CARL  ZEISS   DISTAGON  18mm f/2,8  E  DISTAGON  25mm f/1,4  ASFERICI  PER  CONTAX-YASHICA: ANALISI  COMPLETA  DI  DUE  PROTOTIPI  DEL  1976  DESTINATI  AL  SISTEMA  CONTAX RTS  E  MAI  ENTRATI  IN  PRODUZIONE


 

26/01/2013

 

Gli obiettivi oggetto di questa discussione sono stati favoleggiati a lungo dagli appassionati: c'erano evidenze della loro progettazione e dell'esistenza di prototipi ma, finora, tutto era basato su congetture, dal momento che nessuno aveva potuto osservarli fisicamente e dare conferme alla ridda di ipotesi.

Tali obiettivi vennero progettati intorno al 1975,  sotto al supervisione di Erhard Glatzel, in vista di un lancio ad effetto alla Photokina del 1976; dopo l'infausta fine del prestigioso sistema Contarex, l'ultima gamma di fotocamere prodotta dalla Zeiss Ikon, nelle sedi dello Stiftung bruciarono le tappe per rientrare rapidamente sul mercato con il prestigioso parco ottiche rimasto così repentinamente orfano; dopo le aspettative deluse per un rilancio in grande stile grazie alla Rolleiflex SL-35, la nuova Contax RTS ,concepita in collaborazione con la giapponese Yashica, aveva tutte le carte in regola per riportare in auge i mitici obiettivi temporaneamente accantonati e garantire gli auspicati volumi di vendita.

Sicchè, dopo la presentazione del sistema RTS in Photokina, ad Oberkochen lavorarono alacremente per ottimizzare ed implementare la gamma di obiettivi Zeiss ad esso destinata, seguendo due principi informatori: da un lato la concorrenza giapponese (Canon in primis) imponeva ad ogni sistema dichiaratamente professionale la presenza di numerose ottiche superluminose e, d'altro canto, alla Zeiss decisero di garantire nelle focali di impiego più frequente la presenza di due versioni, caratterizzate da aperture di diaframma scalate di 1 o 2 f/stop, rendendo così disponibile il modello molto luminoso (ma costoso e pesante) e quello più convenzionale, meno luminoso ma più abbordabile (sempre relativamente ai listini Zeiss), leggero, compatto ed otticamente eccellente; tale prassi era già stata applicata al sistema Zeiss Contarex ma, in questo caso, l'intenzione era di guadagnare 1 f/stop rispetto alla serie precedente, sostituendo gli abbinamenti f/2 - f/4 con versioni f/1,4 - f/2,8, ovvero f/2 - f/2,8 anzichè f/2,8 - f/4; si delinearono così rapidamente delle accoppiate come i Distagon 35mm f/1,4 e 35mm f/2,8, i Planar 85mm f/1,4 e Sonnar 85mm f/2,8, i Planar 100mm f/2 e Sonnar 100mm f/3,5 o i Sonnar 135mm f/2 e 135mm f/2,8; da un certo punto di vista rientrano in questa serie anche i Planar 50mm f/1,4 ed S-Planar 60mm f/2,8, sebbene le specifiche prerogative del secondo ed il suo costo elevato non giustifichino la scelta dell'ottica macro perseguendo l'economia d'esercizio o la leggerezza.

In questo contesto l'attenzione si spostò su due celebri grandangolari ereditati dal sistema Contarex e la cui fama era già consolidata nel corso degli anni: il Distagon 18mm f/4 ed il Distagon 25mm f/2,8; il primo era un obiettivo dotato di distorsione estremamente ridotta, l'unico retrofocus all'epoca in grado di affrontare senza problemi riprese critiche di architettura, e forniva - grazie al nuovo antiriflessi T* - una smagliante saturazione con magnifici colori, presentando però la limitazione dell'apertura massima f/4, problematica per una facile messa a fuoco e poco idonea al reportage di strada, in available light, che all'epoca si stava affermando; seguendo la via additata da Mandler col suo recentissimo Leitz Elmarit-R 19mm f/2,8 si decise dunque di sostituire lo storico 18mm con una versione più luminosa, ipotizzando un modello f/2,8.

Il Distagon 25mm f/2,8 era invece un obiettivo equilibrato per focale, luminosità e prestazioni, tuttavia, sempre sull'onda dell'entusiasmo per la "street photography" e le riprese di soggetti ambientate in interni, fu deciso di affiancare al modello standard una versione superluminosa f/1,4, forse stimolati dall'analogo Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical lanciato a quei tempi dal produttore giapponese.

 

 

Erhard Glatzel, il prototipo di Distagon 25mm f/1,4 Aspherical e gli estratti di brevetto per una serie di obiettivi grandangolari superluminosi, destinati ad impiego cinematografico, dai cui progetti quest'obiettivo fu derivato.

 

Videro così la luce, almeno sulla carta, gli Zeiss Contax Distagon 18mm f/2,8 T* Aspherical e Distagon 25mm f/1,4 T* Aspherical, il primo derivato da Glatzel direttamente dal suo 18mm f/4 del 1966 (seguendo il principio secondo il quale una squadra vincente non si cambia ma si mette a punto con piccoli aggiustamenti) ed il secondo da un complesso progetto realizzato nel 1974-75 per una gamma di ottiche grandangolari superluminose destinate al cinema, firmato da Helmut Fischer, Erhard Glatzel, Walter Jahn ed Heinz Zajadatz; in entrambi i casi, seguendo l'esperienza pionieristica del Distagon 35mm f/1,4, era prevista una lente con superficie asferica ottenuta iniettando resina sulla superficie sferica del vetro ed ottenendo la superficie parabolica grazie ad una maschera lavorata di previsione e posta quasi a contatto con la lente stessa, una soluzione che garantiva costi accettabili e poneva rimedio all'esperimento fallimentare tentato con la fresatura a controllo numerico tridimensionale, impiegata con successo da Canon fin dal 1971 ma mai ottimizzata in casa Zeiss, dove gli scarti erano statisticamente troppo rilevanti.

Vennero realizzati alcuni esemplari con un barilotto prototipico provvisorio, in vista del lancio alla Photokina 1976, tuttavia il coraggioso progetto non ebbe seguito, bloccato dal management per ragioni mai completamente chiarite, e questi due magnifici pezzi rimasero nel limbo dell'immateriale, alimentando sogni e leggende; fortunatamente, dopo tanti anni, un membro della famiglia Glatzel - in possesso di un corredo Contax RTS appartenuto al celebre Erhard che comprende anche due prototipi di questi obiettivi perduti - ha gentilmente condiviso con tutti noi le prime immagini di tali ottiche, permettendoci di andare oltre le semplici ipotesi; in questo contesto voglio ringraziarlo di cuore per avermi gentilmente e disinteressatamente autorizzato ad utilizzare tali fotografie per illustrare l'articolo.

 

 

I prototipi di Distagon 18mm f/2,8 T* Aspherical e Distagon 25mm f/1,4 T* Aspherical appartenuti ad Erhard Glatzel; entrambi recano una matricola prototipica e vennero realizzati nel 1976 come campioni da esposizione.

 

 

Il Distagon 25mm f/1,4, catalogato come 10 48 57, presenta un barilotto estremamente allungato a causa del suo schema ottico tipo "bulge lens" composto da due moduli distinti; come vedremo, la montatura di questo prototipo non corrisponde ancora a quella prevista per al serie definitiva e presenta una doppia ghiera di messa a fuoco che ruota in sincrono, una soluzione poco logica ed esteticamente discutibile che, probabilmente, fu scelta per utilizzare componenti di produzione destinati ad altri obiettivi Zeiss Contax, senza crearli appositamente, come talvolta avviene per i prototipi; nei registri Zeiss è riportata la matricola di un solo prototipo di 25mm f/1,4, corrispondente alla numerazione 2.595.321: questo non esclude che ne esistano altri, non registrati.

La ghiera del diaframma è scalata da f/1,4 ad f/16 e la messa a fuoco scende fino a 0,3; non ci è dato di sapere se questo prototipo incorpora già un sistema flottante per le brevi distanze che invece era previsto per il modello di serie. Alla ricerca della massima compattezza, i progettisti hanno fasciato il nocciolo ottico in una montatura molto "aderente" e l'ampia lente anteriore sporge dal barilotto, protetta da due palpebre metalliche con mera funzione meccanica, visto che ruotano durante la messa a fuoco, pregiudicando la protezione dalla luce; naturalmente questa scelta rende impossibile l'utilizzo di filtri, soluzione insolita in un obiettivo di focale non certo spinta.

Infine, notate come il riferimento per la correzione di fuoco nell'infrarosso sia corrispondente all'iperfocale della profondità di campo ad appena f/2,8, dettaglio che lascia supporre una correzione cromatica di alto livello.

 

 

La vista frontale mostra chiaramente la serie di ghiere che serrano gli elementi dell'obiettivo primario anteriore, caratterizzato da una lente frontale di grande diametro; notate come i dati relativi all'ottica siano indicati con una grafica obsoleta ( 1:1,4  f = 25mm ) e risalente all'era Contarex, mentre la denominazione cronologicamente corretta sarebbe stata, semplicemente, 1,4/25; la presenza di un moderno trattamento antiriflessi, fondamentale in un obiettivo con 22 passaggi aria-vetro, è decisamente evidente.

 

 

La vista posteriore mostra un elemento di ampio diametro e viti di serraggio sulla baionetta (peraltro soltanto 3) dall'aspetto non definitivo.

 

 

In questa immagine il Distagon 25mm f/1,4 T* è abbinato al coevo modello Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical, lanciato nel 1975, ed alle successive versioni Canon EF 24mm f/1,4 L Mark I e Mark II; tutti e quattro gli obiettivi presentano almeno una lente asferica nella parte posteriore, e le versioni EF-L anche vetri UD a bassa dispersione del tipo Ohara S-FPL51. Notate come i modelli Canon siano decisamente più compatti rispetto al prototipo Zeiss; sembra che siano stati proprio le dimensioni ed il peso (per il modello finale erano previsti una lunghezza di 126mm, un diametro di 90mm ed un peso di circa 1kg) a convincere il management Zeiss ad abortire la produzione in serie di questo Distagon.

 

 

Il prototipo del Distagon 18mm f/2,8 T* Aspherical, codificato come 10 48 56, presenta invece una montatura già analoga alla versione definitiva, prevista per la produzione; una limitazione comune ad entrambi i prototipi consiste nell'impossibilità di applicare un filtro, mentre le montature definitive condividono la possibilità di applicare filtri da 86x0,75mm (direttamente sul 25mm e con adattatore sul 18mm), una misura già adottata su ottiche Zeiss come il Tele-Tessar Hasselblad 500mm f/8 tipo C; anche in questo caso si può apprezzare una struttura "modulare" (come spesso avviene nelle ottiche Contax YB o Hasselblad C), con il barilotto "base" di un modello di produzione al quale è stato applicata una sezione anteriore strombata all'esterno e dotata di 4 palpebre paraluce fisse.

L'ampia e pratica ghiera di messa a fuoco consente di focheggiare, con sistema flottante, da infinito ad appena 0,2m dal piano focale, ovvero praticamente a contatto con la montatura anteriore, e la ghiera del diaframma consente aperture comprese fra f/2,8 ed f/22; per contenere la vignettatura, la lente anteriore è di grande diametro e nell'illustrazione si può notare che l'iride del diaframma, a 6 lamelle, alle grandi aperture presenta la classica sagoma "a denti di sega" che caratterizza molte ottiche Zeiss Contax della prima ora.

Anche in questo caso siamo in presenza di una matricola prototipica,  2.595.052; negli elenchi di produzione della Zeiss di Oberkochen sono indicati 2 prototipi di Distagon 18mm f/2,8, e l'altra matricola viene indicata in 2.595.224.

L'adozione di una montatura pressochè definitiva, contrariamente a quanto visto col 25mm f/1,4, è confermato anche dalle scritte frontali, dove focale e luminosità sono indicate con la grafica idonea, ovvero 2,8/18.

 

 

In questa immagine il Distagon Contax 18mm f/2,8 T* Aspherical è affiancato, in esatta scala, al suo progenitore, il Distagon 18mm f/4 per Contarex, presentato 10 anni prima, alla Photokina del 1966; a parte la montatura estremamente moderna del modello Contax (sembra che fra i due obiettivi sia intercorso un secolo e non una decade) si può notare come il modello f/4 risulti estremamente compatto, e forse anche in questo caso sono state proprio le dimensioni esuberanti (e anche i costi legati al complesso schema ottico con lente asferica) ad impedire a questo prototipo di entrare a catalogo. Va detto che l'estrema compattezza del modello Contarex è legata anche ad una soluzione furba e condivisa con lo Zuiko OM 18mm f/3,5: per montare i filtri occorre avvitare una ghiera cromata che amplia il diametro anteriore fino all'impressionante filettatura da 96mm di diametro, trasformando il compatto supergrandangolare in una specie di mostro...

Come abbiamo accennato, la montatura del prototipo Distagon 25mm f/1,4 illustrato in questa sede non è definitiva: vediamo in cosa differisce dallo schema previsto per la mancata produzione in serie.

 

 

Mentre il prototipo (a sinistra) è stato evidentemente assemblato utilizzando vari componenti di serie già impiegati per altri obiettivi Zeiss, adattandoli alla meglio, la versione di serie avrebbe utilizzato un barilotto analogo a quello dello Zeiss Sonnar 180mm f/2,8 T* primo modello (le due montature sono molto simili e differiscono in lunghezza di appena 3mm), con ampia ghiera di messa a fuoco singola ed una vistosa strombatura anteriore aggiuntiva che funge da paraluce permanente ed incorpora una filettatura da 86x0,75mm, consentendo quindi l'adozione di filtri.

Terminata l'osservazione esteriore, passiamo all'analisi del nocciolo ottico.

 

 

Entrambi i prototipi presentano un complesso schema ottico di tipo retrofocus; tuttavia, mentre il 18mm evidenzia un'architettura convenzionale, il luminosissimo 25mm eredita uno schema utilizzato per ottiche cinematografiche Zeiss dove sono perfettamente riconoscibili un obiettivo primario anteriore a 6 lenti in 6 gruppi ed un relay lens posteriore.

 

 

I due complessi schemi ottici prevedono rispettivamente 13 lenti in 11 gruppi e 12 lenti in 10 gruppi, ed in entrambi i casi è presente una superficie asferica corrispondente al raggio posteriore dell'elemento posto dietro il diaframma; curiosamente, nelle relative schede MTF ufficiali (realizzate ma mai diffuse pubblicamente) per il Distagon 18mm f/2,8 vendono indicate 12 lenti in appena 10 gruppi: probabilmente si tratta di un refuso perchè, se il doppietto dietro al diaframma venisse considerato come singolo, avremmo solamente 11 lenti in 10 gruppi e non le 12 dichiarate.

 

 

Osservando gli schemi dei Distagon 18mm f/4 e 18mm f/2,8 affiancati (non in reciproca scala) si può notare quanto abbiano in comune le due creature di Glatzel: strutturalmente si tratta dello stesso sistema nel quale, oltre agli ovvi adattamenti di spazi, spessori e raggi di curvatura, sono stati sdoppiati il quartultimo e terzultimo elemento, ottenendo 2 doppietti, uno spaziato ad aria ed uno collato; il raggio posteriore di quest'ultimo presenta la superficie asferica che, essendo concava, ha reso la soluzione dell'iniezione di resina contro sagoma di riscontro praticamente obbligatoria, viste le immani difficoltà che si sarebbero riscontrare cercando di ottenere una superficie parabolica concava a controllo numerico.

Il Distagon 25mm f/1,4, come già detto, si è invece avvalso degli studi approfonditi messi in atto da Glatzel e dal suo team per concepire schemi ottici destinati a grandangolari retrofocus superluminosi per il cinema e, in seconda istanza, anche a speciali S-Planar ad alta risoluzione per microlitografia; il passaggio basilare in questi studi è sintetizzato dal brevetto statunitense n° 4.025.169, riferito ad analoga documentazione registrata in Germania nel Marzo del 1975.

 

 

La pagina principale del citato brevetto, che riporta la sezione tipica di una nuova famiglia di grandangolari retrofocus superluminosi basati su due moduli allineati.

Erhard Glatzel, quando concepiva un nuovo modello di obiettivo assieme ai suoi collaboratori, era solito approfondire ogni possibile variante ed implicazione del medesimo, ed anche in questo caso siano di fronte ad un progetto estremamente complesso, con addirittura 15 schemi che danno vita a 20 diverse varianti; ecco le 15 sezioni del brevetto: il modello n° 10, leggermente evoluto, ha portato al Distagon 25mm f/1,4.

 

gli 15 schemi base del progetto originale che corrispondono a 20 differenti obiettivi, con angolo di campo da 52° a 78° ed apertura massima compresa fra f/1,03 ed f/1,37.

 

 

Una vista ingrandita del modello che ha dato vita al Distagon 25mm f/1,4

 


In questi estratti del brevetto sono evidenziati i due moduli che compongono lo schema e sono riportati tutti i principali parametri che definiscono il modello, compresi i coefficienti della superficie asferica; quest'obiettivo, sul 24x36mm, corrisponderebbe approssimativamente ad un 26,5mm f/1,25 e, fra gli esempi previsti, è uno di quelli con angolo di campo maggiore.

 

 

L'obiettivo cinematografico al quale i prototipo Distagon 25mm f/1,4 è più simile è il Distagon 18mm f/1,2 T* per il formato 35mm.

 

 

Le analogie risultano evidenti osservando i relativi schemi ottici affiancati.

Questa nuova generazione di schemi ottici del tipo "relaxed lenses", caratterizzati da lenti anteriori di diametro non eccessivo e grande lunghezza complessiva del sistema, è stata concepita da Glatzel proprio per dare avvio ad una nuova generazione di ottiche cinematografiche di grande apertura, grandangolari e semi-grandangolari; le sezioni che seguono mostrano come lo schema Distagon classico sia stato evoluto e riportano alcuni famosi esempi di ottiche superluminose cinematografiche Zeiss che si avvalgono di tali caratteristiche.

 

 

Anche in questo caso le analogie con lo schema del Distagon 25mm f/1,4 saltano subito all'occhio; osservate come, all'aumentare della luminosità, la sezione centrale evidenziata negli schemi assuma una struttura sempre più complessa, fino ad arrivare ad una configurazione da "bulge lens"; la nota tecnica che segue, scritta dallo stesso Glatzel e da lui utilizzata nel corso di conferenze internazionali di ottica, descrive  l'evoluzione di questi modelli.

 

 

Come potete notare, Herr Glatzel, quasi con rammarico, fa presente che questo tipo di schemi - al tempo - non era ancora stato completamente sfruttato per realizzare obiettivi fotografici; proprio il Distagon 25mm f/1,4 sarebbe stato l'anello mancante che collega i due mondi, trasferendo in pieno questa tecnologia in un corredo reflex 35mm di grande diffusione ma l'occasione, purtroppo, venne mancata.

La prova che i due obiettivi protagonisti di queste righe andarono comunque vicinissimi ad entrare in produzione ci viene fornita non soltanto dai regolari codici di produzione assegnati (10 48 56 e 10 48 57) ma anche dalla presenza delle relative schede MTF standard, analoghe a quelle di qualsiasi obiettivo regolarmente a corredo; ecco la copia integrale di tali interessanti documenti.

 

 

(data sheets [2]: Carl Zeiss Oberkochen)

 

Queste schede, stampate nell'Agosto 1976, forniscono interessanti indicazioni: ad esempio, la focale effettiva risulta essere pari, rispettivamente, a 18,4mm e 25,8mm, mentre diametro massimo e lunghezza sono di 70 x 88,5mm (Distagon 18) e 90 x 126mm (Distagon 25); i diagrammi evidenziano in entrambi i casi una vistosa vignettatura a piena apertura (superiore a 2 f/stop assoluti) che tuttavia, con una chiusura di appena due valori, si attenua moltissimo, in particolare nel 25mm che, già ad f/2,8, presenta una distribuzione luminosa sul campo molto buona, considerando l'angolo di campo e l'apertura di riferimento.

Anche la distorsione dichiarata, a barilotto, risulta abbastanza consistente, nell'ordine del 3,5%: il Distagon 18mm f/4 del 1966 presenta valori decisamente più contenuti, specie ai bordi... Probabilmente ci si è concentrati su altri parametri, abbandonando l'idea di correggere la distorsione in maniera maniacale ed anzi, forse, accettandola di buon grado per contenere altri tipi di aberrazioni, come la curvatura di campo o l'astigmatismo: quest'ultimo, considerando le ridotte differenze negli MTF fra l'orientamento sagittale e tangenziale, sembrerebbe effettivamente ben controllato in entrambi gli obiettivi.

Dal punto di vista prestazionale, gli obiettivi sembrano focalizzati sull'asse, dove il 18mm presenta un trasferimento di contrasto molto elevato a tutte le frequenze spaziali, anche a piena apertura; le zone periferiche non sono però particolarmente penalizzate e, anche considerando il tipico flesso dei grandangolari retrofocus a 2/3 di campo, le curve del 18mm superano complessivamente quelle del precedente modello f/4 in modo abbastanza evidente.

Il  25mm risulta invece "penalizzato" dall'abitudine Zeiss di misurare le ottiche a piena apertura e con 2 f/stop di chiusura, ovvero f/1,4 ed f/2,8: quest'ultimo valore è sicuramente ancora troppo aperto e probabilmente l'obiettivo fornirebbe prestazioni sicuramente superiori ad f/5,6 (come confermato anche dagli MTF misurati ad f/1,4, f/2,8 ed f/5,6 sul Distagon 35mm f/1,4); ad f/1,4 le prestazioni sull'asse appaiono molto elevate, con una risposta alle alte frequenze spaziali (40 cicli/mm) che suggeriscono un elevato potere risolvente, anche se il macrocontrasto non dovrebbe essere altissimo; con chiusura ad f/2,8 le curve migliorano vistosamente, specie alle basse e medie frequenze spaziali, ma - come ripeto - i valori assoluti probabilmente vengono raggiunti con una chiusura di f/5,6, quindi i diagrammi non sono veritieri; è interessante invece confrontare gli MTF ad f/2,8 con quelli ottenuti alla stessa apertura dal Distagon 25mm f/2,8, progettato nel lontano 1963 dallo stesso Glatzel e destinato ad affiancare il 25mm f/1,4 nello stesso corredo.

 

 

Il vecchio Distagon 25mm f/2,8, misurato a tutta apertura, sulla carta risulta svantaggiato, tuttavia quest'obiettivo è famoso per l'elevata qualità in asse a tutti i diaframmi di uso comune, ed infatti il nuovo e complesso Distagon 25mm f/1,4 asferico - sempre ad f/2,8 - fornisce valori pressochè analoghi, nonostante il grande vantaggio costituito dai 2 f/stop di chiusura; spostandosi sul campo, verso i bordi, il discorso è naturalmente diverso, ed il modello luminoso dichiara un trasferimento di contrasto più uniforme, specie alle basse frequenze spaziali, suggerendo un macrocontrasto più marcato ed una migliore leggibilità dei dettagli medio-fini su gran parte del formato coperto.

Per finire, vorrei concludere con due parole sulla persona che ha concepito questi bellissimi obiettivi, purtroppo rimasti nell'Aldilà dei sogni infranti: Erhard Glatzel fu un matematico geniale ma anche un uomo concreto, dotato di una mente razionale e sistematica, che gli permise di porre le basi dei moderni sistemi di calcolo ottico computerizzato, ideando programmi ed algoritmi fondati sulla sua lunga esperienza che davano vita ad obiettivi "veri", dotati di personalità e resa soggettivamente piacevole, a tratti commovente; nonostante abbia raggiunto tutte le mete umanamente immaginabili nel settore (basti citare la progettazione dell'obiettivo metrico Biogon 60mm f/5,6 lunare) ed abbia concretizzato una carriera brillantissima e piena, Erhard Glatzel rimase un uomo disponibile e alla mano che, al termine delle sue affollate e seguitissime conferenze sull'ottica, non disdegnava di attardarsi chiacchierando affabilmente con i presenti, dispensando a tutti utili suggerimenti ed informazioni preziose, un carattere umile che vorrei sintetizzare in un dettaglio: i cordiali saluti con relativa firma, scritti di suo pugno, con semplicità, con i quali era solito personalizzare i documenti che condivideva con amici e discepoli: un piccolo dettaglio che tratteggia un grande uomo.

 

MARCOMETER

Dopo 36 anni di sussurri, illazioni e supposizioni, finalmente questi due straordinari prototipi della Zeiss di Oberkochen riemergono dal non-essere ed assumono un ruolo concreto nella storia dell'ottica fotografica: momento memorabile.

(Marco Cavina)

(foto, testi, illustrazioni e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato; ringrazio di cuore l'epigono di Erhard Glatzel che ha generosamente condiviso con me le immagini dei due obiettivi che lui stesso conserva).

 


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