L' AF-S  ZOOM-NIKKOR 17-35mm f/2,8 ED D  DI  MARCO  CAVINA:

STORIA  UN  PO'  AVVENTUROSA  DELL'OBIETTIVO  AL  QUALE

PROBABILMENTE  SONO  PIU'  AFFEZIONATO

 


11/08/2012

 

Credo che nessuno possa obbiettare sul fatto che la natura stessa dell'uomo lo porta ad affezionarsi a ciò con cui convive e con cui condivide importanti momenti della vita, attimi epocali e culminanti che sublimeranno in ricordi indelebili e gravidi di nostalgia nell'età matura; si può tranquillamente affermare che tale stretta simbiosi si estende non soltanto agli esseri viventi ma anche a manufatti ed oggetti di uso comune, fedeli compagni di avventure, gioie, momenti di acme irripetibili; in questo contesto le attrezzature fotografiche sono perfettamente a ruolo: feticismi a parte, come non affezionarsi agli strumenti che hanno permesso di esprimere il nostro io interiore e magari realizzare le nostre immagini più belle, ovvero le più significative di una fase del nostro percorso?

Iniziamo: c'era una volta un bel Nikon AF-S zoom-Nikkor 17-35mm f/2,8 ED D, intrigante obiettivo fresco di presentazione alle fiere di settore del 1999, importato da Nital durante la 24^ settimana dell'anno 2000 (codice sulla Nital Card 2400) ed acquistato da Marco Cavina il 19 Giugno 2000; all'epoca il prezzo di listino si avvicinava ai 4,5 milioni di Lire ed era decisamente impegnativo, ma trattandosi - allora - del mio 100° obiettivo (cifra tonda!) lo avevo tenuto "da parte" per questo particolare "giubileo", pur alienando simultaneamente (sia per logica funzionale sia per limitare l'emorragia pecuniaria) quattro fratellini Nikkor: il 20mm f/3,5 AiS (peraltro da tempo pensionato nell'uso dal più moderno 20mm f/2,8 AiS), l'AF 24mm f/2,8, il 35mm f/2,8 PC decentrabile ed il 135mm f/2,8 AiS.

Quel 17-35mm f/2,8 ED D, matricola 222513, finì dunque nelle mie mani giusto in tempo per le ferie estive sulle Dolomiti, e per un "superwider" come me era un complemento naturale: toccavo letteralmente il cielo con un dito!

 

In effetti il Nikkor AF-S 17-35mm f/2,8 ED D è stato un obiettivo epocale per molteplici aspetti: pur anticipato dal Canon EF 17-35mm f/2,8 L, fu il primo zoom supergrandangolare luminoso e professionale veramente moderno: nato per la coeva reflex digitale professionale Nikon D1, affamata di corte focali a cagione del suo sensore APS-C a formato ridotto, questo zoom costituì un vero trendsetter, integrando uno schema più semplificato ma nobilitato da ben 3 lenti asferiche (due ottenute per glass molding ed una con rivestimento in resina) e da due lenti ED tipo Hikari E-FK01 a bassissima dispersione (indice di rifrazione nD= 1,497  dispersione vD= 81,6) che garantivano una correzione dell'aberrazione cromatica mai vista prima in obiettivi analoghi; a questo va aggiunta una proiezione particolarmente telecentrica, come richiesto dai sensori digitali ed un trattamento antiriflessi molto efficace che consentiva controluce impegnativi senza produrre un flare significativo.

Se la parte ottica era veramente all'avanguardia (la sua architettura fu poi imitata da Canon e persino da Zeiss, col l'omologo obiettivo per Contax N), la meccanica non era da meno: per la prima volta la Casa madre, dopo un lungo inseguimento per dribblare i brevetti Canon relativi al sistema USM (e, visto il prezzo di questi primi modelli Nikkor, sospetto anche con un agreement fra le aziende ed il relativo pagamento delle royalties su elementi chiave dei brevetti), era riuscita a proporre il proprio motore di messa a fuoco ad ultrasuoni, battezzato SWM (Silent Wave Motor), incorporandolo inizialmente solo nella tripletta di zoom professionali f/2,8 (17-35mm f/2,8, 28-70mm f/2,8 ed 80-200mm f/2,8, ricalcolato per l'occazione); questo sistema garantiva al 17-35mm f/2,8 una messa a fuoco molto veloce e silenziosa, con la possibilità di intervento manuale continuo grazie ad un sistema di frizione ad attrito sulla relativa ghiera; altri dettagli qualificanti sono la distanza di fuoco minimo ad appena 0,28m su tutte le focali, l'attacco per i filtri non rotante, un barilotto molto robusto con doppia ghiera ben frizionata - e finitura satinata molto resistente all'usura - ed una speciale baionetta anteriore per l'applicazione rapida del paraluce dedicato e sagomato a tulipano.

Tutte queste caratteristiche racchiuse in quei 745g di meraviglia, contestualizzate nella loro epoca, in cui molti fotografi utilizzavano ancora ottiche Nikkor F modificate Ai di 30 ani prima, ne facevano una sorta di UFO nel corredo Nikon ed anche nel panorama mondiale, sebbene - appena 2 anni dopo - lo storico rivale Canon avrebbe fatto nuovamente lo sgambetto alla Casa presentando il beffardo EF 16-35mm f/2,8 L...

L'AF-S 17mm f/2,8 ED D inaugurò un nuovo stile nel design degli zoom professionali Nikon, ed il merito di questa struttura funzionale, elegante ed essenziale ad un tempo va ad un pool di designer della Nikon Corporation costituito da Arata Ono, Jun Akabane, Yasuki Nagaoka e Jun Konno; questo design venne brevettato negli U.S.A., con richiesta di brevetto in data 6 Dicembre 1999 e relativa registrazione in data 16 ottobre 2001; considerando che questo brevetto  tutela i contenuti per 14 anni, il design dell'obiettivo risulta ancora protetto fino all'Ottobre 2015! Nello schema seguente ho raccolto i disegni presenti nel brevetto citato.

 

 

A parte tutto questo, ciò che fece amare incondizionatamente quest'obiettivo fin dal suo esordio furono le sue prestazioni ottiche: risoluzione, brillantezza, contrasto e saturazione dei colori tracciavano nuovi standard fra i grandangolari Nikkor e ben presto ci si rese conto che, specialmente sulle focali più corte, questo zoom globalmente surclassava le focali fisse che l'avevano preceduto; essendo nato in un periodo in cui il digitale reflex muoveva ancora i primi passi, venne naturalmente calcolato per impressionare l'intero fotogramma 24x36mm, a beneficio della grande maggioranza degli utenti che utilizzavano ancora pellicola 35mm, tuttavia il picco delle sue prestazioni guardava già al futuro ed era concentrato sui primi 14-15mm di diagonale, quelli utilizzati dai sensori Nikon APS-C da 15,7x23,6mm: pertanto troviamo nitidezza e brillantezza strepitose nelle zone centrali e mediale, mentre i bordi restano un po' indietro, come del resto solitamente avviene anche nei supergrandangoli a focale fissa, salvo rarissime eccezioni, tuttavia la saturazione e la brillantezza dei colori aiutano a dissimulare lo scarto, e se chiudiamo il diaframma ad f/8 otteniamo una qualità complessiva su tutto il fotogramma 24x36mm molto soddisfacente; i diagrammi MTF che seguono sono stati realizzati su un banco MTF Zeiss K8 utilizzando il classico standard impiegato sugli obiettivi Zeiss, ovvero misurando il trasferimento di contrasto a 10, 20 e 40 cicli/mm con duplice orientamento sagittale (linea continua) e tangenziale (linea tratteggiata), a piena apertura (f/2,8) e con 2 stop di chiusura (f/5,6); le focali considerate sono 17mm, 24mm e 35mm.

 

 

I valori ottenuti sono veramente eccellenti a 17mm e 24mm (il trasferimento ridotto sulla lettura tangenziale a 17mm nelle zone periferiche è abbastanza fisiologico in quasi tutti i supergrandangolari), mentre alla focale 35mm le zone marginali stentano a decollare; va comunque detto che, per esperienza personale, i bordi migliorano fino ad f/8 e addirittura f/11 (pur accettando un calo di brillantezza sull'asse a causa della diffrazione), quindi la lettura ad f/5,6 privilegia l'asse ma non mostra il potenziale massimo ai bordi; un comportamento analogo si registra anche nel noto e diffuso Canon EF 17-40mm f/4 L.

Queste caratteristiche hanno decretato un tale successo da giunstificare il mantenimento a listino per lunghi anni, anche quando nuovi ed interessanti modelli si affacciavano alla ribalta (AF-S 14-24mm f/2,8 ed AF-S 16-35mm f/4 VR).

Sarebbe comunque tendenzioso omettere l'informazione che tutta la parte posteriore (ghiera del diaframma e relativa battuta fino alla parte gommata), oltre a parte dello chassis interno, sono realizzati in plastica stampata e che le quattro lunghe viti di fissaggio posteriori (la quinta, più corta, non è strutturale) che bloccano in sede la baionetta e la porzione posteriore dell'obiettivo sono filettate direttamente nella plastica dello chassis interno... Tutto questo non compromette la funzionalità e la robustezza complessiva, ma devo ammettere che, considerando il costo dell'obiettivo, questa presa di coscienza mi ha un po' deluso, anche perchè la ghiera del diaframma e la relativa sede sono plastica che ruota su plastica, non certamente il materiale più resistente e durevole: probabilmente - in sede di progetto - hanno fatto affidamento sul fatto che nei moderni corpi macchina il diaframma si comanda dal corpo macchina e la ghiera dell'obiettivo resta inoperosa alla massima chiusura...

Tornando a noi, inutile dire che il 17-35mm f/2,8 divenne subito il mio obiettivo preferito, e nel primo biennio (2000 - 2002) non si staccò quasi mai dai corpi F4S ed F5 sui quali lo utilizzavo, sovente abbinandolo ad un polarizzatore e, per buona misura, bissando talvolta anche con un filtro degradante grigio per il cielo ed un fill-in di flash con SB-24 o SB-28 per il primo piano, ottenendo le visualizzazioni che avevo sempre sognato.

 

Il vecchio Lino; ripresa all'ombra in esterni con Nikon F4S, AF-S 17-35mm f/2,8 ED D a 35mm e Kodak T-MAX 400.

 

Allegri personaggi in alta valle San Niccolò; Nikon F4s, AF-S 17-35mm f/2,8 ED D a 28mm, Velvia; scansione dell'epoca (e si vede...).

Nel 2002 acquistai una delle prime Nikon D100 + MB-D100, mitico corpo macchina che permise finalmente di approcciare il digitale senza timori reverenziali e di dare libero sfogo alla creatività; in questi periodi  frenetici ed entusiasmanti, ancora una volta, il 17-35mm f/2,8 ED D fu l'ottica "standard" quasi sempre montata in macchina, garantendo una copertura "equivalente" a 25,5mm - 52,5mm di notevole versatilità.

 

Pescatore di Cesenatico; Nikon D100, AF-S 17-35mm f/2,8 ED D a 35mm, RAW-NEF su IBM Microdrive 1Gb.

 

Pescatori di Cesenatico; Nikon D100, AF-S 17-35mm f/2,8 ED D a 17mm, RAW-NEF su IBM Microdrive 1Gb.

 

Immagine composita; Nikon D100, AF-S 17-35mm f/2,8 ED D; vari scatti RAW-NEF su IBM Microdrive 1Gb.

 

Negli anni successivi la Casa madre abiurò le affermazioni sottoscritte in precedenza (a cagione delle quali, nel frattempo, avevo acquistato una full-frame Canon ed un costosissimo corredo di ottiche EF-L) e sfornò un sensore 24x36mm che produceva un file di eccellente qualità tonale... Anche in questo caso - di nuovo - il 17-35mm f/2,8 ED D, finalmente restituito al suo originario ruolo di ampio respiro, fu per me l'ottica di maggiore soddisfazione!

 

Canazei alta vista dalla cella campanaria del campanile di San Florian; Nikon D700, AF-S 17-35mm f/2,8 ED D a 17mm, polarizzatore, RAW-NEF a 14bit.

 

La mia sinergia inossidabile con quet'obiettivo continua negli ultimi anni di questa prima decade di millennio, ed anche se nel frattempo alterno in parallelo sistemi digitali full-frame Canon e Nikon, il Nikkor 17-35mm f/2,8 resta un riferimento al punto che, mettendo in borsa la Nikon D700 per le foto e la EOS 5D Mark II per i video full-HD e non avendo spazio per il doppio corredo di ottiche, non disdegno di piazzare il nostro AF-S sul corpo Canon grazie ad un anello adattatore...

E veniamo ad uno dei famosi eventi epocali... 30 Giugno 2010, mattina, bella giornata di sole... Presso baita Ciampiè (val di Fassa) decido di filmare il corso turbolento del rùf San Niccolò; estraggo un leggerissimo treppiedi cinese con testa in resina e avvito la piastrina ad attacco rapido sul fondello della Canon EOS 5D Mark II equipaggiata con impugnatura BG-E6, due batterie LP-E6, scheda CF da 32Gb e - appunto - il Nikkor AF-S 17-35mm f/2,8 ED D adattato con il relativo anello.

Piazzo il cavalletto su un masso a filo d'acqua ed applico l'attrezzatura; proprio il peso a sbalzo dell'obiettivo soperchia il dispositivo di fermo della piccola testa, facendo improvvisamente ruotare tutto il complesso in avanti; arrivando a fondo-corsa l'elemento si blocca violentemente, e l'inerza del complesso riesce a deformare la resina della testa, facendo uscire la piastra di fermo dalla sede... Prima che possa muovere un muscolo, assisto atterrito ad una scena agghiacciante: il complesso fotocamera-obiettivo cade sul masso, impattando sulla baionetta anteriore dell'ottica (purtroppo priva di filtro e paraluce) e, non contento, rimbalza finendo a bagno nell'acqua del torrente.

Giusto il tempo di pensare un'imprecazione irriferibile ed avevo già recuperato il tutto, ma l'immersione aveva allagato macchina ed obiettivo: c'era acqua nel vano batterie, sotto il display posteriore, nel mirabox, fra vetro di messa a fuoco e pentaprisma, mentre le lenti dell'obiettivo sembravano l'oblò di una lavatrice in funzione con il livello dell'acqua a vista...

Sconsolatissimo smonto i pezzi, li scrollo, li asciugo per quanto possibile e li lascio al caldo sole estivo sul corrimano ligneo del terrazzo; dopo qualche ora il corpo macchina EOS 5D Mark II e relativi accessori sono completamente disidratati e, incredibilmente, rimontando i componenti
tutto sembra funzionare come prima... Da allora sono passati oltre 2 anni, ho realizzato con lo stesso corpo svariate migliaia di immagini, molte delle quali professionali, senza mai inviare l'apparecchio in revisione e senza avere il minimo problema.

Discorso diverso, purtroppo, per il Nikkor AF-S 17-35mm f/2,8 ED D: la baionetta anteriore appare danneggiata ed un settore metallico risulta tranciato di netto e non so che danni possa aver fatto l'allagamento; dopo aver centrifugato manualmente l'obiettivo centinaia di volte con la manovra "scarica termometro", impugnandolo per la parte frontale e facendo evacuare l'acqua dalla baionetta posteriore, l'ho messo al sole senza tappi sulla focale 35mm (che fa rientrare la grande lente posteriore, facilitando la fuoriuscita dell'umidità); dopo alcune ore di esposizione, l'acqua è evaporata ma rimangono condense di umidità sulle lenti interne, cui cerco di ovviare, con successo, proiettando un getto di aria calda nell'apertura posteriore con un asciugacapelli.

Terminate queste operazioni mi accingo ad effettuare "l'autopsia" sul mio adorato obiettivo, con un broncio che arriva ai piedi; il diaframma, azionandolo manualmente tramite la camma posteriore, appare legato e non si riapre con la necessaria rapidità; supponendo un residuo di umidità, ripeto la prassi con il phon ed il problema è superato; la ghiera anteriore è priva di un settore ma, incredibilmente, non risulta deformata, quindi tappi, filtri e paraluce si montano regolarmente e, per fortuna, la lente non ha subito alcun danno; le ghiere girano regolarmente senza impuntamenti e non ci sono residui visibili fra le lenti perchè le acque del torrente, a circa 1800m di quota, erano molto limpide.

Siccome il Corpo D700 + MB-D10 e l'AF-S 17-35mm f/2,8 costituivano l'attrezzatura basilare per quelle vacanze (e l'incidente è avvenuto il secondo giorno...), provai a montare l'obiettivo sul corpo macchina: il diaframma funzionava correttamente, le foto erano ben esposte e nitide come prima, i metadati di scatto venivano comunicati dall'obiettivo e registrati sul file ma, purtroppo, il motore SWM di messa a fuoco era morto!

Mi rammaricai della scoperta, visto che proprio grazie alla sua messa a fuoco rapida e silenziosa, nel tempo, avevo realizzato molte immagini candid a soggetti ignari, tuttavia l'obiettivo manteneva una piena funzionalità grazie alla messa a fuoco manuale; le immagini che seguono illustrano l'ultima foto realizzata prima dell'incidente e la prima scattata subito dopo, alle ore 17 dello stesso giorno: tale era la mia volontà di recuperarlo che dopo poche ore l'obiettivo era nuovamente in esercizio.

 

...con obiettivo perfetto (29 Giugno 2010, pomeriggio)...

 

....e con obiettivo menomato (30 Giugno 2010, pomeriggio)...


Questi ultimi due anni sono trascorsi così: l'obiettivo, con le sue "cicatrici di guerra" è rimasto a lungo inoperoso in vetrina, sostituito dall'omologo Canon EF-L, finchè un tentativo di riparazione fai-da-te ha ulteriormente peggiorato la situazione, portando alla rottura di una camma interna di comando del diaframma, per sostituire la quale sono necessarie 2 ore di mano d'opera da parte di personale specializzato, dovendo smontare l'intero obiettivo...

A questo punto (fine Giugno 2012), visto che il Nikkor era divenuto completamente operativo, mi sono finalmente deciso ad inviarlo all'assistenza autorizzata per ripararlo, azione che avevo sempre rimandato temendo che la sostituzione del motore SWM e della parte danneggiata avrebbero comportato un costo troppo elevato, accontentandomi di usarlo in messa a fuoco manuale; fortunatamente il motore non risultava compromesso e per ripristinarlo è stato sufficiente sostituire il circuito di alimentazione; l'intero cannotto anteriore è stato rimpiazzato, così come le componenti interne per il controllo del diaframma, l'obiettivo è stato accuratamente tarato ed è finalmente tornato in mio possesso il 9 Agosto, bello e pimpante come nuovo e con una spesa tutto sommato ragionevole (circa 465 Euro, IVA e spedizione comprese).

 

L'obiettivo subito dopo la caduta/allagamento e come appare ora, perfettamente funzionante
ed in perfetta forma.

Il fedele compagno di molte avventure e di tante piccole gioie interiori è tornato dunque alle condizioni originali, pronto ad accompagnarmi nuovamente sul cammino alla ricerca di nuove immagini e - forse - di me stesso allo specchio.

Ed anche questo è felicità.

(Marco Cavina)

 


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