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OBIETTIVI DA INGRANDIMENTO PARTICOLARISSIMI:

VEGA-22 Uts 103mm f/5,6 E CHUGAI APO-COMPUTAR 55mm f/1,9

 

 

UPDATED 05/01/2008

 

     Quando si parla di ottiche da ingrandimento per camera oscura, normalmente, si è avvezzi ad immaginare obiettivi dalle caratteristiche ormai standardizzate, di ottima qualità ma tutti concepiti nell’alveo rassicurante della tradizione, senza scosse o sorprese; viceversa, le due ottiche che andremo ad analizzate sono davvero eccezionali per scelte tecniche e caratteristiche operative.

 

     Il primo obiettivo da stampa di cui parleremo proviene dall’ex-Unione Sovietica, ed è stato realizzato ad inizio anni '70 (ma l'esemplare in mio possesso risale al 1987, come si deduce dalle matricole) nello stabilimento di Azov, ed appartiene alla famiglia di ottiche da ingrandimento VEGA; di questa gamma facevano parte anche i modelli VEGA-II U 54mm f/2,8 e VEGA-5 U 105mm f/4; questo modello in particolare, il 103mm f/5,6 Vega-22 Uts, è estremamente interessante in quanto incorpora nella sua struttura una testa per stampa a colori in miniatura che, tramite pomelli esterni finemente graduati, inserisce nel punto nodale del percorso ottico dei filtri dicroici in resina di colore giallo, ciano e viola-magenta, uno per lato e sovrapponibili completamente, a piacere: in questo modo l’utente sovietico smaliziato poteva stampare il colore senza particolari limitazioni, sfruttando qualsiasi ingranditore col passo a vite 42x1 (desueti da noi ma frequenti all’Est); la sigla Uts è appunto l'acronimo per Uvilichitel Tsviet, cioè ingrandimento e stampa a colori; nell'uso pratico, il pomello sinistro controlla l'inserimento di giallo e viola-magenta, quello destro di giallo e ciano, e sovrapponendo totalmente o parzialmente due filtri diversi possiamo ottenere diverse gradazioni di rosso (filtro viola-magenta con filtro giallo), di giallo (filtro giallo), di arancio (filtro giallo con l'altro filtro giallo con filtro viola-magenta), di giallo intenso (filtro giallo con filtro giallo), di verde (filtro giallo con filtro ciano), di verde scuro (filtro giallo con filtro viola-magenta), di ciano (filtro ciano) di viola-magenta (filtro viola magenta) ed infine di blu (filtro ciano con filtro viola-magenta).

 



No, non è la nuova maschera di Dart Fener per il prossimo episodio di Guerre Stellari ma la vista frontale dell’ottica da stampa sovietica Vega-22 Uts 103mm (SIC) f/5,6 con i pomelli di servizio per inserire al filtratura a colori, prerogativa di questa particolarissima ottica.

 

 

L’altro profilo evidenzia la grossa e solidissima fusione in due pezzi che incorpora i filtri colore ed i relativi meccanismi per inserirli.

 

 

 

lo schema ottico del 103mm f/5,6 Uts condivide con la famiglia di ottiche da ingrandimento Vega
la struttura, basata su un Gauss asimmetrico; in particolare, mentre il Vega-5 U 105mm f/4 utilizza
una versione molto simile allo Schneider Xenotar (col doppietto collato anteriore in seconda posizione),
il vega-II U 54mm f/2,8 ed il Vega-22 Uts 103mm f/5,6 di cui stiamo discutendo utilizzano l'opzione
con doppietto collato anteriore e lente singola in seconda posizione, un'architettura molto simile, ad
esempio, a quello dello Zeiss Planar 80mm f/2,8 per Rolleiflex 2,8 TLR


UPGRADING  05/01/2008




Per la prima volta possiamo valutare i tipi di vetro adottati nell'obiettivo;
gli elementi interessanti sono due: l'utilizzo per gli elementi centrali del vetro
TF10, il materiale a più alta rifrazione disponibile nel loro catalogo e simile
al tipo SF-6, e la particolare scelta di vetri per il doppietto collato anteriore:
anzichè utilizzare un vetro ad alta rifrazione/alta dispersione ed uno a bassa
rifrazione/bassa dispersione (il cosiddetto doppietto acromatico), i sovietici
hanno adottato due vetri con indice di rifrazione praticamente identico e
dispersione molto diversa (elevata nel primo e più contenuta nel secondo),
mettendo in atto il cosiddetto "doppietto ipercromatico"; questo trucco è
una specie di "firma" dell'ottica sovietica negli schemi Gauss, specialmente
nei simmetrici di tipo Helios con i due menischi collati ai lati del diaframma
ma anche negli Uran, nei Titan ed in altri schemi, e non trova altrettanta
 diffusione nella produzione tedesca o giapponese.

FINE  UPGRADING  05/01/2008

 

 

lo schema ottico visualizzato sulla montatura meccanica con la posizione del diaframma
e dei filtri dicroici per la stampa a colori


     La scelta tecnica di inserire i filtri per al stampa a colori direttamente nell'obiettivo non è unica nel panorama mondiale: infatti anche l'azienda polacca PZO di Varszawa (Polskie Zaklady Optyczne) offriva nei primi anni ’80 gli obiettivi da ingrandimento Jampol Color 50mm f/5,6 e 80mm f/5,6 con artifizi analoghi, senza scordare il Rodenstock Rogonar SC con l’apposito cassetto per introdurre nel percorso ottico particolari filtri per effetti speciali; tuttavia questo è il primo ed unico obiettivo di questo tipo che abbia visto (ed acquistato al volo, ovviamente!) proveniente dal quel serbatoio apparentemente inesauribile che è l’ottica sovietica, vero regno di misteri e sistemi sconosciuti.




Il logo della PZO di Varszawa, produttrice degli analoghi obiettivi Jampol Color

 

     La focale nominale del Vega-22 Uts è di 103mm, valore davvero insolito e comunque equiparabile ai classici 105mm; in effetti quest’ottica copre tutti i formati fino al 6x9cm ed il diaframma, non illuminato e con arresti a scatto solo sul valore intero, chiude da f/5,6 ad f/16; come nota a margine, all’interno di una delle due fusioni, durante uno smontaggio d’ispezione, ho rilevato l’indicazione della focale effettiva misurata nello specifico esemplare, pari a 108mm, valore che si discosta in modo abbastanza sensibile dai 103mm di targa; la solidissima fusione in due gusci, la struttura interamente metallica ed i meccanismi interni per l’inserimento dei filtri, anch’essi sovradimensionati, contribuiscono al peso di ben 546gr, davvero inconsueto in un’ottica da stampa.

 



Vista della parte frontale dell’ottica, dove appare evidente la sagoma della struttura sovradimensionata che contiene
 il gruppo ottico vero e proprio ed i meccanismi ausiliari; i dati di targa sono riportati sull’anello frontale

 

 

     L’inserimento dei filtri, formalmente delle lastrine in resina simili a vetrini da microscopio, e messa in atto tramite due enormi viti senza fine metalliche ben oliate col classico e odoroso grasso multiuso sovietico che ho ribattezzato “grasso da cingoli di carro armato”; le viti senza fine nella rotazione trascinano avanti ed indietro un piccolo perno solidale al telaio su cui sono montati i filtri, che scorrono così su apposite guide entrando a piacimento nel flusso luminoso della proiezione; i due alberi elicoidali presentano un piccolo ingranaggio all’estremità anteriore che è in presa in un analogo ruotismo dentato coassiale ai pomelli esterni, muovendo i quali si attivano tutti i cinematismi in cascata;  anche questa speciale ottica presenta la classica sindrome sovietica che porta a sovradimensionare ogni pezzo utilizzato nell’assemblaggio fino ad ottenere un prodotto di peso e robustezza tale che pare più  adatto ad affrontare l’apocalisse nucleare che le timide mani dello stampatore di turno!

 

 



La vista superiore evidenzia la ghiera zigrinata adibita al montaggio, che è fissata sullo chassis principale con un sistema flottante a cremagliera che permette di orientare sempre  il lato munito di pomelli di regolazione e punto di fede del diaframma nella direzione dell’operatore, qualunque posizione angolare abbia assunto la ghiera avvitata a fondo corsa.



     Come anticipato, ciascuna delle due ghiere comanda due colori: entrambe dispongono del filtro giallo, graduato con scale (riferite a valori sconosciuti) da 0 a 240, in abbinamento ad un filtro ciano (graduato da 0 a 140) nell’una e ad un filtro violetto-magenta (graduato sempre da 0 a 140) nell’altra; la grafica è datata ma molto chiara e accattivante ed è facile impostare rapidamente i valori desiderati; dal punto di vista ottico l’obiettivo è molto nitido già ad f/8, con un solo stop di chiusura, specialmente considerando il macrocontrasto che è molto elevato e conferma la fama lusinghiera dei vetri d’oltre cortina; purtroppo il filtro Magenta del mio esemplare presenta una cristallizzazione/opacizzazione/viraggio del pigmento che lo rende inutilizzabile, un po’ come avviene su certi pigmenti nei famosi filtri lineari per pellicole a colori Agfa degli anni ’30.

 

 

 

Vari abbinamenti ottenuti coi filtri disponibili (nell’icona centrale il verde è dovuto alla parziale sovrapposizione di ciano e giallo); 
l’intensità variabile si ottiene facendo sporgere più o meno la lastrina colorata nel flusso luminoso dell’obiettivo, soluzione concettualmente
 analoga a molte teste a colori da ingranditore.

 

 



Dettaglio ravvicinato della plancia di comando con gli intuitivi codici-colore per inserire la filtratura necessaria ed il punto di fede per il diaframma; la verniciatura nera raggrinzente delle due culatte di fusione è molto resistente e trasmette una rassicurante sensazione di qualità

 

 

 

 

A mio rischio e pericolo ho smontato l’obiettivo, evidenziando la poderosa meccanica ben più idonea ad un autoblindo che ad uno strumento di precisione; a sinistra si nota la coppia di alberi con vite senza fine, azionati dai pomelli esterni, che trascinano micrometricamente su guide i telai che incorporano i filtri, con corollario del classico odore di grasso “da cingoli” tipico degli obiettivi sovietici,  che se chiudi gli occhi fa tanto guerra fredda….Sul semiguscio a destra, oltre alla metà anteriore del gruppo ottico tipo Gauss,s è riportato con ordine il meccanismo del diaframma, la cui camma di comando solidale alla grossa ghiera esterna di regolazione spunta ad ore 11; notare la focale effettiva sgorbiata ad ore 6 che riporta il valore di 108mm; la robustezza delle due fusioni è tale che potrebbero fungere facilmente da ricambi per autobus…

 

 

     Concludendo la descrizione del Vega-22 Uts giungono alla mente concetti consolidati, propri della produzione sovietica, come l’indiscussa qualità ottica e la meccanica robustissima ma inadeguata all’uopo e con saltuarie ingenuità progettuali o palesi carenze di know-how in certi specifici e ristretti settori (vedi, ad esempio, il comando del diaframma senza camma di compensazione e quindi con scala ad andamento non lineare ma logaritmico); d’altro canto quest’obiettivo si stacca dal grigiore formale puramente utilitaristico della produzione dalla quale discende in virtù di un’estetica accattivante e simpatica, e potremmo preconizzarlo quasi come un prodotto di design, concetto certo estraneo alla cultura di quel blocco; l’ingegnoso artifizio della testa a colori inserita con soluzioni tutto sommato economiche ma funzionali rientra nella tipica mentalità progettuale sovietica, per cui un costoso strumento tecnologico (si, per loro costoso) deve offrire reali, puntuali ed efficienti prestazioni al proprietario, senza che debba affrontare ulteriori, gravose spese per rendere funzionale la catena cinematica, intento che si evidenzia anche in certi ingranditori di omologa origine, caratterizzati da un kit operativo completo contenuto in una robusta valigia in legno che, una volta aperta, diviene essa stessa il piano ai stampa; al di la della curiosità per l’inconsueto strumento, di certo raro sui nostri mercati, apprezzo quest’obiettivo proprio per la sua simpatica faccia antropomorfa, degna di Arcimboldo, una ventata di charme nel fin troppo idealizzato e stereotipato (da noi) grigiore sovietico.

 

 

 

 

     Il secondo obiettivo sul quale solleviamo il velo, parimenti da stampa ed anch’esso inconsueto per caratteristiche e quasi sconosciuto, è stato prodotto negli anni ’80 dalla Giapponese  Chugai International Co., un’azienda ottica che all’epoca mise sul mercato una vasta gamma di obiettivi da ingrandimento di ottima qualità e caratteristiche insolite, passate sotto silenzio in Italia dove vigeva in pratica un monopolio Schneider-Rodenstock; l’obiettivo in questione è l’APO-COMPUTAR DL 55mm f/1,9 ed incorpora tre caratteristiche eccezionali come la luminosità massima f/1,9, la correzione apocromatica ed una ghiera supplementare per compensare curvatura di campo ed altre aberrazioni a rapporti di ingrandimento prefissati e precalibrati, compresi fra 4x e 20x.

 

     Visto così parrebbe l’ottica da stampa 24x36 perfetta, ed in effetti l’iperbole non è lontana dal vero: l’obiettivo vanta non soltanto una luminosità unica di f/1,9 che consente una messa a fuoco facile e precisissima, ma la casa dichiara che già ad f/2,8 l’obiettivo è in grado di soddisfare le esigenze professionali in quanto a qualità e risoluzione sulla copia, con ovvi benefici nella stampa sequenziale di numerose copie, ed altri minori, come l’assenza di popping del negativo causato dal calore della lampada o difetto di reciprocità coi materiali colore; inoltre la correzione dichiarata apocromatica (lo schema ottico è un Gauss ad 8 lenti in  gruppi, il più complesso nel lotto dei 50mm da stampa) evita fringings ed altre aberrazioni.

 

 



La misconosciuta star nel gruppo degli obiettivi 50mm da stampa: il Chugai Apo-Computar DL 55mm f/1,9, che assomma vari eccezionali atout, dalla luminosità f/1,9 al diaframma di lavoro f/2,8, dalla correzione apocromatica alla ghiera del sistema floating che predispone l’obiettivo a lavorare in modo ottimale a tutti i rapporti di riproduzione compresi fra 4x e 20x : perfetto e sconosciuto
(questa foto e le altre a seguire, leggermente modificate da me, sono concesse dal caro amico Dr. Klaus Schmitt, che ringrazio sinceramente e sentitamente)

 

 

Vista anteriore dell’Apo-Computar 55mm f/1,9; in evidenza la ghiera del sistema flottante per
ottimizzare lo schema ottico ai diversi rapporti di riproduzione e la chiusura del diaframma che si spinge fino ad f/22. (foto: Dr. Klaus Schmitt, modificata)

 

     L’obiettivo ha una focale effettiva di 54,8mm, proietta un fascio luminoso con angolo di 43° e chiude da f/1,9 ad f/22, un range insolitamente ampio; la montatura posteriore prevede la filettatura standard 39x1 mentre la trasmissione spettrale è limitata fra 400 e 700 nm (su questo taglio verso gli UV non sono completamente d’accordo, vista la sensibilizzazione spettrale delle carte da stampa); a  tale proposito è stato applicato un speciale trattamento antiriflessi a strati multipli che funge da barriera sotto i 400nm, mentre i rapporti di riproduzione ammessi, come accennato, spaziano fra 4x e 20x.

 

     L’estrema luminosità (con relativa ridottissima profondità di campo) e la possibilità di ottimizzare lo schema ottico sullo specifico rapporto di ingrandimento (garantendo un’ottima planeità dell’immagine proiettata) permette anche, a detta del costruttore, di utilizzare l’Apo-Computar come strumento per calibrare meccanicamente l’ingranditore, verificando il perfetto piano-parallelismo della testa; viceversa, impostando un valore errato nella ghiera di flottaggio, è possibile sfruttare con intenti creativi la forte curvatura di campo volontariamente introdotta, per effetti di fuoco-fuori fuoco selettivo nella stampa.

 

 

La vista frontale dell’Apo-Computar DL 55mm f/1,9 evidenzia il trattamento antiriflessi multistrato che taglia le frequenze verso l’UV al di sotto dei 400 nm (foto: Dr. Klaus Schmitt, modificata)

 

 

 

    
     Concludendo, anche questa sconosciuta realizzazione giapponese, per molti versi, merita tutta la nostra attenzione: in questo caso, infatti, la quadratura del cerchio pare raggiunta e l’utilizzo di questo gioiello non presenta alcuna limitazione tecnico-funzionale indotta da variabili come valore di apertura e rapporto di ingrandimento, consentendo ad f/1,9 una messa a fuoco molto rapida, qualità di lavoro già ad f/2,8, spostamento di fuoco al chiudersi del diaframma (per aberrazione sferica) quasi nullo e curvatura di campo sul piano di stampa sempre controllata, sia nel 10x15 sia nel 50x70; peccato che questo meraviglioso obiettivo non sia apparso sul nostro mercato, sarebbe stato un competitore temibile per qualsiasi concorrente ed uno strumento perfetto per risultati rigorosi e puntuali nelle mani di amatori e professionisti.

 

 

La vista posteriore evidenzia il cannotto porta-lenti con elementi di grande diametro ed il classico attacco filettato da 39x1mm  (foto:  Dr. Klaus Schmitt, modificata)

 

 



Il complesso schema ottico dell’Apo-Computar DL 55mm f/1,9 (in basso la parte verso il negativo): un Gauss apocromatico da 8 lenti in 5 gruppi con sottogruppi flottanti a controllo manuale: unico nel panorama degli obiettivi da ingrandimento per negativi convenzionali.

 

 

 

 

     Le due schede che seguono riportano le caratteristiche principali dell’Apo-Computar DL 55mm f/1,9, i rapporti di riproduzione con relative altezze sul piano di stampa ed i dai completi sullOTF, la distorsione, l’aberrazione sferica e la trasmissione spettrale.

 

                                                                                              (Marco Cavina)

 

 

(Testi di Marco Cavina; immagini del Vega-22 Uts:  oggetto e foto di Marco Cavina

fotografie eseguire con Canon EOS 350D e Leica Macro-Elmarit-R 60mm f/2,8
luce ambiente in interni; i due schemi seguenti sono cortesia del  Dr. Klaus Schmitt)

 

 

 

 

 

 

 


 


 

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