TEST  n°  20   -  CARL  ZEISS  S-PLANAR  60mm f/2,8  T*  AE  1:1  PER  CONTAX-YASHICA  DEL  1975  E  CARL ZEISS  MAKRO-PLANAR  50mm f/2  T*  ZF  IN  ATTACCO  NIKON  DEL  2006:  COME  SI  E'  EVOLUTA  LA  PROGETTAZIONE  DEI  NORMALI  MACRO  CARL  ZEISS  NEL  CORSO  DEI  DECENNI.




(15/12/2013)


L'origine degli obiettivi standard macro, cioè con capacità di messa a fuoco estesa fino a coniugate più ravvicinate del solito, prevedendo non soltanto un elicoide in grado di garantire la corrispondente escursione ma anche uno schema ottico specificamente ottimizzato per la miglior resa a distanze brevi, è storia relativamente recente: possiamo dire che il primo prototipo è costituito dal Micro-Nikkor 50mm f/3,5 SIC) per Nikon a telemetro, lanciato a metà anni '50, poi seguito a ruota dal più pratico modello Micro-Nikkor 55mm f/3,5 per Nikon F del 1961 e dallo Zeiss S-planar 50mm f/4 per Contarex, a catalogo dal 1963.

Dopo questo timido approccio, dalla fine degli anni '60 tutte le case si sono cimentate in questo settore, dal momento che la clientela mostrava di apprezzare il concetto di normale tuttofare, buono per il paesaggio ad infinito ed ancora migliore per il primo piano della farfalla su un fiore, mentre l'avvento di moderne emulsioni ad alta sensibilità e grana fine rendeva accettabile il sacrificio nell'apertura massima; in questo contesto ci concentreremo sui modelli destinati al 24x36mm e concepiti dalla Carl Zeiss di Oberkochen, cercando anche di individuare le linee-guida che hanno caratterizzato l'evoluzione tecnica dei modelli via via presentati.

Va detto che la Carl Zeiss ha sempre vantato una spiccata specializzazione nella produzione di obiettivi particolari e destinati ad impieghi scientifici ed industriali molto specifici, se non di nicchia, concepiti sfruttando il suo know-how di prim'ordite, per cui all'ombra della classica produzione per impieghi fotografici generici è nata una serie di ottiche praticamente sconosciuta agli utenti convenzionali, una gamma di obiettivi che, per indicare l'utilizzo speciale, presentano spesso il famoso prefisso S- anteposto al "nome proprio", tipico delle ottiche Zeiss. Gli obiettivi macro per uso fotografico, denominati appunto S-Planar (e successivamente Makro-Planar) costituiscono una sorta di trait d'ùnion fra gli obiettivi generici e questa generazione di ottiche specialistiche.

In questa immagine sono raccolti i due obiettivi protagonisti di queste righe (il Carl Zeiss S-Planar 60mm f/2,8 T* AE 1:1 Germany per Contax-Yashica ed il Carl Zeiss Makro-Planar 50mm f/2 T* ZF in attacco Nikon) assieme ad altri obiettivi della Zeiss di Oberkochen destinati alla ripresa a distanza ravvicinata, in condizioni di esercizio normale o per utilizzi speciali: troviamo infatti un Makro-Planar T* 120mm f/4 CF per riprese macro su Hasselblad 6x6 della serie "500" (Hasselblad V), un S-Planar 120mm f/5,6 T* in montatura M46 per reprocamera (l'identico nocciolo ottico era applicato anche all'omologo obiettivo Hasselblad), i Luminar 16mm f/2,5 e 25mm f/3,5, destinati a riprese macro ad altissimo rapporto di riproduzione, e due speciali S-Planar concepiti per la microlitografia e destinati alla produzione delle maschere dei microchips ad altissima risolvenza: il 95mm f/2,1 (che generava sul wafer di silicio una maschera da 25x25mm) ed il 25mm f/1,6 (che produceva una coniugata immagine da appena 8mm di diametro ma con risoluzione elevatissima, oltre 1.500 l/mm).

Altri tipici esempi di obiettivi Zeiss speciali per coniugate brevi comprendono modelli per riproduzione di originali su microfilm, per il riversamento/copia di pellicola cinematografica su formati analoghi o differenti, per la riproduzione di negativi in scala 1:1 ed altri impieghi analoghi; si tratta di modelli speciali S-Biogon, S-Tessar, S-Planar oppure S-Sonnar la cui esistenza è ignota ai più ed i cui schemi ottici con le principali caratteristiche sono riprodotti nell'interessante prospetto Zeiss riportato a seguire.

 

 

Queste ottiche speciali prevedono dunque modelli destinati alla ripresa ravvicinata generica oppure all'ingrandimento, come gli S-Planar 50mm f/4 (per Contarex) o S-Planar 120mm f/5,6 (per Hasselblad e Rollei), esemplari per ridurre da 5 a 30 volte un originale in microfiches da 32x45mm su pellicola 35mm non perforata per microfilm, come l'S-Planar 60mm f/4 o l'S-Tessar 75mm f/4,5, obiettivi per la riproduzione di negativi in scala diretta 1:1, come l'S-planar 74mm f/4, oppure versioni destinate alla duplicazione di pellicola cinematografica 35mm su formati inferiori, come l'S-Tessar 60mm f/3,5 o l'S-Sonnar 62mm f/2,5. In questa gamma rientra di diritto anche l'S-Biogon 60mm f/5,6 (non illustrato) che veniva a sua volta utilizzato per ridurre originali su microfilm.

 

Limitatamente al settore fotografico convenzionale, la Carl Zeiss di Oberkochen ha realizzato ottiche per macrofotografia destinate al formato 24x36mm (S-Planar 50mm f/4 Contarex, Tessar 115mm f/3,5 bellows Contarex, S-Planar/Makro-Planar 60mm f/2,8 T* Contax-Yashica, S-Planar 100mm f/4 T* bellows Contax-Yashica, Makro-Planar 100mm f/2,8 T* Contax-Yashica, Makro-Sonnar 100mm f/2,8 T* Contax-N, Makro-Planar 50mm f/2 T* Z, Makro-Planar 100mm f/2 T* Z), per il formato 6x4,5cm (Macro-Apo-Planar 120mm f/4 T* Contax 645) e per il formato 6x6cm (S-Planar 120mm f/5,6 con o senza T* Hasselblad e Rollei, S-Planar/Makro-planar 135mm f/5,6 bellows con o senza T* Hasselblad, Makro-Planar 120mm f/4 T* Hasselblad e Rollei); in questa sede ci concentreremo solamente sui macro di focale normale (50-60mm) progettati per il 24x36mm, cercando - anche con l'ausilio di prove pratiche - di comprendere quali sono state le direttive di progetto e come si sono evolute nel tempo per garantire o meno migliori prestazioni.

 

 

Come già accennato, tutta questa affascinante storia ebbe inizio quando la Carl Zeiss di Oberkochen mise a disposizione della consociata Zeiss Ikon Stuttgart il nocciolo ottico di uno speciale obiettivo Planar da 50mm f/4 che era ottimizzato per un'ottima planeità di campo, elevato contrasto ed alta risoluzione ad una coniugata ravvicinata e corrispondente all'incirca ad un originale di formato A4. Questo nocciolo ottico, ottimizzato da Erhard Glatzel con il celebre e mastodontico computer IBM 7090, fu rapidamente assemblato riciclando la montatura del classico Planar Contarex 50mm f/2 - assolutamente identica - e l'unica differenza funzionale è rilevabile nella ghiera di messa fuoco, sulla quale la consueta scala delle distanze era sostituita dall'indicazione della scala di riproduzione compresa fra 1:13 ed 1:2,8.

La ragione di questa scelta inusuale, che preclude addirittura la messa a fuoco ad infinito, sta nel fatto che allo stadio iniziale della progettazione questi schemi ottici non prevedevano flottaggi compensatori delle lenti durante la messa a fuoco (schemi cosiddetti "rigidi") per cui la giacitura dei piani astigmatici poteva essere ottimizzata solamente ad una specifica coniugata di fuoco; focheggiando soggetti a distanze maggiori o minori questo equilibrio veniva alterato senza alcuna compensazione, col risultato di introdurre una certa quota di curvatura di campo, spesso asimmetrica sulle due letture sagittale e tangenziale, che pregiudica la riproduzione a fuoco dell'intero soggetto piano.

 

 

Lo schema ottico del primo S-Planar 50mm f/4 si basava sul classico schema Gauss a 6 lenti in 4 gruppi già utilizzato sul normale Planar 50mm f/2, riducendo l'apertura massima di 2 f/stop e modificando i parametri dello schema per avere un campo livellato in presenza di un tiraggio maggiore rispetto a quello di infinito. Dal momento che il Planar 50mm f/2 era comunque in grado di focheggiare fino ad appena 30cm dal piano focale, era già possibile ottenere riprese ravvicinate generiche di buona qualità utilizzando lo standard fornito a corredo col corpo macchina Contarex, dal momento che la curvatura di campo presente nel 50mm f/2 a coniugate così ravvicinate non presenta problemi eccessivi riprendendo soggetti tridimensionali con sfondo sfuocato; la compresenza dell'S-Planar 50mm f/4 (prodotto comunque in appena 400 esemplari su due lotti identici, metà satinati cromo e metà neri) si giustifica quindi con l'abbinamento a severe esigenze di riproduzione di originali piani come mappe, documenti, litografie o stampe fotografiche, per i quali una nitidezza elevata ed uniforme fino ai bordi è di vitale importanza, restringendo il range operativo alle scale che garantiscono ancora la necessaria planeità di campo ed escludendo a priori il fuoco ad infinito, ben servito dal modello Planar 50mm f/2. Si trattava quindi di uno strumento estremamente specializzato, relegato ad un campo di applicazioni molto ristretto che ne ha drasticamente limitato la diffusione.

 

I due modelli che, nel corso degli anni, hanno raccolto il testimone dell'originale S-Planar 50mm f/2 Contarex sono stati lo Zeiss S-Planar (poi Makro-Planar) 60mm f/2,8 T*, lanciato nel 1975 nel corredo della Contax RTS, ed il recente Zeiss Makro-Planar 50mm f/2 T*, presentato nell'ambito della nuova gamma di ottiche "Z" disponibile a partire dal 2006 con attacco per le principali fotocamere reflex (ZF per Nikon, ZS a vite 42x1mm, ZK per Pentax, ZE per Canon EOS); l'esemplare preso in esame in questa sede è in attacco ZF "mkI", privo di contattiera ROM per impostare il diaframma direttamente dal corpo macchina ma equipaggiato ancora con la mitica forcellina di accoppiamento al Photomic, che ha consentito questo affascinante abbinamento ad una classica Nikon F Photomic Ftn del 1969.

La principale differenza fra questi due modelli, tecnicamente divisi da oltre 30 anni, sta nel fatto che l'S-Planar/Makro-Planar 60mm f/2,8 T* mantiene lo stesso schema Gauss a 6 lenti in 4 gruppi dell'antesignano Contarex, mentre il moderno Makro-Planar 50mm f/2 fa suo uno schema flottante nel quale, al Gauss principale, viene aggiunto un modulo di compensazione posteriore aggiuntivo la cui distanza dal primo varia continuamente durante la messa a fuoco, compensando le aberrazioni: si tratta di una soluzione introdotta già negli anni '70 da progetti come il Vivitar Series 1 90mm f/2,5 macro o il Tamron SP 90mm f/2,5 macro e che, nel campo dei normali, aveva già visto schemi simili negli Olympus OM-Zuiko 50mm f/2 macro, Pentax FA 50mm f/2,8 macro e nel Canon EF 50mm f/2,5 Compact Macro e architettura praticamente identica nell' AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8.

 

In questo schema relativo al Makro-Planar 50mm f/2 T* appare evidente come, dietro al Gauss asimmetrico a 6 lenti in 5 gruppi, sia comparso un gruppo di lenti supplementare, costituito da un doppietto collato.

 

Questo schema chiarisce in dettaglio il miglioramento tecnico introdotto passando dal 60mm f/2,8 del 1975 al 50mm f/2 del 2006: mentre nel primo caso l'intero gruppo ottico si muove in avanti passando da infinito a coniugate brevi, e questo va a modificare continuamente la giacitura dei piani astigmatici e quindi introduce eventualmente curvatura di campo e astigmatismo, nel 50mm f/2 del 2006 abbiamo due moduli indipendenti; in configurazione di infinito la serie di lenti risulta accostata e posizionata in posizione molto arretrata ma, passando a distanze di messa a fuoco ridotte, il Gauss anteriore avanza in modo deciso, aumentando drasticamente lo spazio che ad infinito lo separava dal modulo anteriore; fin qui schema e comportamento corrispondono a quelli dell'AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8 ma la Zeiss ha introdotto un'ulteriore complicazione: mentre nel modello Nikon (ed in molti medio-tele macro di analoga architettura, come il Leica Apo-Macro-Elmarit-R 100mm f/2,8) il modulo posteriore risulta fisso, in questo caso passando da infinito alla distanza minima ammessa (corrispondente ad un rapporto di riproduzione di 1:2) anche quest'ultimo avanza rispetto alla posizione di infinito, seppure in misura marcatamente inferiore rispetto al gruppo Gaussiano principale, introducendo quindi ulteriori variabili di correzione.

Per quanto concerne la produzione, il 60mm f/2,8 S-Planar T* fu inizialmente prodotto, a partire dal 1975, in Germania ad Oberkochen e poi, come quasi l'intera gamma di obiettivi per Contax-Yashica, le linee furono trasferite in Giappone; la denominazione iniziale S-Planar, quando entrò il produzione il modello di focale superiore 100mm f/2,8, per uniformità di gamma  fu convertita in Makro-Planar; una ulteriore complicazione tassonomica sta nel fatto che l'obiettivo inizialmente prevedeva un grosso elicoide che, con due giri completi della ghiera ed un vistoso allungamento, consentiva di arrivare direttamente al rapporto di riproduzione 1:1; successivamente questa versione fu affiancata da un modello denominato Makro-planar 60mm f/2,8 T* C (dove "C" è l'acronimo di "Compact") che presenta una montatura molto più snella e leggera e che, anche a fronte di una sostanziosa riduzione del prezzo di listino, consentiva di raggiungere senza accessori solamente il rapporto di riproduzione di 1:2, come del resto la stragrande maggioranza dei macro concorrenti dell'epoca.

 

Troviamo quindi dei 60mm f/2,8 T* 1:1 marcati S-Planar oppure Makro-Planar, made in Germany o made in Japan, oltre alla versione successiva 60mm f/2,8 T* C 1:2, prodotta esclusivamente in Giappone e sempre marcata Makro-Planar. Notate come la rinuncia ad appena 3cm nella distanza di fuoco minima (da 24cm a 27cm) abbia ridotto il peso di 300 grammi, il passo filtri da 67mm a 55mm, il diametro di oltre 10mm e la lunghezza di 22,5mm.

Per amore di completezza va detto che i primi prototipi di S-Planar 60mm f/2,8 creati dalla Zeiss per la Photokina nel corso della quale fu lanciato a sopresa il sistema Contax RTS, e caratterizzati dalla nota matricola prototipica nell'ordine di 2.5xx.xxx, presentavano già una montatura snella, compatta e limitata al rapporto di riproduzione 1:2 simile (ma non identica) a quella del 60mm f/2,8 Makro-Planar C, introdotto solamente molti anni dopo la versione più ingombrante che fu la prima ad entrare in produzione: evidentemente si era deciso di realizzare un macro più compatto poi, prendendo atto che lo stato di correzione ottica, dopo il degrado iniziale, rimaneva abbastanza costante fra i rapporti di riproduzione 1:2 ed 1:1, verosimilmente si decise di estendere il campo di fuoco del modello definitivo fino alla scala reale, tornando poi alla configurazione originale sono multi anni dopo e come alternativa economica al modello standard 1:1.

Lo Zeiss Makro-Planar 50mm f/2 fu invece lanciato nell'ambito della nuova gamma di ottiche "Z", anticipata dall'esordio dei primi due modelli Planar 50mm f/1,4 T* e Planar 85mm f/1,4 T* (strettamente derivati dalle omologhe versioni per Contax-Yashica e Rollei), cui seguirono a ruota i Distagon 25mm f/2,8 T*, Distagon 35mm f/2 T* e, appunto, Makro-Planar 50mm f/2 T*. Questa nuova gamma di ottiche, fornite in attacco fisso per vari tipi di apparecchi, focalizzava e risolveva un annoso problema che, ripetutamente nel corso della sua storia, ha messo la Zeiss di Oberkochen in una situazione commerciale spinosa: produrre eccellenti obiettivi in attacco esclusivo per apparecchi sulla cui evoluzione e continuità produttiva/commerciale la Carl Zeiss non aveva alcun controllo: così avvenne per la chiusura della Zeiss Ikon e la soppressione della gamma Contarex e parimenti si verificò quando la Kyocera sospese la produzione della linea Contax reflex. Il Makro-Planar 50mm f/2 T* fu distribuito a partire dal 2006 e, come tutti gli altri modelli di questa serie, lo stabilimento produttivo si trova in Giappone, dove vengono assemblati da Cosina, grande azienda che, oltre a produrre direttamente una gamma di vetri ottici, da moltissimi anni si è specializzata nel montaggio di obiettivi d'alta qualità conto terzi; a parte la nota serie di ottiche Voigtlaender da lei concepita per apparecchi a telemetro, sono di assemblaggio Cosina anche le ottiche Zeiss ZM, alcune ottiche Leica e, andando a ritroso negli anni, persino il celebre ed apprezzato Nikkor 50mm f/2 a 6 lenti in 4 gruppi "gommato", per fronteggiare la grande richiesta, veniva costruito su licenza negli stabilimenti Cosina...

 

Naturalmente la produzione Zeiss "made in Japan" (come, per alcuni, quella Leitz "made in Canada", nonostante l'inequivocabile ed eccellente qualità) ha sempre fatto storcere il naso ai puristi e continuerà a farlo, tuttavia il know-how acquisito dall'azienda giapponese nella lavorazione dei componenti e nell'assemblaggio di alta qualità garantisce in effetti una costruzione meccanica molto soddisfacente anche se questo estratto da Zeiss
Camera Lens News n° 25 del Maggio 2007 con l'immagine del tecnico nipponico equipaggiato di camice Zeiss può far scuotere il capo a qualcuno della "vecchia guardia"... Sono gli effetti della globalizzazione, e non è detto comunque che siano tutti negativi ai fini della qualità del prodotto.

 

Infatti, questo Zeiss Makro-Planar 50mm f/2 T* ZE sezionato e poi proposto in vendita consente di apprezzare la robusta costruzione interamente metallica e l'adozione di ottone marino di prima qualità non solamente per le baionette anteriore e posteriore (che essendo cromate, impongono l'adozione di questo materiale) ma anche per il grande elicoide principale, a garanzia di un azionamento dolce ed affidabile nel tempo. La foto, che mostra la sezione del Makro-Planar eseguita con l'obiettivo settato sulla distanza di fuoco minima, consente anche di apprezzare il flottaggio indipendente del modulo di lenti secondario che, in posizione di infinito, si trova più arretrato rispetto al piano di battuta della baionetta mentre, in questo caso, risulta decisamente avanzato, richiedendo anche un elicoide secondario per comandare indipendentemente la sua corsa. In sintesi è una costruzione di qualità insolita e ben lontana dalla complessione plasticosa di molti macro autofocus moderni.

 

Va peraltro notato, osservando queste ulteriori sezioni, che i modelli della prima ora, come ad esempio il Planar 85mm f/1,4 T* a sinistra, sono equipaggiati col citato elicoide principale e con altri dettagli interni in ottone massiccio mentre modelli più recenti, come il Distagon 21mm f/2,8 T* a destra, presentano tutti componenti interni in alluminio; allo stato dei fatti non mi è dato di arguire se questa scelta persegue un risparmio sui costi o se l'elicoide in alluminio è stato invece scelto per alleggerire l'obiettivo, visto il complesso e pesante schema ottico...
In ogni caso l'eccellente costruzione balza agli occhi.


Vediamo ora di analizzare i comportamenti caratteristici dei tre modelli di "normale macro" messi in commercio dalla Zeiss fra il 1963 ed il 2006, evidenziando differenze e peculiarità specifiche.

Da quello che ho potuto arguire, l'S-Planar 50mm f/4 Contarex tipo 102086 era ottimizzato ad un rapporto di riproduzione di circa 1:8, corrispondente ad un soggetto di circa 20x30cm; a riprova di ciò, le scale massime ammesse vanno da 1:13 ad 1:2,8, distribuendosi quindi equamente alle due estremità del "punto zero" ottimale 1:8. Lo Zeiss S-planar 60mm f/2,8 T* Contax-Yashica tipo 107786, invece, era ottimizzato ad un rapporto di riproduzione di 1:10, corrispondente ad un soggetto di 24x36cm; questo posizionamento del "punto zero" più vicino all'infinito, teoricamente, a parità di schema ottico e senza flottaggi di compensazione in entrambi i casi, dovrebbe garantire al nuovo 60mm  f/2,8 una minore curvatura di campo ad infinito rispetto a quella - puramente teorica, mancando l'allungo della ghiera - del più anziano 50mm f/4.

 

Questi MTF ufficiali Zeiss mostrano le curve MTF standard misurate sull'S-Planar 50mm f/4 Contarex ad f/5,6 ed f/8 ad una scala di riproduzione di 1:30 (non raggiungibile, come detto, dall'obiettivo in montatura finale, come scrupolosamente specificato anche sotto i diaframmi); questa scala corrisponde ad un campo inquadrato di 108 x 72cm, quindi non possiamo parlare di infinito ma solo di distanza medio-breve. Il terzo diagramma mostra le curve MTF dell'S-Planar 60mm f/2,8 chiuso ad f/5,6 e a distanza di infinito. Come si più notare, entrambi i modelli presentano una resa sull'asse molto elevata con un apprezzabile calo ai bordi, probabilmente a causa della curvatura di campo che sposta la giacitura del piano-immagine in una posizione diversa rispetto a quella dell'asse; sull'S-Planar 60mm f/2,8 le mire ad orientamento sagittale (con linee parallele alla semidiagonale de si irradia dal centro), rappresentate dalla linea continua, presentano un trasferimento di contrasto apprezzabilmente superiore perchè, come vedremo, la giacitura dei piani astigmatici con i due orientamenti di mira sagittale e tangenziale (perpendicolari fra loro, come orientamento rispetto alla semidiagonale) presenta spostamenti di fuoco diversi rispetto all'asse, più accentuati nel tangenziale (curva tratteggiata, più bassa) e meno nel sagittale (curva continua, più alta), fornendo così una resa ai bordi superiore a quella dell'S-Planar 50mm f/4, nel quale i piani fuori asse presentano evidentemente uno spostamento di fuoco marcato e molto simile per entrambi gli orientamenti. (si fa notare che per gli MTF dell'S-Planar 50mm f/4, in questo e nei successivi diagrammi, è presente una quarta curva - quella più alta - relativa a frequenze spaziali ancora più basse e che non è presente nei diaframmi del 60mm f/2,8; pertanto, nella valutazione, è preferibile non considerarla).

 

Al rapporto di riproduzione 1:10, considerando anche il fisiologico calo di MTF tipico delle coniugate ravvicinale, entrambi gli obiettivi si comportano molto bene, specialmente il 60mm f/2,8 che viene qui misurato proprio al rapporto di riproduzione ottimizzato in fase di progetto, ed infatti le curve sono elevate ed omogenee da centro a bordi mentre l'S-Planar ad f/8 (con 2 stop di chiusura, così come avviene col 60mm f/2,8 ad f/5,6) presenta ancora un leggero flesso verso ai bordi, sempre dovuto ad un lievissimo residuo di curvatura di campo, probabilmente annullata al rapporto di riproduzione 1:8, per lui ottimale. Quest'ultimo confronto ci fa capire quanto la planeità sul piano oggetto, in presenza di schemi Gauss "rigidi", sia influenzata anche da minime variazioni del tiraggio per cui, se oltre ad elevata risoluzione generica ci serve anche planeità, è bene operare rigidamente negli ambiti ottimizzati e suggeriti dal costruttore (infatti, mentre l'S-Planar 60mm f/2,8 T* è ottimizzato ad 1:10, il suo alter-ego S-Planar 100mm f/4 T* in montatura corta da soffietto è perfettamente ottimizzato ad 1:4, per fornire ai clienti, seppure a caro prezzo, l'alternativa di due rapporti di riproduzione differenti coperti con planeità e qualità assoluta).

 

Il confronto fra S-Planar 50mm f/4 Contarex ed S-Planar 60mm f/2,8 T* Contax-Yashica al rapporto di riproduzione 1:2 (campo coperto: 4,8x7,2cm) risulta più difficoltoso perchè gli MTF originali Zeiss del primo modello, in questo caso, non sono stati misurati alle stesse frequenze spaziali ma, nell'esemplare più vecchio, la misurazione risulta più severa, arrivando addirittura a 100 cicli/mm di frequenza spaziale contro i 40mm nel diaframma del 60mm f/2,8: nel diagramma superiore conviene quindi considerare le tre curve più alte (12,5, 25 e 50 cicli/mm) considerando che, per essere equiparate a quelle sotto (misurate a 10, 20, 40 cicli/mm) occorre immaginarle leggermente più alte. Tutto sommato si può dire che, in questo caso, il vecchio modello Contarex prevale leggermente, probabilmente in virtù del fatto che il suo "punto zero" ad 1:8 si colloca più a ridosso della coniugata ravvicinata 1:2 rispetto a quello (1:10) del 60mm Contax-Yashica che, pertanto, risente già di questa variazione più di quanto non avvenga nell'S-Planar 50mm f/4 Contarex... Anche questo esempio ci fa capire come questi schemi senza flottaggi siano influenzati dalla variazione del tiraggio di fuoco.

In definitiva, passando dall'S-Planar 50mm f/4 Contarex all'S-Planar 60mm f/2,8 T* Contax-Yashica di oltre 10 anni dopo, alla Zeiss hanno mantenuto lo stesso schema, ricalcolandolo però per ottenere 1 f/stop in più nell'apertura massima (sempre utile per focheggiare a coniugate brevi, dove l'assorbimento luminoso dovuto all'elevato tiraggio meccanico si fa sentire); contestualmente, per fornire un obiettivo di impiego universale realmente sfruttabile, hanno previsto la messa a fuoco ad infinito e spostato leggermente il bilanciamento ottimale della curvatura di campo verso distanze maggiori: in questo modo è stata leggermente penalizzata la  planeità di campo ad 1:2 ma si è conseguito uno stato di correzione ad infinito ancora sufficientemente buono da consentire al nuovo obiettivo di raggiungere quella  fondamentale distanza di ripresa. Curiosamente, un procedimento assolutamente sovapponibile è stato messo in atto quando si passò dall'S-Planar 120mm f/5,6 T* al Makro-Planar 120mm f/4 T* destinati al medio formato 6x6cm: si guadagnò anche in questo caso 1 f/stop di apertura massima mentre la correzione ottimale della curvatura di campo, che nel modello f/5,6 era al rapporto di riproduzione 1:5 (pari ad un soggetto ripreso o ingrandito a 30x30cm), venne spostata per il nuovo modello su distanze leggermente maggiori, perdendo così un po' di prestazioni ad 1:5 (che, nel 120mm f/5,6, sono effettivamente stratosferiche, tanto che può competere anche in stampa con i migliori obiettivi da ingrandimento, a tale coniugata) ma migliorando nelle zone periferiche ad infinito, veramente carenti sul tipo precedente e fornendo in definitiva, col nuovo Makro-planar 120mm f/4 T*, un obiettivo di impiego più universale rispetto al predecessore...

In realtà, nel 1967, la Zeiss aveva cercato di porre rimedio alla sensibilità dimostrata dall'S-Planar 120mm f/5,6 alle variazioni di scala, derivando dallo schema del classico Planar 80mm f/2,8 Hasselblad a 7 lenti di Johannes Berger un obiettivo macro-bellows in montatura corta, destinato al soffietto Hasselblad e presentato alla Photokina 1968 come S-Planar 135mm f/5,6. Quest'obiettivo venne calcolato da Walter Jahn partendo dal presupposto che il Planar 80mm, col suo particolare schema a 7 lenti con due elementi singoli anteriori seguiti da un doppietto con raggio di contatto dispersivo, risentiva poco delle fluttuazioni di resa passando da infinito alle distanze più brevi; Jahn partì dunque da questa base, riducendo l'angolo di campo e la luminosità in modo marcato per ottimizzare le aberrazioni e diede vita ad un obiettivo "bellows" che, diaframmato ad f/11, consentiva di passare da infinito ad 1:1 con una resa di riproduzione sufficientemente costante. Ecco gli inediti parametri di progetto ricavati dal brevetto originale svizzero (quello tedesco è molto deteriorato e poco leggibile).

 

Osservando lo schema dell'S-Planar 135mm f/5,6 per soffietto hasselblad si può facilmente ravvisare la parentela con l'80mm f/2,8 prodotto dall'inizio degli anni '60; Quest'obiettivo risultava anche economico da produrre perchè, a parte l'assenza dell'elicoide di fuoco, il progettista era riuscito ad ottimizzarlo senza utilizzare vetri alle Terre Rare.

 

Passando al modello Makro-Planar 50mm f/2 T* della serie "Z", alla Zeiss hanno messo in atto due ulteriori ed importanti steps: aumentare nuovamente la luminosità massima di 1 f/stop, arrivando a quell' f/2 proprio di molti obiettivi normali non macro, ed adottando uno schema ottico con modulo secondario e flottaggio, già sperimentato in Zeiss dai tempi del Makro-Planar 100mm f/2,8 T*, che consentisse di superare i limiti dello schema "rigido", compensando le aberrazioni e fornendo buona planeità di campo a tutte le distanze consentite, cioè da infinito a 0,27m (rapporto di riproduzione 1:2). Infatti, confrontando gli MTF del precedente S-Planar 60mm f/2,8 T* con quelli del moderno Makro-Planar 50mm f/2 T*, l'elemento che salta all'occhio è la costanza di resa al variare del rapporto di riproduzione ed in tutte le zone del campo, sebbene la Zeiss, come accade spesso con i suoi obiettivi prodotti dopo la generazione Contarex, abbia scelto di ottimizzare un cerchio di copertura di circa 36-38mm contro i 43mm richiesti dal formato. In particolare, le curve orizzontali e praticamente sovrapposte del 50mm lasciano intuire un'ottima correzione dell'astigmatismo e della curvatura di campo, palesando un comportamento praticamente costante ad infinito ed al rapporto 1:10. non è invece possibile confrontare gli MTF ad 1:2 perchè nelle schede del 50mm non sono riportati.

 

Viceversa, osservando questi MTF misurati nuovamente, di recente, sul 60mm f/2,8 T*, ad infinito ed 1:10, ad f/2,8 ed f/5,6, appare evidente l'ottimizzazione dell'obiettivo alla seconda coniugata a scapito della prima; va però notato che, nel "gioco" delle curvature di campo, su infinito i bordi estremi dell'S-Planar 60mm f/2,8 T* acquistano bruscamente contrasto, almeno nell'orientamento sagittale, come se il piano di fuoco, in quell'area, tornasse a coincidere con quello dell'asse, mentre i bordi estremi del Makro-planar 50mm f/2 T* sembrerebbero deliberatamente abbandonati a loro stessi, a tutte le distanze, quasi un comportamento da ottica che copre il 24x36 ma strizza l'occhio all'APS-C...

Vediamo meglio in dettaglio come la variazione nel tiraggio di fuoco sull'S-Planar 60mm f/2,8 T* a schema rigido influenza la resa.

 

Le letture "ufficiali" ad f/5,6 su infinito, 1:10, 1:2 ed 1:1 mostrano chiaramente l'ottimizzazione ad 1:10 ed il rapido e progressivo degrado verso i bordi quando ci si allontana da tale condizione.

 

Un comportamento peraltro simile ma diametralmente opposto lo si può rilevare sui 50mm standard ottimizzati per le grandi distanze; ad esempio, questo Zeiss Planar 50mm f/1,7 T* Contax-Yashica presenta in configurazione di infinito (diagrammi superiori) un MTF effettivamente misurato che possiamo definire eccellente (sebbene si ripeta il già citato flesso a 17-18mm sulla semidiagonale); basta però passare ad una distanza di messa a fuoco di 1 metro (rapporto di riproduzione 1:18), tutto sommato ancora ben lontana dalla condizione macro, e la situazione cambia subito: chiudendo il diaframma il piano di fuoco sull'asse si sposta con un certo focus shift, per cui i valori stentano a decollare, e la mutata giacitura dei piani astigmatici compromette parzialmente la resa rispetto alla configurazione di infinito (il miglioramento ai bordi estremi della lettura tangenziale, quella tratteggiata, si spiega col fatto che la coniugata ravvicinata aumenta il tiraggio e quindi il diametro della coniugata immagine proiettata verso il piano focale, portando le zone meno corrette fuori dal campo inquadrato).

D'antro canto, lo stesso problema, a fattori invertiti, si presenta sull'S-Planar 60mm f72,8 T*, ottimo ad 1:10 e meno corretto ad infinito; vediamo da cosa dipende con l'aiuto di questo grafico che il Dr. Hubert Nasse del Geschäftsbereich Photoobjektive Labor della Carl Zeiss AG ha gentilmente messo a disposizione di tutti in una delle sue dotte ed apprezzatissime monografie a tema.

 

Per semplificare, questo diaframma indica i piani di fuoco ottimali misurati sul 60mm f/2,8 T* ad infinito ed f/5,6; il punto zero indica il piano di fuoco ottimale mentre le tre curve corrispondono al trasferimento di contrasto MTF a 20 cicli/mm di frequenza spaziale sull'asse (curva nera) e 15mm fuori asse rispetto al centro, con doppio orientamento sagittale e tangenziale (curve rossa e blu); come si può notare, il potenziale TEORICO dell'obiettivo consentirebbe di avere un rendimento molto elevato e simile nelle zone del campo prese in considerazione e con l'orientamento di calotta considerato, però questi picchi non giacciono sullo stesso piano di fuoco ma leggermente sfalsati, per cui, sul soggetto, l'area di massima nitidezza possibile al centro e fuori asse 15mm non si trova alla stessa distanza dalla fotocamera, focalizzando un piano curvo come una ciotola oppure, invertendo l'equazione, se fotografiamo un soggetto piano il punto di massima nitidezza riscontrato sul piano focale per l'asse non coinciderà sullo stesso piano alla massima nitidezza della zona a 15mm verso i bordi, che sarà a fuoco ad un'altezza diversa rispetto a quella del sensore/pellicola, producendo un dettaglio meno contrastato e definito.

Quanto ed in che termini questa caratteristica (voluta e deliberata in sede di progetto e non certo legata ad incapacità tecnica, sia chiaro) possa effettivamente affliggere la qualità di riproduzione ad infinito non è facile da quantificare perchè, in un ambiente tridimensionale, non è detto che curvatura di campo e/o astigmatismo risultino così evidenti; il diagramma che segue riporta le prove eseguite molti anni fa per conto di una celebre rivista fotografica italiana e raffrontano ad infinito l'S-Planar 60mm f/2,8 T* ed il Planar 50mm f/1,4 T*, evidenziando le aperture di diaframma in comune.

 

Come si può notare l'obiettivo macro, pur operando in condizioni svantaggiose, raggiunge sull'asse valori analoghi a quelli del 50mm f/1,4 mentre ai bordi, probabilmente per le ragioni che abbiamo già introdotto, non riesce a replicare le straordinarie prestazioni del Planar 50mm f/1,4 T* mantenendo però a diaframmi centrali una resa più che soddisfacente anche in queste zone.

Per completare l'ipotesi di quadro comportamentale dei tre obiettivi analizziamo ora il residuo di distorsione geometrica che producono.

 

Lo Zeiss S-Planar 50mm f/4 Contarex, misurato ad 1:30, 1:10 ed 1:2, presenta valori estremamente ridotti e mai superiori allo 0,65% (a cuscinetto, ad 1:30); ad 1:10 la distorsione si riduce allo 0,35% a cuscinetto per poi invertire segno e passare ad uno 0,55% a barilotto al rapporto 1:2; questo lascia supporre che il valore zero venga raggiunto intorno ad 1:8 che, come detto, coincide con il valore al quale l'obiettivo è stato ottimizzato.

 

Anche l'S-Planar 60mm f/2,8 T* presenta valori molto contenuti: ad infinito troviamo uno 0,70% a cuscinetto, valore che praticamente si azzera (0,15%) ad 1:10, sweet spot di quest'obiettivo, passando poi ad un sempre contenuto 0,55% ad 1:2 e 0,50% ad 1:1 (in questo caso a barilotto). Il nuovo Makro-Planar 50mm f/2 T* presenta valori leggermente superiori, a barilotto, passando da 0,85% di infinito ad 1,15% a 1:10, un valore alla portata anche di obiettivi standard non macro, se particolarmente corretti... Del resto il Makro-Planar 50mm f/2 T*, proprio per la sua luminosità e compensazione flottante, è nato come versatile obiettivo standard di uso generale, più che ottica per riproduzione critica di originali.

Riassumendo, dall'originale S-Planar 50mm f/4 del 1963, poco luminoso ed eccellente si ma in un campo di utilizzo molto ristretto, dal quale era addirittura escluso l'infinito, siamo passati all'S-Planar 60mm f/2,8 T* del 1975, guadagnando uno stop di apertura e la scala di fuoco da infinito ad 1:1, arrivando poi al Makro-Planar 50mm f/2 T* che, oltre a recuperare un ulteriore stop che lo mette sullo stesso piano dei normali classici, acquista uno schema flottante che dovrebbe garantire una soddisfacente planeità di campo da infinito fino ad 1:2. Aumento di luminosità ed incremento della versatilità operativa senza compromessi qualitativi: ecco le due linee guida che possiamo enucleare.

Vediamo ora se, da riscontri pratici, il comportamento teorico preconizzato per l'S-Planar 60mm f/2,8 T* e per il Makro-Planar 50mm f/2 T* corrispondono alla realtà.


AREA  TEST


Per verificare quanto sopra ho semplicemente eseguito una serie di scatti ad infinito con apertura comprese fra la massima disponibile ed f/8, eseguendo poi una seconda serie di scatti al rapporto di riproduzione 1:2 (il massimo consentito dal 50mm), inquadrando un soggetto perfettamente piano, ad aperture comprese fra la massima disponibile ed f/11.

Per entrambe le serie ho utilizzato una Canon EOS 5D mkII (file da 5.616 x 3.744 pixel), utilizzando treppiedi + telecomando + alzo preventivo dello specchio combinato ad autoscatto per le foto ad infinito ed un riproduttore da tavolo con aggiunta solida cremagliera di fuoco IFF + telecomando + alzo preventivo dello specchio combinato ad autoscatto per le riprese 1:2. In entrambi i casi ho focheggiato di precisione alla massima apertura usando il live view con ingrandimento 10x, operando poi in RAW a 14 bit e 100 ISO, aprendo i files in Adobe Camera Raw e finalizzandoli in Adobe Photoshop senza aggiungere sharpening tranne quello di defalut in ACR.

Nelle riprese ad infinito, operando con focali differenti (50mm e 60mm) il campo inquadrato differiva e quindi le zone campione a metà del campo e sui bordi sono simili ma non identiche; da ogni immagine ho prelevato tre crops da 330x330 pixel sul file visualizzato al 100% ed in punti corrispondenti all'asse, le zone medie ed i bordi, visualizzandoli poi affiancati. Ad ogni distanza di prova (infinito ed 1:2) verranno affiancate le striscie con i tre crops al 100% dei due obiettivi ad ogni diaframma comune di lavoro. Nei crops sui bordi, in presenza di vignettatura che pregiudicasse la leggibilità del dettaglio, ho provveduto a ristrutturare l'istogramma per schiarire a sufficienza la porzione.

Naturalmente le ottiche sono state montate su Canon tramite gli appositi adattatori, usando modelli di alta qualità (Novoflex).

 

INFINITO

 

IL SOGGETTO DELLA PROVA AD INFINITO CON LE RELATIVE ZONE CHE VERRANNO VISUALIZZATE AL 100%

 

 

 

 


 

 


 

 

 


 

 


 

Le riprese ad infinito restituiscono dignità all'S-Planar 60mm f/2,8 T* che, nella pratica, fornisce prestazioni sicuramente migliori di quanto si potesse arguire osservando i diagrammi: sull'asse tiene bene il passo col moderno Makro-Planar 50mm f/2 T*, a parte sull'asse a piena apertura f/2,8 dove il 50mm, avvantaggiato da 1 f/stop di chiusura, presenta un macrocontasto leggermente superiore; nelle zone mediane il nuovo modello ha una riproduzione un po' più composta, grazie al controllo di astigmatismo e curvatura di campo, tuttavia il 60mm per Contax-Yashica, non a sorpresa, si prende la rivincita ai bordi che, nel suo caso, evidenziavano un notevole "rientro" a fuoco della calotta sagittale mentre quelli del 50mm, per scelta di progetto, sono più carenti : divengono ben leggibili ad f/4 ma nemmeno ad f/8 sono completamente soddisfacenti; tutt'altra cosa i bordi del 60mm, già leggibili a piena apertura e ben disegnati ad f/5,6-8, un comportamento che, sulla carta, conoscendo le caratteristiche di progetto, è una piacevole sorpresa. Un cenno alla prova "solitaria" del 50mm ad f/2, piena apertura: a parte un leggero velo la risoluzione sull'asse e nelle zone mediane è decisamente apprezzabile mentre i bordi estremi, come già detto, sono carenti e penalizzati anche da una vistosa vignettatura (qui compensata).

 

MACRO  1:2

 

Per le riprese in scala 1:2 ho utilizzato una "vecchia conoscenza" già sfruttato in precedenza per scopi analoghi: un classico ittiolite (pesce fossile) francese Dapalis (Smerdis) Macrurus, proveniente dalla formazione del Calcaire de Vachères che affiora in prossimità di Cèreste (Aix en Provence, Provenza), ascrivibile allo Stampiano superiore (Rupeliano), un piano dell'Oligocene compreso fra 33,9 e 28,4 milioni di anni fa. 

 

 

 

 

 

 


 

 


 

 


 

 


 

 


 

Nella ripresa ravvicinata ad 1:2 (campo inquadrato: 7,2x4,8cm) il moderno progetto flottante del Makro-Planar 50mm f/2 T* mostra tutto il suo potenziale: già ad f/2 (condizione di utilizzo assurda in macro) ogni zona del campo è perfettamente a fuoco, pur in assenza di profondità di campo, ad indicare un ottimo spianamento di campo; viceversa l'S-Planar 60mm f/2,8 T*, così frizzante ad infinito, mostra il fianco a causa di una vistosa curvatura di campo (ricordiamo che è ottimizzato per 1:10, pari ad un soggetto ripreso da 36x24cm): sull'asse del fotogramma, focheggiato direttamente, ha prestazioni a quelle del 50mm flottante (che, comunque, fino ad f/8 risulta leggermente più analitico anche qui) mentre le zone mediane ed i bordi sono portati vistosamente fuori fuoco dalla giacitura dei piani astigmatici ed occorre chiudere il diaframma fino ad f/8 per recuperare un dettaglio buono, anche se ancora inferiore a quello del 50mm; solo ad f/11, complice la diffrazione a coniugate così ridotte, i valori si livellano mantenendo però in ogni caso, nel 50mm, un'impressione di maggiore pulizia.

I presupposti teorici trovano quindi un riscontro pratico nel comportamento sul campo; sicuramente la scelta di concentrare la correzione del Makro-Planar 50mm f/2 T* su un cerchio immagine da 36-38mm, abbandonando i bordi, nelle prese ad infinito porta ad un vistoso ammorbidimento in quelle zone, seppure circoscritto ad una zona molto ridotta, per il resto la mission Zeiss di produrre un 50mm per uso veramente universale, sufficientemente luminoso per qualsiasi utilizzo e corretto uniformemente alle varie distanze disponibili, da infinito alla macro, è stato sicuramente centrata, col bonus della focale "normalizzata" a 50mm, più sfruttabile. L'S-Planar 60mm f/2,8 T* è parimenti un grande obiettivo dotato di elevato macrocontrasto e brillantezza cromatica (non particolarmente rilevabile negli specifici soggetti di questa breve prova) ma progettato con criteri differenti: la sua ottimizzazione senza compromessi ad 1:10 lo rende adatto alla riproduzione di mappe, scritti e stampe di dimensioni medio-grandi ed è sicuramente ottimo anche per l'uso ad infinito, chiudendo un po' il diaframma, oppure per la macro di soggetti tridimensionali su sfondo sfuocato ma ha il suo tallone d'Achille proprio nella fluttuazione della giacitura dei piani astigmatici che, con soggetti bidimensionali più piccoli, diviene evidente.

Naturalmente la maggioranza dei soggetti non presenta superfici piane da riprodurre criticamente, quindi il 60mm ha sempre soddisfatto i clienti nell'impiego reale sul campo; il nuovo 50mm, oltre alla possibilità di accedere ai più moderni corredi digitali con innesto dedicato e funzionale, ha nella costanza di comportamento e nell'alta luminosità il suo punto di forza, che ne fa un all-rounder di eccezionale efficacia (come già lo era stato il suo predecessore Olympus OM Zuiko 50mm f/2 macro, oggi molto ricercato), se gli vogliamo perdonare quei bordi estremi un po' impastati alle grandi distanze.

Un plauso infine alla costruzione meccanica, differente ma impeccabile in entrambi i casi, una caratteristica che consente un preciso controllo del fuoco ed un corretto allineamento anche ad infinito, cosa non sempre garantito dalla montatura meccanica cheap ed un po' ballerina di certi concorrenti giapponesi. En passant, l'elevato contrasto ad f/2 col relativo stacco plastico e la correzione a distanze medio-brevi del 50mm lo rendono un bel "pezzo" anche per impieghi video, come ho già avuto modo di sperimentare con prove amatoriali.

 

Un esempio dell'estrema versatilità che caratterizza gli obiettivi macro di focale normale: il tramonto invernale sulla frazione di Brisighella, nelle colline Romagnole, fotografato dall'alto con lo Zeiss Makro-Planar 50mm f/2 T* ZF applicato su Canon EOS 5D mkII; otto esposizioni su cavalletto ad f/8 in bracketing di 1 f/stop (da 1/25" ad 1/3200") poi fuse in HDR.


(Marco Cavina)

Testi, foto e schemi di Marco Cavina, dove non altrimenti specificato.

 


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