OLYMPUS  OM  SLIDE  COPIER:

IL  SISTEMA  COMPLETO  OLYMPUS

PER  LA  DUPLICAZIONE  DI

DIAPOSITIVE  E  NEGATIVI



(30/08/2016)


Nell'epoca d'oro della fotografia analogica uno dei problemi più comunemente condivisi era quello di duplicare gli originali, fossero essi diapositive o negativi, per ottenere copie destinate agli utilizzi più disparati, dalla partecipazione a concorsi alla condivisione con amici e parenti, dal perfezionamento di un' inquadratura rifotografando solo un dettaglio alla proiezione continuata che poteva deteriorare le preziose invertibili: nella moderna catena cinematica digitale la duplicazione di un file d'immagine in un'infinità di copie conformi è l'operazione più semplice del mondo mentre all'epoca ottenere il duplicato di un negativo o di una diapositiva di piccole dimensioni come il 24x36mm, mantenendo la grande quantità di informazioni e la ricca gamma di sfumature tipiche dell'originale, era considerato una sorta di esame di laurea per il fotografo, sia per i problemi pratici connessi al mantenimento di un'elevata qualità ad un ingrandimento già spinto sia per le oggettive difficoltà connesse alla calibrazione dei colori in funzione dell'emulsione utilizzata (di solito speciali pellicole da duplicazione a basso contrasto) che richiedeva l'adozione di filtri particolari, alcuni dei quali destinati specificamente a singoli lotti di emulsione testati in fabbrica prima del confezionamento...

Trascurando questi ultimi dettagli, anche il semplice allineamento di precisione del piano focale e dell'originale, che dovevano essere perfettamente paralleli e con asse di ripresa assolutamente perpendicolare ai medesimi, era un'operazione difficoltosa ma il vero problema veniva dall'ottica: sicuramente qualsiasi buon 50mm standard oppure obiettivo macro, messo sulle necessarie prolunghe, era in grado di fotografare al rapporto di riproduzione 1:1, tuttavia nel nostro caso non si tratta di macrofotografia tradizionale, magari inquadrando un soggetto tridimensionale centrale con le parti periferiche sfuocate, dove una eventuale presenza di curvatura di campo, astigmatismo e aberrazioni ai bordi passerebbe inosservata: nella duplicazione di originali le esigenze sono di gran lunga più severe perchè tutta la superficie del formato 24x36mm dev'essere riprodotta perfettamente a fuoco sul piano, con risoluzione e contrasto elevati ed uniformi da centro a bordi e senza che curvatura di campo e astigmatismo si facciano sentire compromettendo la resa: considerando queste specifiche, nessun obiettivo macro convenzionale è in grado di soddisfare le premesse senza qualche compromesso.

Naturalmente il problema dei duplicati è vecchio quanto la fotografia e infatti anche in corredi ormai datati facevano capolino speciali soffietti di prolunga ed obiettivi da utilizzare in questo settore; ad esempio, nel sistema Contarex la Zeiss Ikon aveva fatto realizzare dall'azienda specializzata Novoflex non soltanto un soffietto da abbinare allo speciale Tessar 115mm f/3,5 ma anche il relativo duplicatore per diapositive da applicare anteriormente; in ogni caso non era mai esistita un'ottica speciale progettata appositamente per riprodurre 1:1 un soggetto da 24x36mm assolutamente piano senza defaillance qualitative, almeno fino all'avvento del sistema Olympus OM, nel 1972, e alla presentazione del relativo OM Slide Copier.

 

Il set completo di accessori creati da Olympus per la duplicazione di originali 24x36mm in tutto il suo splendore.

Infatti, la Olympus informò tutto il sistema OM della sua grande esperienza nella produzione di microscopi e relativi accessori, nobilitandolo fin dall'origine con elementi esclusivi che arricchirono la sezione macrofotografia, rendendola un vero fiore all'occhiello; in questo ambito, la Casa mise in commercio un soffietto automatico molto ben realizzato, un duplicatore per negativi e diapositive costruito con qualità e robustezza da microscopio professionale, specifici vetri di messa a fuoco a parallasse per ingrandimenti spinti, un particolare mirino angolare Varimagni per la messa a fuoco di precisione e, soprattutto, uno specialissimo obiettivo Olympus OM Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 che era stato esplicitamente calcolato ed ottimizzato per lavorare con due coniugate perfettamente piane al rapporto di riproduzione 1:1 e con risolvenza praticamente limitata dalla diffrazione, talmente ottimizzato che il suo range massimo ammesso spaziava solo fra 1:2 (0,5x) e 2:1 (2x); in sostanza è configurato come un ottimo obiettivo da ingrandimento a 6 lenti che, in fase di progetto, era stato ottimizzato ad 1x (1:1) anzichè a 0,2:1 (1:5) oppure a 0,1:1 (1:10) come avviene comunemente negli obiettivi per ingranditore, sfruttando uno sweet-spot ottimale nella relazione focale/luminosità (80mm f/4) per ottenere una correzione senza compromessi: era l'anello mancante in tutti i sistemi precedenti ed anche futuri, visto che questo Zuiko 80mm f/4 è stato l'unico obiettivo appositamente calcolato per riprodurre originali 24x36 ad ingrandimento unitario.

 

Il set completo per la duplicazione di originali (OM Slide Copier + OM Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 + OM Auto Bellows + OM-2 con vetro di messa a fuoco speciale + Varimagni finder) sullo sfondo di un'immagine ricavata da una brochure Olympus dell'epoca che illustra alcuni elementi del vasto corredo macro. (background image: Olympus Corporation)

 

La stessa immagine della brochure d'epoca con la descrizione dei relativi elementi illustrati; per comodità l'obiettivo 80mm f/4 macro ed il relativo soffietto sono stati accostati al duplicatore ad una distanza incompatibile con l'esercizio reale, forse per ottenere un complesso apparentemente più compatto. (picture: Olympus Corporation)

grazie allo Slide Copier ben allineato, all'obiettivo appositamente calcolato e ai vetri di messa a fuoco speciali col mirino Varimagni 1,25x - 2,5x che agevolavano la focheggiatura, era finalmente possibile riprodurre negativi e diapositive 24x36mm senza alcun compromesso; naturalmente restavano le difficoltà connesse alla perfetta calibrazione dei colori,  alla scelta della giusta sensibilità con la quale esporre (con alcune emulsioni per duplicazione era necessario effettuare delle prove preliminari in tal senso) e dei necessari filtri di conversione, tuttavia - una volta che il sistema era a punto - la qualità dei risultati dipendeva solo da errori umani e non da limiti tecnici o pratici del sistema; vediamo in dettaglio i vari elementi dell'Olympus Slide Copier set.

 

Naturalmente il duplicatore OM Slide Copier e il soffietto OM Auto Bellows erano stati progettati in contemporanea e forgiati l'uno in funzione dell'altro, creando due elementi complementari; questi accessori erano disponibili fin dall'esordio del sistema, nel 1972, e rimasero in produzione fino alla sua uscita di scena, nel nuovo millennio.

 

Il soffietto Olympus OM Auto Bellows è realizzato con molta razionalità, sfruttando il grande know-how maturato nella progettazione di microscopi: la slitta principale a coda di rondine è servita da una staffa inferiore di messa a fuoco e da due standarte anteriori, tutte dotate di grosso nottolino a cremagliera per il movimento e di un altro, più piccolo, per bloccarle in posizione; lo scorrimento è garantito da settori in teflon mentre le due cremagliere sul binario, superiore ed inferiore, non sono fissate in modo solidale alle due viti di fermo ma hanno un certo gioco verticale recuperato da una molla che impedisce l'eventuale grippaggio degli elementi mobili. Il sistema per la chiusura del diaframma è ad azionamento manuale, grazie all'apposito comando coassiale al nottolino di messa a fuoco della standarta anteriore, oppure automatico sfruttando un doppio cavo di scatto flessibile; la flangia posteriore per il corpo macchina, magnificamente realizzata, per comodità può essere rimossa dal soffietto allentando una vite di fermo ed incorpora una levetta a molla che consente lo svincolo, permettendo il montaggio e lo smontaggio della fotocamera; questo componente era venduto anche separatamente nella gamma di adattatori per microscopio ad un costo non irrilevante: 3.500 Yen a fronte dei 18.000 dell'intero soffietto e degli 8.000 del duplicatore per diapositive: la qualità si paga! Il mantice dei soffietto è fissato alla standarta anteriore con un anello metallico dotato di vite di fermo e diametro analogo alla montatura frontale delle ottiche Zuiko con passo filtri da 49mm; svincolando il mantice e svitando il fondo-corsa del binario nella parte anteriore, è quindi possibile sfilare la standarta anteriore ed inserirla, dopo una rotazione di 180°, con la baionetta rivolta verso l'interno: ciò consentiva di montare comodamente le ottiche in posizione invertita, agganciando il mantice del soffietto alla montatura anteriore dell'obiettivo stesso: un pratico espediente per lavorare a rapporti di riproduzione elevati senza disporre delle speciali ottiche Zuiko bellows mantenendo in ogni caso una buona qualità d'immagine. Un dettaglio importante: la lunga leva rivestita in plastica nera che sblocca il fermo della baionetta posteriore va ad interferire con i voluminosi pentaprismi delle reflex digitali full-frame attuali come le Canon EOS della serie 5D; pertanto, per applicare la flangia di innesto a questi corpi macchina non è sufficiente il relativo anello adattatore ma serve anche una prolunga di alcuni millimetri per allontanare il corpo macchina dalla flangia stessa, come ad esempio il tubo di prolunga Olympus OM da 7mm.

 

L'esploso dell'Olympus OM Auto Bellows lascia intuire l'elevata qualità costruttiva; sotto le viti di fermo della cremagliera si vedono le molle che gli consentono un certo assestamento in esercizio. La freccia verde indica la leva che, premuta, svincola il pivot di blocco sulla baionetta; questa leva, col suo ingombro meccanico, impedisce l'applicazione di reflex digitali moderne senza la previa interposizione di un anello distanziale (ovviamente in aggiunta all'adattatore base). (drawing: Olympus Corporation)

 

Naturalmente l'OM Auto Bellows è ideale non solo come partner dello Slide Copier ma anche per realizzare macro spinte in abbinamento alle ottiche Zuiko tipo bellows, come ad esempio questo 20mm f/2 con diaframma automatico, in grado di spingersi, col soffietto completamente esteso, ad un rapporto di riproduzione superiore a 13x.

 

L'Olympus OM Slide Copier è progettato con analoga qualità e razionalità; si fissa alla base della cremagliera di messa a fuoco del soffietto ed incorpora un attacco filettato da 1/4" che permette di montare l'intero complesso su un treppiedi o un riproduttore verticale. Nella parte rivolta verso l'obiettivo è presente un paraluce compendium a soffietto che, in posizione di riposo, trova posto all'interno del duplicatore stesso ed è fissato ad una piastra dotata di apertura circolare con vite di fermo; tale piastra si aggancia alla parte anteriore dell'Olympus OM Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 e garantisce un'eccellente protezione dalle luci parassite, ottimizzando il contrasto della riproduzione. Nella parte anteriore è presente un modulo inserito grazie a due guide in acciaio con centratura verificabile grazie a due punti di fede di colore arancio e che incorpora un'apertura verticale nella quale introdurre il telaio da 5x5cm delle diapositive 24x36mm ed un'ulteriore, sottile feritoia nella quale è possibile inserire i negativi in striscia facendoli coincidere esattamente con lo stesso piano di fuoco delle diapositive; un pulsante zigrinato in plastica nera con molla antagonista consente di allentare la pressione per fare avanzare i fotogrammi del negativo mentre un'ulteriore presa di forza metallica consente di ribaltare l'intero frontale per ispezionare o pulire le guide del film, laccate con uno smalto nero lucido estremamente scorrevole per non abradere gli originali. Lo sportello ribaltabile anteriore incorpora un vetro satinato opaco che diffonde la luce, eventualmente rimovibile se si utilizza luce già diffusa. Il modulo anteriore può scorrere liberamente sulle due guide metalliche verticali che lo vincolano al resto del duplicatore e questo consente di registrare meglio la posizione della diapositiva da riprodurre. Sulla piastra presente nella base di appoggio sono presenti dei riferimenti per posizionare il soffietto con gli obiettivi Zuiko Macro 50mm f/3,5 e Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 ai rapporti di riproduzione 1:1 ed 1.5:1.

 

Questo schema mostra l'intero gruppo di componenti ed accessori Olympus OM che fanno parte del set per la duplicazione di originali 24x36mm e la sezione dei relativi componenti ottici; procedendo dalla parte anteriore, troviamo subito l'OM Slide Copier col vetro opalino che ha il compito di uniformare l'illuminazione e il relativo originale da riprodurre; il paraluce compendium è agganciato alla montatura anteriore dell'obiettivo OM Zuiko MC 1:1 Macro 80mm f/4 appositamente calcolato, a sua volta applicato all'OM Auto Bellows col necessario tiraggio; sul soffietto è applicato un corpo macchina Olympus OM (in questo caso una OM-2n) equipaggiato con un vetro di messa a fuoco a parallasse specifico per macro e microfotografia come il tipo 1-11 oppure 1-12; infine, per ottenere una messa a fuoco di precisione, assolutamente necessaria, sulla fotocamera è applicato lo speciale mirino OM Varimagni Finder che, alla bisogna, consente di ingrandire 2,5x la porzione centrale del vetro di messa a fuoco.

Un suggerimento personale: l'anello metallico che aggancia il paraluce compendium alla parte anteriore dell'obiettivo è abbastanza aggressivo e con l'uso frequente si rischia di rovinare la finitura nera dell'obiettivo stesso; per ovviare a questo inconveniente (come si può vedere anche nella foto qui sopra) ho preso un filtro skylight da 49mm, ho eliminato il vetro con la sua ghiera di fissaggio ottenendo un anello filettato con lo stesso diametro della montatura anteriore dello Zuiko, ho rifinito con smalto nero matt la sua parte interna e l'ho avvitato sull'80mm: in questo modo l'anello di fissaggio del compendium calza sulla montatura del filtro, salvando l'obiettivo.

Per realizzare l'esatto rapporto di riproduzione 1:1 ed avere l'originale a fuoco è ovviamente necessario garantire precise distanze e un esatto posizionamento reciproco di duplicatore, binario del soffietto e standarte del mantice; a tale proposito la Olympus ha predisposto una serie di indici di riferimento, sia sul duplicatore che sul binario del soffietto, che agevolano il compito e consentono di allestire rapidamente il complesso senza perdere tempo per cercare la relativa messa a punto; l'immagine seguente schematizza quanto sopra.

 

In pratica, ad entrambi i rapporti di riproduzione presi in considerazione (1:1 ed 1.5;1) e con entrambi gli obiettivi suggeriti (Zuiko Macro 80mm f/4 e Zuiko Macro 50mm f/3,5) il profilo frontale della standarta anteriore deve allinearsi con il punto di fede bianco-arancio posto nella parte anteriore del binario a coda di rondine; dal momento che esistono due modelli di Zuiko Macro 80mm f/4 caratterizzati da un differente posizionamento del gruppo ottico rispetto al piano della loro baionetta di montaggio, nella parte posteriore del soffietto sono previsti 4 riferimenti per il relativo tiraggio, due di colore arancio per lo Zuiko Macro 80mm f/4 primo tipo a diaframma manuale (per ingrandimenti 1x ed 1,5x) e due di colore verde per lo Zuiko Macro 80mm f/4 secondo tipo con diaframma automatico (sempre riferiti ad ingrandimento 1x ed 1,5x); i soffietti OM Auto Bellows prodotti dal 1972 ad inizio anni '80 riportano solo i due riferimenti per l'80mm f/4 manuale perchè il modello con diaframma automatico ancora non esisteva mentre l'esemplare qui illustrato è di produzione recente e riporta i riferimenti per entrambe le versioni. A questo punto la regolazione del soffietto è stata effettuata e l'obiettivo applicato sfrutta il tiraggio necessario per riprodurre il soggetto al rapporto di riproduzione scelto, sia esso 1:1 oppure 1,5:1 (previsto per inquadrare solo una porzione dell'immagine); ora è necessario collocare l'intero soffietto alla corretta distanza dal duplicatore per avere l'originale a fuoco col tiraggio e il posizionamento delle standarte appena applicato e per soddisfare tale esigenza si sfruttano i punti di fede riportati nella base dello Slide Copier, facendo coincidere il profilo anteriore del binario a coda di rondine del soffietto (posizionandolo grazie alla cremagliera di fuoco del soffietto stesso, quella inferiore) con le linee di colore arancio riportate nella parte superiore del basamento che sostiene il duplicatore; le linee di colore arancio sono dedicate ai due obiettivi macro da 80mm, una per ingrandimento 1x e l'altra per 1,5x, mentre all'estremità anteriore sono presenti due riferimenti ravvicinati di colore bianco per ingrandimento 1x ed 1,5x sfruttando lo Zuiko Macro 50mm f/3,5; noterete che per quest'ultimo obiettivo non sono previsti sul soffietto i riferimenti posteriori per il tiraggio (probabilmente la grafica sarebbe diventata troppo affollata e confusa), quindi occorre cercare il corretto posizionamento allineando anteriormente il binario e la standarta anteriore sui due riferimenti previsti e poi movimentando la standarta posteriore con l'occhio al mirino fino ad ottenere il fuoco esatto; in ogni caso la qualità ottica dell'80mm f/4 è superiore in queste applicazioni e la Casa ha sempre caldamente suggerito di usare questo modello.

 

Il tubo di prolunga Olympus OM da 7mm (qui in versione automatica) necessario per applicare sull'OM Auto Bellows le reflex digitali full-frame Canon o Nikon senza che lo sbalzo del loro pentaprisma interferisca con la leva di sblocco presente nella baionetta posteriore del soffietto.

 

Naturalmente il cuore del sistema e l'elemento che, da solo, garantisce le prestazioni ottimali, è lo speciale obiettivo Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4; quest'ottica con schema Gauss quasi simmetrico a 6 lenti in 4 gruppi è stata progettata con l'unica missione di riprodurre un originale 24x36mm piano con la massima qualità compatibile con la diffrazione presente a tale coniugata immagine ed apertura di diaframma e mantenendo perfettamente a fuoco tutto il campo ripreso col minimo astigmatismo e curvatura di campo: ottimizzare specificamente un obiettivo Gauss di apertura modesta e focale non cortissima ad una singola coniugata restringe molto le variabili di calcolo e non è sicuramente un cimento insormontabile per le Case specializzate nella produzione di obiettivi ma sta di fatto che, forse anche perchè ci riferiamo ad una nicchia limitata di possibili utenti, solamente Olympus ha prodotto un'ottica dedicata alla riproduzione 1:1 di originali piani nel formato 24x36mm. 

Nell'immagine, montati sullo speciale tubo di prolunga automatico OM ad allungamento variabile 65-116mm, sono illustrati i due modelli di 80mm f/4 prodotti da Olympus nell'evoluzione del sistema OM: nel 1972 venne presentata la versione a sinistra, con diaframma manuale, denominata OM Zuiko (MC) 1:1 Macro 1:4 f = 80mm, destinata esplicitamente alla duplicazione di originali 24x36mm sul soffietto e prodotta in circa 5.000 esemplari fino al 1981, i primi Single Coated e i successivi Multi Coated; nel 1980 (quindi con un overlap temporale di 1 anno col modello appena descritto) venne lanciata la versione illustrata a destra, con diaframma automatico, montatura analoga a quella delle altre ottiche Zuiko convenzionali e gruppo ottico a sbalzo rispetto al piano della baionetta e molto più arretrato rispetto a quello del precedente modello manuale; quest'obiettivo venne denominato OM Zuiko (MC) Auto-1:1 Macro 80mm 1:4, è stato prodotto fino al 2002 ed è Multi Coated fin dall'origine, con la denominazione MC riportata sui primi esemplari e poi omessa; quest'obiettivo è stato costruito seguendo lotti di numerazione corrispondenti a circa 18.000 esemplari ma non c'è evidenza che tale numero corrisponda alla produzione effettiva. L'80mm automatico è stato progettato su misura per le esigenze di utilizzo sul tubo OM 65-116mm ed infatti, a parte il diaframma automatico, anche il gruppo ottico arretrato nella montatura si adegua ai limiti di tiraggio del tubo, consentendo un rapporto di riproduzione di 0,45x a 65mm e di 1,2x a 116mm; l'ingrandimento 1,2x passa poi a 2x esatti utilizzando uno speciale accessorio creato da Olympus appositamente per questa versione, una lente addizionale Close Up Lens composta da più elementi e con focale F = 170mm.

 

Le caratteristiche del nuovo modello facevano uscire lo Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 dai rigidi confini della riproduzione di originali su stativo e permettevano di utilizzarlo, grazie al tubo automatico ad allungamento variabile, quasi come un macro tradizionale, magari abbinandolo ad un flash macro o anulare TTL per rendere l'insieme ancora più pratico; tuttavia, per lo specifico impiego con lo Slide Copier, dove ad ogni originale riprodotto occorreva aprire il diaframma completamente per focheggiare di precisione l'emulsione e poi richiudere al valore di lavoro, l'originale modello manuale a preselezione è di gran lunga più comodo e meno soggetto ad usura.

 

Lo schema dell'80mm f/4 macro prima versione col relativo schema ottico gaussiano quasi simmetrico; la grafica di brochure e manuali di istruzione mostra leggeri differenze nella sezione del gruppo ottico montato sul secondo modello automatico ma non ci sono conferme se si tratti di un ricalcolo effettivo o di semplificazioni grafiche.

 

La versione automatica prodotta dal 1980 al 2002 presenta una montatura più moderna e con estetica ed elementi analoghi a quelli degli obiettivi Zuiko convenzionali; notate il notevole sbalzo del gruppo ottico, scelto per ridurre il rapporto di riproduzione minimo possibile col tubo 65-116mm; quest'ultimo venne infatti progettato per le esigenze dello Zuiko Macro 135mm f/4,5 bellows che, col tiraggio minimo da 65mm, si trova esattamente a fuoco su infinito, tuttavia utilizzando lo Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 con 65mm di prolunga (il minimo consentito dal tubo) il rapporto di riproduzione ottenibile sarebbe stato superiore ad 1:2 che, invece, era indicato come un estremo del range ammesso e quindi occorreva renderlo disponibile; arretrando il gruppo ottico il minimo ingrandimento ottenibile col tubo 65-116mm divenne 0,45x mentre, col massimo allungamento di 116mm e la speciale lente addizionale F = 170mm il rapporto di riproduzione arriva a 2x: in questo modo la gamma consigliata 0,5x - 2x era debitamente coperta, seppure con qualche volo pindarico. La ghiera gommata non è una semplice presa di forza ma, così come avviene anche con gli Zuiko bellows 20mm f/2, 38mm f/2,8 e 135mm f/4,5 di nuova generazione, gestisce la rotazione di una ghiera di messa a fuoco che presenta soltanto un punto di fede bianco e consente una messa a fuoco finale micrometrica; il compendium a soffietto dell'OM Slide Copier, completamente esteso quando si lavora con l'80mm, esercita una forte trazione sulla parte anteriore della montatura e l'obiettivo automatico presenta una meccanica abbastanza complessa e delicata per la particolare conformazione della ghiera di fuoco e del diaframma automatico, per cui la struttura è soggetta facilmente a laschi meccanici con l'uso e questa è una ragione in più per suggerire di utilizzare il duplicatore con la vecchia versione a diaframma manuale, molto più semplice, robusta e monolitica.

 

La corsa consentita dalla competa rotazione della ghiera di fuoco micrometrica è pari a circa 7,4mm, un valore non disprezzabile che consente di effettuare ampie regolazioni; il cannotto posteriore sporgente è fisso mentre il gruppo ottico si muove al suo interno come un pistone nella relativa camicia, restando protetto da eventuali urti.

 

La sezione delle due versioni di Zuiko 1:1 Marco 80mm f/4, visualizzate con la battuta della baionetta sullo stesso piano, evidenzia fin da subito le analogie ottiche ma anche le vistose differenze meccaniche suggerite dalla diversa destinazione d'uso e legate alla volontà di allargare il campo operativo dell'obiettivo anche alla macrofotografia convenzionale, sul campo. Come ripeto, le leggere differenze negli schemi ottici sono trasferite letteralmente dalla grafica delle brochures Olympus ma non esiste la conferma che effettivamente il secondo modulo sia stato riprogettato rispetto al primo.

Le due versioni di Olympus OM 1:1 Macro 80mm f/4 assieme ad altri macro del sistema: i due bellows di nuova generazione 20mm f/2 e 135mm f/4,5 (notate la stessa ghiera di fuoco micrometrico già descritta nell'80mm seconda versione) e il classico 50mm f/3,5 Macro, probabilmente il modello più diffuso e conosciuto della gamma.

 

L'esploso meccanico dei due obiettivi mostra i riferimenti a tre distinte varianti: il primo tipo con trattamento SC, in primo tipo con trattamento MC ed il secondo tipo automatico con trattamento MC; si può notare come la meccanica del primo modello manuale sia molto più semplice ma anche meno soggetta ad anomalie; per quanto riguarda la querelle legata all'eventuale evoluzione dello schema ottico passando al secondo livello, in effetti la grafica nelle sezioni in prospettiva delle lenti (indicate dai numeri rossi, purtroppo il doppietto posteriore del primo modello non è sezionato) sembrerebbe indicare qualche variazione degli spessori e nei raggi di curvatura, tuttavia servono ben altre evidenze per fugare ogni dubbio. (drawings: Olympus Corporation)

Proseguendo nell'analisi degli elementi che compongono il set per duplicazione, i corpi macchina Olympus OM andavano preferibilmente equipaggiati con particolari vetri di messa a fuoco, dal momento che l'apertura effettiva di questo sistema ad 1:1 è T = 8, troppo chiusa per riuscire a mettere a fuoco ed inquadrare debitamente col vetro in dotazione; per elevati ingrandimenti ed aperture relative parimenti contenute i modelli più indicati sono i tipi 1-11 ed 1-12

 

I vetri Olympus OM tipo 1-11 e 1-12 presentano un cerchio centrale con campo chiaro, non smerigliato, con le croci per messa a fuoco a parallasse, particolarmente efficace nell'uso su microscopio o per elevati ingrandimenti; sul resto del campo il tipo 1-11 presenta una smerigliatura più fine rispetto ai modelli convenzionali mentre nel tipo 1-12 il campo chiaro del cerchio centrale è esteso su tutta la superficie e le croci centrali per la messa a fuoco a parallasse sono di maggiori dimensioni. In ogni caso questi vetri vengono descritti solo per amore di completezza (peraltro sarebbero inutilizzabili nella fotografia tradizionale) perchè, oggi come oggi, per chi volesse rimettere in funzione il sistema di duplicazione Olympus OM risulterebbe in ogni caso più semplice utilizzare moderne reflex digitali full-frame adattate al soffietto.

Infine, per agevolare ulteriormente la messa a fuoco, fin dal 1972 nel sistema Olympus OM era presente un bellissimo accessorio, il Varimagni Finder 1,25x - 2,5x; si tratta di un mirino angolare a 90° (con rotazione a scatto che consente di posizionare l'oculare ad ore 3, 6, 9 e 12, a piacimento) che agevola molto l'inquadratura con la fotocamera posizionata su un riproduttore verticale e che incorpora un ingegnoso e complesso sistema ottico a 9 elementi, 8 lenti ed uno specchio, che consente di osservare l'intero campo con un ingrandimento di 1,25x rispetto alla visione classica oppure, ruotando un selettore, di ingrandire 2,5x solo la porzione centrale del vetro di messa a fuoco, semplificando la vita nella focheggiatura critica. Ecco il suo brevetto originale.

 

Il brevetto americano, con riferimento alla prima patente giapponese del 23 Maggio 1972 e la sezione che mostra il gruppo ottico mobile per il cambio di ingrandimento.

 

Il Varimagni Finder consente una correzione diottrica veramente ampia, da +3 a -7 diottrie, grazie all'elicoide incorporato nella parte superiore e gestito dalla rotazione della ghiera godronata che avvicina ed allontana le prime tre lenti del sistema dal resto del sistema ottico; per il cambio rapido fra visione intera a 1,25x o ingrandimento 2,5x della porzione centrale il progettista Yoshitsugi Ikeda (il nome sul brevetto è un refuso) ha previsto una coppia di lenti, all'uscita dell'oculare della fotocamera, solidali ad una levetta che consente di ruotarle di 90° sull'asse orizzontale; con la leva in posizione verticale le lenti sono escluse dal percorso ottico e il mirino inquadra l'intero vetro smerigliato (97% del campo effettivamente ripreso) con ingrandimento 1,25x; ruotando la levetta a destra di 90° le due piccole lenti supplementari si allineano al percorso ottico, garantendo la visione della porzione centrale con ingrandimento 2,5x. L'estetica è piacevole, con pratica guida metallica per l'inserimento rapido (manca però un dispositivo di fermo) mentre una vera chicca è costituita dal commutatore per i fattori di ingrandimento, identico a quello che, sul corpo macchina, a pochi centimetri di distanza, accende la fotocamera o gestisce le sue funzioni.

 

L'esploso meccanico del Varimagni Finder sottolinea la raffinatezza della costruzione, col know-how da costruttore di microscopi che occhieggia ad ogni dettaglio; la grafica evidenzia le due minuscole lenti montate su un castone rotante solidale al selettore esterno e che, posizionate sul percorso ottico grazie alla sua rotazione di 90° in senso orario, modificano l'ingrandimento di visione.

Per quanto riguarda il comportamento ottico dello Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4, di solito gli obiettivi da riproduzione estremamente corretti sono fondamentalmente soggetti alle regole della diffrazione, specie a coniugate immagine così elevate: in linea di principio migliorano leggermente al primo f/stop di chiusura rispetto alla massima apertura ma ai diaframmi successivi peggiorano progressivamente per diffrazione; da prove effettuate, il nostro Zuiko non fa eccezione e infatti, sull'asse,  presenta una qualità molto elevata anche a piena apertura f/4, migliora leggermente ad f/5,6 e poi peggiora sistematicamente a causa della diffrazione. La particolarità di quest'obiettivo risiede comunque nell'ottimizzazione di curvatura di campo e astigmatismo al rapporto 1:1, al quale è in grado di riprodurre un soggetto perfettamente piano e bidimensionale con una qualità costante da centro a bordi mentre, in virtù della correzione critica qui raggiunta e dello schema ottico fisso, ai due intervalli estremi del range ammesso (1:2 e 2:1) si manifesta già una leggera curvatura di campo.

Pertanto, nell'utilizzo pratico, ad 1:1 la resa è molto omogenea su tutto il fotogramma, ad f/4 è forse possibile visualizzare un leggero ammorbidimento sui bordi rispetto all'asse ma ad f/5,6 la risposta è praticamente identica in ogni zona del campo, rappresentando quindi l'apertura di lavoro preferenziale; infatti con aperture inferiori la resa rimane assolutamente costante ma risulta progressivamente inferiore per via della diffrazione che, ad ingrandimenti elevati, è molto più invasiva. Invece ad 1:2 il rendimento teorico è più elevato perchè la coniugata immagine è meno spinta però l'effetto della leggera curvatura di campo che subentra risulta percettibile: sull'asse si replica il comportamento visto ad 1:1, solo su valori leggermente più alti, col picco ad f/5,6 e il successivo calo per diffrazione, mentre ai bordi fino ad f/8-11 la differenza di rendimento è leggermente superiore alla configurazione di 1:1 proprio a causa del piano di fuoco che non coincide più perfettamente con quello del centro; naturalmente si tratta di differenze comunque contenute e la qualità si può considerare ottima nell'intero intervallo compreso fra 0,5x e 2x; naturalmente esistono ottiche da riproduzione e stampa di altissima gamma, poco comuni e molto costose, che possono presentare una risolvenza in asse anche superiore, tuttavia l'atout dello Zuiko sta proprio nello spianamento di campo ad 1:1 e nella eccezionale uniformità centro/bordi su un soggetto piano a tale ingrandimento.

 

I grafici esemplificano il comportamento descritto in precedenza: ad 1:1, rapporto di riproduzione per il quale è ottimizzato, il rendimento è praticamente omogeneo da centro a bordi e le differenze nei valori qualitativi sono principalmente influenzate dalla diffrazione; al rapporto di riproduzione 1:2, all'estremo inferiore della gamma suggerita, l'asse replica il comportamento di 1:1 con risoluzione leggermente superiore e conferma f/5,6 come apertura ottimale, mentre i bordi risentono della leggera curvatura di campo che li porta fuori fuoco rispetto al soggetto piano e recuperano ad f/5,6 ed f/8 sfruttando la maggiore profondità di campo disponibile finchè, ad f/11, la diffrazione annulla nuovamente le differenze. Non va dimenticato che ad 1:1 un'apertura f/5,6 in un sistema ottico "rigido" su prolunghe corrisponde in realtà ad un T = 11, un valore che consente ancora risoluzione elevata ma è già assediato dagli effetti della diffrazione, quindi è bene non diaframmare oltre.

Sono sempre stato un fan della duplicazione degli originali tramite macrofotografia per alcune ragioni che ritenevo valide: gli scanner per film di alta gamma (ovviamente non parliamo dei drum scanner per service professionali, inarrivabili per il singolo utente) sono circoscritti a pochi modelli, comunque costosi ma ormai obsoleti e non più assistiti da un servizio riparazioni con la relativa disponibilità di ricambi, quindi sono soggetti ad improvvisa "sudden death" in caso di guasto anche banale; inoltre le loro interfacce ed i relativi drivers di gestione diventano rapidamente obsoleti con l'evolversi dei moderni computers, col rischio di non riuscire più ad interfacciarsi. La duplicazione fotografica invece, una volta garantito l'impiego di un obiettivo senza compromessi quanto a nitidezza e planeità di campo e mantenuto un perfetto pianoparallelismo, consente di operare più in fretta, focheggiando micrometricamente in live view ogni singolo fotogramma, eventualmente anche fuori asse, sul dettaglio più importante, di compensare più facilmente con  l'esposizione originali particolarmente densi e, soprattutto, di aggiornare continuamente il sistema quando nuove fotocamere, sensori e software di gestione dell'immagine evoluti si presenteranno sul mercato: basterà applicare al soffietto il nuovo modello e gestire il file RAW con i soft implementati per ottenere duplicati sempre più conformi.

Naturalmente le due premesse citate prima, l'obiettivo senza compromessi ad 1:1, soprattutto per planeità di campo, e il perfetto allineamento e pianoparallelismo, sono assolutamente ardue da soddisfare ma lo Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 col relativo soffietto e duplicatore risolvono brillantemente il problema.

Per esemplificare come si comporta questo corredo nell'uso pratico ho duplicato un paio di diapositive 24x36mm scattate su Fuji Provia 100 e rifotografate applicando al soffietto OM una Nikon D700 con l'interposizione di un anello adattatore e di un ulteriore distanziale per allontanare la citata leva di sblocco, scattando tramite un comando radio a distanza con sollevamento preventivo dello specchio in RAW.NEF a 200 ISO (sensibilità minima di default) e chiudendo lo Zuiko ad f/5,6, apertura di lavoro ottimale; i files sono poi stati aperti in Adobe Camera RAW 9.5 e poi passati in Adobe Photoshop CC; ho usato la ormai obsoleta D700 con risolvenza non elevatissima perchè il suo file è molto elastico e trattabile e quindi idoneo a compensare gli inevitabili aumenti di contrasto e tagli di sfumature che da sempre flagellano le duplicazioni; ecco i due originali e le relative duplicazioni così ottenute.

 

 

Naturalmente l'OM Zuiko 1:1 Macro 80mm f/4 può essere utilizzato tranquillamente come obiettivo macro convenzionale, soprattutto nei casi in cui sia necessario un ingrandimento compreso fra 0,5x e 2x e lavorando con soggetti perfettamente piani, dove la superiore planeità di campo costituisca un reale vantaggio e dove la necessità di non chiudere molto il diaframma non penalizzi il risultato finale perchè non è richiesta una profondità di campo particolarmente estesa; per realizzare la foto seguente ho montato l'OM Zuiko Auto 1:1 Macro 80mm f/4, quindi il secondo modello più rientrante, sul tubo di prolunga automatico OM ad allungamento variabile 65-116mm, a sua volta applicato ad una Canon EOS 5D Mark II dotata di flash anulare macro TTL Canon MR-14 EX, scattando ad un rapporto di riproduzione leggermente superiore ad 1:2 (1:1,8) ed esponendo ad f/5,6 + 1/3.

 

Il soggetto fossilizzato è un piccolo clupeide, uno Knightia Eocaena, ittiolite piuttosto comune negli strati sedimentari dell'Eocene depositati sul fondo di grandi bacini lacustri circa 50 milioni di anni fa ed oggi affioranti presso Kammerer nel Wyoming; nonostante l'obiettivo non sia stato impiegato al rapporto di riproduzione ottimizzato di 1:1 bensì quasi ad 1:2, avvicinandosi ai limiti del range suggerito dalla Casa, già in questa immagine a dimensioni ridotte è percettibile la superiore ed uniforme nitidezza in ogni zona del campo; naturalmente per sfruttare le prerogative di quest'obiettivo nella macrofotografia tradizionale con risultati di qualità superiore è necessario rimanere nel ristretto ambito di ingrandimenti suggeriti, sfruttare soggetti assolutamente piani (monete, francobolli, fossili in lastra, etc.) e non diaframmare oltre f/5,6.

Tirando le somme, il set completo per duplicare gli originali 24x36mm creato da Olympus ed inserito nel sistema OM fin dal 1972 è qualcosa di veramente unico ed efficace con un obiettivo specifico che, a tuttora, non ha eguali per caratteristiche progettuali; questo sistema ha attraversato tutta la parabola Olympus OM, dal 1972 al nuovo millennio, sempre in sordina e trascurato dagli stessi fan del marchio, forse anche per una certa carenza di informazione specifica mirata, al punto che alcuni utenti del materiale OM duplicavano utilizzando il classico 50mm f/3,5 macro, del tutto ignari di che pasta completamente diversa fosse fatto l'80mm specificamente progettato. Forse, inizialmente, l'appassionato frenava gli entusiasmi per la sua architettura con diaframma solo manuale a preselezione che, di fatto, impediva l'utilizzo nella macrofotografia convenzionale o dinamica; la Olympus corse ai ripari a inizio anni '80 con la versione automatica ed il relativo tubo di prolunga ad allungamento variabile ma ormai l'offerta di ottiche macro si stava diversificando per soddisfare tutte le esigenze e quello "strano" 80mm 1:1 ha continuato ad incarnare il ruolo di oggetto un po' misterioso e, forse, il fatto che non consentisse di  spingersi fino ad infinito e che non potesse focheggiare liberamente con un elicoide proprio (presente ma solo micrometrico) ma richiedesse macchinose procedure per cambiare il rapporto di riproduzione ha continuato a tenere lontani i potenziali fruitori.

Invece, visto nella giusta prospettiva, lo Zuiko 80mm f/4 ed il relativo set per la duplicazione di negativi e diapositive costituiscono uno strumento prezioso ed efficace, perfettamente attuale e sfruttabile con profitto anche oggi, applicando la soffietto la nostra full-frame preferita, per riprodurre e digitalizzare il nostro prezioso archivio di immagini analogiche 35mm.

(Marco Cavina)

(Testi, attrezzature, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato)



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