BO-KEH: DUE PAROLINE SULLO SFUOCATO

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Quello della resa nello sfuocato è un concetto talmente complesso e ricco di implicazioni
e sfumature che non avrei mai la presunzione di prenderlo di petto: mi limiterò a qualche
semplice concetto di base, per creare i primi, generali distinguo, e lascio ad altri ben più
competenti e navigati di me l'onere di andare più a fondo; sostanzialmente - nell'uso pratico -
sono due i fattori che contribuiscono ad uno sfuocato più o meno gradevole: A) il modo in
cui i dettagli si ammorbidiscono e degradano passando nei piani fuori fuoco; B) la resa dei
punti luminosi o speculari nel fuori fuoco, vuoi relativamente alla loro forma vuoi in relazione
alla loro luminanza caratteristica.

Omologamente, due caratteristiche dell'obiettivo impiegato influenzano queste due importanti
variabili: A) la maggiore o minore correzione dell'aberrazione sferica ed il suo corrispondente,
caratteristico andamento; B) la forma che l'iride del diaframma assume in fase di chiusura, legata
al numero ed al profilo delle singole lamelle impiegate.

I punti luminosi e/o speculari fuori fuoco sono elementi che inevitabilmente attraggono visivamente
l'utente dell'immagine, distogliendolo dall'analisi del piano di fuoco, ed il modo in cui spiccano e/o
si integrano nel generale ammorbidimento dello sfondo (o del primo piano, a seconda della
composizione) contribuisce grandemente alla piacevolezza dell'insieme; è senz'altro corretto dire
che quando un'iride assume una forma il più possibile analoga ad un cerchio perfetto rappresenta
un'arma in più, ma la convinzione diffusa che un diaframma dal foro rotondo e non poligonale
inerisca direttamente le caratteristiche ottiche di riproduzione in un certo obiettivo, favorendo
genericamente un valido sfuocato è da considerarsi fuorviante; in realtà la forma arrotondata
dell'iride conferisce la stessa sagoma regolare anche ai punti luminosi ad alto contrasto nello
sfondo, e l'occhio li percepisce come più naturali ed integrati nello sfuocato rispetto ad una
forma pentagonale, ettagonale o comunque artificiosamente geometrica, anche se pare che in
obiettivi da riproduzione diffraction-limited la forma arrotondata serva in minima parte a
prevenire la diffrazione; l'esempio riportato sotto chiarisce facilmente il concetto.



Ecco la simulazione di un punto luminoso ad alto contrasto posto nel piano
fuori fuoco; appare evidente come la sagoma riprodotta da un obiettivo con
il diaframma virtualmente tondo sia più naturale e meno appariscente di quella
generata da un pur pregevole diaframma a 10 lamelle come l'esempio a sinistra;
immaginiamo l'effetto di diaframmi pentagonali, quadrati o triangolari (si, sono
esistiti, ed anche in obiettivi di rango come il Leica Super-Angulon R 21mm f/4
o lo Zeiss Planar 85mm f/1,4 in montatura Rolleiflex...): l'impatto visivo artificioso
ed innaturale calamita l'attenzione e restituisce l'impressione di una resa irreale e
poco gradevole.


Un'altro parametro importante è la luminanza di questi punti fuori fuoco, ovvero la
distribuzione della luminosità dal centro ai bordi di queste forme geometriche sfuocate:
la diversa resa non è casuale ma dipende strettamente dall'andamento della curva di
aberrazione sferica: in caso di obiettivi sovracorretti avremo di certo grande nitidezza
nel piano di fuoco ma un Bo-Keh negativo, ovverosia un punto luminoso con uno
spot più scuro al centro che diviene via via più chiaro verso l'esterno, fino ad avere
bordi esterni brillanti e quasi sfrangiati; questo tipo di riproduzione è universalmente
considerata sgradevole oltre al fatto che rende molto appariscente e disturbante il
punto luminoso sfuocato; in caso di correzione intermedia si può avere un Bo-Keh
neutro, ovvero un punto fuori fuoco di luminanza omogenea da centro a bordi, che
è un po' "ne carne ne pesce", non distrae più di tanto ma appiattisce la resa dello
sfuocato; infine, nel caso di obiettivi con aberrazione sferica sottocorretta, avremo
una nitidezza meno accentuata, più "rotonda" nel paino di fuoco ma i punti luminosi
sfuocati saranno caratterizzati da un Bo-Keh positivo, cioè il punto avrà un picco
di luminosità al centro che degrada morbidamente ai bordi, più scuri, che si integrano
senza traumi con lo sfondo indistinto; questo tipo di resa dello sfuocato viene
considerata quella più piacevole alla vista, ed anche in questo caso gli esempi aiuteranno.




Bo-Keh sfavorevole, legato ad obiettivi con aberrazione sferica sovracorretta:
i bordi molto brillanti, quasi frangiati, spiccano in modo fastidioso nello sfondo
burroso mentre lo spot centrale scuro risulta innaturale e sgradevole



Bo-Keh neutro: il punto luminoso distrae meno del precedente ma
fornisce la percezione di un'immagine fiacca, senza spirito




Bo-Keh favorevole: lo spot centrale luminoso fornisce l'impressione di
una certa brillantezza, ma al contempo i bordi che scuriscono gradualmente
si integrano senza traumi nello sfuocato indistinto

 

Come avrete capito è una tipica situazione da botte piena e moglie brilla: da un lato
gli obiettivi sovracorretti sono molto nitidi nel piano di fuoco ma forniscono un Bo-Keh
sgradevole, dall'altro quelli sottocorretti sono meno incisivi e soddisfacenti ma ripagano
nella resa dei punti luminosi sfuocati; a questo quadro già abbastanza complesso si aggiunge
anche l'importante influsso dell'aberrazione sferica stessa (il suo grado di correzione ed
il suo andamento tipico) sulla "presenza" stessa dello sfuocato, ovvero nel mantenimento di
un certo senso di dettaglio anche in quelle zone; è dimostrato che un'aberrazione sferica
sovracorretta non soltanto fornisce un Bo-Keh negativo ma fa si che le curve MTF subiscano
un brusco degrado appena si esce dal piano di fuoco, che risulta sì molto nitido ed evidente
ma non supportato dalla leggibilità generale dell'immagine, confortata ovviamente anche
dalla presenza nel fuori-fuoco: in pratica si ha l'impressione di una profondità di campo
inferiore alle aspettative, ed ho avuto queste precise sensazioni, ad esempio, con correttissimo
Nikkor 28mm f/2,8 a 7 lenti simmetrico della Nikon 28 Ti, talmente tagliente e corretto
nel piano di fuoco da fare impressione e tuttavia indistinto in modo evidente sugli altri piani,
dando una sensazione soggettiva di profondità di campo ben inferiore a quella che ci si
aspetterebbe da un medio grandangolare a quel diaframma di lavoro; un concetto analogo
è applicabile agli Zeiss Hasselblad di penultima generazione rispetto agli Zeiss Contax 645:
questi ultimi sono più grintosi sul piano di fuoco ma pare che i vecchi Hasselblad siano
progettati con un andamento dell'aberrazione sferica meno esasperato, un po' come i
coevi Contarex, e che presentino un degrado dell'MTF nei piani fuori fuoco meno evidente
e più graduale...Il risultato è che molti utenti, soggettivamente, trovano ancora più gradevole
la riproduzione generale degli Zeiss Hasselblad; altri casi dove lo sfuocato è poco piacevole
per eccesso di correzione sul piano di fuoco si trovano, paradossalmente, negli obiettivi
macro come il canon EF 180mm f/3,5 L, nel cui caso i progettisti devono risolvere l'atroce
dilemma fra nitidezza elevata e sfuocato da dimenticare (importante anch'esso nella macro
dove la profondità di campo è minima) o viceversa; naturalmente l'orientamento è sempre
verso il primo indirizzo.

Sull'altro fronte la scelta di un'aberrazione sferica sottocorretta ha l'effetto di generare un
piano di fuoco più indistinto, che sembra prolungarsi idealmente nella profondità, e se da
un lato l'incisione è inferiore dall'altro questa transizione meno netta allo sfuocato fornisce
una resa plastica e gradevole, senza picchi di passaggio, e nello sfuocato estremo il dettaglio
è meno "sfasciato" rispetto al campione di nitidezza; un esempio estremo di questa resa è
l'obiettivo sotto illustrato: si tratta di un Fujinon SF 180mm f/5,6 da banco ottico (copre un
cerchio del diametro di 200mm, consentendo di esporre il 13x18cm) ed è caratterizzato da
uno schema basato su un tripletto con un'abbondante dose residua di aberrazione sferica
extrassiale sottocorretta: già osservando l'immagine sul vetro smerigliato appare evidente
la sensazione di grande profondità di campo davanti e dietro al piano di fuoco che presenta
una transizione lunga, morbida e quasi indistinta ai piani contigui, fornendo una resa fotografica
morbida ma rotonda e con uno sfuocato molto graduale e piacevole; naturalmente ci sono
obiettivi speciali che rappresentano una sorta di quadratura del cerchio: gli AF-Nikkor
105mm f/2 DC e 135mm f/2 DC, ad esempio, dove un'apposita ghiera modifica in modo
micrometrico la spaziatura d'aria fra alcune lenti, inserendo in modo opportuno quote di
aberrazione sferica, gestita in modo tanto preciso da poter scegliere addirittura se agire
sul piano anteriore o posteriore rispetto alla messa a fuoco; nella posizione di "zero"
l'aberrazione sferica è corretta e l'obiettivo si comporta come un normale medio-tele,
decisamente nitido, per giunta; la chiusura del diaframma aggiunge variabili alla gestione
di questi speciali obiettivi, complessi da comprendere a fondo ma certamente interessanti.

 

esempio di bo-keh gradevole generato da una quota di aberrazione sferica sottocorretta
(Canon EF 50mm f/1,0 L @ f/1,0)

 

esempio di sfuocato fuzzy con bo-keh sgradevole in un obiettivo con aberrazione sferica
molto corretta e diaframma esagonale molto spigoloso: notare come la sua forma crei uno
shape ripetitivo, come la texture di un alveare, visivamente poco piacevole
(Canon EF 50mm f/2,5 macro @ f/8)



In chiusura, mi sento di poter dire che anche l'utilizzo dei moderni sensori digitali ha
modificato la resa dello sfuocato: il modo in cui il singolo fotodiodo acquisisce, la
conversione A/D e le maschere di contrasto più o meno di default modificano
senz'altro la percezione dello sfuocato a parità di obiettivo, ma tant'è: è il prezzo
del progresso,




Il Fujinon SF 180mm f/5,6 che utilizzo sul mio Fatif 4x5" è un'ottica dichiaratamente flou,
ma basata insolitamente su un tripletto (anzichè su un classico doppietto acromatico con
diaframma esterno, come nell'archetipo Rodenstock Imagon); la resa è morbida ma molto
piacevole, con alte luci rotonde e sempre sotto controllo ed una transizione lunga e morbida
verso il fuori fuoco; i due diaframmi a setaccio (intercambiabili) fanno si che anche montandoli
vi sia un contributo dell'aberrazione sferica extrassiale sottocorretta; chiudendo il diaframma
principale oltre f/16 essa viene messa in ombra e da f/16 ad f/64 si comporta come un obiettivo
normale, meno incisivo di un classico Apo-Sironar o Apo-Symmar ma con doti globali relative
alla resa generale dei piani di fuoco assai piacevoli, costituendo un esempio "vivente" di quanto
sopra descritto e confermando l'assioma che immagine nitida ed immagine bella vivono spesso
su asintoti diversi; ho avuto sonante conferma di questi concetti alcune sere fa, ospite del
fotoclub Pro Loco di Russi (RA), mentre ammiravo gli splendidi ritratti bianconero presentati
da Michele Maggio, storico e celebre fotografo ravennate: i ritratti presentavano non soltanto
una bella gamma tonale ma si caratterizzavano al livello di eccellenza proprio per una morbida
e graduale transizione, assai plastica, dal punto di messa a fuoco a quelli immediatamente posteriori,
presentando quelle caratteristiche di leggera indeterminatezza del piano di fuoco appena
descritte, proprie di un ottica comunque nitida ma con una certa quota di aberrazione sferica
sottocorretta; infatti Michele aveva realizzato i ritratti con corpi Canon della serie FD utilizzando
un vetusto obiettivo da ritratto, il Canon FL 100mm f/3,5, proprio del precedente corredo FL
e lanciato nell'Ottobre 1964, a sua volta eredità del sistema Canon a telemetro di anni '50, dove
era in produzione con identico schema ottico e la mitica denominazione Serenar fin dall'inizio
del 1953; naturalmente già allora sarebbe stato possibile correggere questo residuo di
aberrazione sferica, specie su un obiettivo poco critico come un 100mm f/3,5 (e del resto
Canon per lo stesso sistema avrebbe proposto pezzi ben più arditi, come 35mm f/1,5,
50mm f/0,95, 85mm f/1,8 e 100mm f/2); probabilmente la quota fu lasciata ad hoc proprio
per mettere in commercio un obiettivo specificamente indirizzato al ritratto e che presentasse
una resa morbidamente plastica che nell'uso pratico è assai gratificante, un po' come avveniva
per Topcon col suo 100mm paragonandolo al fratello 135mm tipo Sonnar, molto più tagliente
 ma meno piacevole nella transizione dei piani.



Il Canon Serenar 100mm f/3,5 originale del 1953 che ha mutuato
lo schema ottico all'FL descritto nel testo; ho ammirato ritratti
BN di grande formato eseguiti con quest'obiettivo che presentavano
una resa plastica eccellente proprio a cagione della piccola quota
di aberrazione sferica lasciata (appositamente?) nello schema ottico

 

schema di un progetto Mamiya per obiettivo f/4,5 a fuoco morbido e
caratterizzato da una piacevole transizione allo sfuocato (prototipo)

 

l'andamento dell'aberrazione sferica nel prototipo, visualizzandone
l'entità in posizione di riposo e di fuoco morbido, conferma come
l'andamento di questo parametro sia il termine medio nel rapporto
fra piano di fuoco nitido/sfuocato meno gradevole e piano di fuoco
meno nitido/sfuocato più plastico, progressivo e gradevole.

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