NIKON  Ai  ANCETRES :

UN  PROGETTO  DEL  1965  PER  L'INFORMAZIONE  AUTOMATICA

DELL'APERTURA  MASSIMA  DEGLI OBIETTIVI  ALL'ESPOSIMETRO,

12  ANNI  PRIMA  DEL  LANCIO  EFFETTIVO  DELLA  GENERAZIONE  Ai

 



02/07/2007


Tutti gli appassionati, ed i Nikonisti in particolare, conoscono bene l'evoluzione tecnica che ha caratterizzato
il sistema di accoppiamento fra obiettivi e corpo macchina adottato dalla Nippon Kogaku dal lancio della mitica
Nikon F (nel 1959) fino ai modelli di penultima generazione, un sistema a dir poco conservativo che ha sempre
concesso ben poco alle ultime frivolezze concepite dalla concorrenza e che prevedeva fin dall'inizio la classica
forcella sulla ghiera del diaframma che si accoppiava ad un apposito perno del corpo macchina, a sua volta
collegato ad una resistenza variabile; ruotando la ghiera del diaframma, la forcella ad essa solidale trascinava
il perno  ingaggiato, modificando il valore di resistività della resistenza a contatto strisciante e correggendo
di conseguenza il punto indicato dal galvanometro posto in serie al circuito esposimetrico, fornendo all'utente la
corretta esposizione.

Il sistema in se è adeguato e preciso, anche se richiede una complessa cascata di rinvii di meccanica fine, ma resta
un problema insoluto: l'esposimetro del corpo macchina, per effettuare letture corrette a piena apertura, deve conoscere
il valore relativo alla massima apertura di diaframma disponibile sull'obiettivo in uso, per sapere in che condizioni sta
misurando la luce proveniente dall'ottica: infatti, anche impostando lo stesso valore di chiusura sul simulatore del
diaframma (ad esempio f/8), l'esposimetro fornirebbe letture molto diverse adottando un obiettivo f/2,8 anzichè f/1,4,
poichè il flusso luminoso che arriva alle fotocellule sarebbe in questo caso quattro volte inferiore al precedente.

Con i primi mirini-esposimetri per Nikon F con cellula al selenio (tipo 1 e tipo 3) il problema non esisteva, dal momento
che la lettura non era TTL ma veniva effettuata da una cellula esterna accoppiata ai tempi di otturazione ed alla
sensibilità adottata, ed indicava su un regolo il valore di diaframma da riportare manualmente sulla ghiera dell'obiettivo;
con l'avvento dei primi esposimetri Photomic a lettura TTL, invece, le cose si complicarono, richiedendo l'informazione
ulteriore descritta in precedenza; il sistema adottato dalla Nippon Kogaku fu quello della famosa "scarrellata" del diaframma:
dopo aver accoppiato il perno del corpo macchina alla forcella dell'obiettivo (operazione che avveniva automaticamente
al montaggio dell'ottica) occorreva ruotare la ghiera delle aperture fino a fondo-corsa del valore più aperto, ed il perno
del Photomic, trascinato di conseguenza, spostava un cursore dotato di arresti a scatto su tutti i valori disponibili nella
gamma Nikkor, arrestandolo proprio sulla tacca relativa al valore massimo di apertura dell'ottica, ad esempio f/1,4.

Il sistema era efficiente ma obbligava l'utente a questa noiosa ginnastica ad ogni cambio di ottica, e la pazienza degli
aficionados fu messa a dura prova, dal momento che dovettero attendere fino al 1977 per assistere ad una evoluzione
che finalmente pensionava il vetusto sistema di indicizzazione, sostituito dal celebre sistema Ai (da Automatic Index)
che si basava su una tacca sporgente dalla ghiera del diaframma, appoggiata al fondo-corsa di riposo di una camma
(in rilievo sul corpo macchina) quando il diaframma era alla massima apertura, che trascinava la camma stessa durante
la chiusura del diaframma facendo ruotare la ghiera (coassiale alla baionetta) dalla quale sporgeva.

In realtà la pazienza dei Nikonisti non sarebbe stata così sollecitata se fosse andato in porto il progetto descritto in
questo pezzo, prontamente realizzato a metà anni '60 non appena apparve il primo mirino-esposimetro a lettura TTL;
infatti, nel Febbraio 1965, i progettisti Shigeo Ono e Jun Shimomura progettarono una evoluzione del neonato Photomic
a  lettura interna, aggiungendo alla baionetta del corpo macchina un accoppiamento a speciali pivot che sporgevano
dalla baionetta dell'obiettivo e la cui posizione angolare era in funzione dell'apertura massima disponibile sull'obiettivo;
montando l'ottica, con la rotazione a fondo-corsa il pivot spostava una camma che faceva ruotare una ghiera dotata
di un settore dentato che trasferiva l'informazione all'esposimetro, e nell'entusiasmo fu addirittura prevista la posizione
f/1,0! Questo sistema avrebbe consentito la praticità d'utilizzo propria del sistema Ai con la bellezza di dodici anni
di anticipo, ma probabilmente la complessità meccanica del sistema suggerì di soprassedere, ripiegando sulla più
macchinosa ma anche più semplice rotazione manuale della ghiera ad ogni cambio d'ottica: in fondo la lettura TTL a
piena apertura era già una ghiotta miglioria e probabilmente si immaginò che i fortunati e facoltosi utenti sarebbero
stati comunque soddisfatti dell'apparecchio.


Lo spaccato proveniente dal progetto originale evidenzia la miglioria proposta da Ono e Shimomura-San
al nenonato Photomic TTL; in particolare, era prevista una ghiera coassiale (18) che si accoppiava al pivot
presente nella baionetta dell'obiettivo applicato (31, esagerato in lunghezza per esigenza grafica); la posizione
del pivot (31) ruotava la ghiera (18), ed il suo settore dentato (18a) muoveva l'ingranaggio (19) che, con un
complesso e fantasioso sistema di rinvii, modificava la posizione del galvanometro (8 - 8a), informando di fatto
l'esposimetro circa il valore massimo disponibile; una ulteriore miglioria rispetto ai classici mirini Photomic per
Nikon F riguarda la visualizzazione nel mirino del valore di diaframma impostato: la camma (15), messa in
rotazione dalla ghiera del diaframma tramite la forcella (30), spostava la barra (14) su guide, ed il suo settore
dentato (14b) ruotava l'elemento (32) che disponeva di un display trasparente (32a) con riportati i valori di diaframma,
visualizzati uno ad uno nel mirino grazie all'illuminazione per trasparenza fornita dalla finestrella anteriore (33);
naturalmente l'azione della camma (15) - tramite la barra (14) - entrava attivamente nel feed-back di rinvii e
trasmissioni che permettevano il controllo dell'esposizione. L'evidente complessità dell'intero sistema suggerì
probabilmente di soprassedere, optando per soluzioni più semplici e di sicura affidabilità; inoltre, non è chiarito
se la ghiera (18), di ampie dimensioni, fosse parte integrante del modulo esterno (come sarebbe poi avvenuto
nei Servo-EE tipo DS per Nikon F2) o se andasse inserita nel corpo macchina, modificando di fatto tutta la
linea di produzione, ipotesi non praticabile.

 

MARCOMETRO

L'INDICIZZAZIONE  AUTOMATICA  DELL'APERTURA  MASSIMA  NEL 1965
AVREBBE  PREVENUTO  LUSTRI  DI  MUGUGNI  FRA  I  NIKONISTI,  MA
LA  COMPLESSITA'  DEL  SISTEMA  HA  FATTO  SOPRASSEDERE;  IL
LIMITE  DEL  SISTEMA  NIKON  F  STAVA  NELLA  VOLONTA'  DI  AGGIORNARE
IL  CONSERVATIVO  CORPO  MACCHINA  SEMPRE  E  SOLO  CON  MODULI
AGGIUNTIVI  ESTERNI,  MENTRE  IN  CERTI  CASI  SAREBBE  STATO  LOGICO
INTERVENIRE  PROPRIO NEL  CUORE  DEL  SISTEMA;  CURIOSAMENTE,
QUESTA  MODULARITA'  APERTA  ALL'UPGRADING  SENZA  MODIFICARE
IL  CORPO MACCHINA  E'  STATA  ANCHE  LA RAGIONE  DEL  SUO  ENORME  SUCCESSO...



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