori da 500° iso o superiori, e frappone un filtro ND leggermente più denso del precedente; D, infine, oscura la proiezione per immagini prive di impressione dati; la seconda ghiera - invece - evidenzia, tramite una finestrella circolare, i valori numerici del fotogramma (in bianco) o i rapporti di riproduzione possibili (in giallo) scelti per marcare il fotogramma.

 

     Adottando il cavo di alimentazione speciale con riduzione ad 1/4 di potenza la selezione della luminosità relativa alla sovrimpressione andava corretta: in pratica, si utilizzava la posizione A per tutte le sensibilità dei film a colori, mentre per i negativi bianconero si selezionava A per sensibilità di 125° iso od inferiori e B per sensibilità di 160°iso o superiori; non era previsto l’impiego della posizione C.

 

     Le ultime due ghiere, procedendo verso la baionetta d’attacco, sono in realtà servite da tre scale diverse dove una agisce in funzione dell’altra: troviamo infatti a salire dal bocchettone la scala delle sensibilità, quella dei rapporti di riproduzione e quella dei diaframmi, da regolare nella stessa sequenza.

 

     Queste due ghiere, a loro volta zigrinate, presentano due manettini a vite in ottone cromato posti sul lato destro che fungono da fermo di sicurezza per evitare variazioni accidentali dei valori impostati: in pratica, una volta settata la sensibilità dell’emulsione (azione che contestualmente sposta anche i valori di scala della riproduzione), si agisce sulla seconda ghiera che consente di scegliere il rapporto di riproduzione utilizzato, regolando in simultanea ed automaticamente il diaframma sul valore geometricamente corrispondente ad una esposizione flash perfetta.

 

     Il tappo della baionetta F, su questa prima versione, è l’originale modello in plastica nera con le diciture cubitali Nippon Kogaku K.K. Japan ed il logo Nippon Kogaku.

 

 

SISTEMATICA

 

     Il Medical-Nikkor Auto 200mm f/5,6 originale è stato presentato nel Novembre 1962 e prodotto fino al Marzo 1972 in 9.000 esemplari collocati fra le matricole 104.011 e 113.011: considerando che è stato uno strumento professionale di lavoro quotidiano molti esemplari sono assai malconci, non funzionanti o privi di parte della dotazione; vista la produzione decisamente ridotta è abbastanza difficile al giorno d’oggi reperire un kit completo ed in perfette condizioni contenuto nel suo bauletto corredo in pelle.

 

     Nel Luglio 1972 fu presentata una seconda versione, ristilizzata e dotata di un design più omogeneo, ergonomico ed accattivante (anche se le specifiche ottiche e tecniche restano invariate): da segnalare il barilotto anodizzato e privo di sbalzi fresati, l’estensione della fascia gommata con rilievi a diamante a tutta la parte anteriore e l’applicazione di un anello di alluminio zigrinato che fungeva da presa di forza (come già prassi consueta negli altri Nikkor) al centro dell’obiettivo; le tre  scale relative ai valori di sensibilità, rapporto di riproduzione e diaframma impostato vennero spostate verso l’alto ed in posizione specularmente rovesciata rispetto al modello originale mentre le diciture relative ai dati dell’ottica furono riportate alla base dell’obiettivo, subito sopra la baionetta d’attacco; spariva contestualmente la ghiera per regolare l’intensità luminosa della sovrimpressione sul fotogramma ed il cavo di alimentazione prevedeva una nuova presa tripolare a mezzaluna, il cui orientamento era più intuitivo; era stato mantenuto nel corredo di serie lo scudo isolante in materiale sintetico per la presa a contatto caldo laterale, dato che la Nikon F2 appena lanciata sul mercato ereditava dalla Nikon F questa dotazione peculiare; le quote di questa nuova versione erano 177mm di lunghezza, 79mm di diametro e 700g di peso.

 

     Modifiche di rilievo interessarono l’alimentatore DC: il nuovo modello LD-1 faceva a meno della batteria a secco da 240v, ormai in disuso e si avvaleva unicamente di 8 comuni batterie torcia tipo D da 1,5 volt sia per le lampade pilota che per la ricarica del flash; con questa nuova versione di Medical-Nikkor il tempo di emissione era stato ridotto ad 1/1.000” contro il valore precedente di 1/500-1/600” per congelare ogni possibile micromosso ed i tempi di ricarica dichiarati erano rispettivamente di 5-8 secondi con l’alimentatore AC a corrente di rete e 4-14 secondi col nuovo alimentatore LD-1, variabile a seconda del tipo e della qualità delle batterie utilizzate.

 

     Da segnalare inoltre l’aggiunta del riferimento relativo al cavo di alimentazione con riduttore di potenza ad 1/4, ora presente di serie sul punto di fede della scala iso, la presenza di un tappo in plastica nera per coprire la spina del cavo di alimentazione quando non in uso e l’aggiornamento delle lenti addizionali con un intelligente codice-colore (un po’ come negli obiettivi da microscopio) per una più rapida identificazione del modello necessario; parimenti, fu aggiornata la decalcomania che indica i 4 rapporti di riproduzione ottenibili con l’abbinamento di due lenti sovrapposte, con riferimento ai nuovi anelli colorati ed infine fu applicato alle lenti un diverso trattamento antiriflessi; questa seconda versione entrò in produzione col numero di matricola 120.011.

 

     Nel 1974 a partire dalla matricola 125.011 l’obiettivo registrò lievissimi ritocchi come l’applicazione del trattamento antiriflessi multistrato con relativo aggiornamento della dicitura alla base del barilotto, ovvero Medical-Nikkor-C Auto 1:5,6 f=200mm; esiste molta confusione su questa terza serie, molti la accorpano alla precedente del 1972 citando quindi due uniche versioni del Medical-Nikkor; al contrario è assolutamente certo che l’antiriflessi NIC fu applicato solo a questo ultimo modello datato 1974: come riferimento, sull’edizione 1974 del celebre “Nikon-Nikkormat Handbook” di Joseph D. Cooper edito da Amphoto di Garden City (New York) alla scheda 6-65 è riportata un’immagine del Medical-Nikkor 200mm f/5,6 ristilizzato dove l’obiettivo è ancora chiaramente privo della dicitura -C, presente invece sull’ultimo release.

 

     Il Medical-Nikkor 200mm rimase in produzione a scartamento ridotto fino al Dicembre 1979 (Roland Wink registra l’esemplare 137.130 come la matricola più alta incontrata finora); dopo un breve interregno, nel 1981 fu presentato il suo epigono, il più moderno Medical-Nikkor 120mm f/4 che si posizionava su un fascia di prezzo pressoché identica e che d’altro canto ne ricalcava fino in fondo le filosofie costruttive, una su tutte l’assenza dell’ormai consueto e diffuso TTL-flash che obbligava ancora all’accoppiamento fisso diaframma-scala di riproduzione.

 

 

OPERATIVITA’

 

     Il Medical-Nikkor Auto 200mm f/5,6 prevedeva una messa in opera abbastanza complessa ma non insolita per l’epoca, in cui era prassi consueta che il fotografo si paludasse con intricati ambulacri di cavi volanti, alimentatori esterni per motori e flash appesi alla spalle, etc.

 

     L’obiettivo andava in macchina con la familiare procedura comune agli altri Nikkor, il diaframma era automatico e consentiva la regolare chiusura stop-down sfruttando l’apposito pulsante (da segnalare che il diaframma era a 6 lamelle, come in alcuni Nikkor della prima ora); naturalmente non è presente alcuna interfaccia meccanica con i perni del Photomic od altri simulatori.

 

     Per rendere operativo il lampeggiatore occorre alimentare l’apposita unità AC, previa regolazione della corretta tensione di esercizio, ed applicarvi il cavo grigio di alimentazione principale, caratterizzato da spina quadripolare maschio sul lato alimentatore e femmina sul lato obiettivo; successivamente si innesta l’altro capo alla presa circolare dell’obiettivo, ricavata nella fascia gommata; il cavo è direzionato a 90° rispetto alle spine ed il corretto orientamento di queste ultime prevede un’uscita del cavo stesso verso l’alto nell’alimentatore AC e verso sinistra sull’obiettivo.

 

    A questo punto si applica semplicemente in cavetto di sincronizzazione alle apposite prese sincro PC dell’obiettivo (sempre sulla fascia gommata) e del corpo macchina ed il complesso è operativo; accendendo l’alimentatore dopo alcuni secondi si illuminerà la minuscola lampada al neon di colore arancio che indica la piena carica del condensatore; valutando il soggetto si decide il rapporto di riproduzione necessario, eventualmente applicando alla filettatura anteriore dell’ottica la lente addizionale (o il gruppo di lenti) necessari (su ogni lente singola è inciso il rapporto di riproduzione che garantisce, per gli abbinamenti si utilizza la legenda illustrata sulla decalcomania riportata nella parte anteriore dell’obiettivo).

 

   Deciso il rapporto di riproduzione occorre pensare all’esposizione: si presetta il corretto tempo di sincronizzazione flash sul corpo macchina e si imposta la sensibilità del film utilizzato sulla prima ghiera dell’obiettivo, caratterizzata da valori disponibili compresi fra 10° iso ed 800° iso e smaltati in bianco; a tale proposito sull’obiettivo sono riportati due distinti punti di fede, di colore bianco e rosso, riferiti rispettivamente a pellicole bianconero ed invertibili a colori, cui occorre fare riferimento a seconda del materiale che si utilizza; come si può notare i riferimenti differiscono di un intero valore di diaframma: probabilmente la Nippon Kogaku aveva valutato sperimentalmente che queste emulsioni richiedevano un incremento di esposizione per una resa visibilmente gradevole.

 

    Con lo speciale cavo di alimentazione ad 1/4 di potenza veniva fornito un adesivo trasparente con i due punti di fede bianco e rosso da applicare sopra la scala iso per le opportune correzioni di impostazione; la regolazione dei valori iso sposta di fatto anche la scala dei rapporti di riproduzione, incisa in colore giallo sulla stessa ghiera sull’altro lato; come ultima operazione, agendo sulla seconda ghiera si posiziona il suo punto di fede giallo in corrispondenza del rapporto di riproduzione prescelto, selezionando di fatto anche il diaframma di lavoro finale, la cui scala a sua volta è riportata in colore bianco sull’altro lato della stessa ghiera, ed il valore risultante dalla serie di regolazioni i cascata è indicato da un punto di fede fisso e di colore bianco posto sul corpo dell’obiettivo.

 

     All’atto pratico queste regolazioni sono molto più semplici da attuare di quanto si desuma dalla loro minuziosa descrizione e l’abbinamento cromatico fra scale e rispettivi punti di fede semplifica le operazioni; a questo punto, con la spia pronto flash accesa, non resta che portare la fotocamera all’occhio e semplicemente avvicinarsi ed allontanarsi dal soggetto fino a centrare il piano di fuoco della coniugata anteriore (che è fissa), eventualmente con l’ausilio delle lampade pilota supplementari, attivabili con l’apposito pulsantino in plastica bianca posto sulla fascia gommata in posizione ergonomica; una volta centrato il fuoco si può senz’altro esporre il fotogramma.

 

     La messa a fuoco “ad inseguimento”, per così dire, richiede un po’ di pratica, specialmente ai rapporti di riproduzione più modesti, dove la notevole distanza di lavoro e la ridotta apertura massima dell’obiettivo garantiscono una discreta profondità di campo a cagione della quale è difficile cogliere il piano di massima nitidezza; a tale proposito la Nippon Kogaku per il modello Nikon F consigliava ufficialmente i vetri di messa a fuoco tipo B, E, F, J ed H2 ma non i modelli standard A oppure K, evidentemente per il probabile oscuramento del telemetro di Dodin centrale.

 

     Una caratteristica curiosa è costituita dalla struttura modulare dell’obiettivo: infatti, la ghiera cromata anteriore di servizio che funge da montatura per le lenti addizionali, se svitata completamente, libera l’intero modulo flash che può essere letteralmente “sfilato” dall’obiettivo ed utilizzato a mano per una illuminazione d’effetto laterale; naturalmente in questo caso i valori di esposizione desunti dalle ghiere dell’obiettivo non sono più attendibili (entra in campo la legge ti Katz, secondo la quale occorre dividere la potenza del flash per il coseno dell’angolo che si crea fra l’asse di ripresa e l’asse flash-soggetto) e si rende necessario ricavare una tabella personalizzata per via empirica con qualche scatto di prova.

 

     Inoltre, facendo forza in senso antiorario, è possibile svitare il cannotto esterno di alluminio che racchiude l’unità flash mettendo a nudo la parte elettronica interna e l’alloggiamento delle lampade pilota, permettendo così la loro sostituzione qualora si rendesse necessario.

 

     Per maggiore chiarezza riporto uno schema relativo ai rapporti di riproduzione consentiti, le eventuali lenti addizionali richieste, le distanze di lavoro effettive dalla lente anteriore e le dimensioni del campo inquadrato.

 

rapporti di

riproduzione

lenti

addizionali

distanza

di lavoro

dimensioni del

campo coperto

 

1/15x

nessuna

3.350mm

   540x360mm

1/8x

1/8x

1.780mm

288x192mm

1/6x

1/6x

1.337mm

216x144mm

1/4x

1/4x

890mm

144x96mm

1/3x

  1/4x + 1/6x

635mm

103x69mm

1/2x

1/2x

440mm

72x48mm

2/3x

1/2x + 1/4x

323mm

53x35mm

1x

1x

220mm

36x24mm

1,5x

1x + 1/2x

152mm

25x17mm

2x

2x

106mm

18x12mm

3x

2x + 1x

70mm

12,6x8,4mm

 

 

VANTAGGI, TALLONI D’ACHILLE ED ATTUALIZZAZIONI

 

     Assecondando una filosofia a me cara voglio valutare i punti di forza e le zone d’ombra globali del progetto, contestualizzando nel contempo la sua concreta e possibile collocazione pratica nell’universo dei sistemi attuali.

 

     Perché è nato il Medical-Nikkor 200mm f/5,6? Tornando ai quei febbrili anni grevi di volontà propositiva e caratterizzati da un frenetico sviluppo appare chiaro come la Nippon Kogaku stesse mettendo in atto il massimo sforzo per connotare il sistema come professionale ed universale, realmente in grado di offrire risposte concrete alle nicchie più inusitate, volta forse più a creare l’immagine, il brand vincente che a tener d’occhio i numeri di produzione; infatti dopo la prima infornata caratterizzata dalle focali direttamente inerenti all’utilizzo più comune videro la luce in rapidissima successione il Reflex-Nikkor 50cm f/5 ed il Micro-Nikkor 55mm f/3,5 preset nell’Agosto 1961, lo Zoom-Nikkor 20-60cm f/9,5-10,5 nel Settembre 1961, il Nikkor-Q 20cm f/4 nell’Ottobre 1961, il Nikkor-S Auto 50/1,4 (sostituto dell’omologo 58mm f/1,4 nato appena 3 anni prima) nel Gennaio 1962, e poi ancora il Fisheye-Nikkor 8mm f/8 nel Giugno 1962, il PC-Nikkor 35mm f/3,5 nel Luglio 1962, il “nostro” Medical-Nikkor Auto 200mm f/5,6 nel Novembre 1962 ed infine lo Zoom-Nikkor 43-86mm f/3,5 (ex-Nikkorex) nel Febbraio 1963: 9 diversi obiettivi in appena 18 mesi dei quali ben 7 appartenenti alla categoria degli speciali , alcuni assolutamente inediti come concezione.

 

     Questo trend forsennato proseguirà con ritmi elevatissimi per un altro decennio gettando le basi di quello che era ed in parte è ancora il sistema di obiettivi più completo ed articolato del mondo, status raggiunto anche grazie a questi vetri particolari, forse più adatti ad arricchire una brochure che a riempire gli scaffali ma che si sono rivelati micidiali trendsetter per il leggendario sistema Nikon F.

 

     Il Medical-Nikkor nasceva in concomitanza col suo fratello plebeo, il Nikkor-Q Auto 20cm f/4 ed in effetti il loro progetto ottico palesa una origine concettuale comune che è facile riconoscere nel classico Tele-Tessar della Zeiss, con schema a 4 lenti in 4 gruppi caratterizzato dall’ampio spazio fra le lenti esterne contrapposte, dal tipico doppietto acromatico anteriore e dalla caratteristica lente di campo posteriore relativamente vicina alla pellicola; schemi analoghi sono presenti - ad esempio - nel 135mm f/4 Tele-Tessar per Rollei, nel 350mm f/5,6 Tele-Tessar per Hasselblad “V” o in alcuni tele per Voigtlander Bessamatic; viceversa il successivo Medical-Nikkor 120mm f/4 IF prevede un gruppo ottico a 9 lenti che prefigura il trend che si sarebbe poi imposto nei macro più moderni, quello di utilizzare schemi da zoom semplificati, dove la transfocazione delle lenti modifica il rapporto di riproduzione permettendo altresì in fase di progetto di controllare certe aberrazioni al variare dell’ingrandimento; infatti questa versione copre tutti i rapporti di riproduzione fino ad 1x col semplice flottaggio dei suoi elementi tramite una ghiera che consente variazioni continue e dispone di una sola lente addizionale, da 49x0,75mm di passo, per raggiungere 2x.

 

     Il primo punto a sfavore del 200mm Medical è rappresentato dalla ridotta luminosità massima, appena f/5,6, che ha imposto l’adozione delle già citate lampade pilota di messa a fuoco; del resto è la struttura meccanica stessa ad imporre questa ridotta apertura d’esordio: infatti il cannotto delle lenti è inserito all’interno del gruppo flash anulare e doveva essere di dimensioni abbastanza ridotte per consentire il posizionamento delle varie componenti elettriche ed elettroniche e d'altronde il diametro massimo dell’unità flash era vincolato alla disponibilità sul mercato di tubi ring-flash, all’epoca non certo ridondante, senza contare l’ingombro del complesso sistema ottico parallelo per la sovrimpressione dati; questa scelta ha portato all’inusitato filetto anteriore da 38mm che d’altro canto riduce il costo industriale per le 6 lenti addizionali fornite; smontando l’unità flash stupisce l’aspetto approssimativo ed artigianale dei componenti interni, più simili ad una realizzazione fai-da-te che all’ordinatissimo e perfetto prodotto industriale cui siamo oggi abituati, ma occorre tenere presente l’accelerazione in atto in quel periodo, gli obiettivi gioiosamente sfornati a ripetizione nell’intento di costruire il sistema nel minore tempo possibile; come nota a margine, ho potuto disassemblare alcuni Medical-Nikkor prima serie relativi a differenti anni di produzione, rilevando come il marchio di fabbrica o l’aspetto dei componenti elettronici, dei cablaggi, delle lampade pilota, del circuito primario stesso variasse da esemplare ad esemplare; evidentemente nel tempo la Nippon Kogaku ha cambiato i fornitori per questi semplici componenti ed anche questo costituisce una variabile statistica.

 

     Un altro svantaggio nell’impiego pratico consiste nell’aver adottato una parabola flash a potenza fissa: questo fa si che ad ogni rapporto di riproduzione sia abbinato un valore di diaframma obbligato ed invariabile, e che le aperture si modifichino proporzionalmente passando da un ingrandimento all’altro, a prescindere sia dalla profondità di campo realmente necessaria sia soprattutto dall’effetto della diffrazione con aperture come f/32 od f/45; fra l’altro il range di ingrandimenti formalmente assicurato non può essere coperto con una stessa sensibilità d’emulsione, ma occorre spaziare ampiamente fra DIN, ASA od ISO per usufruirne appieno; d’altro canto in quegli anni rischiarati da bulbi al Magnesio un flash anulare allo Xenon a scarica di condensatore sapeva già di magia e non si può pretendere troppo...Del resto il ben più moderno Medical-Nikkor 120mm f/4, progettato con la disponibilità delle più recenti tecnologie, utilizza ancora questo primitivo sistema puramente meccanico: quasi un marchio di fabbrica, un’ideologia da sostenere.

 

     D’altro canto i vantaggi erano consistenti ed adombravano rapidamente queste pecche veniali; all’epoca gli obiettivi macro come noi ora comunemente li concepiamo erano un concetto al di là da venire, si ricorreva ancora ad applicazioni garibaldine di ottiche bellows o da ingrandimento su prolunghe di varia natura, obbligando di fatto alla ripresa in studio di soggetti statici su cavalletto; il Medical-Nikkor, d’altro canto, si spingeva fino a 3x, ovvero si poteva riempire il formato inquadrando l’unghia di un dito e soprattutto l’ingrandimento non dipendeva da prolunghe ma da lenti addizionali: in buona sostanza l’apertura massima effettiva alla quale si operava non variava apprezzabilmente in tutta la gamma dei rapporti di riproduzione, permettendo di focheggiare a 3x a mano libera abbastanza agevolmente, sfruttando f/5,6 e le potenti lampade pilota! Per confronto, ancora oggi un 50mm f/2,8 macro convenzionale (privo di lenti flottanti che modificano la focale ed anche questi parametri) per passare dall’infinito a 3x registra la perdita di luminosità massima effettiva pari a 6 stop, proponendo un f/22 non propriamente pratico...E’ negli ingrandimenti più spinti, quindi, che il vantaggio del Medical-Nikkor appare con chiarezza, col bonus di una distanza minima effettiva di lavoro dalla lente anteriore di 70mm, sufficiente in ogni circostanza.

 

     Analizzando a mente fredda il Medical-Nikkor, ora che una sottile patina di tempo ed oblio ha appannato lo smalto dei suoi rutilanti esordi, cosa resta di lui che sia per noi di utilità pratica, od anche solo di insegnamento?

 

     La resa ottica di questo obiettivo è buona, ma lo schema non specialistico, la lunga focale e l’utilizzo selvaggio ed incontrollabile dell’apertura di diaframma danno vita a risultati non proprio smaglianti; il Micro-Nikkor 55mm f/3,5 che l’accompagnerà per tutti gli anni ’60 era dotato di risoluzione decisamente superiore, come la Nippon Kogaku ammetteva implicitamente quando dichiarava che le tabelle ufficiali di profondità di campo degli obiettivi Nikkor erano riferite ad una centrica di confusione (il famoso disco di Airy) di 1/30mm tranne che nel caso del Micro-Nikkor 55mm f/3,5 dove si era adottato il più restrittivo valore di 1/40mm e del Medical-Nikkor, appunto, per il quale viceversa si era scelto il valore di appena 1/20mm; tuttavia il Medical ribaltava la situazione, ancora una volta, ai massimi rapporti di riproduzione, dato che a 3x la qualità degradava poco mentre simili ingrandimenti mettevano certamente in difficoltà un macro più tradizionale ottimizzato a d 1/10x, specialmente se il Medical veniva accoppiato ad emulsioni a bassa sensibilità (25° iso) cui corrispondeva a 3x una chiusura del diaframma a valori intermedi e meno penalizzanti per diffrazione.

 

     L’avvento dei moderni flash anulari a controllo TTL e degli obiettivi macro a focale medio-lunga ha reso rapidamente obsoleto il Medical-Nikkor: per mero esempio, un AF-Micro-Nikkor 200mm f/4 ED dotato di anulare SB-21b od SB-29 consente di selezionare il valore di apertura a piacere e di mantenerlo a qualsiasi rapporto di riproduzione, focheggia senza soluzione di continuità fino ad infinito e l’esposizione TTL flash è sempre precisa e l’incisione tagliente con contrasto eccellente ed ottima soppressione del flare: parametri ormai consueti per noi abituati alla perfezione istituzionalizzata, estensibili a qualunque altro corredo moderno; io stesso ho dirottato molti odontotecnici che chiedevano lumi sul costoso Medical-Nikkor 120mm f/4 verso un Micro-Nikkor 105mm f/2,8 con flash anulare applicato, magari universale, e del resto ancora negli anni di produzione del 200 Medical erano già a listino già varie generazioni di anulari Nikon come gli SR-1 ed SR-2 ed obiettivi come il Micro-Nikkor Ai 105mm f/4 o Micro-Nikkor Ai 200mm f/4 IF che accoppiati potevano tranquillamente surclassarlo.

 

     Una considerazione sui prezzi di listino corrobora queste considerazioni: il Medical-Nikkor, a causa del suo complesso corredo di accessori forniti in dotazione, sia pure a fronte di una sostanziale semplicità costruttiva che sconfinava nello spartano, si connotava con un costo abbastanza elevato: nel 1974, ad esempio, un Medical-Nikkor costava 435.000 lire , più o meno come un Nikkor-P Auto 600mm f/5,6 (436.000 lire di listino) e circa il quadruplo dell’ottimo Micro-Nikkor 55mm f/3,5 (fermo a 108.000 lire) ; volendo comporre un sistema equivalente composto da obiettivo macro di focale lunga, prolunghe necessarie e flash anulare si devolvevano 113.000 lire per il Micro-Nikkor 105mm f/4 bellows, 105.000 lire per il soffietto PB-4 ovvero appena 70.000 lire per il più semplice PB-5 ed infine 40.000 lire per un anulare Sunpak 7K con NG 24 o 50.000 lire per l’omologo Minicam ring flash: l’aggravio totale si aggira dunque su valori di 220.000-260.000 lire; aggiornando l’equazione al 1979, ultimo anno di produzione dell’obiettivo, il Medical si posizionava a 980.000 lire, poco meno del costosissimo Noct-Nikkor 58mm f/1,2 asferico (1.010.000 lire dell’epoca), a fronte delle 229.000 richieste per il glorioso e quasi pensionato Micro-Nikkor 55mm f/3,5; imbastendo un sistema equivalente ci venivano richieste 570.000 lire per il nuovo Micro-Nikkor Ai 200mm f/4 IF oppure 420.000 lire per l’ottimo Micro-Nikkor Ai 105mm f/4 cui aggiungere l’onere del flash anulare, come ad esempio l’originale Nikon SR-2 (200.000 lire), dotato di NG 16; l’importo totale oscilla fra le 620.000 lire e le 770.000 lire: la forcella a favore si riduce ma stiamo parlando di ottiche macro recenti, con elicoide di messa a fuoco, diaframma regolabile a piacere e dotate di costoso anulare originale Nikon.

 

     Tuttavia l’atout esclusivo di raggiungere i 3x (che passano a ben 4,5x su un corpo digitale con sensore 15,7x23,6mm) mantenendo una buona definizione senza che i piani di giacitura astigmatica vadano troppo fuori controllo e con un’apertura di messa a fuoco effettiva di f/5,6 è senz’altro appetibile persino ai giorni nostri; personalmente ho utilizzato con soddisfazione il Medical-Nikkor 200mm f/5,6 su moderni corpi F4S ed F5 per macro spinte a mano libera, aggirando il problema del flash a potenza fissa con un espediente: il flash anulare TTL Nikon SB-21b utilizza ampi anelli adattatori col passo filtri dei vari obiettivi Nikkor, anelli che vengono tenuti in posizione dietro alla parabola del flash da quattro clampaggi a molla che - casualmente - hanno lo stesso diametro operativo della ghiera zigrinata presente sulla parte frontale del 200mm Medical, quindi è possibile applicare il moderno flash anulare davanti a quello incorporato nell’obiettivo, e pilotarlo in TTL grazie all’alimentatore AS-14 su qualsiasi apertura del diaframma, svincolandosi oltretutto dall’alimentazione a rete; naturalmente questo fissaggio poco ortodosso non dispone di fermi di sicurezza ma sfrutta puramente l’attrito, quindi occorre un po’ di attenzione; operando in digitale ho trovato ottimo feeling con certi modelli Nikon in virtù del flash TTL incorporato nel pentaprisma: grazie alla sua sostanziale coincidenza con l’asse ottico e alla ragguardevole distanza operativa l’illuminazione risulta uniforme e simile a quella dell’anulare originale, permettendo un comodo controllo TTL automatico e di lavorare a mano libera a ben 4,5x, inquadrando un soggetto di appena 8x5,3mm usufruendo, mi ripeto, di agevole messa a fuoco ad f/5,6 effettivi e della scelta dell’apertura di lavoro preferita, limiti di potenza del piccolo lampeggiatore permettendo.

 

     A titolo di curiosità cito lo speciale dorso Speed Magny, una sorta di dorso Polaroid disponibile all’epoca ed adattabile alla Nikon F, dotato di un complesso sistema di ingrandimento costituito da due specchi a 45° trattati antiriflesso e da una relay-lens intermedia rappresentata da un EL-Nikkor 50mm f/2,8; in pratica questo accessorio consentiva di impressionare direttamente copie Polaroid su un formato superiore al 24x36mm originale: specificamente, il modello Speed Magny 100 realizzava copie da 8,25x8,25cm su Polaroid tipo 107 e 108 con un ingrandimento di 3,2x mentre il modello Speed Magny 45 utilizzava Polaroid P/N (come le attuali 55) e garantiva un immagine da 10x12cm (4x5”) con fattore di ingrandimento relativo di 4,1x; in abbinamento con questi accessori il Medical-Nikkor 200mm f/5,6 consentiva ingrandimenti fino a 9,6x e 12,3x (rispettivamente) con disponibilità immediata del positivo, opzione davvero interessante.

 

IN SINTESI

 

     Il Medical-Nikkor Auto 200mm f/5,6 è stata una realizzazione unica nel campo degli obiettivi (con la sola eccezione del peraltro modernissimo Yashica Dental-eye 100mm f/4), consentendo funzioni operative di grande valore aggiunto in un’epoca nella quale l’adolescenza tecnologica del settore obbligava ancora l’utente a complessi voli pindarici, astrusi arcimboldi meccanici e richiedeva notevole esperienza ed approfondite conoscenze teorico-tecniche; il merito del Medical-Nikkor fu quello di mettere in mano a tecnici e specialisti ma non necessariamente fotografi navigati uno strumento di lavoro per la documentazione precisa e puntuale a coniugate estremamente ridotte con sovrimpressione dati, servita da un’affidabile illuminazione flash priva di ombre e governata da un semplice sistema di regolazione a prova di errore, una bovina impostazione analogica ed intuitiva che non richiedeva competenze specifiche; il tutto a comode distanze operative.

 

      La sua estrema specializzazione ne ha limitato molto la diffusione ed ora rappresenta un interessante esempio delle splendide realizzazioni concepite al tramonto di una grande epopea, quando l’ingegno dell’uomo era coniugato al servizio della meccanica fine e la fredda rivoluzione introdotta dall’elettronica di consumo ancora al di là da venire, un monumento ad una filosofia di pensiero che accomuna altri elementi del sistema Nikon di allora, come i servomotori EE della serie DS, che ha ceduto alle logiche di mercato lasciando numerosi rimpianti in chi non preconizza la vita, io per primo, come un’asettica sequela di cifre.

 

CARATTERISTICHE PRINCIPALI

 

MODELLO

Nikon Medical-Nikkor Auto 200mm f/5,6 1° tipo

FOCALE EFFETTIVA

200,0mm

LUMINOSITA’ MASSIMA

f/5,6

DIAFRAMMI DISPONIBILI

5,6-8-11-16-22-32-45

ANGOLO DI CAMPO (base-altezza-diagonale)

10°20’  -  6°50’  -  12°20’

SCHEMA OTTICO

4 lenti in 4 gruppi ( tipo Tele-Tessar )

DISTANZE DI MESSA A FUOCO AMMESSE

da 3.350mm a 70mm dalla lente frontale

INGRANDIMENTI AMMESSI

da 1/15x a 3x

SERIE DI RAPPORTI DI RIPRODUZIONE

1/15x-1/8x-1/6x-1/4x-1/3x-1/2x-2/3x-1x-1,5x-2x-3x

MASSIMO CAMPO INQUADRATO

360x540mm

MINIMO CAMPO INQUADRATO

8,4x12,6mm

POTENZA DEL FLASH INCORPORATO

60 W/sec

TEMPERATURA COLORE DEL FLASH

6.000° K

DURATA DEL LAMPO

1/500 – 1/600”

SENSIBILITA’ UTILIZZABILI

Da 10° iso ad 800° iso

TEMPO DI RICARICA CON ALIMENTATORE AC

13 secondi

ALIMENTAZIONE AC

100v – 117v - 240v

ALIMENTAZIONE DC

4 batterie “D” da 1,5v - 1 batteria “491” da 240v

TEMPI DI SINCRONIZZAZIONE

1/30” Nikon F – 1/60” Nikkormat e Nikkorex F

DIAMETRO FILETTATURA ANTERIORE

38x0,75m

ATTACCO OBIETTIVO

Baionetta Nikon F

DIMENSIONI (diametro-lunghezza)

80x168,5mm

PESO

650g

PERIODO DI PRODUZIONE

Novembre 1962 - Marzo 1972

MATRICOLE DI PRODUZIONE

dal n° 104.011 al n° 113.011

ESEMPLARI PRODOTTI

9.000

 

 

                                                                                                                   (Marco cavina)

 


CONTATTO           ARTICOLI  TECNICI  FOTOGRAFICI