REFLEX-NIKKOR  STORY:

L'EVOLUZIONE  DEI  CATADIOTTRICI  NIKON

CON  SCHEMI  E  DATI  INEDITI





ABSTRACT

Reflex-Nikkors was the first mirror lenses delivered for common photographic
purposes and built within the top class ground; they was available since 1959 and
the series included along time a 1000mm f/6,3 and f/11, a 500mm f/5 and f/8
and an impressive 2000mm f/11; here you are the evolution landmarks and
optical/mechanical drawings with unprecedented data from the original projects.

09/01/2009

Gli obiettivi catadiottrici, ovverosia le ottiche di lunga focale realizzate utilizzando lenti e specchi,
hanno sempre affascinato un folto gruppo di utenti trasversali con interessi che spaziano dalla
fotografia alla sorveglianza all'astronomia, grazie alla notevole compattezza che li caratterizza
e all'ottima correzione dell'aberrazione cromatica, difficile su focali a rifrazione così lunghe; l'idea
di "accorciare" l'obiettivo facendo rimbalzare più volte i light pencils attraverso specchi contrapposti
risale indietro nel tempo e modelli più o meno avanzati e sofisticati sono stati via via teorizzati dai
vari Schmidt, Mangin, Cassegrain, Maskutov, Schlegel, eccetera; le prime applicazioni pratiche in
una certa scala sono relative a dispositivi impiegati ai tempi della seconda guerra mondiale, come gli
"snipers" americani (mirini catadiottrici superluminosi per infrarossi montati su armi leggere) o l'ineffabile
dispositivo tedesco "Kikinar" messo a punto dalla Leitz Wetzlar (SIC, nei famosi stabilimenti sotterranei)
per la sorveglianza costiera ad infrarossi, a sua volta servito da potenti teleobiettivi catadiottrici da 400,
600 e 900mm realizzati dalla stessa Leitz, ottiche progettate da un giovanissimo Mandler e poi brevettate
dallo stesso matematico nell'immediato dopoguerra, per acquisirne nuovamente i diritti...

Anche i sovietici diedero impulso ad una grande evoluzione degli schemi catadiottrici, e gli va riconosciuto
di essersi spinti ai limiti più estremi, ben rappresentati dal mastodontico 8200mm adottato su satelliti-spia e
dal 20mm f/0,5, una delle ottiche più luminose mai realizzate; proprio la serie di obiettivi MTO - Rubinar,
catadiottrici sovietici dal prezzo estremamente abbordabile e dotati di innesto intercambiabile T2, ebbe
l'indiscusso merito di fare conoscere ed apprezzare al grande pubblico questa categoria di ottiche, e molti
lettori con le tempie brizzolate ricorderanno il famoso MTO 500mm f/8, l'obiettivo che apriva a tutte le tasche
il mondo rarefatto dei supertele.

Il primo costruttore a realizzare e mettere sul mercato obiettivi catadiottrici regolarmente destinati alla
fotografia convenzionale e distribuiti ufficialmente fu la Nippon Kogaku, che nel Giugno del 1959, nell'ambito
dell'IPEX Camera Exibition americana, presentò il mitico sistema Nikon F ed un gigantesco obiettivo Reflex-
Nikkor da 1000mm f/6,3, poi seguito da versioni caratterizzate da 500mm e 2000mm di focale; i grandi costruttori
nipponici seguirono questo esempio con grande ed incomprensibile ritardo, lasciando di fatto alla Nippon Kogaku
una leadership indiscussa nel settore, ed anche i celebri Mirotar Zeiss, prodotti in una manciata di esemplari, non
possono essere considerati una concreta risposta commerciale; del resto, questa situazione si rifletteva in tutti i
settori delle ottiche speciali, nei quali il corredo Nikkor F non ebbe rivali per le prime due decadi della sua storia:
solamente Canon, in occasione dell'irripetibile vetrina mondiale rappresentata dalle olimpiadi di Tokyo 1964, lanciò
tre catadiottrici straordinari (un luminosissimo 800mm f/3,8, un 2000mm f/11 ed un mastodontico 5200mm f/14
pressurizzato con azoto), tuttavia la loro destinazione principale prevedeva l'impiego su telecamere in postazione
fissa, unica opzione possibile in virtù del peso variabile fra i 15 ed i 100kg !





Gli obiettivi Reflex-Nikkor esordirono con la focale da 1000mm f/6,3 nel Giugno 1959; dal momento che
all'epoca coesistevano sia il sistema Nikon S a telemetro che il neonato corredo Nikon F, fu allestita una
doppia versione destinata ad entrambi i tipi di apparecchio; pochissimi sanno che i primi esemplari di tale
obiettivo portavano la denominazione 1:6,3 f = 100cm, poi convertita in 1000mm, e che il progetto ottico
(come  avvenne in seguito anche per i 1000mm f/5,6 Mirotar Zeiss Oberkochen e Spiegelobjektiv Zeiss
Jena) copriva il formato 6x6cm: esiste infatti la documentazione relativa ad una versione destinata alla Zenza
Bronica di tale formato, cui del resto erano destinati altri obiettivi per scatola reflex della Nikon S, come il 180,
il 250, il 350 ed il 500mm, anch'essi molto generosi in quanto a copertura! L'estetica e la finitura del 1000mm f/6,3
sono estremamente originali e caratteristiche: l'ottica, per breve tempo rifinita in nero, venne rapidamente convertita
ad un colore grigio chiaro, probabilmente per scongiurare il surriscaldamento in caso di esposizione solare e le
relative dilatazioni dei grandi specchi, lasciando di colore nero soltanto un grande anello anteriore e posteriore;
un'altra caratteristica unica è rappresentata da due maniglie per il trasporto applicate alla parte superiore del barilotto,
la cui foggia ricorda quelle di una borsa per medico condotto, necessarie per brandeggiare un obiettivo da 9,9kg;
appena dinnanzi alle maniglie troviamo una sorta di mirino per il puntamento rapido, simile a quello usato sulle armi
da fuoco. Lo schema ottico del 1000mm f/6,3 era a struttura fissa e la messa a fuoco avveniva grazie ad un soffietto
posteriore dotato di cremagliera (soluzione poi ripresa anche dai Mirotar), che limitava l'escursione dall'infinito ad
appena 30m, una distanza un po' penalizzante; questa limitazione era compensata però da una lussuosa dotazione di
filtri: un'apposita torretta girevole poteva inserire sul percorso ottico un filtro skylight L39, uno giallo Y52, uno arancio
O56 ed uno rosso R60, mentre una serie ulteriore di filtri ND, applicabili posteriormente, poteva ridurre l'apertura
massima f/6,3 ad f/11, f/16 ed f/22; la montatura posteriore del 1000mm f/6,3 consente la rotazione rapida della
fotocamera a 90° e la dotazione originale comprendeva una robusta valigia metallica ed un corpulento paraluce di
colore nero, assolutamente necessario; la versione in attacco per scatola reflex Nikon S fu prodotta in un numero
imprecisato di esemplari, comunque limitatissimo, a partire dalla matricola 100631, mentre furono montati solamente
56 pezzi in attacco F, compresi fra le matricole 631001 (notare il curioso "anagramma") e 631056; ovviamente è
sempre possibile applicare un modello per S alla Nikon F utilizzando l'apposito adattatore S - F; l'ottica fu prodotta
ufficialmente dal Giugno 1959 al Settembre 1965 e fece un figurone nel parterre dei fotografi a Tokyo '64, installata
su enormi cavalletti di robustezza adeguata...

Alcune caratteristiche negative di questo progetto (pesi ed ingombri esagerati, profondità di campo inesistente, bo-keh
sgradevole con i caratteristici anelli in grande evidenza) portarono l'Azienda a ricalcolare l'obiettivo in una nuova
configurazione 1000mm f/11, prodotta a partire dall'Ottobre 1965 in finitura nera e con ingombri decisamente inferiori:
la lunghezza era limitata in 24cm e la riduzione di peso davvero drastica: da 9,9kg ad 1,6kg, il che permetteva addirittura
di utilizzare il Reflex-Nikkor da 1000mm su monopiede, sfruttando film ad alta sensibilità, grazie anche alla versatilità di
impiego radicalmente implementata dalla messa a fuoco minima ridotta ad 8 metri spostando il relativo dispositivo in
posizione convenzionale, ed ora servito da una grossa ghiera gommata sul corpo dell'obiettivo.

 



Il reflex-Nikkor 1000mm f/11 primo tipo in un advertising giapponese dell'epoca.

(credits: picture Nikon Corporation)

 

L'ottica entrò in produzione con la denominazione "Nippon Kogaku Japan" a partire dalla matricola 111001
ed era caratterizzata da una torretta portafiltri laterale di dimensioni analoghe a quella incorporata nel precedente
1000mm f/6,3 ed ora letteralmente sporgente dal nuovo barilotto, più snello; questo primo step restò a catalogo
fino al 1972, quando la denominazione "Nippon Kogaku" divenne "Nikon"; la configurazione originale si è spinta
fino alla matricola 112080, per complessivi 1080 esemplari. Il secondo modello con denominazione "Nikon" rimase
in produzione dal 1972 al 1974, totalizzando 886 esemplari compresi fra le matricole 130001 e 130886; nel 1974
subentrarono modifiche più consistenti, ed il terzo step era caratterizzato dal trattamento antiriflessi multistrato (da
cui la denominazione Reflex-Nikkor-C) e dall'eliminazione della torretta portafiltri, per cui i singoli filtri (L39, Y48,
O56 ed R60) venivano avvitati singolarmente all'interno della baionetta posteriore; questo terzo esemplare, prodotto
fra il 1974 ed il Giugno 1976, pesava 1,9kg e totalizzò una produzione di 576 pezzi fra le matricole 140001 e
140576; nel Giugno 1976 subentrò una quarta versione profondamente ristilizzata: fu abbandonato l'ampio settore
gommato con rilievi a diamante in favore di tappi gommati rettangolari, in sintonia con la finitura dei nuovi Nikkor tipo
"K" (dai quali questa quarta opzione prende la denominazione non ufficiale) e l'ampio paraluce, in precedenza
separato, fu incorporato nell'obiettivo, fu dotato di movimento telescopico e sullo stesso paraluce vennero applicati
i dati di targa; fu anche maggiorato l'attacco per il cavalletto, ora dotato di un ampio pomello di sblocco, e la ghiera
di messa a fuoco venne dotata di filettatura cui applicare  una comoda presa di forza per facilitare l'operazione; va
anche segnalato che la dotazione di filtri posteriori intercambiabili fu adeguata a nuovi standard, e la confezione
comprendeva ora 5 filtri: L37C (il nuovo skylight Nikon, cromaticamente più neutro), A2 (giallo chiaro di correzione)
B2 (azzurro chiaro di correzione) O56 (arancio) ed ND4x (grigio neutro, per luce forte).

I primi esemplari di questa serie "K", a causa della sua struttura meccanica, non si possono applicare ad alcuni apparecchi
Nikon moderni; la serie fu realizzata fra il Giugno 1976 e l'estate 1977 in circa 700 esemplari, compresi fra le
matricole 142301 e 143000, dei quali i primi 60 pezzi (142301-142361) inadatti a corpi macchina con attacco AiS.

 



(credits: picture and drawing Nikon Corporation, remastered)

L'ultima versione del Reflex-Nikkor 1000mm f/11 con la moderna montatura dotata di striscia
gommata a tappi rettangolari, paraluce telescopico con i dati relativi a focale e luminosità, presa
di forza aggiuntiva per la messa a fuoco ed ampio collare per il cavalletto.


Nel 1977 l'obiettivo entrò a far parte del nuovo sistema Ai, e per questa quinta serie fu garantita
la totale compatibilità con tutti i corpi uniformati al nuovo standard, mentre tutte le caratteristiche
generali restavano immutate rispetto al tipo "K" dell'anno precedente; questa fu l'ultima evoluzione
del Reflex-Nikkor 1000mm f/11, e venne prodotto dall'estate 1977 al Dicembre 2005 in due distinti
lotti di matricole: il primo, compreso fra 143001 e 154174, annovera 111.174 esemplari prodotti
ed il secondo, caratterizzato da matricole molto alte (200001 - 201262), si riferisce ad una produzione
tardiva, forse per garantire una certa "scorta di magazzino" prima dell'uscita di produzione, e copre
un lotto di 1262 esemplari. Riassumendo, le cinque opzioni del Reflex-Nikkor 1000mm f/11 sono
state prodotte in un numero complessivo di pezzi pari a 15.678. L'ultima versione adottava un
tappo anteriore in cuoio morbido ed un bussolotto CL-29.

Tornando agli albori del sistema, all'originale Reflex-Nikkor 100cm f/6,3 del 1959 fece ben presto
seguito un modello di focale inferiore, più piccolo e maneggevole ma dotato anch'esso di apertura
relativa molto elevata per la focale: nell'Agosto 1961 vide la luce il Reflex-Nikkor 500mm f/5 (in
realtà descritto sul barilotto come 50cm), un obiettivo che utilizza un modulo di lenti ausiliario (due
elementi spaziati) posto nell'interasse dei due specchi per ridurre gli ingombri; l'obiettivo vide la luce
nell'Agosto 1961 e la denominazione ufficiale era Nippon Kogaku Japan Reflex-Nikkor 1:5 f = 50cm.

 



(credits: picture Nikon Corporation)

Il Reflex-Nikkor 50cm f/5 si presentava in finitura nera con un'ampia sezione del
barilotto rivestita da un settore gommato con sbalzi a diamante per migliorare la presa;
come nel caso del 1000mm f/6,3, anche quest'obiettivo presenta un nocciolo ottico fisso
e delega la messa a fuoco ad un sistema ausiliario posteriore in grado di modificare il
tiraggio fra gruppo ottico e corpo macchina, ma anzichè utilizzare un soffietto a cremagliera
si avvale di un più durevole elicoide tradizionale, dotato di doppia scala in metri e piedi
(graduata da infinito a 15m) e di presa di forza a sbalzi alternati e godronati, secondo il
più classico stile dei Nikkor prima ora, sul cui profilo venivano altresì incisi ed evidenziati
a smalto i dati relativi all'obiettivo; l'ottica veniva fornita con custodia, il paraluce smaltato di nero
visibile nella foto ed un set di 5 filtri da 39mm avvitabili nella montatura posteriore (skylight
L37, giallo Y52, verde XO, arancio O56, rosso R60); altri (costosissimi) filtri erano compatibili
con l'attacco anteriore per il paraluce, dotato di filettatura da 122x1mm.

L'ottica, che pesava 1,7kg, esordì con la matricola 171011 e venne prodotta con queste specifiche
fino al 1963 (matricola 171668, 658 esemplari prodotti), quando subentrò una seconda variante,
caratterizzata unicamente dalla ghiera di messa a fuoco a profilo più liscio, che fu prodotta fra il
1963 ed il 1968 nell'ambito di matricole comprese fra 181117 e 183318 (per un corrispettivo di
2.202 esemplari); all'interno della seconda serie troviamo alcune piccole variabili, ovvero: due fessure
nella ghiera con i dati di targa (forse prese di forza utili nel montaggio) a partire dalla matricola 181847
e l'indicazione della focale espressa in millimetri (500mm) a partire dalla matricola 182841 (1966); la
produzione totale di questo primo catadiottrico da 500mm fu di 2.860 esemplari.

Anche quest'obiettivo fece registrare le identiche obiezioni sollevate a suo tempo per il 1000mm f/6,3:
il barilotto era troppo ingombrante e pesante per azzardare l'uso a mano libera (peraltro invogliato
dalla rispettabile luminosità f/5), la distanza di messa a fuoco di 15m costituiva un handicap in molte
circostanze (e non era fisicamente possibile sostenere l'ottica e focheggiare simultaneamente con la
stessa mano, come avviene negli obiettivi comuni) e la struttura ottica scelta, combinata con l'elevata
apertura massima, rendeva estremamente appariscenti e sgradevoli i caratteristici anelli luminosi
prodotti dal catadiottrico sullo sfuocato; preso atto di ciò, la Nippon Kogaku progettò un Reflex-
Nikkor 500mm completamente nuovo, sacrificando leggermente l'apertura (che passava da f/5 ad
f/8) ma rispondendo in modo concreto alle critiche di cui sopra: il Reflex-Nikkor 500mm f/8 primo
tipo che vide la luce nel Dicembre 1968, infatti, era molto più compatto, pesava solamente 1 kg,
metteva a fuoco ad appena 4 metri ed il suo innovativo sistema ottico riduceva drasticamente la
percezione degli artefatti ad anello sullo sfondo.

 



Il Reflex-Nikkor 500mm f/8 primo tipo del 1968 in un'immagine tratta da
un advertising giapponese dell'epoca.

(credits: picture Nikon Corporation)


Questo nuovo catadiottrico, come si può apprezzare nell'immagine, era sufficientemente snello
e compatto da consentire il brandeggio a mano libera, con la possibilità di sostenere e focheggiare
l'ottica simultaneamente grazie al trasferimento della ghiera di messa a fuoco sul barilotto, quasi
interamente rivestito da una fascia gommata antiscivolo con rilievi a diamante; i dati caratteristici
dell'ottica sono riportati sull'esterno dell'anello frontale, col brand definito "Nippon Kogaku Japan",
e l'obiettivo, completamente rifinito in nero, veniva fornito con una dotazione di 5 filtri da 39mm
da avvitare nella montatura posteriore; rispetto al precedente 500mm f/5 il sistema di montaggio
è identico ma la dotazione varia leggermente: sono presenti lo skylight L37, il giallo Y52, l'arancio
O56, il rosso R60 e l'ND4x (che andò a sostituire il verde XO), probabilmente richiesto dagli
utenti per scongiurare sovraesposizioni in pieno sole con pellicole sensibili.

Sono note tre piccole varianti di questa prima serie: gli obiettivi prodotti dal Dicembre 1968 all'estate
1971 (matricole 501001 - 504657, ovvero 3.657 esemplari) presentano l'incisione "Nippon Kogaku
Japan" e rappresentano la prima variante; dall'estate 1971 all'Aprile 1974 si registrò una seconda variante
col passaggio dalla dicitura "Nippon Kogaku Japan" a quella "Nikon" (matricole 510001 - 522806,
ovvero 12.806 esemplari), mantenendo l'antiriflessi singolo originale; dall'Aprile 1974 all'Ottobre 1983
fu in produzione la terza variante, caratterizzata dall'antiriflessi multistrato e dalla corrispondente
denominazione Reflex-Nikkor-C (matricole 530001 - 584343, ovvero 54.343 esemplari); la produzione
totale di questa prima serie di Reflex-Nikkor 500mm f/8 registrò quindi 70.806 esemplari.

Giunti negli anni '80, alle soglie dei sistemi autofocus moderni, il Reflex-Nikkor 500mm classe 1968
cominciava a mostrare un po' gli anni sia dal punto di vista ottico che estetico, mentre le più attive Case
giapponesi di obiettivi universali stavano invadendo il mercato con obiettivi catadiottrici estremamente
miniaturizzati e dotati di una messa a fuoco minima ravvicinatissima, che consentiva un'autentica ripresa
macro: due caratteristiche estremamente appetibili che irretivano vasti settori di mercato (un esempio
su tutti: il Tamron SP 500mm f/8); alla Nippon Kogaku presero atto che era tempo di pensionare il
glorioso Reflex-Nikkor e di sostituirlo con una versione che si uniformasse al nuovo trend di mercato,
un proposito che ebbe seguito concreto nell'Ottobre 1983, quando fu presentato un Reflex-Nikkor
500mm f/8 completamente rivisto in tutti i settori: lo schema ottico adottava un gruppo secondario
di lenti più complesso, per ridurre gli ingombri longitudinali, mentre la messa a fuoco avveniva col
flottaggio del gruppo lente/specchio anteriore, una scelta che permetteva di ridurre la messa a fuoco
minima fino ad 1,5m, un valore estremamente favorevole cui corrispondeva un rapporto di riproduzione
di ben 1:2,5; questo nuovo schema permetteva di correggere meglio anche la vignettatura (bestia nera
dei catadiottrici che non possono ridurla chiudendo il diaframma) ed unitamente alla nuova ed accattivante
montatura consentiva al Reflex--Nikkor 500mm f/8 secondo tipo di competere alla pari con i più
aggiornati modelli della concorrenza universale.

Il Reflex-Nikkor 500mm f/8 secondo tipo montato su una moderna e compatta
Nikon D700 che consente di apprezzare le dimensioni estremamente ridotte di
quest'obiettivo e la sua livrea sobria, piacevole e funzionale; l'obiettivo pesa
solamente 800g (esatti!) che passano ad 857g con paraluce e tappi, e registra
dimensioni molto inferiori al predecessore (116mm di lunghezza per 89mm di
diametro).

Il reflex-Nikkor 500mm f/8 secondo tipo non registrò varianti per tutto l'arco di produzione
compreso fra l'Agosto 1984 ed il Dicembre 2005, e fu prodotto in 31.317 esemplari compresi
fra le matricole 183201 e 214517; l'obiettivo è dotato di un'ampia fascia gommata con rilievi
rettangolari che permettono di focheggiare con facilità, anche grazie all'elicoide dal passo molto
ridotto (richiede circa 1,5 giri completi per raggiungere i due estremi di scala) che è talmente
fluido e scorrevole da procedere quasi da solo, "di slancio"; con una rotazione completa l'ottica
passa da infinito a circa 2 metri, e nella restante frazione del secondo giro fa fede una seconda
scala, incisa accanto ad un filetto di colore arancio che indica il settore macro e che accompagna
la messa a fuoco da circa 2,25m fino ad 1,5m. L'obiettivo dispone di un piccolo e funzionale
collare di attacco al cavalletto, verniciato in nero opaco raggrinzente e dotato di nottolino di sblocco,
che permette di ruotare l'apparecchio e di posizionarlo con sicurezza a 90° grazie ad avvertibili
indici a scatto; la dotazione funzionale dell'obiettivo prevede il paraluce a vite HN-27, il tappo
anteriore FA 90 in plastica a pressione da 85mm e la custodia portafiltri CA-2 che condivide col
Reflex-Nikkor 1000mm f/11 la dotazione di 5 filtri da 39mm ad innesto posteriore: skylight
L37c, caldo A2 di correzione, freddo B2 di correzione, arancio O56 e grigio neutro ND4x;
a corredo troviamo anche il bussolotto CL-39.


Il progetto originale del 1000mm f/11, concepito da Yoshiyuki Shimizu nel corso del 1965 e deliberato
nel mese di Ottobre, prevedeva una struttura modulare, che consentiva di adottare lunghezze focali
anche maggiori mantenendo invariato lo schema ottico e la luminosità massima, perseguendo un semplice
ingrandimento in scala; la Nippon Kogaku sfruttò questa opportunità per distanziare ulteriormente i
concorrenti, ed alla Photokina del 1968 rivelò il prototipo di un mostruoso Reflex-Nikkor 2000mm f/11,
l'obiettivo di focale più lunga mai realizzato dalla Marca  per utilizzo fotografico civile. Dopo i necessari
affinamenti della poderosa meccanica, l'obiettivo entrò in produzione nel Novembre 1971: la principale
modifica riguarda i filtri a corredo, che nel prototipo di Colonia 1968 erano a vite da 62mm mentre nel
modello di serie scendono a 39mm ed includono: skylight L39, giallo Y48, arancio O56 e rosso R60.

 

Il Reflex-Nikkor 2000mm f/11, il "cannone" del corredo Nikkor,
dall'immagine di un'advertising giapponese.

(credits: picture Nikon Corporation)

L'obiettivo è imponente e replica in scala esattamente doppia il gruppo ottico del
Reflex-Nikkor 1000mm f/11, con un barilotto molto scenografico rifinito in avorio
e dotato di un anello gommato anteriore che consente di appoggiarlo senza danni;
i dati dell'obiettivo sono riportati su una piastrina applicata sul fianco dell'ottica ed
il barilotto è dotato di una robusta maniglia superiore che incorpora un mirino per
il puntamento rapido, mentre sui fianchi sono presenti due robustissimi pivot cilindrici
che permettono di montare il 2000mm su un apposito stativo AY-1 che garantisce
una solidità a prova di mosso pur assicurando tutti i movimenti grazie a doppi snodi
giroscopici; l'AY-1 blocca i pivot dell'obiettivo nella posizione prescelta grazie a fermi
a vite, ed il peso dell'obiettivo (10kg) si somma a quello dello stativo e fa segnare
l'impegnativo valore di 17,5kg. Anche se quest'obiettivo è stato sbandierato come il
prezzemolo in tutte le brochure possibili, confermando quindi la principale funzione di
attrazione da catalogo, la sua produzione di serie effettiva è stata circoscritta ad un
intervallo piuttosto limitato, compreso fra il Novembre 1971 ed il 1977, con numeri
di matricola da 200111 e 201015 ed un corrispettivo di 815 esemplari prodotti: dopo
il 1977 l'ottica è stata disponibile praticamente soltanto su ordine speciale, e non è
possibile definire con chiarezza se e quanti obiettivi siano stati prodotti in questo regime.

Durante la breve produzione del Reflex-Nikkor 2000mm f/11 si registrano tre varianti,
differenziate da dettagli secondari: la prima variante, prodotta dal 1971 al 1973, presenta
la dicitura "Nippon Kogaku Japan" e dispone di antiriflessi singolo; la seconda variante,
prodotta fra il 1973 ed il 1975, acquisisce l'antiriflessi multiplo e la denominazione diviene
Reflex-Nikkor-C; questa serie, iniziata dalla matricola 200201, consente l'applicazione
ai successivi corpi tipo Ai solamente a partire dal seriale 200311; infine, la terza variante
è stata in produzione dal 1975 al 1977 e prevede la sostituzione del filtro sckylight L39
con un più moderno L37C e la riduzione della distanza minima di messa a fuoco (attuabile
grazie a tre rotazioni complete di un pomello godronato posteriore) da 20m ad appena 8m.

A titolo di statistica furono dunque prodotti un totale di 121.532 Reflex-Nikkor di varie
focali e luminosità.




questa pagina tratta dalla borchure 1986 in lingua italiana illustra i tre obiettivi Reflex-Nikkor
appartenenti all'ultima generazione; notare le dimensioni relative del 1000mm f/11 (montato
su un corpo F3) ed i pivot laterali del 2000mm necessari per il montaggio sullo stativo AY-1;
in evidenza anche la maniglia superiore con mirino di puntamento incorporato.

(credits: picture Nikon Corporation)

 

La prima brochure della generazione Ai in lingua italiana, risalente al 1977, mostra
un Reflex-Nikkor 2000mm f/11 identico al precedente (probabilmente è lo stesso
esemplare...) mentre il 500mm appartiene ancora al primo tipo, lanciato nel 1968.

(credits: picture Nikon Corporation)

 

La sezione dei catadiottrici nella brochure italiana 1987, col 2000mm in una inconsueta vista nadirale.

(credits: picture Nikon Corporation)

 

L'immagine ufficiale del sistema Nikon per l'anno 1974 vede troneggiare il 2000mm su stativo AY-1
mentre il 1000mm appartiene ancora al primo tipo, facilmente riconoscibile per l'anello satinato anteriore
con i dati di targa.

(credits: picture Nikon Corporation)

 

L'identica foto di gruppo aggiornata al 1976 illustra ancora il 500mm ed il 1000mm di vecchia generazione:
il 1000mm f/11 fu aggiornato in quell'anno, ma non in tempo per la "foto di classe" !

(credits: picture Nikon Corporation)

 

Dopo questa operazione di "tassonomia" passiamo ad analizzare la struttura ottica di questi
obiettivi, avvalendoci di schemi disegnati appositamente e di materiale ricavato dai progetti
originali; in particolare, ho potuto recuperare i progetti relativi al 500mm f/8 primo tipo e
secondo tipo, al 1000mm f/11 e 2000mm f/11, mentre non è stato possibile reperire i piani
dei modelli più vecchi, il 500mm f/5 ed il 1000mm f/6,3.

 

La sezione meccanica del Reflex-Nikkor 50cm - 500mm f/5 evidenzia una struttura
massiccia e corpulenta, con un cilindro primario lungo quasi 20cm per oltre 12cm di
diametro; lo schema ottico "rigido" ha imposto l'adozione di un'elicoide di messa a
fuoco ausiliario posteriore, operazione possibile grazie alla progettazione che ha garantito
uno spazio retrofocale utile di 143mm (96,5mm fino alla battuta della baionetta più il
tiraggio del corpo macchina).

(credits: drawing Nikon Corporation)

 



Lo schema ottico del 500mm f/5 rappresenta già un'evoluzione rispetto al primo
Reflex-Nikkor dal 1000mm f/6,3: l'adozione del modulo secondario di lenti ha
consentito di ridurre l'interasse fra il menisco anteriore e lo specchio posteriore,
compattando lo sbalzo dell'obiettivo.

 

Questo schema relativo al Reflex-Nikkor 500mm f/8 primo tipo del 1968
evidenzia il conseguimento di una grande compattezza: l'ingombro esterno
passa da 192mm x 122mm del modello f/5 a 135mm x 93mm di questa
versione, caratterizzata da un tappo anteriore metallico a vite con passo
da 88x0,75mm; questo passo si potrebbe teoricamente sfruttare anche
per applicare dei filtri, ma il particolarissimo passo della filettatura rende
impossibile l'impresa.

(credits: picture and drawings Nikon Corporation)

 

Uno schema tratto dalla brochure giapponese che mostra il sottile paraluce
a vite ed il filtro posteriore in posizione.

(credits: picture and drawings Nikon Corporation)

 

Il Reflex-Nikkor 500mm f/8 primo tipo fu progettato nel corso del 1968 da Yoshiyuki Shimizu,
lo specialista di Casa Nikon che aveva già calcolato il 1000mm f/11;  il principio informatore di
questo progetto verteva sull'eliminazione del foro solitamente presente nello specchio primario
posteriore, di forma concava, dal momento che la realizzazione di tale apertura su un menisco
rifinito a specchio rende difficile la lavorazione e spesso compromette i parametri ottici finali.

 

Il progetto originale di Shimizu dal quale fu derivato il Reflex-Nikkor 500mm f/8
del Dicembre 1968: come si può notare, il gruppo di lenti secondario L2-L3
è applicato direttamente al centro dello specchio primario M1, che presenta la
particolarità di essere argentato soltanto sulla corona esterna, lasciando uno
"spot" centrare regolarmente rifrangente, che lascia passare i fasci luminosi;
questo tipo di progettazione evitava la critica lavorazione necessaria per ricavare
il foro sullo specchio primario.

 

Questo schema mostra con più chiarezza la caratteristica qualificante di quest'obiettivo, la
cui luminosità teorica è f/7 ma è stata corretta in f/8 nell'esemplare di produzione: infatti
nei catadiottrici le dispersioni causate dall'efficienza delle parti a specchio e dai doppi
passaggi nello stesso sbozzo di vetro non sono trascurabili, e nel calcolo teorico di questi
obiettivi la luminosità massima è sempre superiore; come di norma avviene, i vetri impiegati
hanno caratteristiche molto standard, ad eccezione dell'elemento L3, realizzato con un vetro
Short-Flint ad alta rifrazione e dispersione, probabilmente per rifinire l'equilibrio dell'aberrazione
cromatica; sullo specchio primario M1 sono ben evidenziati i limiti dell'argentatura a specchio.

 

La particolare progettazione ha portato ad un'apprezzabile correzione, senza
le "turbolenze" della "sine condition" (come il coma) che caratterizzano
altri tipi di catadiottrico, ad esempio quelli basati sul modello puro di Schmidt;
del resto, occorre ricordare che Shimizu è stato uno dei due o tre più grandi
matematici che la Nippon Kogaku abbia mai avuto a ruolo.


Lo schema ottico del Tamron SP 500mm f/8 Reflex, l'obiettivo che aprì la strada
ai moderni catadiottrici ultra-compatti e con massa a fuoco molto ravvicinata,
categoria che spinse la Nikon a sostituire il Reflex-Nikkor 500mm f/8 primo
tipo con la nuova evoluzione; nel 1980 la prestigiosa rivista fotografica italiana
"Tutti Fotografi" eseguì una prova MTF abbinando proprio il Reflex-Nikkor
500mm f/8 "old" agli omologhi Yashica e Tamron SP; riproduco a seguire i
risultati di tale prova, interessanti per le valutazioni che se ne possono dedurre.

 


Dal punto di vista del trasferimento di contrasto i tre obiettivi plafonano su valori sorprendentemente
uniformi, a riprova che è il concetto ottico di base a "tagliare" le prestazioni massime, mentre è senz'altro
lodevole ritrovare nel Tamron SP la stessa trasmissione luminosa ai bordi (70% rispetto all'asse)
garantita dal ben più voluminoso Nikkor, nonostante la miniaturizzazione spinta del sistema; è interessante
notare come le diverse architetture adottate non abbiano generato quote di astigmatismo e curvatura di
campo molto dissimili, mentre la stessa variabile ha portato a correzioni dell'aberrazione cromatica
radicalmente differenti: il Nikkor si comporta come un teleobiettivo "classico" a rifrazione, con un
passaggio a zero in luce verde (probabilmente propiziato anche dalla scelta del piano di fuoco in sede
di test) ed un progressivo spostamento di fuoco in luce rossa che arriva a circa 250 micron, un valore
comunque molto ridotto per la focale, e analogo a quello riscontrabile in un comune 135-180mm a rifrazione;
lo Yashica appare molto più corretto con un insolito punto a zero in luce blu ed un progressivo spostamento
di fuoco verso il rosso, comunque contenuto sotto i 150 micron, un valore trascurabile. Il Minuscolo Tamron
presenta uno spostamento assoluto simile a quello del Nikkor, ma distribuito in modo differente, dal momento
che tutti e tre i colori primari appaiono decentrati rispetto al piano di fuoco convenzionale che è stato scelto, quindi
sia il blu che il rosso focheggiano a circa 200 micron da esso mentre il verde si trova a poco più di 100 micron
nella direzione opposta, cioè ad oltre 300 micron dai due estremi dello spettro; sono comunque valori buoni,
assimilabili a quelli riscontrabili in un 200mm di vecchia progettazione, ma rivelano le difficoltà incontrate dai
progettisti in questo settore durante la miniaturizzazione del complesso. Questi dati si ripercuotono sulla
nitidezza in luce monocromatica: il Nikkor, caratterizzato da un passaggio a zero al centro dello spettro visibile
e da una successiva "fuga" nel rosso, presenta un MTF in luce verde molto più alto con l'equivalente curva in luce
rossa decisamente scadente, mentre lo Yashica è molto più omogeneo alle varie lunghezze d'onda, con valori molto
buoni alle basse frequenza spaziali (20 l/mm), oltre le quali tutti gli esemplari sono comunque penalizzati dalla
concezione di base; il Tamron appare a sua volta omogeneo, ma soltanto perchè i tre colori scelti sono tutti fuori
fuoco e penalizzati in modo simile (ed infatti le curve sono basse); lavorando in una banda monocromatica
a metà strada fra blu e verde o fra verde e rosso, probabilmente, i risultati in banda singola sarebbero molto
superiori; incidentalmente, il comportamento del Nikkor lo penalizza molto con i classici filtri di contrasto
bianconero utilizzati per "bucare" la foschia, come arancio e rosso, dal momento che fanno passare solamente
le frequenze corrispondenti alla resa più modesta.

(credits: test "Tutti Fotografi" magazine - 1980)

Mentre Nikkor e Yashica focheggiano a 4 metri, il "moderno" Tamron SP arriva alla distanza minima di 1,7
metri, un risultato interessante che fu monitorato per valutare la resa ottica residua: alla curva MTF su infinito
fu aggiunta per tutti e tre gli esemplari quella misurata a 4 metri (distanza minima di Nikkor e Yashica) ed anche
quella relativa ad 1,7m (prova puramente accademica effettuata forzando questi due obiettivi oltre le possibilità
di messa a fuoco standard, probabilmente simulando un tiraggio maggiore di quello consentito dalla meccanica);
ecco i risultati.


Il moderno sistema flottante del Tamron SP (poi adottato nel successivo Reflex-Nikkor 500mm)
fa egregiamente il suo dovere: come si può notare dal grafico in basso a sinistra, il Tamron
esibisce un trasferimento di contrasto identico sia ad infinito che ad 1,7m, mentre alla distanza
di 4m le prestazioni sono addirittura superiori, un comportamento differente da quello del
Nikkor (grafico in alto a sinistra) e soprattutto Yashica (grafico centrale a sinistra), che peggiorano
in modo più o meno vistoso a 4m per crollare brutalmente nella simulazione ad 1,7m; tale
comportamento è visualizzato dai tre grafici sulla destra: a partire dall'alto, su infinito il Tamron SP
è un filo inferiore a Nikkor e Yashica, ma a 4m prevale già in modo evidente, mantenendo le
prestazioni quasi immutate ad 1,7m, condizione in cui Yashica e Nikkor (teoricamente su
un tubo di prolunga) forniscono un trasferimento di contrasto scadente. Il comportamento
così omogeneo e versatile del compatto Tamron, col suo schema evoluto a flottaggio del modulo
anteriore, additava chiaramente la via del futuro, ed anche la Nippon Kogaku si adeguò.

(credits: test "Tutti Fotografi" magazine - 1980)

( Ovviamente riconosco la proprietà intellettuale di questo test ma spero che - dopo quasi
30 anni dalla prima pubblicazione e vista l'assenza di ogni lucro connesso al mio utilizzo -
nessuno fra i responsabili della rivista che ha accompagnato i miei primi passi adolescenziali
nella fotografia abbia da obiettare alla divulgazione dei due schemi sopra riportati. )

 

Il Reflex-Nikkor 500mm f/8 secondo tipo, quello moderno con messa a fuoco macro, fu invece
elaborato da Yutaka Lizuka, un progettista di casa Nikon poco conosciuto perchè ha lavorato
"col contagocce", ma sono suoi altri interessanti ed eterogenei calcoli come lo zoom-Nikkor AiS
50-300mm f/4,5 ED o lo Zoom Nikon Series E 75-150mm f/3,5, apprezzatissimo dagli utenti
nonostante il blasone modesto. Lizuka-San si sforzò per ottenere un catadiottrico caratterizzato
dal minimo ingombro longitudinale, con eccellente qualità d'immagine, flare contenuto e messa
a fuoco minima sostanzialmente ridotta; per conseguire questi obiettivi tornò nuovamente al
modello dotato di specchio primario forato e rese più complesso il gruppo di lenti secondario,
ora composto da tre elementi con un maggior effetto divergente; per economia di scala, le lenti
L1 - L2 ed i due specchi M1 - M2 sono realizzati in vetro "standard" BK-7, mentre l'unico materiale
di un certo rilievo interessa la terza lente del modulo secondario (indicata come L4 sulla sezione),
realizzata con un vetro vetro proprietario ad alta rifrazione/bassa dispersione che si colloca nell'area
LAF36 - LASF43. Per ottenere una distanza di messa a fuoco estremamente ridotta, Lizuka abbandonò
il sistema basato sulla variazione di tiraggio meccanico e preferì l'adozione di un flottaggio che prevede
l'avanzamento del modulo anteriore costituito dalla prima lente in blocco con lo specchio secondario,
un movimento che poteva essere facilmente gestito da un'elicoide sul barilotto. Noterete che la data
riportata sullo schema è Marzo 1984, mentre l'ottica fu presentata già nell'Ottobre 1983: in questo caso
si tratta della data in cui fu presentata la richiesta di brevetto giapponese, mentre il calcolo vero e proprio
era già pronto e marciante da un po' di tempo; altra curiosità: anche in questo caso la luminosità teorica
del progetto è f/6,7, un valore che passa ad f/8 nel "mondo reale", dove riflessi, assorbimenti e rendimento
degli specchi entrano in gioco. Incidentalmente, anche i filtri ad inserimento posteriore sono realizzati in
vetro tipo BK7. Incidentalmente, fonti ufficiali Nikon ascrivono la paternità del progetto a Teruyoshi
Tsunashima-San, tuttavia a tutt'oggi non ho trovato alcun brevetto a suo nome che avvicini le caratteristiche
di quest'obiettivo, mentre lo schema successivo, ricavato dal progetto di Lizuka, svela un esemplare
assolutamente identico a quello di produzione.

 

Un inedito schema che mette a raffronto il progetto che sfociò nel Reflex-Nikkor 500mm f/8
di produzione con un prototipo alternativo contemplato nello stesso pacchetto: nel secondo
caso Lizuka-San ha previsto l'adozione dello specchio primario senza foro, impiegando
un gruppo di lenti secondario costituito da un elemento spaziato e da un doppietto applicato
allo specchio, il tutto rifinito con un ulteriore elemento singolo posteriore: una struttura complessa
 e certamente più costosa da industrializzare che è stata abortita a favore della prima.


Questo diagramma delle aberrazioni è stato ricavato dal progetto originale ed è
interessante in quanto mette in relazione i parametri previsti ad infinito con quelli
relativi alla distanza minima di 1,5m, dai quali si evince che l'ottica, pur consentendo
una messa a fuoco estremamente ravvicinata, è stata comunque ottimizzata sulle
lunghe distanze, com'è logico parlando di un lungo tele.

 

Passando alla focale 1000mm, il reflex-Nikkor 1000mm f/6,3 fu il primo ad arrivare sul mercato,
ed infatti la sua struttura è piuttosto "arcaica" e non persegue istituzionalmente la ricerca della
massima compattezza longitudinale: infatti l'obiettivo è estremamente ingombrante! La struttura
è semplice ed è servita da una lente anteriore pianoparallela dotata di grande settore centrale
occupato da un doppietto di lenti con specchiatura sul lato esterno, che converge direttamente
sul piano focale i raggi provenienti dallo specchio primario posteriore, forato al centro; notare
che i raggi in entrata ed uscita dal doppietto al centro dell'elemento anteriore attraversano i vetri
quattro volte (2+2); per minimizzare i temuti riflessi interni è stato adottato un "flare cutter" costituito
da un cilindro nero opaco anteposto al foro dello specchio posteriore, nel quale vengono
indirizzati di misura i light pencils in arrivo dallo specchio secondario, una soluzione poi adottata
anche negli Zeiss Mirotar per Contarex; il barilotto era molto sofisticato (e giustamente costoso),
al punto di essere dotato di una doppia serie di filtri, una di contrasto e l'altra ND per il controllo
dell'esposizione, visualizzati nella parte posteriore.

 

 

 

Il Reflex-Nikkor 1000mm f/11 calcolato da Shimizu nel 1965 è proporzionalmente
più compatto, sia per la scelta di limitare l'apertura massima sia per l'adozione di
un modulo di lenti supplementare all'interno del foro praticato nello specchio primario,
una sorta di "Barlow" che permetteva di avvicinare i due specchi; lo schema si è mantenuto
invariato in tutte le versioni prodotte dal 1966 al 2005 ed ha consentito di ottenere un 1000mm
lungo appena 238-241mm e con un diametro esterno di 117-119mm, con relativo passo
filettato da 108x0,75mm; come si può notare nell'ultima sezione, i punti principali dello schema
ottico sono molto più avanzati rispetto al reale ingombro fisico dell'obiettivo, principale atout
del tipo catadiottrico.

(credits: pictures and drawings Nikon Corporation)

 

Lo schema elaborato da Shimizu nel 1965 fu adottato sia sul 1000mm f/11 che sul 2000mm f/11
(era infatti prevista l'opzione modulare), ed utilizza vetri ottici dalle caratteristiche molto standard,
con esclusione dell'elemento L3 realizzato con un vetro Short Flint ad alta rifrazione ed alta dispersione,
una tipologia di vetri peraltro ben nota ed utilizzata fin dall'anteguerra; va sottolineato che si tratta
in ogni caso - ad esclusione del tipo BK7 "universale" impiegato nel filtro - di vetri proprietari
Nikon, non riconducibili a cataloghi commerciali; la scelta di vetri dalle caratteristiche "comuni"
fa certamente a pugni con l'altissimo costo di questi Nikkor, e lascia capire come nei catadiottrici
la vera fonte di costo sia la lavorazione degli elementi a specchio, il posizionamento precisissimo
e la meccanica dotata di molti espedienti per catturare i riflessi.

 

Questo schema mostra il posizionamento del filtro posteriore adottato nel
Reflex-Nikkor 1000mm f/11 primo tipo e nel 2000mm f/11 ( interno, a
ridosso del gruppo ottico posteriore), e nel 1000mm f/11 ultimo tipo 
(da avvitare sulla baionetta posteriore e quindi più distanziato).

 

Nel progetto originale di Shimizu del 1965 era previsto un secondo prototipo
dalla struttura più sofisticata, nel quale la grande lente anteriore era ricavata in
un vetro di classe SK16, uno Short-Krown con un superiore rapporto alta
rifrazione/bassa dispersione rispetto ai vetri standard, mentre il gruppo di lenti
secondario era trasformato in un doppietto collato ed avanzato, e l'elemento
in vetro argentato dello specchio secondario era a sua volta composto da un
doppietto collato di lenti; in entrambi i doppietti un elemento ha dispersione
inferiore ed uno superiore, ed il posizionamento reciproco è in senso opposto,
come evidenziato dai codici-colore; da segnalare l'adozione nell'elemento L3
di un vetro moderno di classe LAK10. Come già visto nel caso del 500mm f/8
ultimo tipo, probabilmente anche qui fu abbandonato il prototipo più complesso
per salvaguardare i costi di produzione.


Questo interessante ed inedito schema visualizza lo stato di certe
aberrazioni correlate al nocciolo ottico utilizzato sui Reflex-Nikkor
da 1000mm e 2000mm: l'obiettivo di Shimizu era quello di contenere
lo spostamento dei piani relativi alle principali frequenze dello spettro
entro 2/10.000 - ovvero 1/5.000 - della lunghezza focale, un valore
molto contenuto che risulta addirittura migliore di quello dichiarato
per molti tele apocromatici e ben lontano dalla correzione standard
dei teleobiettivi convenzionali; effettivamente lo spostamento delle
curve non supera 200 micron (0,2mm) nella configurazione a 1000mm
e 400 micron (0,4mm) in quella da 2000mm, a riprova che nei catadiottrici
ben concepiti l'aberrazione cromatica è risolta in modo egregio, ed anche
la giacitura delle calotte sagittale e meridionale ha un andamento congruente.

 

Questi schemi del 2000mm f/11, ricavati dal Nikon Sales Book degli anni '70 e da una brochure d'epoca
in lingua giapponese, evidenziano l'esatta progressione in scala 2:1 del nocciolo ottico rispetto al
1000mm f/11; questo grande catadiottrico misura esattamente 594mm dal frontale alla battuta della
baionetta, con un diametro massimo di 262mm (escludendo, ovviamente, lo stativo AY-1); come si può
notare, il gruppo ottico vero e proprio si posiziona all'altezza della piastrina con i dati identificativi,
quindi tutto il settore anteriore del barilotto (lungo 106,5mm) a partire dalla prima scanalatura anteriore
 rappresenta in realtà un paraluce.

(credits: pictures and drawings Nikon Corporation)

 



Come anticipato, lo schema del 2000mm ricalca in scala quello del 1000mm.


Questa tabella definisce la profondità di campo (con una centrica confusionale
di 1/30mm) garantita dal Reflex-Nikkor 2000mm f/11 a varie distanze di messa
a fuoco comprese fra infinito e 20m (si riferisce al modello precedente, mentre
l'ultimo arriva ad 8m): come potete rilevare, la messa a fuoco dell'obiettivo
dev'essere messa in atto con precisione molto elevata anche a distanze relativamente
grandi (operazione poco agevole ad f/11...), dal momento che anche a 40m di
distanza, una quota già rilevante, la profondità di campo reale è appena 20cm...
Del resto, tanto per fornire un'idea della sua potenza, a tale distanza il soggetto
inquadrato misura 70cm scarsi! Le distanze metriche della scala sono state scelte
arbitrariamente, dal momento che l'ottica si focheggia ruotando un piccolo pomello
posteriore ed è priva di regoli di riferimento.

(credits: data Nikon Corporation)

 

Il reflex-Nikkor 500mm f/8 secondo tipo montato su una tipica e coeva fotocamera compatta:
una Nikon FE2 con motore MD-12, un complesso leggero, di ridotte dimensioni ed efficiente,
a patto di adottare il vetro di messa a fuoco senza stigmometro...

 

Naturalmente è possibile anche l'opzione retrograda: lo stesso Reflex-Nikkor su una
Nikon F Photomic FTn del 1969.

 

L'elicoide di messa a fuoco ha una progressione poco accentuata,
ed occorre circa un giro e mezzo per passare da infinito ad 1,5m;
nel corso di questa operazione il modulo anteriore avanza, distanziandosi
dallo specchio primario posteriore, e l'entità dello spostamento è visualizzata
nella foto: si tratta con tutta evidenza di una variazione modesta, e l'ottica
resta compatta anche alle distanze minime; occorre solo prestare attenzione
all'estrema fluidità della ghiera: dal momento che basta sfiorarla per metterla
in rotazione è meglio evitare ogni contatto dopo aver focheggiato di precisione,
magari sostenendo l'ottica grazie alla base filettata per applicare il treppiede.

 

Quattro viste a 90° del Reflex-Nikkor 500mm f/8 ultimo tipo; sono
in evidenza la grande compattezza del paraluce ammovibile e del
collare rotante per il cavalletto.

 

L'obiettivo con parte della dotazione funzionale: il paraluce HN-27, il tappo anteriore
a pressione FA 90 da 85mm, la pochette portafiltri in vinilpelle CA-2 ed i relativi
filtri: skylight L37C (montato sull'ottica), A2, B2, O56 ed ND4x; nella confezione
è presente anche il bussolotto CL-39 ed ovviamente il tappo posteriore LF-1; il
filtro posteriore non fa parte del calcolo ottico originale, quindi sarebbe teoricamente
possibile utilizzare l'obiettivo senza filtro, ma viene caldamente suggerito di tenerne
sempre uno applicato per evitare che la polvere possa entrare e depositarsi sugli elementi
interni, con effetti deleteri sull'immagine.



Due viste ravvicinate che mostrano lo specchio primario posteriore ed il
"bottone" con lo specchio secondario anteriore; notare la robustezza
del sistema di fissaggio: 6 viti perimetrali per la culatta e 5 viti per la
baionetta, precauzioni lodevoli ma quasi eccessive per un obiettivo da
850 grammi.

 

Il classico "bottone" anteriore che supporta lo specchio secondario;
dopo aver visionato questa immagine ho deciso che è ora di fare
pulizia sulle lenti del mio Reflex-Nikkor... :-))

 



I dati dell'obiettivo sono incisi sull'anello anteriore, in prossimità della filettatura
destinata ad accogliere il paraluce.

 

Questo dettaglio mostra l'obiettivo regolato sulla minima distanza di messa a fuoco,
cioè 1,5metri; da 2m ad 1,5m l'elicoide inizia un secondo giro, ed occorre riferirsi
ad una scala metrica supplementare incisa sopra quella standard, mentre nell'intervallo
compreso fra 2,25m ed 1,5m la scala è accompagnata da un filetto di colore arancio
che segnala arbitrariamente il campo operativo macro, un' indicazione fornita anche
da punto di fede che ha un settore dello stesso colore che viene scoperto dall'elicoide
che si alza quando è regolato alle minime distanze.

 

Dal punto di vista ottico, i Reflex-Nikkor sono realizzati allo stato dell'arte ma devono
comunque sottostare ai limiti fisici di questi schemi e soffrono peraltro per l'architettura
adottata nella ricerca della massima compattezza: il tipico schema con specchio primario
di Mangin, lente anteriore singola con specchio secondario e gruppo correttore (posto
davanti allo specchio di Mangin, dietro o compenetrato sfruttando un foro) permette di
ridurre gli ingombri fisici fino a limiti incredibili e di avvicinare molto la messa a fuoco minima
sfruttando il flottaggio anteriore, ma non consente nemmeno di avvicinare il potere analitico
dei moderni ed equivalenti tele a rifrazione apocromatici, ed anche la soglia di flare è sempre
superiore a quella riscontrata nei tele a lenti, un problema che può essere risolto in digitale
ristrutturando i livelli (abbassando la soglia dei neri) ma non su emulsione tradizionale.

E' peraltro possibile realizzare catadiottrici dotati di elevata risoluzione e contrasto, come
l'esempio degli Zeiss Mirotar conferma, ma si tratta di adottare schemi di base più complessi,
ingombranti, pesanti e costosi da mettere in opera, e si tratta di architetture che spesso non
consentono la messa a fuoco flottante ma richiedono un dispositivo posteriore autonomo,
francamente poco pratico. La stessa Zeiss ci fornisce due esempi lampanti: l'originale
Mirotar 500mm f/4,5 del 1963, concepito senza riguardo per costi ed ingombri, adottando
un pesante e complesso doppio menisco anteriore, ed il recente Mirotar 500mm f/8,
lanciato al termine dell'esperienza Contax-Yashica nel tentativo di inseguire le prerogative
della concorrenza: compattezza estrema, messa a fuoco più ravvicinata, costo inferiore
(si fa per dire...); questo catadiottrico abbandona l'architettura dei Mirotar originali e si
uniforma al modello già impiegato dagli altri costruttori, ma con quali risultati? Vediamo.

 

Gli schemi in scala reciproca confermano l'incredibile compattezza del nuovo Mirotar f/8:
è un obiettivo nato seguendo il target del Reflex-Nikkor, ed infatti dal punto di vista meccanico
ne sembra un clone, replicandone l'aspetto e gli ingombri esterni, mentre il Mirotar f/4,5 par quasi
un manufatto preistorico, un ridicolo e curioso oggetto sopravvissuto fino a noi per testimoniare
tecnologie ormai dimenticate e superate...

(credits: drawings Zeiss Oberkochen)

 

Un'occhiata agli schemi ottici conferma che il Mirotar f/8 adotta l'architettura
che va per la maggiore nei progetti più recenti e compatti; specchio di Mangin
primario (non forato, per semplificare le lavorazioni) che riflette nel modulo
anteriore privo dell'enorme menisco supplementare; a causa dell'adozione di
uno specchio primario intero ad argentatura parziale, il gruppo correttore
secondario è a sbalzo nella zona posteriore.

 

Qual è il prezzo pattuito negli anni alla rincorsa della massima compattezza possibile?
Ecco qua: il Mirotar del 1963, nonostante l'elevatissima apertura massima, ha un
trasferimento di contrasto che in certe zone del campo a 40 cicli/mm è superiore fino
al 30% a quello del Mirotar attuale: in pratica il vecchio obiettivo garantisce a 40 cicli/mm
quasi quello che il più recente trasferisce a 20 cicli/mm, e questo significa una
differenza nel potere risolutivo davvero drastica, ma anche il macrocontrasto è
superiore nel Mirotar f/4,5, come suggerito dalla curva @ 10 cicli/mm.

(credits: data Zeiss Oberkochen)

Sono scelte commerciali comprensibili in aziende del libero mercato che vivono
in reciproca relazione di concorrenza tecnica e commerciale, tuttavia sono dell'avviso
che la forzata identificazione del catadiottrico come obiettivo "magico", così piccolo
da sembrare impossibile, abbia fatto perdere la grande occasione di spremere fino
al 100% il suo potenziale di riproduzione, ed anche i Reflex-Nikkor dell'ultima
generazione, per quanto ben fatti secondo i consueti standard del Marchio, pagano
questa scelta a priori innescata dall'aggressività dei concorrenti "universali" che
ben poco avevano da perdere quanto a reputazione; Nikon ha comunque avuto
il merito di proporre una serie completa di catadiottrici in un corredo di alta gamma,
destinato al mercato high-end, creando comunque un trend poi seguito, sua pure
con approccio svogliato, anche dei principali concorrenti.



MARCOMETER

I  REFLEX-NIKKOR  SONO  COSTRUITI  MOLTO  BENE
E  SONO  STATI  I  PRIMI  CATADIOTTRICI  DI  GRAN
MARCA  AD  AFFACCIARSI  SUL  MERCATO  MA  E'
INUTILE  PRETENDERE  CHE  POSSANO  REPLICARE
LA  RESA  DEI  TELE  ED  A  RIFRAZIONE:  VIVONO  IN
MONDI  DIVERSI  E  PER  DESTINAZIONI  DIVERSE,  NON
ULTIMA  L'ASTRONOMIA  O  LA RIPRESA  MULTISPETTRALE,
GRAZIE  ALLA LORO  CORREZIONE  CROMATICA.

(testi, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti specificato)






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